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    L’Ue pronta a nuove sanzioni contro l’Iran: nel mirino missili balistici, droni e il settore dell’aviazione

    Bruxelles – L’Ue pronta ad allinearsi alle sanzioni contro Teheran già adottate da Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Germania in risposta al trasferimento di missili balistici di fabbricazione iraniana alla Russia. Un trasferimento che è “minaccia diretta alla sicurezza europea”, una “sostanziale escalation materiale” rispetto alla fornitura a Mosca di droni e munizioni. Per questo l’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, ha annunciato che Bruxelles risponderà con “nuove e significative misure restrittive”.L’Unione europea inserirà quindi nel già ben nutrito regime di sanzioni contro l’Iran per il suo supporto alla Russia nuove persone ed entità coinvolte nei programmi iraniani di missili balistici e droni, e “sta valutando” misure restrittive anche nel settore dell’aviazione. Il capo della diplomazia Ue ha precisato che la risposta avverrà “rapidamente e in coordinamento con i partner internazionali”. Washington e Londra hanno già agito: il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha annunciato il 10 settembre sanzioni contro sei società iraniane di droni e missili balistici e dieci tra i loro dirigenti e dipendenti. Anche la compagnia aerea iraniana Iran Air è finita sotto la scure occidentale: Washington ha rivelato che “i partner internazionali annunceranno misure che non permetteranno a Iran Air di operare sul loro territorio in il futuro”. E Londra ha infatti annunciato che “porrà fine a tutti i collegamenti aerei diretti” con l’Iran.Lo scorso 14 maggio – dopo il massiccio lancio di droni da Teheran verso Israele – il Consiglio dell’Ue aveva deciso di ampliare il campo di applicazione del regime di sanzioni in considerazione del sostegno militare dell’Iran non solo alla Russia, ma anche a gruppi armati in Medio Oriente e nella regione del Mar Rosso. E può ora colpire individui ed entità che forniscono, vendono o sono in qualsiasi modo coinvolti nel trasferimento di missili e droni iraniani. Le sanzioni consistono nel divieto di ingresso sul territorio comunitario per gli individui, nel congelamento dei beni detenuti nei Paesi Ue e sul divieto di fornire fondi ai soggetti elencati.Per Borrell la fornitura di missili balistici al Cremlino “avviene nel mezzo dei più recenti attacchi della Russia contro l’Ucraina, anche con missili balistici e droni, che dimostrano la sua chiara determinazione a continuare la sua brutale guerra di aggressione contro l’Ucraina e il suo popolo, in particolare prendendo di mira le infrastrutture energetiche critiche, cercando di causare la massima perdita possibile di vite civili e di infliggere devastazioni su larga scala”. Toccherà ora ai 27 Stati membri dare il via libera alle sanzioni messe sul tavolo dall’Alto rappresentante.

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    Medio Oriente, Borrell formalizza la richiesta di sanzioni per i ministri di Israele. “Decideranno gli Stati, ma il processo è avviato”

    Bruxelles – Josep Borrell non molla, al contrario insiste. L’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue vuole mandare un messaggio, chiaro e diretto: c’è un’Unione europea che non è più disposta a sostenere le ragioni di Israele di fronte a una risposta all’aggressione di Hamas che ha passato il limite del tollerabile. L’idea di sanzionare i ministri israeliani per la Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, e delle Finanze, Bezalel Smotrich, diventerà una proposta formale e ufficiale.“Ho deciso di proporre l’inclusione dei due ministri israeliani nella lista Ue delle sanzioni”, annuncia al termine della riunione informale dei ministri degli Esteri. “Ovviamente spetterà ai ministri decidere, come sempre, il processo sarà avviato“. La proposta con ogni probabilità sarà affossata dagli Stati. L’unanimità richiesta per approvare le sanzioni non c’è, vista la contrarietà dichiarata dell’Italia, ma non solo. L’idea non piace all’Ungheria di Orban, e neppure alla Germania. Ma Borrell vuole comunque inviare un messaggio al governo di Benjamin Netanyahu.Non vengono messe in discussione le ragioni dello Stato ebraico. “L’attacco di Hamas ha dato origine a una guerra, e la guerra ha dato origine a una situazione drammatica dal punto di vista umanitario”, dice sintetizzando in estrema sintesi gli avvenimenti dal 7 ottobre 2023 in poi. Ma si scaglia contro la reazione di Israele, e una condotta che a Bruxelles viene vista come irresponsabile. “Dichiarazioni sulla costruzione di una sinagoga dentro una moschea suggeriscono una radicalizzazione della situazione” da parte israeliana, aggiunge in conferenza stampa. Una presa di distanze da Ben-Gvir, che ha dichiarato di voler costruire un luogo di culto ebraico laddove sorge la mosche di Al-Aqsa, a Gerusalemme.E’ l’ultimo atto di una giornata iniziata con un attacco frontale di Borrell nei confronti di Israele. Ai Ventisette chiedeva di condannare l’operato dell’amministrazione Netanyahu, bollata come “inaccettabile”, e di non prevedere tabù nei confronti di un alleato storico considerato dall’Alto rappresentante come non più difendibile. Finora l’Ue si era espressa contro i coloni estremisti, decretando sanzioni restrittive nei loro confronti, ma è la prima volta che prende corpo l’iscrizione nella lista nera di esponenti di governo israeliano. Con ogni probabilità la linea Borrell non passerà, ma adesso Tel Aviv è avvisata: il sostegno senza ‘se’ e senza ‘ma’ dell’Europa è rimessa in discussione.E’ questa un’altra incrinatura dei rapporti tra Europa e Israele, dopo che Belgio e Slovenia hanno sostenuto l’azione legale del Sudafrica, che ha trascinato lo Stato ebraico davanti alla Corte Internazionale di Giustizia, con l’accusa di crimini di genocidio nei confronti dei palestinesi.

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    Ab InBev resta in Russia, Mosca non dà il permesso a fermare il business della birra

    Bruxelles – Birre belga in Russia, il business continua perché Mosca non concede il permesso di interrompere gli affari. La storia di Ab InBev, la multinazionale della ‘bionda’ con sede a Leuven, in Belgio, si arricchisce di un nuovo capitolo che continua a mettere in imbarazzo i belgi e arricchisce la macchina da guerra del Cremlino. Sono le autorità russe ad aver detto ‘niet’ all’intenzione di Ab InBev di uscire dal consorzio con i russi e cedere le quote ai turchi di Anadolu Efes. Questi ultimi si sarebbero detti a più riprese disponibili a rimpiazzare Ab InBev nel mercato della birra in Russia, ma, ammettono i belgi, “non sono state ottenute le necessarie approvazioni normative e governative” per completare la transazione.La Russia in sostanza tiene l’industria delle birra belga legata e ancorata in patria, contro il volere dichiarato del colosso che, tra i vari marchi, vanta Corona, Stella Artois, Budweiser, Beck’s, Birra del Borgo, Leffe, e Jupiler, il brand che sponsorizza la massima serie calcistica del Belgio. Ab InBev ha annunciato l’intenzione di lasciare la Russia nel 2022, sulla scia della guerra dichiarata da Mosca all’Ucraina. Un’intenzione rimasta fin qui lettera morta, per ragioni di contratti commerciali e questioni giuridiche onerose e complicate.Da parte russa è facile capire il motivo che spinge a fare in modo che il partner europeo resti presente e attivo all’interno delle Federazione. Alla fine del 2023 la multinazionale della birra ha registrato ricavi per 59,4 miliardi di dollari. Un partner redditizio, ricco, stabile, che fa gola al Cremlino, e su cui le autorità russe possono esercitare pressione e offrire una prova di forza contro le sanzioni a dodici stelle, che vorrebbero azzerrare i rapporto economico-commerciali con la Russia di Putin per fermarne la macchina bellica. Invece la Russia di Putin, almeno in questa partita, sembra avere la meglio.

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    L’Alto rappresentante Ue Borrell ha suggerito di imporre sanzioni contro due ministri di Israele

    Bruxelles – Dopo le parole sconcertanti del ministro delle Finanze d’Israele, Bezalel Smotrich, sulla giustificazione morale di affamare la popolazione di Gaza per ottenere la liberazione degli ostaggi nelle mani di Hamas, sono arrivate quelle di Itamar Ben-Gvir, ministro per la Sicurezza nazionale e leader del partito di estrema destra ‘Potere Ebraico’. Troppo per il capo della diplomazia Ue, Josep Borrell, che aveva condannato duramente la dichiarazione di Smotrich e chiesto al governo israeliano di prenderne distanza. Ora Borrell ha suggerito di imporre sanzioni contro i suoi due ministri più estremisti.In un post sul suo profilo X, Ben-Gvir ha criticato la strategia dei negoziati incoraggiata dagli Stati Uniti e dai principali Paesi della regione, perché Hamas “deve continuare a essere calpestato fino a che non si arrenderà completamente”. Per farlo, lo Stato ebraico dovrebbe “fermare il trasferimento di aiuti umanitari e carburante a Gaza finché tutti i nostri rapiti non saranno tornati a casa”. In più, il ministro ha esortato il governo israeliano a “incoraggiare l’immigrazione e occupare i territori della Striscia di Gaza per tenerli permanentemente nelle nostre mani”.I ministri di estrema destra Itamar Ben-Gvir (L) e Bezalel Smotrich (Photo by AMIR COHEN / POOL / AFP)Dichiarazioni che ricalcano quelle fatte a più riprese da Smotrich, a capo del partito Sionismo Religioso, e che per la verità non sono fughe in avanti dei leader, ma sono perfettamente in linea con i principi e le linee guida delle loro formazioni politiche: il programma politico di Potere Ebraico prevede esplicitamente l’annessione della Cisgiordania e il pieno controllo israeliano del territorio compreso tra il mar Mediterraneo e il fiume Giordano.  Rifiuta l’idea di uno Stato Palestinese e chiede la cancellazione degli Accordi di Oslo del 1993, con cui Israele e l’allora Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) si impegnarono per un reciproco riconoscimento.“Come le sinistre dichiarazioni del ministro Smotrich, questo è un incitamento a crimini di guerra“, ha commentato l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, suggerendo di fissare in agenda un aggiornamento del regime di sanzioni europee per colpire i due ministri. Nel regime Ue di sanzioni per violazioni dei diritti umani, sono già presenti nove individui e cinque entità legati alle colonie illegali israeliane nei territori palestinesi occupati. Chi finisce sulla lista nera dell’Ue, è soggetto al congelamento dei beni sul territorio europeo e al divieto di mettere piede sul suolo europeo. Parallelamente, gli individui e le entità colpite dalle sanzioni non possono ricevefondi o risorse economiche a loro beneficio.Sebbene sia prerogativa di Borrell, in quanto Alto rappresentante, proporre di modificare gli elenchi di chi è soggetto a misure restrittive da parte dell’Unione europea, c’è bisogno del sì di tutti i Paesi membri per poter procedere. Il capo della diplomazia europea ha esortato un’altra volta il governo israeliano a “prendere inequivocabilmente le distanze da queste incitazioni a commettere crimini di guerra” ed a “impegnarsi in buona fede nei negoziati facilitati da Stati Uniti, Qatar ed Egitto per un cessate il fuoco immediato” a Gaza.

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    Le industrie della Spagna di Sanchez arricchiscono Putin: acquisti massicci di Gnl russo

    Bruxelles – Anche la Spagna di Pedro Sanchez finanzia il presidente russo Vladimir Putin e la sua macchina da guerra. Strano, eppur vero. Le aziende iberiche stanno acquistando il gas naturale liquefatto (Gnl) russo, e in modo massiccio. Accordi commerciali e politiche di approvvigionamento energetico che fanno storcere il naso Juan Ignacio Zoido Álvarez, europarlamentare spagnolo del Ppe che chiede conto alla Commissione europea e domanda anche eventuali provvedimenti. Provvedimenti però che non ci saranno. Perché, ricorda, la commissaria per l’Energia Kadri Simson, nella risposta fornita all’interrogazione parlamentare, “finora il Gnl russo non è stato soggetto a sanzioni, il che significa che alle società non è vietato acquistarlo“.Le imprese spagnole dunque non stanno violando alcuna norma Ue né aggirando le sanzioni decretate dall’Unione europea nei confronti della Russia e del suo presidente. Il governo di Madrid, a sua volta, non può impedire alle imprese spagnole di fare affari con i russi. E’ vero, ricorda Simson, che l’ultima proposta della Commissione per il 14esimo pacchetto di sanzioni comprende, tra le altre cose, restrizioni al trasbordo di Gnl russo nei porti europei”. Tuttavia il pacchetto proposto “richiede ancora l’adozione all’unanimità del Consiglio”.L’unica cosa che l’esecutivo può fare, e Simson assicura che il team von der Leyen “continuerà” a farlo, è  “invitare gli Stati membri e le imprese” a smettere di acquistare gas naturale liquefatto russo e a non firmare nuovi contratti per Gnl con società russe una volta scaduti quelli esistenti. La Commissione può fare pressione sul governo Sanchez affinché faccia pressione sulle imprese spagnole, ma in assenza di divieti e sanzioni è tutto rimesso alla singola compagnia.Con l’Unione europea impegnata a indebolire l’economia russa e minare le capacità di finanziare l’esercito russo per la guerra in Ucraina, il risultato, denuncia l’europarlamentare spagnolo, è che la Spagna “ora importa più gas naturale liquefatto dalla Russia di qualsiasi altro paese europeo”. Fornisce anche i dati, che sono quelli dell’Istituto di economia energetica e analisi finanziaria (Ieefa). Emerge che la quantità di gas russo in arrivo nei porti spagnoli “ha registrato nuovi massimi, aumentando del 30 per cento nel 2023 ed è aumentata per due anni consecutivi”.Zoido Álvarez critica e accusa il governo del proprio Paese di “chiudere un occhio”, ma esaminando il rapporto citato dall’europarlamentare emerge che fin qui non c’è solo la Spagna ad aver continuato a fare affari con il regime di Putin. L’Ieefa certifica sì che tra gennaio e settembre 2023 la Spagna risulta il principale importatore di Gnl russo tra i paesi dell’UE, con 5,21 miliardi di metri cubi importati. Ma ci sono anche altri che stanno continuando ad alimentare la macchina da guerra russa: la Francia di Emmanuel Macron (3,19 miliardi di metri cubi acquistati) e il Belgio (commesse per 3,14 miliardi di metri cubi).Sulla Spagna pesa anche la rivendita all’interno dell’Ue. L’Ieefa rileva nero su bianco come la Spagna acquisti il Gnl russo per poi rivenderlo a un terzo degli Stati membri dell’Ue, nello specifico a Italia, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Lituania, Paesi Bassi e Svezia.

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    Russia, un europeo su due non crede nell’efficacia delle sanzioni Ue

    Bruxelles – Di fronte alla guerra russa in Ucraina l’Unione europea ha fatto bene. No, invece. Ha fatto poco e male. Gli europei sono divisi. Riconoscono che l’Ue è in grado di gestire a crisi maggiori quali inondazioni o situazioni sanitarie quali il Covid-19, ma la guerra, quella, vede uomini e donne d’Europa in disaccordo. Tanto che un europeo su due non crede nell’efficacia delle sanzioni. Quello che emerge dal nuovo sondaggio Eurobarometro fresco di pubblicazione è un’opinione pubblica che fa fatica a capire. Complice una guerra che si trascina ancora, dopo oltre due anni e dodici pacchetti di sanzioni, il 9 per cento appena dei rispondenti nell’Ue sostiene che la risposta a dodici stelle sia stata ‘molto efficace’, e un altro 39 per cento la considera ‘piuttosto efficace’.Ecco dunque gli europei poco convinti e molto divisi. C’è complessivamente un cittadino su due (48 per cento) che dà credito all’Ue e alla sua azione, e un altro cittadino (46 per cento) che invece non ritiene sufficiente quanto fatto finora per risolvere il conflitto e fermare la guerra alle porte dell’Ue. C’è poi la minoranza che proprio dichiara di non sapere fino a che punto la risposta europea sia stata più o meno efficace (il ‘non so’ registra il 6 per cento). “I rispondenti sono divisi”, riconoscono gli autori dell’indagine, nel presentarne i risultati. E gli italiani? Non fanno eccezione.Anche in Italia c’è una sostanziale equivalenza nelle risposte a sostegno della risposta dell’Ue e le sue sanzioni anti-Russia (49 per cento) e uno generale scetticismo circa l’efficacia dell’azione condotta sinora 47 per cento). La sanzioni funzionano, questo ha detto dapprima la statistica, con i dati commerciali, e poi la politica. Ma non c’è nella società civile una maggioranza chiara a sostenerlo, e questo dà forza alla ragioni degli scettici. Per un europeo su due le sanzioni sono un fallimento.

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    McGuinness: “La Russia usa navi ombra per aggirare le sanzioni sul petrolio”

    Bruxelles – Il petrolio russo venduto a dispetto della sanzioni dell’Ue, grazie a navi ombra, o fantasma, non ufficialmente russe ma riconducibili alla Federazione russa, per conto di cui fanno affari. L’Unione europea deve fare i conti con una flotta di petroliere difficile da identificare, eppure reale. A riconoscere il fenomeno è Mairead McGuinness, commissaria per i Servizi finanziari, nella risposta all’interrogazione parlamentare in materia. Sì, ammette McGuinness, “la Russia sta utilizzando una flotta ombra di vecchie petroliere per trasportare il suo petrolio nel tentativo di eludere le sanzioni dell’Ue e il tetto massimo del prezzo del petrolio del Gruppo dei Sette (G7)”.Si tratta di imbarcazioni che non risultano di proprietà russa, spesso intestate a società di comodo con sede in qualche Paese terzo, e usate da operatori che lavorano per conto del Cremlino. Cambiano spesso bandiera, nome e proprietario, navigano senza assicurazione e nascondono regolarmente la loro posizione spegnendo il transponder risultando così invisibili ai radar. Questo è il fenomeno contro cui l’Ue deve fare i conti. Con un diritto internazionale che offre porti sicuri alle attività russe in chiave anti-sanzioni.La Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare garantisce alle navi il diritto di passaggio inoffensivo, ovvero il diritto di navigare liberamente attraverso i mari territoriali. Non si può fare porto, ma si può transitare. Ciò significa che “impedire alle navi della flotta ombra di entrare nelle acque territoriali o nella zona economica esclusiva pone sfide significative”, riconosce ancora McGuinness. Fermo restando che l’esecutivo comunitario non può fare niente, visto che “dell’attuazione e applicazione delle sanzioni dell’Ue sono responsabilità degli Stati membri”. Il problema delle navi ombra si aggiunge alle pratiche illecite in acque internazionali, dove petrolio russo viene trasferito da una petroliera all’altra per aggirare sanzioni. Una delle prime trovate del presidente russo Vladimir Putin per farsi beffe delle restrizioni a dodici stelle. L’Ue continua a dare una mano agli Stati membri, “anche con l’assistenza dell’Agenzia europea per la sicurezza marittima (Emsa), nel monitorare eventuali navi sospette”, assicura McGuinness. Ma le maglie europee sono tutt’altro che strette, e il Cremlino continua a fare cassa con il suo greggio.

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    Il Consiglio Ue rinnova di un altro anno le sanzioni contro la Siria

    Bruxelles – Avanti per un altro anno con le sanzioni contro il governo siriano di Bashar al-Assad e i suoi sostenitori. “Vista la gravità del deterioramento della situazione” nel Paese, il Consiglio dell’Ue ha deciso di rinnovare ed estendere fino all’1 giugno 2025 le misure restrittive introdotte per la prima volta a maggio 2011.  I Ventisette si dicono “profondamente preoccupati” per l’assenza di progressi. “Dopo più di 13 anni – recita la nota di accompagnamento alla decisione – il conflitto rimane fonte di sofferenza e instabilità per il popolo siriano e per la regione”. In questo contesto, il Consiglio ritiene che “il regime siriano continua a perseguire una politica di repressione e violazione dei diritti umani”. Risulta quindi “opportuno e necessario mantenere le misure restrittive in vigore“.