“Residuo”. In una corsa contro il tempo, l’ultimo negoziato sulle concessioni balneari si sta consumando attorno a questo aggettivo, legato al valore in base al quale saranno calcolati gli indennizzi per le aziende che non otterranno il rinnovo dopo anni di attività, quando dal 2023 scatteranno le gare. Il governo lo ha inserito per chiarire che si tratta di una valutazione al netto degli ammortamenti, una soluzione che non sta bene a Lega e Forza Italia. L’intesa dunque manca ancora e per l’ultimo tentativo c’è lo spazio di una notte o poco più, perché la commissione Industria del Senato, da programma, domani dovrebbe concludere l’esame del ddl concorrenza, e oltre al nodo balneari manca anche l’accordo sulle nomine dei componenti delle authority. Lunedì il provvedimento deve andare in Aula per l’approvazione, e torna il rischio che il governo blindi il testo base ponendo la fiducia. Sui motivi per cui i Comuni possono avere una deroga al massimo di un anno per le gare, fino al 31 dicembre 2024, sembra sia stato trovato un equilibrio. Non sugli indennizzi. Il viceministro allo Sviluppo economico Gilberto Pichetto (FI), che ieri ha presentato alla maggioranza l’ultima proposta di mediazione da parte del governo, in ventiquattro ore ha tentato di sistemare il testo con almeno altrettante versioni. Pichetto conta di arrivare all’intesa in tempo. Non appena sarà pronto un nuovo testo, servirà l’ennesima riunione di maggioranza domani di primo mattino, se non nella notte. E poi il parere della commissione Bilancio. I
ntanto una giornata di confronti non è bastata, invano il senatore di Leu Vasco Errani ha provato a convincere i colleghi di FI e Lega dell’opportunità di considerare il valore al netto degli ammortamenti. “Ancora non c’è accordo, e non ci può essere se si parla di valore residuo. Si deve parlare di valore dei beni e basta”, avvertiva il forzista Massimo Mallegni mentre la commissione in serata chiudeva i lavori dopo aver approvato vari altri articoli di un provvedimento chiave per il Pnrr. Fra questi anche quelli su concessioni della distribuzione del gas naturale, dove gli indennizzi per gli enti locali sono calcolati appunto sul “valore residuo”. “Ma per le spiagge è un’altra cosa, ci sono investimenti che sono stati autorizzati senza vincolo da parte degli enti locali”, ha notato Mallegni, da sempre schierato a difesa dei balneari. Che, con le associazioni di categoria, in queste ore hanno contestato la soluzione percorsa dal governo, indirizzata dalla direttiva europea Bolkestein e dalla conseguente sentenza con cui a novembre il Consiglio di Stato ha stabilito che le concessioni in essere sono efficaci fino alla fine dell’anno prossimo e non, come prorogato dal Conte I, fino al 2033. Contro quella sentenza è fallito anche il blitz di FdI: la Corte costituzionale ha dichiarato “inammissibile” l’impugnazione da parte di sette parlamentari guidati da Riccardo Zucconi, secondo cui il Consiglio di Stato avrebbe bypassato il Parlamento. Per la Consulta c’è un “difetto di legittimazione dei ricorrenti a far valere prerogative non loro, ma della Camera di appartenenza”. La partita sul ddl concorrenza (che alla Camera vivrà un secondo tempo altrettanto teso, la Lega chiede lo stralcio della norma sui taxi), si intreccia politicamente con quella della delega fiscale. Dopo vari rinvii, è stata nuovamente calendarizzata alla Camera il 20 giugno. Prima che riprenda l’iter in commissione Finanze servirà però una riunione di maggioranza per ratificare il nuovo accordo: la mediazione sul catasto definita da Palazzo Chigi con Lega e FI, andrà integrata con modifiche chieste dagli altri gruppi. E inoltre nell’agenda della commissione Finanze viene prima l’esame del dl aiuti, un provvedimento piuttosto articolato, in cui il M5s punta a inserire un emendamento contro il termovalorizzatore a Roma. L’ennesimo banco di prova per la tenuta di una maggioranza sempre più precaria.
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