Sentimenti di disapprovazione, che sono presenti nel 44,1% dei casi, seguiti da quelli di rabbia, che ricorrono il 30% delle volte: è il risultato dell’analisi semantica e delle emoji associate a contenuti di hate speech emerso dalla . Una ricerca che ha preso in considerazione le conversazioni su Twitter dal 25 aprile al 17 giugno per cercare di comprendere la diffusione del fenomeno che normalmente viene raccolto nella definizione di ‘hate speech’.
Le aree tematiche nelle quali si concentra la maggior conflittualità – emerge – sono relative a legge, governo, e politica, che pesa oltre un quarto del totale (26%). Altri ambiti in cui vi è una particolare concentrazione di discorsi d’odio è quella delle news, che danno lo spunto per discussioni. Se nell’area delle news si concentra il 19% dei discorsi d’odio, l’altro ambito nel quale vi è una forte concentrazione di hate speech (13% del totale) è lo sport, e in particolare nel calcio, con alcuni calciatori bersaglio di critiche.
Sono state esaminate dalla ricerca sette categorie di discorsi d’odio: generici, sessismo, omofobia, razzismo, antisemitismo, discriminazione territoriale, ideologie politiche.
Complessivamente sono stati identificati 679mila tweet e 263mila condivisioni, da parte di 148mila utenti unici, contenenti almeno uno dei termini che si può racchiudere nelle categorie sopra indicate. Si tratta del 3,7% dei tweet postati nel periodo sulla piattaforma social in questione. Per quanto riguarda gli utenti unic, considerando che, stando agli ultimi dati disponibili, Twitter ne conta 10.5 milioni, i 148mila sono l’1.4%. La maggior parte sono insulti ‘generici’, che – stando alla analisi – rappresentano quasi due terzi del totale.
Coloro che si rendono protagonisti di insulti e incitamento all’odio sono – stando alla ricerca -, per oltre due terzi, di sesso maschile e si concentrano prevalentemente nella fascia di età tra 25 e 44 anni, che complessivamente pesa il 64,4%
Se l’area che dà origine a maggiori controversie ed eccessi è quella relativa a legge, governo, e politica, c’è n’è quasi per tutti. Come mostra la word cloud – sempre secondo l’analisi – si va da Matteo Salvini, passando per Giorgia Meloni e Giuseppe Conte, per citare quelli che maggiormente appaiono bersaglio di hate speech.
Altri politici – secondo l’analisi fatta – che vengono particolarmente bersagliati sono Matteo Renzi, presente nel 0,5% del totale delle citazioni analizzate. Stessa incidenza per Luigi Di Maio, mentre sia Carlo Calenda che Claudio Borghi compaiono entrambi nel 0,4% dei casi. La metà di Conte al 0,8%, un quarto della Meloni, al 1,6%, e al di sotto del 2,6% di Salvini.
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