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Conte torna a minacciare la crisi. Letta: 'Così si va al voto'

Giuseppe Conte torna a minacciare la crisi di governo. Se l’esecutivo deciderà di rispondere subito e concretamente alle urgenze del Paese sollevate dal Movimento, “noi ci siamo, altrimenti no”, ribadisce durante un’intervista a Digithon, maratona sul digitale in corso a Bisceglie. Poi fa una battuta, forse non insignificante, sui tempi dello strappo: “Partite per le vacanze – dice ai giornalisti – vi aggiorneremo”. Gli ultimatum del M5s a Mario Draghi mettono in allarme i democratici, facendo scricchiolare l’asse giallorosso. Se cade l’esecutivo si va a votare, avverte Enrico Letta.

Da parte sua, Giuseppe Conte sfida il Pd a confrontarsi nel merito del documento di nove punti consegnato al premier, facendo intendere che anche su quello si misura un’alleanza. Intanto, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, riunisce l’assemblea di “Insieme per il Futuro”. Una riunione da cui esce con un durissimo appello alla responsabilità della maggioranza, ed in particolare del Movimento: “Aprire una crisi di governo significa prestare il fianco alla propaganda di Putin, che a sua volta otterrebbe l’obiettivo di sgretolare il nostro governo”. Quindi, rievoca lo spettro di un’edizione 2022 del ‘Papeete’: “Attenzione a riproporlo, a luglio come a settembre, sarebbe una mossa cinica, egoista e irresponsabile. Un marchio che difficilmente verrebbe cancellato”. La scissione di Di Maio? “Se nel tempo si è maturato una visione politica diversa, se si sono rinnegati dei principi e dei valori professati da anni, allora è una scelta conseguente”, all’insegna della “chiarezza”, punge Conte. Il quale issa la bandiera del difensore dei più deboli: “Per sostenere davvero famiglie e imprese travolte dalla crisi servono segnali immediati. Nessuno si salverà da crisi e inflazione con un bonus una tantum da 200 euro”. Quindi: reddito di cittadinanza, superbonus, taglio del cuneo fiscale, salario minimo e nuovi provvedimenti contro il caro energia.

I pentastellati attendono qualche segnale da Palazzo Chigi già la prossima settimana: anche in base a questo – si ragiona in ambienti del Movimento – si deciderà come votare al Senato sul dl aiuti accorpato con la fiducia. Draghi in questi giorni sta analizzando il documento consegnato da Conte. E sui dossier sociali, secondo quanto filtra da fonti parlamentari, il premier potrebbe offrire un’importante sponda al suo predecessore, stretto tra la responsabilità di un addio traumatico al governo e le spinte centrifughe, sempre più forti nel suo partito. Come se non bastasse, il Pd continua a lanciare segnali di insofferenza all’indirizzo dei pentastellati: “Ci si allea con chi condivide la responsabilità di occuparsi dei problemi delle persone. Non si aprono crisi al buio”, sentenzia il governatore dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini. Le urne anticipate sono una prospettiva che le forze politiche hanno ben presente. Se il Movimento, spinto dalla frangia più ortodossa, deciderà di chiamarsi fuori, il Colle e lo stesso Palazzo Chigi non sembrano individuare alternative: l’unica strada sarà quella della fine del governo e probabilmente dello scioglimento delle Camere. Eppure nei partiti c’è chi si interroga sulla possibilità di un Draghi bis perché – si osserva in ambienti parlamentari – il presidente del Consiglio avrebbe tutti i numeri per governare anche senza i 5 stelle. Su questa ipotesi, però, si deve registrare la netta chiusura fatta dallo stesso premier. “Preciso, per evitare fraintendimenti, che noi rimaniamo alla decisione presa insieme nella Direzione nazionale del Pd il 30 giugno – ribadisce anche Letta -: il governo Draghi è per noi l’ultimo della legislatura”. Molto diversa la posizione di Iv che, per voce di Ettore Rosato, evidenzia: anche in caso di addio del M5s, il premier “ha la forza di andare avanti, non solo numerica ma anche politica, data dalle cose che sta facendo”.


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