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    L’UE minaccia la Russia in caso di aggressione dell’Ucraina: “Avrà conseguenze politiche e un costo economico pesante”

    Strasburgo – L’Unione Europea non abbassa la guardia sull’aggressione russa lungo il confine orientale dell’Ucraina e difende senza mezzi termini l’indipendenza e la sovranità di Kiev. “Mosca vuole creare una guerra ibrida in tutto il mondo, soprattutto sulla frontiera ucraina, ma noi siamo uniti nel sostenere che ogni aggressione avrà conseguenze politiche e un costo economico pesante per la Russia“, ha annunciato in conferenza stampa l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri, Josep Borrell.
    Al termine del Consiglio Affari esteri di oggi (lunedì 13 dicembre), l’alto rappresentante UE ha spiegato che Bruxelles sta puntando su “un’azione coordinata con gli Stati Uniti nei confronti della Russia” e che “la questione sarà discussa approfonditamente nel corso di questa settimana”, prima durante il vertice del Partenariato orientale di mercoledì (15 dicembre) e poi al Consiglio Europeo del giorno successivo. “Dobbiamo augurarci il meglio, ma preparandoci al peggio”, ha aggiunto Borrell. In altre parole “stiamo adottando un atteggiamento di dissuasione per evitare qualsiasi azione militare russa“, dal momento in cui “appena inizia sarebbe difficile da fermare”.
    L’alto rappresentante UE, Josep Borrell, con il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio (13 dicembre 2021)
    Una delle azioni dissuasive a cui si riferisce l’alto rappresentante Borrell sono le sanzioni economiche. Proprio questa mattina il Consiglio dell’UE ha adottato una serie di misure restrittive contro il gruppo Wagner, entità militare privata non registrata con sede in Russia, e contro otto individui e tre entità collegati al gruppo di mercenari. Nelle motivazioni delle sanzioni, i ministri europei degli Affari esteri hanno sottolineato che “Wagner ha reclutato, addestrato e inviato operatori militari privati in zone di conflitto in tutto il mondo”, dalla Libia alla Siria, dall’Ucraina alla Repubblica Centrafricana, “per alimentare la violenza, saccheggiare risorse naturali e intimidire i civili in violazione del diritto internazionale”.
    Gli individui colpiti dalle sanzioni (tutti i mercenari della compagnia russa) sono coinvolti in “gravi abusi dei diritti umani, tra cui tortura, esecuzioni e uccisioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie, o in attività destabilizzanti”, specifica la nota del Consiglio. Nei loro confronti l’Unione Europea ha imposto il congelamento dei beni e il divieto di viaggio sul territorio comunitario, mentre a entità e cittadini europei sarà proibito mettere fondi a loro disposizione. “Si tratta di intraprendere azioni concrete contro coloro che minacciano la pace e la sicurezza internazionale”, con l’obiettivo di difendere gli interessi dell’UE negli scenari geopolitici più prossimi, dove si stanno creando tensioni crescenti con la Russia.
    Il dibattito sulla Russia al Parlamento UE
    “Le relazioni tra Unione Europea e la Russia sono arrivate oggi al punto più basso e l’attuale crisi al confine orientale con l’Ucraina non fa ben sperare”, è stato il commento del presidente del Parlamento UE, David Sassoli. Aprendo il dibattito sull’eredità della dissoluzione dell’Unione Sovietica (cadono quest’anno i 30 anni dalla dissoluzione dell’URSS) sulla Russia attuale, Sassoli ha sottolineato che “non possiamo rinunciare ai valori europei né nei Paesi ex-sovietici che sono entrati nell’Unione, né in quelli confinanti”, inclusa la Russia: “Sosteniamo il popolo russo nel desiderio di trasformare il proprio Stato, prendendosi cura delle istituzioni democratiche”.
    Il presidente del Parlamento UE, David Sassoli (13 dicembre 2021)
    C’è pieno allineamento tra i gruppi politici al Parlamento UE nel denunciare il “sistema repressivo sovietico che è rimasto nascosto ma sempre vivo in tutti questi anni in Russia”, usando le parole dell’eurodeputato tedesco Sergey Lagodinsky (Verdi/ALE). Anche per l’Eurocamera si tratta di una settimana cruciale sul piano dei rapporti con Mosca, considerato il dibattito di domani (martedì 14 dicembre) sulla situazione al confine orientale dell’Ucraina e in Crimea, oltre alla cerimonia di assegnazione del Premio Sakharov per la libertà di pensiero all’oppositore russo Alexei Navalny mercoledì.
    “Putin cerca di intimidire noi e il suo popolo, ma dobbiamo seguire l’esempio di Navalny e non avere paura”, ha esortato Rasa Juknevičienė (PPE). Dalle fila di Renew Europe, l’eurodeputato francese Bernard Guetta ha definito “sconcertante e inammissibile” l’opposizione del presidente russo ai movimenti che cercano di ripristinare la memoria delle vittime del regime sovietico (altro tema di cui si discuterà in plenaria, nel corso della mattinata di giovedì).
    Mentre dalla fine dell’URSS “l’Europa si è potuta unire sotto la bandiera della libertà”, oggi il Cremlino “continua a rivendicare che il crollo è stato un grande errore”, ha denunciato Juozas Olekas (S&D). Al contrario, “è stato il segno che la repressione non può calpestare i diritti umani”, ha aggiunto l’eurodeputato lituano, ricordando la necessità di “supportare i cittadini russi”. Anna Fotyga (ECR) ha puntato il dito contro Putin per “difendere il dittatore bielorusso, Alexander Lukashenko“, e per “minacciare la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina”, mentre Martin Schirdewan (La Sinistra) ha chiesto a entrambe le parti – Bruxelles e Mosca – una “nuova politica di distensione dei rapporti”.

    L’alto rappresentante UE, Josep Borrell, ha annunciato “azioni coordinate con gli Stati Uniti”, e sanzioni contro il gruppo di mercenari Wagner. Intanto l’Eurocamera sostiene le “aspirazioni democratiche” del popolo russo

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    Nord Stream 2, la Germania frena sull’iter di certificazione e salgono i prezzi del gas

    Bruxelles – L’entrata in funzione del gasdotto Nord Stream 2 subisce una nuova battuta d’arresto. Questa mattina (16 novembre) il regolatore tedesco delle reti, l’Agenzia federale (BNA -Bundesnetzagentur), ha sospeso temporaneamente l’iter di autorizzazione all’attivazione (la cosiddetta certificazione) del discusso gasdotto che collega la Russia alla Germania attraverso il Mar Baltico. Secondo l’autorità tedesca il consorzio che opera l’infrastruttura, Nord Stream 2 Ag, deve essere “organizzato secondo forma giuridica di diritto tedesco” per poter dare il suo ok.
    Il punto sollevato dal regolatore tedesco è che Nord Stream 2 AG ha sede in Svizzera e ha deciso di non convertire ancora la società esistente, ma di costruire una filiale secondo le norme di diritto tedesco. Questa filiale diventerà proprietaria e gestirà la sezione tedesca del gasdotto, ma il processo di certificazione rimarrà sospeso fino a quando il consorzio trasferirà “importanti risorse e budget per il personale” a una vera e propria filiale tedesca.
    Il gasdotto Nord Stream 2 collegherà la Germania alla Russia
    Anche se non è ancora chiaro di quanto, lo stallo dovrebbe ritardare l’immissione dei primi flussi di gas nel gasdotto appena completato, che andrà a raddoppiare il volume di gas naturale trasportato da Mosca a Berlino replicando, nei fatti, il percorso del gasdotto gemello Nord Stream che è già in attività. Si parla di circa 55 miliardi di metri cubi all’anno di gas verso la Germania a capacità massima, raddoppiati a 110.
    Alla notizia della sospensione, questa mattina i prezzi del gas, già in rialzo nelle ultime settimane a causa di una più ampia crisi dei prezzi dell’energia, sono balzati del 9 per cento. Nord Stream 2 ha commentato di non essere in grado attualmente “di commentare i dettagli della procedura, la sua possibile durata e gli impatti sui tempi di avvio delle operazioni del gasdotto”. Così la Commissione Europea, che dovrà dare infine un parere sulla decisione del regolatore tedesco, ha confermato oggi al regolare briefing con la stampa di essere a conoscenza dei fatti ma di non potersi pronunciare oltre. Il gasdotto non è un progetto di interesse comune a livello europeo ma riguarda solo la Germania e il diritto nazionale tedesco, che deve essere in linea con la direttiva UE sul mercato del gas.
    Il contestato gasdotto ha affrontato una dura opposizione da parte degli Stati Uniti e di alcuni stati dell’Unione Europea, compresa l’Italia, che temono una ulteriore dipendenza strategica dell’UE dal gas russo, di cui è dipendente per il 90 per cento della sua fornitura di gas. Per Mosca l’importanza strategica del gasdotto è che finora la maggior parte del suo gas è stato trasportato in Europa attraverso l’Ucraina, mentre il percorso del Nord Stream 2 consente di bypassarla, togliendole rilevanza. Kiev ha accolto con favore la decisione del regolatore tedesco – che resta solo una temporanea sospensione – e nel merito è entrato oggi anche il premier britannico Boris Johnson, sottolineando l’opposizione del Regno Unito al gasdotto Nord Stream 2 che dirotterebbe le forniture dall’Ucraina e potrebbe avere “significative implicazioni per la sicurezza della regione”, mentre Londra continua a sposare l’integrità territoriale dell’Ucraina, dopo l’annessione illegale della penisola di Crimea da parte di Mosca del 2014.

    Nuova battuta d’arresto per il controverso gasdotto che arriva dalla Russia attraverso il Mar Baltico. Il regolatore tedesco chiede una modifica della “forma giuridica” del consorzio che opera l’infrastruttura, la Nord Stream 2 Ag

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    Lukashenko minaccia l’UE: “Niente sanzioni oppure stop al gas”

    Bruxelles – “Noi riscaldiamo l’Europa e ora loro ci minacciano con la chiusura del confine. Cosa accadrebbe se bloccassimo il transito di gas naturale?”.  Aljaksandr Lukashneko torna ad attaccare l’UE in merito alla crisi dei migranti che in questi giorni ha scaldato la frontiera tra Polonia e Bielorussia.
    La minaccia del presidente bielorusso segue le notizie sul quinto pacchetto di sanzioni – ora confermate da fonti della Commissione europea – che i Paesi UE stanno discutendo. La Commissione ha ribadito che “le sanzioni sono solo uno degli strumenti che l’Unione ha a disposizione” e che una decisione in merito da parte degli Stati membri arriverà a breve.
    Non si conoscono con certezza i settori che potrebbero essere colpiti da eventuali sanzioni. Per il momento è possibile che ad essere interessate saranno quelle compagnie aeree colpevoli di trasportare illegalmente migranti dal Medio Oriente alla Bielorussia, dove vengono utilizzati per mettere sotto pressione le frontiere polacche e lituane. Anche in questo caso la Commissione non si è ancora espressa ma ha confermato di essere in contatto con le principali compagnie aeree per portare avanti delle indagini.
    Paolo Gentiloni, commissario europeo all’Economia, ha risposto che “non dovremmo sentirci intimiditi dalle minacce della Bielorussia”. Posizione ribadita dalla Commissione, che giudica il taglio alla fornitura di gas come “uno scenario estremamente ipotetico”, che “danneggerebbe in primis la Bielorussia”.
    Lukashenko minaccia l’UE, ma gli serve il permesso di Putin
    Il gas che attraversa il Paese per arrivare in Polonia, e da lì arriva in Europa, scorre attraverso il gasdotto Yamal che nel suo tratto bielorusso è di esclusiva competenza di Gazprom – la controllata statale russa. Anche la materia prima proviene esclusivamente dalla Federazione, che lo estrae principalmente nel mare di Kara.
    Interrompere le forniture significherebbe, come riferito dalla Commissione, “danneggiare i fornitori” e dunque la Russia, unico alleato di Lukashenko e partner insostituibile per preservare la stabilità del regime bielorusso.
    Per tagliare l’approvvigionamento di gas, Minsk dovrebbe innanzitutto avere il via libera da Mosca. Il consenso del Cremlino, tuttavia, trascinerebbe la Russia in una vicenda a cui vorrebbe rimanere estranea (almeno a livello ufficiale) – posizione che il presidente Vladimir Putin ha fatto intendere anche durante una recente telefonata con Angela Merkel.

    Il Presidente della Bielorussia risponde all’Unione europea, che in questi giorni pensa all’emissione di un quinto pacchetto di sanzioni contro il governo di Minsk per l’utilizzo come arma dei migranti. Adesso Lukashenko minaccia di interrompere il flusso dei gasdotti russi che, passando attraverso il Paese, riscaldano gli Stati europei

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    La Russia “ha appetito di escalation” in Ucraina: per l’UE è necessario “aumentare la capacità dissuasiva”

    Bruxelles – Si alza il livello di allarme al Parlamento UE sul crescente militarismo della Russia in tutta l’area del Partenariato Orientale, dall’Ucraina al Caucaso, dalla Bielorussia alla Moldavia. Il quadro è stato tracciato dalla sottocommissione Sicurezza e difesa (SEDE) del Parlamento UE, nel corso dell’audizione di oggi (mercoledì 27 ottobre) di Maryna Vorotnyuk, ricercatrice del think tank britannico Royal United Services Institute for Defence and Security Studies, e di Samus Mykhailo, direttore della piattaforma indipendente New Geopolitics Research Network. Si attende ora la relazione a firma Witold Waszczykowski (ECR).
    “L’area del Partenariato orientale rappresenta una fonte di problemi per l’UE e la NATO e il principale motore di insicurezza è la politica della Russia nella regione”, ha messo in chiaro Vorotnyuk. I già presenti problemi economici, inter-etnici e di transizione democratica post-comunista sono stati “esacerbati” da Mosca, che “opera come mediatore in una zona di instabilità controllata“. Se la dottrina militare russa “si basa sull’idea di espansione per terra e per mare”, le tensioni nella regione sono “guerre surrogate contro l’Occidente”. Ma un altro fattore che determina questo atteggiamento è il “sempre maggior divario tra aumento della capacità militare e calo di attrattività del suo modello socio-politico”, ha spiegato la ricercatrice.
    Maryna Vorotnyuk, ricercatrice del think tank britannico Royal United Services Institute for Defence and Security Studies durante il suo intervento (27 ottobre 2021)
    Mosca è ormai presente “in tutti i conflitti congelati o ibridi” dell’area, con circa 10 mila soldati in Ossezia del Sud (regione separatista della Georgia), 2 mila in Nagorno Karabakh, 30 mila in Crimea e 3 mila nel Donbass (rispettivamente il territorio annesso e rivendicato dalla Russia) e circa 1.550 in Transnistria (regione separatista della Moldavia). “Con questa presenza possono dominare il campo di battaglia in caso di operazioni militari”, ha lanciato l’allarme Vorotnyuk, che ha così commentato “l’appetito di escalation di tensione e di capacità bellica” che si sta sviluppando “oltre le necessità in tempo di pace”, in particolare nei confronti di Kiev.
    Rispondendo alle domande degli eurodeputati, il direttore del New Geopolitics Research Network ha spiegato la situazione in Ucraina e in Bielorussia. “La presenza e la preparazione militare è superiore a quella del 2014“, quando le truppe di Mosca hanno annesso la penisola di Crimea. “Sono state implementate le infrastrutture critiche attorno all’Ucraina, con tre divisioni che possono condurre il controllo e la logistica anche per l’occupazione del Donbass”. Come dimostrato dalle esercitazioni dello scorso aprile, “potrebbe verificarsi un’operazione intensa di occupazione su vasta scala dell’Ucraina, non appena il Cremlino considererà favorevoli le condizioni”, ha avvertito Mykhailo.
    Samus Mykhailo, direttore della piattaforma indipendente New Geopolitics Research Network (27 ottobre 2021)
    Riguardo allo scenario bielorusso, il direttore della piattaforma di studi geopolitici ha confermato che “il presidente Alexander Lukashenko non controlla più la situazione ed è completamente alla mercé di Vladimir Putin“. Non una novità, se si considerano gli sviluppi dell’ultimo anno tra i due Paesi. Tuttavia, è interessante considerare la situazione sul campo: “C’è un gruppo di forze regionali che opera con un comando comune e con 300 centri di addestramento sul territorio nazionale, le aviazioni hanno iniziato missioni congiunte e uno scaglione armato russo è già presente nel Paese“. Lo scenario è quello di “una presenza permanente delle truppe di Mosca in Bielorussia”, ha aggiunto Mykhailo.
    A questo punto è necessario considerare come può reagire l’UE a questa situazione di instabilità sul fronte orientale determinata dalla Russia. “Serve una presenza più consistente e risorse di formazione dell’Unione in loco“, ha sottolineato Vorotnyuk. “Il Partenariato orientale non è stato concepito come un progetto di difesa e sicurezza, ma di pace”, tuttavia “il panorama mostra che l’UE deve svolgere un ruolo di maggiore stabilizzazione nella regione”. Ancora più netto Mykhailo, che ha avvertito che “se non ci sarà una definizione comune della minaccia russa, sarà difficile contrastare la bellicosità di Mosca“. Questa “nuova dottrina” dovrà “mettere insieme tutte le percezioni di pericolo dei Paesi membri” e “incentivare lo scambio di esperienze con i partner orientali”. Un discorso che dovrà partire dal “contrasto alla disinformazione e alla guerra ibrida della Russia, in modo da rafforzare la preparazione a scenari di conflitto bellico”.

    Al vaglio della sottocommissione Sicurezza e difesa (SEDE) del Parlamento Europeo la situazione del crescente militarismo russo nella regione del partenariato orientale: “Servono presenza e risorse di formazione UE in loco”

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    L’UE punta all’Artico: transizione verde, libertà di navigazione e materie prime

    Bruxelles – La Commissione europea ha pubblicato una comunicazione congiunta per indirizzare l’azione dell’Unione nella regione dell’Artico. Il documento, dal titolo Un coinvolgimento maggiore dell’UE per un Artico pacifico, sostenibile e prospero, analizza gli interessi dei Paesi membri nel teatro polare e getta le basi per rispondere alle sfide incipienti.
    L’impegno dell’UE per un Artico verde
    La regione negli ultimi anni ha visto sia l’aumento della competizione geopolitica tra grandi potenze che gli effetti più drastici del riscaldamento globale. Come ha ricordato il Commissario europeo per l’ambiente Virginijus Sinkevičius “la regione dell’Artico si sta scaldando tre volte più velocemente del resto del pianeta”.
    Un fenomeno che influisce sull’andamento globale del clima e minaccia la corrente del Golfo, con effetti potenzialmente disastrosi per tutti i Paesi del Nord Atlantico. Gli indirizzi della Commissione muovono proprio dall’aspetto climatico. Diminuire le emissioni e porre un freno all’estrazione di gas e petrolio è una necessità impellente per la salute del Pianeta e degli abitanti della regione. Come ha ricordato sempre Sinkevičius, sono centinaia di migliaia gli Europei che vivono nelle vicinanza del Polo e di otto Stati considerati pienamente artici ben tre fanno parte dell’Unione europea (Svezia, Danimarca, Finlandia).
    A completare l’impegno ecologico dell’Unione sarà il progetto per la riduzione delle microplastiche (30 per cento entro il 2030) e il contrasto alla pesca smodata, che minaccia di intaccare i ricchi bacini ittici del Polo.
    Salvare l’approccio cooperativo nell’Artico
    Le relazioni tra potenze nell’Artico sono tradizionalmente contraddistinte da un maggiore grado di cooperazione rispetto al resto dei teatri “caldi”. La Commissione intende impegnarsi perché questa tendenza sopravviva all’inasprirsi delle condizioni del sistema internazionale. Di qui la preoccupazione per i tentativi di cinesi di installarsi nell’area e per l’intesa militarizzazione condotta dalla Federazione Russa.
    Il documento promuove la cooperazione multilaterale nell’Artico, con il potenziamento di strumenti come la Northern Dimension, l’accordo per lo sviluppo logistico e la tutela degli abitanti dei Poli tra UE, Russia, Norvegia e Islanda. I partenariati per la ricerca scientifica, numerosi da sempre trai ghiacci anche con potenze che altrove sono “ostili”, vengono individuati come vettore privilegiato della cooperazione.
    La comunicazione precisa che il partner principale per la sicurezza resta la NATO e che la cooperazione deve sempre essere orientata al rispetto della convenzione UNCLOS sul diritto del mare, dunque sul riconoscimento delle zone economiche esclusive e della sovranità degli spazi marittimi. Per aumentare il proprio coinvolgimento e monitorare la situazione la Commissione ha promesso di stabilire il suo primo ufficio in Groenlandia, presso la citta di Nuuk.
    Di particolare rilevanza geopolitica è la volontà di avviare un piano sostenibile di sfruttamento delle materie prime di cui la regione è ricca. Nello specifico la comunicazione fa riferimento alle terre rare (RE) e alla necessità di assicurare un approvvigionamento che non dipenda da “uno o pochi Paesi fornitori”, con esplicito riferimento alla Repubblica popolare cinese, da cui l’UE acquista il 98% delle RE.

    La Commissione europea ha rilasciato una comunicazione congiunta a Parlamento e Consiglio per indirizzare l’azione comunitaria nell’Artico. Insieme alla promozione di un approccio competitivo con le altre potenze, la Commissione vuole portare avanti le battaglie per la libertà di navigazione, lo scioglimento dei ghiacciai e l’inquinamento

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    L’Unione Europea stringe i rapporti con l’Ucraina per affrontare la crisi energetica e la minaccia russa

    Bruxelles – Sono due gli spettri che aleggiano sul vertice UE-Ucraina e lo si capisce ascoltando le prime parole della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, in conferenza stampa: “Vogliamo che la Russia si prenda le sue responsabilità sulle violazioni della sovranità dell’Ucraina e vi consideriamo partner stretti nell’affrontare la comune crisi energetica“.
    L’incontro di oggi (martedì 12 ottobre) tra la leader dell’esecutivo comunitario, il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, aveva come obiettivo il rafforzamento delle relazioni tra Kiev e Bruxelles sul piano dell’integrazione economica in diversi settori, tra cui clima, energia, telecomunicazioni, connettività, trasporti, istruzione e ricerca. Dopo la firma degli accordi sullo spazio aereo comune, sui programmi UE di ricerca e innovazione Horizon Europe ed Euratom e sul programma europeo di sostegno al settore culturale Creative Europe, sono stati i due temi politicamente più scottanti a monopolizzare gli interventi post-vertice.
    In primis, la questione russa e la tensione tra i due Paesi da quando Mosca ha annesso nel 2014 la penisola di Crimea. Come già ribadito in diverse occasioni (ultima in ordine cronologico, la risposta dello scorso aprile all’accumulo di truppe russe lungo il confine orientale del Paese), “l’Unione Europea supporta pienamente l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina“, non ha lasciato spazio a dubbi la presidente von der Leyen. Le ha fatto eco il numero uno del Consiglio Europeo, che ha condannato “fermamente” quella che per Bruxelles è “un’annessione illegale della Crimea”. Michel ha sottolineato che “per la sicurezza e la stabilità del Paese, potete contare su di noi”.
    Ma se queste prese di posizione erano tutto sommato attese e prevedibili, ben più importanti sono state le dichiarazioni dei due rappresentanti delle istituzioni europee al vertice UE-Ucraina sul tema della crisi energetica che sta sconvolgendo il mondo, con un aumento dei prezzi di gas ed energia per i Paesi importatori.  “Stiamo esplorando la possibilità di stoccaggi in comune di gas naturale con l’Ucraina“, ha annunciato von der Leyen, spiegando le prospettive sul breve e lungo periodo allo studio della Commissione UE. A causa del taglio dei rifornimenti di gas da parte dell’azienda russa Gazprom, “questo sarà un problema comune non solo di questo inverno, ma anche dei prossimi”.
    La cooperazione tra Bruxelles e Kiev viene vista come “molto benefica per entrambi” da parte della presidente della Commissione, che sta analizzando diversi scenari di reazione alla crisi attuale con un coinvolgimento del partner ucraino. Per “assicurare una fornitura sufficiente al Paese”, von der Leyen ha spiegato che una soluzione potrebbe essere “l’aumento delle capacità dei gasdotti già in uso“, ipotizzando “un’inversione del flusso in un gasdotto dalla Slovacchia”. Altrimenti si dovrà pensare a riserve strategiche comuni e assicurare che “l’Ucraina resti un Paese di transito affidabile per l’approvvigionamento di gas”.
    L’obiettivo dichiarato è di “raggiungere l’indipendenza energetica, per non dipendere più dall’estero“, ha esortato la leader dell’esecutivo comunitario, dopo aver ricordato che però “il nostro fine ultimo rimane svincolarci dai combustibili fossili”. Al momento però, come ricordato anche dalla commissaria per l’Energia, Kadri Simson, la settimana scorsa davanti alla plenaria del Parlamento UE, si deve ragionare sull’impennata dei prezzi e cercare una risposta a livello comunitario. Di questo – e in particolare della capacità di stoccaggio comune – si discuterà al prossimo Consiglio Europeo del 21-22 ottobre a Bruxelles. “È un argomento fondamentale, su cui possiamo cercare di costruire una cooperazione con l’Ucraina“, ha sottolineato il presidente Michel, presentandolo come un “esempio pratico di come vogliamo affrontare insieme i problemi ed essere politicamente più efficienti”.

    Tra le soluzioni emerse dal vertice di Kiev c’è anche la possibilità di disporre di “stoccaggi in comune di gas naturale”, ha annunciato la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen

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    La Corte europea dei diritti umani ha condannato la Russia per l’assassinio di Litvinenko

    Bruxelles – È il governo russo il responsabile dell’assassinio dell’ex-spia dei servizi segreti russi (ex KGB e FSB) Aleksander Litvinenko. Lo ha stabilito della Corte europea dei diritti umani con una sentenza emessa oggi (martedì 21 settembre), che ha riconosciuto Mosca colpevole dell’avvelenamento dell’uomo con polonio 210, avvenuto nel 2006 sul territorio del Regno Unito.
    “Esiste un forte sospetto che, nell’avvelenare Litvinenko, Andrey Lugovoy e Dmitriy Kovtun abbiano agito in qualità di agenti dello Stato russo”, si legge nella sentenza. Inoltre, “senza alcuna giustificazione, la Russia non ha fornito il materiale richiesto, necessario per l’indagine sul caso”. La Corte con sede a Strasburgo ha deciso che Mosca dovrà versare 100 mila euro per danni morali alla moglie di Litvinenko e altri 22.500 per le spese legali.
    Il ricorso alla Corte europea dei diritti umani era stato presentato proprio da Marina Litvinenko, conosciuta come Maria Anna Carter da quando lei e il marito acquisirono la cittadinanza britannica nel 2006 (dopo aver ottenuto il diritto di asilo). Litvinenko aveva lavorato per i servizi di sicurezza sovietici e russi e nel 1998 aveva accusato pubblicamente i suoi superiori di aver organizzato un piano per assassinare il milionario Boris Berezovsky. Dopo essere stato licenziato, era fuggito dal Paese. Litvinenko era stato successivamente coinvolto nella denuncia di casi di corruzione e di legami con la criminalità organizzata da parte dei servizi segreti russi.
    Tra la metà di ottobre e l’inizio di novembre del 2006, gli ex-colleghi Lugovoy e Kovtun si recarono tre volte a Londra per incontrare Litvinenko. Come dimostrato da successive indagini britanniche, in ogni occasione portarono con loro polonio 210, una sostanza altamente radioattiva. Il 2 novembre Litvinenko fu ricoverato in ospedale, con sospetti immediati di avvelenamento attraverso agenti radioattivi. L’ex-KGB morì tre settimane più tardi, il 23 novembre: la causa del decesso fu riconosciuta in una sindrome acuta da radiazioni, causata da livelli molto alti di polonio 210 ingerito attraverso un composto solubile.
    “Al di là di ogni ragionevole dubbio”, la Corte con sede a Strasburgo ha considerato “accertato” che l’assassinio è stato eseguito da Lugovoy e Kovtun: “L’operazione pianificata e complessa che coinvolgeva l’approvvigionamento di un raro veleno mortale, gli accordi di viaggio e i ripetuti e prolungati tentativi di somministrare il veleno” indicano che “l’obiettivo dell’operazione era Litvinenko”, si legge nella sentenza. Per quanto riguarda il fatto che i due agenti dei servizi segreti russi abbiano agito per conto del governo russo, la Corte europea dei diritti umani ha ritenuto che “non ci sono prove che entrambi avessero una ragione personale” per uccidere l’uomo. Al contrario, “se avessero agito per proprio conto, non avrebbero avuto accesso all’isotopo radioattivo usato per avvelenarlo”.
    Durissime le reazioni russe alla sentenza della Corte europea dei diritti umani. “Cerca di contribuire alla diffusione della russofobia in Europa“, ha attaccato la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, che ha anche insinuato che “la sentenza stessa inoltre solleva molte domande”. Per il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, le conclusioni della Corte sono “infondate”, dal momento in cui “è improbabile che abbia l’autorità o le capacità tecnologiche per avere informazioni sulla questione”.

    L’avvelenamento dell’ex-agente del KGB con polonio 210 era avvenuto nel 2006 nel Regno Unito. La sentenza ha riconosciuto i due esecutori dell’omicidio come “agenti dello Stato russo”, privi di ragioni personali per ucciderlo

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    Russia al voto per il rinnovo della Duma. Mosca accusa l’UE di tentativi di interferenza nelle elezioni parlamentari

    Bruxelles – La Russia va alle urne, ma l’atmosfera che si respira è da guerra fredda. Mentre in Kamčatka, nell’estremità orientale del Paese, sono già iniziate le operazioni di voto che dureranno fino a domenica (19 settembre), Mosca e Bruxelles hanno ingaggiato una battaglia diplomatica sulla trasparenza e la democraticità delle elezioni per il rinnovo della Duma di Stato, la Camera bassa dell’Assemblea Federale.
    È stato il ministero degli Esteri russo ad attaccare direttamente l’Unione Europea, dopo l’approvazione della relazione del Parlamento UE che ha chiesto alle istituzioni comunitarie di tenersi pronte a non riconoscere l’esito delle elezioni parlamentari, se saranno riscontrate violazioni dei principi democratici e del diritto internazionale. “Condanniamo fermamente i tentativi di manipolare l’opinione pubblica e siamo convinti che questa azione porti al discredito definitivo del Parlamento Europeo”, ha affondato la portavoce Maria Zakharova. “Come in passato, ci difenderemo da interferenze inaccettabili nel processo democratico nazionale”, ha aggiunto.
    Il relatore per il Parlamento UE, Andrius Kubilius (PPE)
    La relazione presentata martedì (14 settembre) dall’eurodeputato lituano Andrius Kubilius (PPE) è passata con 494 voti a favore, 103 contrari e 72 astenuti. Valutando lo stato delle relazioni tra UE e Russia, gli eurodeoputati hanno definito il regime di Vladimir Putin una “cleptocrazia [modalità di governo deviata che rappresenta il culmine della corruzione politica, ndr] autoritaria stagnante guidata da un presidente a vita circondato da una cerchia di oligarchi”. Non esattamente parole al miele, ma con la precisazione che “bisogna distinguere questo regime dal popolo russo: un futuro democratico per il Paese è possibile“. Ecco perché vanno sì respinte le “politiche aggressive” dell’attuale governo (il cui destino dipenderà proprio dalle elezioni di questi giorni), ma allo stesso tempo è necessario “porre le basi per la cooperazione con una futura Russia democratica“. In questo senso deve essere contestualizzata la richiesta a Consiglio e Commissione UE di non riconoscere elezioni falsate da metodi non democratici.
    Repressioni e significato del voto
    La posizione dell’Eurocamera è giustificata dal contesto elettorale che ha vissuto negli ultimi mesi il regno dello zar Putin. Nonostante siano 14 i partiti che si affrontano alle urne per conquistare i 450 seggi della Duma, non si può davvero parlare di competizione elettorale: la formazione di una qualsiasi forza di opposizione significativa è stata negata o piegata con la forza, con arresti e manganellate. Basta solo citare il caso dell’oppositore Alexei Navalny – avvelenato prima e incarcerato poi – e della violenta repressione delle manifestazioni in suo sostegno a inizio dell’anno.
    Non solo. A giugno la Fondazione per la lotta alla corruzione è stata dichiarata un’organizzazione estremista dalle autorità giudiziarie russe e diversi candidati sono stati esclusi dalla corsa elettorale a causa di legami presunti o reali con Navalny. Il giro di vite si è esteso anche ai media indipendenti – come il sito Meduza – che da mesi sono stati inseriti in massa nel registro degli “agenti stranieri”, etichetta che è stata applicata a tutti quei giornalisti e aziende editoriali che ricevono sostegni o finanziamenti dall’estero.
    L’oppositore russo Alexei Navalny
    L’obiettivo principale di questa ondata di repressione sulla società civile sarebbe dimostrare che non ci sono alternative reali alla leadership di Putin. Il suo mandato presidenziale scadrà nel 2024, ma potenzialmente potrebbe durare fino al 2036, dopo l’approvazione di un apposito emendamento costituzionale nell’aprile di quest’anno. Negli ultimi giorni di campagna elettorale lo zar non è sceso direttamente nell’arena politica, dal momento in cui da martedì si è dovuto mettere in isolamento fiduciario per alcuni contatti con membri del suo entourage positivi al COVID-19. E anche se queste elezioni riguardano la formazione della Camera bassa dell’Assemblea Federale, c’è anche anche un pezzo del suo destino in ballo.
    Il partito Russia Unita – che appoggia e che viene appoggiato dal Cremlino – non dovrebbe avere problemi a mantenere la maggioranza, contando anche su “partiti cuscinetto” come il Partito Liberal-Democratico e Russia Giusta. Tuttavia, la recente impennata dei prezzi dei generi alimentari e il calo dei redditi reali hanno fatto sprofondare gli indici di gradimento del partito di governo ai minimi storici. In altre parole, questa elezione rappresenta un test-chiave per l’intero sistema di potere del Paese, a tre anni dalla scadenza del mandato presidenziale.
    L’incognita del “voto intelligente”
    È stato lo stesso inquilino del Cremlino a definire questa tornata elettorale “l’evento più importante nella vita della nostra società e del Paese intero”, scagliando ulteriori attacchi all’Occidente per “tentare di interferire nel voto nazionale”. Dopo aver messo in ginocchio l’opposizione interna, Putin ha cercato di sbarazzarsi anche dell’ultimo strumento che potrebbe veicolare il dissenso organizzato: Smart Voting, l’applicazione online per il “voto intelligente” sviluppata dai sostenitori di Navalny. Si tratta di un sito e un’app per smartphone (qui il link) che indirizza gli elettori, collegio per collegio, nella scelta del candidato da votare, tra coloro che hanno maggiori possibilità di sconfiggere i rivali di Russia Unita.
    La schermata del sito per il voto tattico dell’opposizione russa, Smart Voting
    Lo scopo di questa nuova modalità di voto tattico è soprattutto quella di spingere l’affluenza alle urne, tamponando l’evidente scoraggiamento della società civile e l’assenza di veri candidati di opposizione. È molto probabile che a incanalare il malcontento e a beneficiare dello strumento digitale sarà il Partito Comunista della Federazione Russa: delle 225 indicazioni di “voto intelligente”, più della metà sono esponenti comunisti, compresi 11 su 15 individuati nel collegio della capitale, dove il sentimento anti-Putin è più forte. Il Partito Comunista è attualmente il secondo partito per numero di membri nella Duma di Stato (43, contro i 338 di Russia Unita), anche se nella legislatura che è appena terminata non si è distinto per un’opposizione particolarmente dura.
    Se è vero che all’inizio della scorsa settimana le autorità russe hanno bloccato l’accesso al sito sul territorio nazionale, Smart Voting è ancora accessibile fuori dai confini russi, anche se Facebook e Google hanno ceduto alle pressioni del ministero degli Esteri russo di cancellarlo dai loro app store. È evidente che Russia Unita e il Cremlino vedono nelle Big Tech occidentali una minaccia alla sopravvivenza dello status quo, altrimenti non si spiegherebbe l’attacco frontale di questa ultima settimana ai “giganti digitali”, accusati di “interferire negli affari interni del nostro Paese con l’aiuto del Pentagono”. Entrati nei giorni decisivi del voto, è difficile aspettarsi da queste elezioni un ribaltone politico. Ma, come hanno sottolineato gli eurodeputati, in un’atmosfera di scoraggiamento e repressione il destino della “futura Russia democratica” passa da qui.

    Gli eurodeputati hanno chiesto alle istituzioni UE di non riconoscere il nuovo Parlamento, se ci saranno violazioni dei principi democratici. Aperte le urne fino a domenica: in un clima di repressione, l’unica incognita è il sito per il “voto intelligente” sviluppato dall’opposizione al presidente Putin