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    Il Parlamento europeo esporrà la bandiera ucraina per commemorare i tre anni dall’invasione russa

    Bruxelles – Le bandiere dell’Ue e dell’Ucraina saranno esposte nelle tre sedi del Parlamento europeo da domenica 23 a martedì 25 febbraio, in occasione dei tre anni dall’invasione russa. Il 24 febbraio 2022 la Russia, sottolinea una nota, “ha sferrato un attacco immotivato, ingiustificato e illegale contro l’Ucraina”.Speciali allestimenti di bandiere dell’Ue e dell’Ucraina saranno sventolati davanti all’edificio Spaak a Bruxelles, all’edificio Weiss a Strasburgo e all’edificio Adenauer a Lussemburgo, da domenica 23 febbraio alle ore 16.00 a martedì 25 febbraio alle ore 9.00. Martedì 25 febbraio alle 11.00, una bandiera ucraina sarà esposta accanto alla bandiera dell’Ue e a quella dei 27 Stati membri, negli stessi punti delle tre città.Sempre a Bruxelles, l’edificio della Stazione Europa sarà illuminato con i colori della bandiera ucraina gialla e blu nelle serate di domenica 23 e lunedì 24 febbraio, dalle 19.00 all’1.00.L’11 febbraio 2025 i vertici del Parlamento hanno rilasciato una dichiarazione in cui ribadiscono la loro “ferma solidarietà al popolo ucraino, che continua a dimostrare una straordinaria resilienza e coraggio nel difendere la propria sovranità, indipendenza e integrità territoriale”. I deputati al Parlamento europeo adotteranno una risoluzione sul sostegno continuo e incondizionato dell’Ue all’Ucraina durante la prossima sessione plenaria, il 12 marzo. Il voto concluderà il dibattito in plenaria tenutosi l’11 febbraio.

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    Ucraina: la Cina al G20 loda il “consensus” Russia-Usa, raggiunto senza l’Europa

    Bruxelles – Pechino vede con favore le iniziative di Trump di concludere il conflitto ucraino assieme alla Russia. Il ministro degli affari esteri cinese Wang Yi, parlando al vertice dei ministri degli esteri del G20 a Johannesburg, Sudafrica, non ha replicato l’affermazione fatta una settimana prima (15 febbraio) a Monaco, dove aveva sostenuto che l’Ucraina debba essere coinvolta in qualsiasi accordo di pace futuro.Secondo la dichiarazione rilasciata dal suo ministero questa mattina (21 febbraio), “la Cina supporta ogni sforzo dedicato alla pace (in Ucraina), incluso il recente consensus raggiunto tra gli Stati Uniti e la Russia. Speriamo che le parti possano trovare una soluzione sostenibile e duratura che tenga conto delle preoccupazioni reciproche”.“Agendo secondo il desiderio degli attori rilevanti, la Cina continuerà a ricoprire un ruolo costruttivo nella risoluzione politica della crisi” ha proseguito Wang. Assente un qualsiasi riferimento ai paesi europei o ad un loro coinvolgimento nel processo di pace mentre l’Ucraina, nelle parole del cinese, si riduce a mero oggetto delle trattative, non certo un attore attivo.  Siamo ben lontani dal piano di pace che la Repubblica Popolare Cinese ha presentato il 24 febbraio 2023, quando voleva mediare assieme agli europei. Ora che i progetti con l’Europa per la “nuova via della seta” sono saltati e le trattative per la pace appaiono ad appannaggio esclusivo di Mosca e Washington, Pechino preferisce negoziare con loro.In un incontro ai margini del vertice, il ministro degli affari esteri russo Sergei Lavrov ha tenuto un colloquio con la sua controparte cinese, discutendo delle relazioni con gli Stati Uniti e del conflitto in Ucraina: “le parti lodano lo sviluppo del dialogo politico e le interazioni pratiche tra la Russia e la Cina come un fattore stabilizzante contro le turbolenze continue del sistema globale” comunica il ministero russo. Futuri colloqui con l’America non sono da escludersi.

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    Kallas attacca Pechino: “Cina fattore chiave nella guerra russa contro l’Ucraina”

    Bruxelles – Scalzata dagli Stati Uniti nella gestioni delle crisi internazionali, raggirata dalla Cina nonostante impegni mai davvero sottoscritti. La guerra russo-ucraina e la crisi che ne scaturisce può tramutarsi in un fallimento politico completo. Dopo colloqui e proposte di pace gestite da Washington e Mosca senza il coinvolgimento europeo, ora anche l’ammissione di un ruolo giocato da Pechino, nonostante gli inviti a non averne. “La Cina è un fattore chiave nella guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina“, riconosce l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas. Risponde a un’interrogazione parlamentare voluta proprio per capire che ruolo sta svolgendo la Repubblica popolare e come l’Europa stia agendo. E’ qui che Kallas va all’attacco di Xi Jinping e il suo governo. “Senza il sostegno della Cina, la Russia non sarebbe in grado di continuare la sua aggressione militare con la stessa forza“, afferma. Accuse dirette e serie, ma fondate. Perché, continua l’Alto rappresentante, “la Cina è il più grande fornitore di beni a duplice uso [civile-militare] e di articoli sensibili che sostengono la base industriale militare della Russia e che si trovano sul campo di battaglia in Ucraina”. L’industria cinese produce, l’armata russa utilizza: lo schema messo a punto tra Mosca e Pechino si riassume dunque così. A Bruxelles sono consapevoli che tutto ciò che viene prodotto tra Repubblica popolare e Hong Kong, è poi utilizzato “in diversi tipi di equipaggiamento militare”. L’Unione europea sa perfettamente dell’alleanza venutasi a creare a oriente, e già con il tredicesimo pacchetto di sanzioni aziende cinesi sono state oggetto di misure restrittive. Ora però il vaso è colmo.Il freddo riavvicinamento tra Ue e Cina. Von der Leyen: “Rapporto complesso che dobbiamo far funzionare”“Il sostegno della Cina ha un costo”, sottolinea Kallas. La condotta del governo cinese “influisce negativamente sulle relazioni Ue-Cina”, che comunque proseguono, non sono interrotte. Al netto di accuse e minacce velate non è chiaro come si potrà procedere nei confronti di un partner sempre più scomodo e in aperta contraddizione con la risposta prodotta dall’Ue nel conflitto in corso su suolo ucraino. La ‘questione cinese’ del conflitto russo-ucraino potrebbe finire al centro del vertice informale di Parigi, organizzato e ospitato oggi (17 febbraio) dal presidente francese, Emmanuel Macron, proprio per discutere di Ucraina e di strategie europee in merito. Presidenti i capi di Stato e di governo di Germania, Regno Unito, Italia, Polonia, Spagna, Paesi Bassi e Danimarca (la prima ministra danese rappresenterà il gruppo dei Paesi scandinavi e baltici), oltre alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, e il segretario generale della Nato, l’olandese Marc Rutte.

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    Crosetto: il nostro obiettivo, che è anche quello di Trump, è di una pace duratura dopo la guerra in Ucraina

    Bruxelles – Una pace giusta, ma soprattutto duratura. E’ quella che chiede il ministro della Difesa Guido Crosetto per l’Ucraina, e lo ha spiegato ai giornalisti a margine della ministeriale Nato che si è svolta oggi a Bruxelles.La speranza, ha detto il ministro, è che “si arrivi il prima possibile a una pace giusta e, utilizzando un termine che è stato utilizzato da tutti (i ministri presenti, ndr), duratura. Che sia una pace vera e non sia soltanto uno stop per iniziare poi tra qualche anno“.“Perché – ha ammonito Crosetto – abbiamo visto cosa è successo in questi anni. Prima la Georgia, poi siamo passati alla Crimea, poi adesso al Donbass. Non vorremmo che, pezzo dopo pezzo, con la politica del carciofo, alla fine si finisse di sfogliare totalmente l’Ucraina. Per cui l’obiettivo, anche negli Stati Uniti, anche di Trump, sarà una pace giusta e duratura”.

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    Reuten (S&D): “Ucraina nell’Ue divisa come Cipro uno scenario che non mi piace”

    dall’inviato a Strasburgo – Non c’è nulla di definito, si rincorrono rumors e speculazioni, e certamente l’Ue è al fianco di Kiev in modo fermo, eppur tuttavia “non posso negare un scenario di un’Ucraina con cessione di territorio” all’interno dell’Unione europea. “In fin dei conti abbiamo l’esempio di Cipro…”. Thijs Reuten, europarlamentare olandese del gruppo socialista (S&D) membro della commissione Affari esteri, inizia a non escludere nulla per il futuro di un conflitto russo-ucraino, soprattutto alla luce delle intenzioni del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di una fine delle ostilità in tempi rapidi.A un ristretto numero di giornalisti, tra cui Eunews, Reuten ribadisce che un’Ucraina con confini diversi da quelli internazionalmente riconosciuti e quindi con perdita territoriale “non mi piacerebbe” così come non piacerebbe a molti, nell’Unione europea. Certo, aggiunge, “se il governo ucraino dovesse accettare un ridefinizione dei confini allora sarebbe diverso, ma non possiamo lasciare che a decidere siano la Casa Bianca o il Cremlino”. Però, per l’appunto si parla di scenari, “e non voglia fare speculazioni”.Per Reuten resta ferma la linea fin qui espressa a più riprese: a fianco dell’Ucraina in modo deciso, senza tentennamenti, e in modo da mettere l’Ucraina in una posizione di forza negoziale quando arriverà il momento di intavolare trattative.  Per questo l’invito è di “prestare poca attenzione a quello che si sente dalla Casa Bianca ma concentrarsi su quello che si deve fare come Unione europea”.Se ci sono lezioni da apprendere alla luce di quanto avvenuto in questi anni di guerra, continua l’europarlamentare socialista, è che “dal punto di vista militare è stato consegnato poco e in ritardo”, come visto con le promesse sulla fornitura di un milione di munizioni. Inoltre, lamenta ancora Reuten, come Unione europea “siamo stati troppo esitanti”.Da qui in avanti bisogna fare meglio e prima, e interrogarsi per bene sull’Ucraina. “Sono impressionato da quanti progressi siano stati raggiunti nonostante la guerra in corso”, riconosce Reuten parlando del processo di adesione di Kiev all’Ue. L’Ucraina “ha fatto più di quello che hanno fatto Serbia e Bosnia-Erzegovina negli ultimi dieci anni”. Un modo per dire che la promessa europea per Kiev si può mantenere. Anche con un’Ucraina in stile Cipro.

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    Stefanchuk all’Eurocamera, l’Ue rinnova il supporto all’Ucraina verso una pace “giusta”

    Dall’inviato a Strasburgo – Ormai al terzo anniversario dall’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia, l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca spinge Kiev verso un negoziato con Mosca. Ma il neo presidente non conosce né il principio del “Niente sull’Ucraina senza l’Ucraina”, né la formula del supporto incondizionato a Kiev, senza ricevere nulla in cambio. Dal Parlamento europeo l’Ue, che rischia di essere tagliata fuori, prova ad alzare la voce: Roberta Metsola e il suo omologo ucraino, Ruslan Stefanchuk, hanno riaffermato insieme il proprio impegno per una “pace giusta“.Il presidente della Verchovna Rada è intervenuto all’emiciclo di Strasburgo, come già era accaduto nel giugno 2022, poco dopo l’avvio del percorso di adesione dell’Ucraina all’Unione europea. Introducendolo, Metsola ha avvertito l’Europa: “Non dobbiamo lasciar perdere ciò che intendiamo per pace”. Per arrivare a una pace che non sia una resa all’aggressore, “l’Ucraina deve essere in una posizione di forza“. Se Washington mette in dubbio il proprio impegno, “ciò significa che l’Europa deve fare di più”. In termini di sostegno finanziario, militare, umanitario. In termini di pressione diplomatica.Ruslan Stefanchuk, presidente della Verkhovna Rada, al Parlamento europeo di Strasburgo (11/02/25)Il momento è decisivo, “cruciale”, come ha sottolineato lo stesso Stefanchuk. E l’esercito di Volodymir Zelensky ci arriva “stanco ma imbattuto”. Il presidente del Parlamento ucraino ha ringraziato l’Eurocamera per il supporto mai mancato in questi tre anni, ribadito un’ennesima volta un mese dopo le elezioni europee dai nuovi eruodeputati, con una risoluzione del 17 luglio scorso. La stessa Eurocamera, ha chiesto poi a settembre di rimuovere le limitazioni all’utilizzo di armi occidentali in territorio russo. La fermezza del Parlamento europeo è stata determinante per garantire la protezione temporanea nei Paesi europei a oltre 4 milioni di sfollati ucraini, la mobilitazione di 50 miliardi di euro in assistenza militare, l’addestramento da parte dei Paesi membri di oltre 70 mila soldati dell’esercito di Kiev.Ma se Mosca continua a puntare verso Kiev, “significa che intende muoversi anche verso Varsavia, Strasburgo, Bruxelles”, ha avvertito Stefanchuk. E alla luce delle provocazioni e dei ricatti di Trump, che proprio oggi ha affermato che “un giorno l’Ucraina potrebbe essere russa” e ha chiesto a Zelensky che l’impegno americano venga ripagato con “l’equivalente di 500 miliardi di terre rare”, l’Ue è chiamata ad alzare ancora il livello della propria responsabilità nei confronti del popolo ucraino. Accelerando sul percorso di adesione di Kiev ai 27 – i negoziati di adesione potrebbero cominciare già a marzo – e assicurandole le garanzie necessarie per una pace duratura con il Cremlino. “In un contesto internazionale e geopolitico difficile, sottolineiamo l’importanza di mantenere la solidarietà transatlantica e globale con l’Ucraina“, affermano i leader dei gruppi politici del Parlamento europeo in una dichiarazione congiunta.Non si tratta solo di rafforzare la difesa aerea di Kiev e intensificare i rifornimenti di armi e missili a lungo raggio – Stefanchuk ha ringraziato la Francia per la consegna dei caccia Mirage perché “ci serve più difesa aerea per proteggere i nostri cieli perché è dal cielo che la Russia ci attacca” -, ma di insistere per “un percorso chiaro” verso l’ingresso dell’Ucraina nella Nato, “la migliore garanzia di sicurezza” per il Paese. Secondo Stefanchuk, l’esercito ucraino è “di fatto già un esercito della Nato”. I soldati ucraini combattono con armi dell’Alleanza Atlantica, con le sue tecniche, e “difende il fronte orientale della Nato dal nemico della Nato: la Russia”.La durezza della situazione sul campo impone allo speaker della Verchovna Rada di mantenere quanto meno l’ottimismo. “In questi tre anni abbiamo trasformato dei ‘no’ categorici in dei solidi ‘si’. Si diceva no alle armi, no ai missili a lungo raggio, no agli aerei e ora sono diventati tutti dei sì”, ha sottolineato. Se i sì degli Stati Uniti sono in bilico, quelli di Bruxelles sono più fondamentali che mai.

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    Il congelamento degli aiuti Usa mette in ginocchio le organizzazioni umanitarie, soprattutto in Ucraina

    Bruxelles – “Il governo statunitense non è un ente benefico“. Sta tutta in queste parole, pronunciate ieri (30 gennaio) dal nuovo Segretario di Stato Marco Rubio, la direzione che la nuova amministrazione a stelle e strisce intende seguire già dal suo avvio. Tra i primi ordini esecutivi firmati da Donald Trump il giorno del suo insediamento, lo scorso 20 gennaio, c’era il congelamento per 90 giorni dei generosi aiuti allo sviluppo che Washington elargiva in giro per il mondo.Questa decisione, come prevedibile, sta mettendo in seria difficoltà moltissime organizzazioni umanitarie internazionali, che ora non saranno più in grado di operare sul campo. E i problemi maggiori si stanno già riscontrando in Ucraina, che da sola era beneficiaria di quasi metà dei fondi federali bloccati.Fondi congelatiStando ai dati compilati dal governo statunitense, nel 2023 l’Agenzia federale per lo sviluppo internazionale (Usaid) ha destinato oltre 36,5 miliardi di dollari a progetti umanitari nel mondo, di cui quasi 16,5 miliardi a Kiev. Ma, dallo scorso 24 gennaio, la quasi totalità di quei fondi è stata bloccata per un periodo iniziale di 90 giorni, cui dovrebbe seguire una revisione per valutare se continuare su questa strada o rimodulare la sospensione.In estrema sintesi, l’ordine di sospensione impone – oltre allo stop ai lavori sul campo finanziati con le risorse dell’Usaid e la proibizione di avviare nuovi progetti – anche il divieto di utilizzare i fondi già stanziati per qualunque tipo di spesa, incluso il pagamento degli stipendi del personale per tre mesi.“Stiamo eliminando gli sprechi“, si legge in un comunicato del Dipartimento di Stato pubblicato per fornire ulteriori dettagli sulla storica decisione della Casa Bianca. “Stiamo bloccando i programmi ‘woke’ e stiamo smascherando le attività contrarie ai nostri interessi nazionali“, aggiunge la nota.The U.S. contributes roughly 40% of global humanitarian aid. Americans deserve transparency and accountability. As we pause and review U.S. foreign aid, @SecRubio issued a waiver for life-saving humanitarian assistance programs. https://t.co/Kwr6Bi8MES— Department of State (@StateDept) January 29, 2025Bancarotta forzata?“Se devo essere sincero, è un maledetto disastro per l’intero settore“, confessa preoccupato a Eunews un membro dello staff di un’organizzazione attiva nella tutela dei diritti umani, che ha condiviso le sue riflessioni in condizione di anonimato poiché l’ordine esecutivo proibisce agli operatori umanitari di diffondere dettagli in materia. “Mi aspetto che entro la fine del periodo di revisione molte organizzazioni che svolgono un lavoro importante in tutto il mondo saranno in bancarotta“, spiega, aggiungendo che “questo è probabilmente, almeno in parte, intenzionale da parte di Trump” per evitare di dover continuare a sostenere programmi non più in linea con le priorità della Casa Bianca.“Ci hanno legato le mani dietro la schiena“, prosegue, illustrando la situazione: “Al momento abbiamo circa mezzo milione di dollari nel nostro conto, ma il 90 per cento non lo possiamo spendere perché proviene dal governo statunitense“, il quale evidentemente “si aspetta che noi restiamo a galla in questo modo per tre mesi, mentre loro spuntano qualche casella”. Il team della sua organizzazione attivo in Ucraina, invece, è finanziato interamente da Washington.“Per le organizzazioni più piccole che ricevevano tutti i loro finanziamenti dal governo Usa potrebbe essere più realistico riuscire a ottenere delle sovvenzioni di emergenza altrove”, ragiona, mentre la sua si troverà con ogni probabilità in difficoltà più grosse. “Anche se sospendiamo tutte le nostre attività” come richiesto dall’ordine presidenziale, “avremo bisogno di circa 450mila dollari solo per pagare il personale in questo trimestre, e non credo che nessun donatore sia disposto a concedere una simile somma ad una singola organizzazione“, dice, visto che un numero altissimo di entità stanno già richiedendo con urgenza sostegno finanziario.La situazione in UcrainaQuesta settimana, Rubio ha introdotto ulteriori esenzioni dal congelamento per i programmi umanitari che forniscono medicine salvavita, servizi medici, cibo, ripari e assistenza di sussistenza, che si vanno ad aggiungere alle deroghe inizialmente previste unicamente per i programmi alimentari di emergenza e gli aiuti militari ad Israele ed Egitto (che nel 2023 hanno ricevuto 3,3 e 1,2 miliardi rispettivamente).Il Dipartimento di Stato e il Pentagono hanno assicurato che continuerà anche l’aiuto militare all’Ucraina, così come il sostegno ai programmi “salva vita”. Ma questo lascia ancora col fiato sospeso – e in preda alla confusione – non solo i programmi civili indispensabili allo sforzo bellico di Kiev (incluso il sostegno agli stipendi pubblici che mantengono in funzione la macchina statale ucraina) ma anche l’affollata galassia di organizzazioni umanitarie attive nell’ex repubblica sovietica, dove tra meno di un mese si celebrerà il terzo anno dall’inizio dell’invasione russa su larga scala.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)“Il problema sta nella natura improvvisa della decisione“, ha spiegato a Euractiv Ivona Kostyna, direttrice di un’ong che si occupa di assistere i veterani ucraini. “Se avessimo avuto un preavviso, avremmo potuto ristrutturare le nostre attività, cercare altri donatori ed evitare danni ai nostri clienti”, ha osservato, spiegando di aver dovuto chiudere uno dei centri di lavoro.Come la sua, sono numerose le organizzazioni che, nonostante svolgano attività che di fatto salvano vite umane, sono comunque rimaste fuori dalle deroghe. Molte di queste sono costrette a licenziare personale, altre a chiudere definitivamente. C’è chi, a poche decine di chilometri dalla linea del fronte, fornisce servizi essenziali come aggiornamenti costanti sulla dislocazione delle mine antiuomo, oppure sui siti dove poter recuperare acqua non contaminata, o ancora i giubbotti antiproiettile per i giornalisti che seguono l’evoluzione della guerra, e non potrà più contare sulle sovvenzioni di Washington.Come prevedibile, dal Paese aggredito si stanno moltiplicando gli appelli di un numero crescente di organizzazione ai loro partner europei, affinché entrino in azione per compensare, almeno parzialmente, la voragine che il ritiro degli Stati Uniti ha aperto nei loro bilanci, che si traduce inevitabilmente nell’incapacità di proseguire le proprie attività in un momento in cui non è certo cessata l’urgenza.

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    L’Ue dà la caccia alla “flotta fantasma” di Mosca e sanziona 52 navi che eludono l’embargo sul petrolio

    Bruxelles – Continua a infoltirsi l’elenco di persone e entità sanzionate da Bruxelles a seguito della guerra d’aggressione della Russia in Ucraina. Oggi (16 dicembre) i ministri degli Esteri dell’Ue hanno dato il via libera al quindicesimo pacchetto di sanzioni contro Mosca, che prende di mira in particolare 52 navi della flotta fantasma con cui il Cremlino elude le restrizioni occidentali sul commercio di petrolio. Ma sempre di più, Bruxelles è decisa a colpire chi sostiene lo sforzo bellico russo: Cina e Corea del Nord.Nel nuovo pacchetto, che impone misure restrittive per 54 persone fisiche e 30 entità, figurano due alti funzionari del regime di Kim Jong-un, un individuo e sei entità cinesi. Per quanto riguarda Pechino, è la prima volta dall’inizio dell’invasione russa che l’Ue adotta sanzioni “a tutti gli effetti” – che prevedono il divieto di ingresso sul suolo europeo, il congelamento dei beni e il divieto di mettere a disposizione fondi – contro individui ed entità ritenute colpevoli di facilitare l’elusione delle sanzioni occidentali a Mosca e di fornire componenti a duplice uso civile-militare alla Russia, come componenti sensibili di droni. Le sanzioni al ministro della Difesa di Pyongyang, No Kwang Chol, e al vicecapo di Stato Maggiore dell’Esercito Popolare Coreano, Kim Yong Bok, sono la diretta conseguenza del dispiegamento di truppe nordcoreane al fronte in Russia.Contro la cooperazione militare sempre più stretta tra Kim Jong-un e Putin si sono espressi oggi anche i ministri degli Esteri dei Paesi del G7, condannando “con la massima fermezza” un’intesa che “segna una pericolosa espansione del conflitto”. Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti, insieme all’Unione europea e ai partner più stretti dell’Indo-pacifico – Australia, Corea del Sud e Nuova Zelanda – si dicono “profondamente preoccupati per il sostegno politico, militare o economico che la Russia potrebbe fornire ai programmi illegali di armamento” di Pyongyang.Con le nuove designazioni, l’Ue porta a 79 le imbarcazioni della “flotta fantasma” russa, navi che non battono bandiere Ue “coinvolte in pratiche di navigazione ad alto rischio nel trasporto di petrolio o prodotti petroliferi russi, nella consegna di armi, nel furto di grano o nel sostegno al settore energetico russo”. Navi che non potranno più attraccare nei porti europei e saranno sottoposta a un divieto di fornitura di servizi. In questo modo, Bruxelles spera di far lievitare i costi di utilizzo di tali navi per il Cremlino, e di ridurre il numero di imbarcazioni in grado di trasportare il greggio russo.L’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, al suo arrivo al Consiglio Ue Affari Esteri, 16/12/24La nuova stretta “dimostra l’unità degli Stati membri nel nostro continuo sostegno all’Ucraina”, ha esultato l’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, aggiungendo: “Non può esserci alcun dubbio che l’Ucraina vincerà”. In totale, il pacchetto aggiunge 32 nuove aziende all’elenco di quelle che sostengono il complesso militare e industriale di Mosca: oltre a 20 sul territorio russo, sette sotto la giurisdizione di Cina e Hong Kong, due dalla Serbia e una ciascuna da Iran, India ed Emirati Arabi Uniti. Imprese a cui si applicheranno ora restrizioni più severe sulle esportazioni di beni e tecnologie a duplice uso e di prodotti a tecnologia avanzata. L’Ue ha scelto di sanzionare inoltre l’unità militare responsabile dell’attacco all’ospedale pediatrico Okhmadyt di Kiev del luglio scorso, che ha causato decine di vittime e centinaia di feriti.Tra le misure adottate oggi, ci sono però anche alcune deroghe a “protezione degli interessi degli operatori dell’Ue”. In sostanza, l’estensione di alcune deroghe esistenti per concedere più tempo alle aziende dei Paesi membri di uscire dalla Russia. Infine, per far fronte all’aumento delle controversie e delle misure di ritorsione in Russia che portano al sequestro degli attivi dei depositari centrali di titoli (CSD) dell’Ue, il pacchetto odierno introduce una deroga per il recupero delle perdite e una clausola di non responsabilità per i CSD europei.