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    L’UE allestisce un hub umanitario in Romania per coordinare l’aiuto all’Ucraina, mentre continua l’avanzata russa

    Bruxelles – Arrivati all’ottavo giorno di invasione russa dell’Ucraina, la situazione nel Paese continua a peggiorare. Nella notte tra mercoledì (2 marzo) e giovedì (3 marzo) l’esercito di Mosca ha conquistato nel sud la città di Kherson, il primo grosso centro abitato dall’inizio dell’attacco, ma soprattutto in posizione strategica per l’avanzata verso i porti di Odessa e Mariupol, dove ora si aspettano le offensive da terra e da mare. I bombardamenti delle principali città ucraine, capitale Kiev compresa, continuano senza sosta, con un aggravamento della situazione sul fronte umanitario in Ucraina e alle frontiere dell’UE: secondo quanto riportato da Filippo Grandi, alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, il numero di profughi ha raggiunto il milione.
    È proprio questa una delle preoccupazioni più urgenti per l’Unione Europea – in parallelo con il sostegno totale all’Ucraina e le sanzioni alla Russia – e lo sta dimostrando con una serie di misure degli ultimi giorni. Oggi il Consiglio Affari Interni dovrebbe prendere con tutta probabilità la decisione di attivare la Direttiva europea sulla protezione temporanea, accogliendo la proposta della Commissione UE per garantire a tutte le persone in fuga dall’Ucraina lo status di rifugiati con una modalità accelerata (c’è solo il nodo, imbarazzante, dell’accoglienza ai cittadini di Paesi terzi). A questo si aggiunge la decisione di “allestire un hub di protezione umanitaria in Romania, in collaborazione con il governo”, ha annunciato la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, nel corso di una conferenza stampa con il presidente rumeno, Klaus Iohannis. “Proteggere le persone in fuga dalle bombe di Putin non è solo un atto di compassione in tempo di guerra, ma è un dovere morale”, ha sottolineato con forza la leader dell’esecutivo UE, ringraziando la Romania per aver finora dato accoglienza a più di 150 mila rifugiati dall’Ucraina.

    Mentre si inaspriscono in tutto il mondo le sanzioni contro Mosca a partire dal coordinamento tra UE, Stati Uniti e Gran Bretagna – il procuratore generale della Corte penale internazionale dell’Aja, Karim Khan, ha accolto la richiesta di 39 Paesi di aprire un’indagine per crimini di guerra nei confronti dell’establishment russo per l’occupazione dell’Ucraina. Il focus principale saranno le violenze sui civili e coprirà gli otto anni che vanno dall’occupazione della Crimea alla guerra civile nel Donbass, fino all’invasione del territorio ucraino.
    Nel pomeriggio si attende il secondo round dei negoziati di pace tra le delegazioni ucraina e russa (su cui le aspettative sono quasi nulle), ma il mondo ha già preso una netta posizione contro la Russia. Ieri sera è stata votata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite la risoluzione che condanna l’aggressione dell’Ucraina con una maggioranza schiacciante: 141 voti a favore – tra cui anche la Serbia, tradizionale alleato di Mosca – 35 astenuti e solo 4 contrari (oltre alla Russia, anche Bielorussia, Eritra, Siria e Corea del Nord). Tra gli astenuti anche Cina e India, un segnale che, a differenza di quanto previsto dal Cremlino, gli alleati di Putin iniziano a scarseggiare e non hanno interessi a sostenerlo esplicitamente.

    Il numero di profughi dall’Ucraina ha raggiunto il milioni e l’Unione si prepara a dare assistenza a tutti quelli che stanno arrivando alle sue frontiere: “Proteggere le persone in fuga dalle bombe di Putin è un dovere morale”

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    Stretta su potassio, acciaio e combustibili: nuove sanzioni UE contro la Bielorussia per la guerra russa in Ucraina

    Bruxelles – Di fronte a una Bielorussia sempre più ostile e allineata alla Russia di Vladimir Putin, l’UE appesantisce le sanzioni economiche contro il regime di Alexander Lukashenko. La nuova stretta è stata approvata dal Consiglio dell’UE all’interno del terzo pacchetto di misure restrittive, che comprende il blocco della propaganda e della disinformazione russa e la disconessione di sette banche dal circuito di pagamenti internazionale Swift.
    A scatenare le sanzioni UE sono state le azioni di supporto, favoreggiamento e poi di partecipazione militare della Bielorussia di Lukashenko nell’invasione russa dell’Ucraina, a scapito anche del tradizionale status di Paese non-nucleare. Il sostegno bielorusso permette al Cremlino di sparare missili balistici sul territorio ucraino dal fronte nord, oltre al trasporto di soldati, armi pesanti, carri armati e convogli militari, e a fornire punti di rifornimento e di equipaggiamento per l’areonautica russa. “Il coinvolgimento della Bielorussia avrà un prezzo elevato“, ha tuonato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell: “Con queste misure stiamo prendendo di mira coloro che collaborano in questi attacchi contro l’Ucraina, limitando il commercio in una serie di settori-chiave”.
    La base di partenza delle sanzioni UE è il pacchetto approvato nel maggio dello scorso anno – per motivi diversi, ma in qualche modo ancora attuali, cioè la violazione del diritto internazionale – che avevano già colpito il settore dei prodotti petroliferi, del cloruro di potassio, del tabacco e delle tecnologie civili e militari. Oltre a questi, a cui è stata data un’ulteriore stretta, il Consiglio dell’UE ha messo nel mirino anche il commercio di beni utilizzati per la produzione di sostanze bituminose e prodotti di idrocarburi gassosi, di legno, di cemento, di ferro e acciaio e di gomma. La nota del Consiglio precisa che “sono state inoltre imposte ulteriori restrizioni alle esportazioni di tecnologie avanzate che potrebbero contribuire allo sviluppo militare, tecnologico, della difesa e della sicurezza della Bielorussia”.
    A 22 membri “di alto rango del personale militare bielorusso” sono state imposte misure restrittive, “in considerazione del loro ruolo nei processi decisionali e di pianificazione strategica”. Questo significa che saranno congelati i loro beni nell’UE, sarà vietato mettere a loro disposizione fondi e subiranno un divieto di viaggio e di transito sul territorio comunitario. Tra Russia e Bielorussia, la lista dei sanzionati per l’aggressione dell’Ucraina conta ora 702 individui e 53 entità, Putin e Lukashenko compresi.
    Non bisogna però dimenticare che “Lukashenko non è la Bielorussia”, come Putin non è la Russia. Lo scrive in un appello indirizzato ai giornalisti italiani la presidente legittima secondo l’UE, Sviatlana Tsikhanouskaya. “I bielorussi sono contrari alla guerra, non dovrebbero assumersi la responsabilità dei crimini di Lukashenko”, si legge nella lettera, che chiede ai suoi cittadini di protestare e ai soldati di “non andare in Ucraina”. In un momento “drammatico”, l’Italia è invece invitata a mostrarsi solidale con il popolo bielorusso, oltre a quello ucraino: “So che alcuni potrebbero provare pregiudizi, ma per favore non fatevi ingannare“. Giornalisti, difensori dei diritti umani, medici e atleti che vivono nel nostro Paese “stanno con l’Ucraina” e anche questo va ricordato quando si condannano i regimi dittatoriali.

    Il Consiglio dell’UE ha incluso nel pacchetto di misure restrittive 22 responsabili del supporto bielorusso all’esercito russo e del coinvolgimento militare: colpiti nuovamente i settori-chiave dell’economia nazionale

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    Cosa ci mostra della strategia di Putin l’articolo (pubblicato per errore?) sulla vittoria russa in Ucraina

    Bruxelles – La risoluzione della questione Ucraina. È questo il titolo di un articolo pubblicato dall’agenzia di stampa russa RIA Novosti che ha fatto scalpore per due ragioni. La prima, la più immediata: l’articolo che celebra la vittoria russa nella guerra in Ucraina è datato 26 febbraio, giorno nel quale è uscito, cioè due giorni dopo l’inizio dell’invasione del Paese da parte dell’esercito di Vladimir Putin. Si è trattato (apparentemente) di un errore di pubblicazione, da cui si può dedurre quanto la disinformazione e la propaganda di regime pervadano i media statali russi, visto che con l’invasione ancora in atto venivano tratteggiati a tavolino la strategia vincente del Cremlino e il nuovo ordine dell’Est Europa. Ma è il secondo aspetto quello più rilevante: il contenuto, ancora consultabile nell’archivio online dell’agenzia, che offre una panoramica abbastanza netta della strategia di Putin. O di quello che vuole far sapere (e non sapere) al mondo l’uomo forte di Mosca.
    Come evidenziato da Thomas de Waal, analista del think tank Carnagie Europe, quello che si sviluppa nell’articolo sulla vittoria russa (anticipata) in Ucraina è a tutti gli effetti un pensiero neo-imperialista. L’operazione russa viene identificata come “una sconfitta per il progetto dell’Occidente di sottomettere la Russia”, che fa partire “una nuova era” nel portare l’unità dei popoli slavi dell’Est, cioè Russia, Ucraina e Bielorussia. Il passaggio in cui si chiarisce al meglio questo concetto afferma che “la tragedia del 1991, quella terribile catastrofe della nostra storia, quell’aberrazione innaturale, è stata superata”.
    Anche se tra il 2014 e il 2022 si è verificata – con diverse intensità – una guerra civile, “ora non ci sarà più un’Ucraina anti-Russia“. Questo tipo di analisi era stata rifiutata dalla fine dell’URSS nel 1991, ma è tornato in auge sotto governi e presidenze Putin, in particolare dopo l’invasione della Crimea otto anni fa. L’uomo forte di Mosca si sarebbe preso “una responsabilità storica, decidendo di non lasciare la risoluzione della questione ucraina alle generazioni future“. Una maniera edulcorata per sostenere l’inammissibilità dell’autodeterminazione degli ucraini e il rispetto di ogni principio di sovranità statale secondo il diritto internazionale. Si fa esplicito riferimento a un “complesso di umiliazione nazionale“, la cui unica soluzione risiede nel “liquidare, ristrutturare, ristabilire e restituire la statualità ucraina al mondo russo”.
    Spostando poi l’attenzione sull’Occidente, l’articolo sulla vittoria russa denuncia l’intenzione delle potenze europee – Francia e Germania in particolare – di “scommettere sul crollo” di Mosca per “mantenere l’Ucraina nella sfera d’influenza dell’Europa”. Con toni quasi apocalittici (“in un grande scontro geopolitico”), il destino di Mosca sarebbe senza dubbio apparente la sopravvivenza, “non importa la quantità di pressione occidentale”. Uno scenario quantomeno ottimistico, considerate le successive – ma non previste dall’autore dell’articolo – evoluzioni nella risposta occidentale e nel quasi totale isolamento internazionale della Russia. Ma risulta completamente infondata l’analisi stessa sulle divisioni interne al mondo occidentale: “Francia e Germania sono fondamentalmente diverse dagli anglosassoni, Regno Unito e Stati Uniti, che stanno cercando di affermare l’egemonia anche su di loro”. A dire il vero, con la guerra in Ucraina, tutto l’Occidente, dentro e fuori l’Europa, si è riscoperto unito come forse mai prima d’ora.
    Per non parlare del “completo disinteresse degli europei a costruire una nuova cortina di ferro sui loro confini orientali”. Se c’è una cosa che si è capita in questa settimana di invasione russa dell’Ucraina, è proprio che l’Unione Europea si è praticamente rivoluzionata per sostenere in tutti i modi la resistenza di Kiev. Si conclude con un’analisi geopolitica di ampio respiro, che inquadra questo conflitto in “una risposta all’espansione geopolitica degli atlantisti, un recupero del nostro spazio storico e nel mondo”. In nessun modo una violazione del diritto internazionale. Tutto il resto del mondo – dalla Cina all’India, dall’America Latina all’Africa, fino al mondo islamico e il sud-est asiatico – “non crede che l’Occidente guidi l’ordine mondiale”, con la Russia che “ha dimostrato che l’era del dominio globale occidentale può essere considerata pienamente e definitivamente finita“. Se Cina e India rimangono ancora ambigue nella condanna, per tornaconti geostrategici (e forse in pochi sperano davvero che isolino la Russia), non si vedono nemmeno segni di appoggio esterno all’invasione dell’Ucraina.
    Non c’è nulla da salvare in questo articolo propagandistico sulla vittoria russa in Ucraina, pubblicato prima del tempo e con molti dubbi sull’accidentalità del gesto. Ma si può avere un primo sguardo parziale sul pensiero dell’uomo che dal Cremlino sta guidando un’aggressione militare senza pretesti contro un Paese indipendente e sovrano. “Non lo farà mai, non si addice a Vladimir Putin”, ha scritto in un tweet il corrispondente della BBC da Mosca, Steve Rosenberg. Ora sappiamo però cosa avrebbe voluto fare e cosa con tutta probabilità farà se la resistenza ucraina dovesse soccombere.

    A due giorni dall’inizio dell’invasione e dei bombardamenti di Kiev, un articolo dell’agenzia russa RIA Novosti già celebrava la conquista del Paese e il nuovo ordine nell’Est Europa. È ancora consultabile e offre un’analisi del conflitto in atto

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    L’Unione europea disconnette sette banche russe da Swift, ma risparmia la controllata di Gazprom

    Bruxelles – L’Unione Europea non ha alcuna intenzione di mettere a repentaglio le sue forniture di gas dalla Russia, nonostante i vari proclami sulla necessità di rendersi indipendente energeticamente da Mosca. Dopo l’accordo raggiunto in serata ieri (primo marzo) dagli ambasciatori degli Stati membri, l’Unione europea ha formalmente adottato oggi la decisione di escludere sette banche russe dal sistema dei pagamenti internazionali SWIFT per via dell’aggressione di Mosca ai danni dell’Ucraina, impedendogli quindi di effettuare transazioni finanziare in tutto il mondo.

    Si tratta di fatto di una delle sanzioni economiche più dure varate finora dall’UE e dagli altri Paesi occidentali (sono state stabilite insieme a Regno Unito, Canada e Stati Uniti) e per giorni è stata al centro delle discussioni tra gli Stati membri dell’Unione Europea. Dopo l’accordo di massima raggiunto sabato sera, l’incognita era rimasta la portata delle sanzioni e i nomi delle banche che avrebbero colpito. Non è passata quindi inosservata la scelta di escludere dalle sanzioni gli istituti bancari più grossi, come Sberbank e Gazprombank, tra le principali banche russe che non a caso è controllata da Gazprom, la compagnia energetica russa che rifornisce il gas all’Europa. Il motivo è semplice: non sono state incluse nell’elenco perché sono i principali canali che l’UE ha per pagare petrolio e gas russo, che i Paesi europei continuano ad acquistare nonostante il conflitto in corso.
    La decisione è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale ed entrerà in vigore tra dieci giorni, dal 12 marzo. Le sette banche tagliate fuori sono Bank Otkritie, Novikombank, Promsvyazbank, Rossiya Bank, Sovcombank, VNESHECONOMBANK (VEB) e VTB BANK e le sanzioni impediranno a queste banche di condurre le loro transazioni finanziarie in tutto il mondo. Un funzionario dell’UE ha spiegato a Reuters che non sarebbe stato possibile semplicemente consentire transazioni legate all’energia ed escluderne altre poiché SWIFT non è in grado di distinguere tra i vari tipi di pagamento, quindi fare una scelta se includerle o meno era inevitabile.
    Le sanzioni si estendono a qualsiasi persona giuridica, entità o organismo con sede in Russia i cui diritti di proprietà siano detenuti direttamente o indirettamente per più del 50 per cento da queste banche, precisa una nota del Consiglio. La decisione è stata presa in coordinamento con i partner internazionali dell’UE, Stati Uniti e il Regno Unito. “Alla velocità della luce, l’Unione Europea ha adottato tre ondate di pesanti sanzioni contro il sistema finanziario russo, le sue industrie high-tech e la sua élite corrotta”, ha commentato la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. “Questo è il più grande pacchetto di sanzioni nella storia della nostra Unione. La decisione odierna di disconnettere le principali banche russe dalla rete SWIFT invierà un altro segnale molto chiaro a Putin e al Cremlino”.

    In Gazzetta Ufficiale UE l’esclusione di sette banche russe dal sistema dei pagamenti internazionali per via dell’aggressione in Ucraina, ma Bruxelles lascia fuori dall’elenco Sberbank e Gazprombank, tra i principali istituti finanziari che servono per pagare petrolio e gas russo

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    Da oggi nell’UE è sospesa la diffusione della propaganda di Russia Today e Sputnik: “In guerra, le parole contano”

    Bruxelles – È anche una guerra di disinformazione e propaganda quella scatenata dalla Russia contro l’Ucraina. Mosca sta cercando di diffondere immagini e narrazioni dell’invasione in atto da una settimana totalmente manipolate sia in patria sia all’estero. Ed è questo che l’Unione Europea non può più accettare. Dopo l’annuncio della presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, di domenica (27 febbraio), sono state adottate oggi le sanzioni contro gli organi di propaganda del regime di Vladimir Putin, attraverso la sospensione della distribuzione dei media statali Russia Today e Sputnik su tutto il territorio dell’Unione.
    La decisione è stata presa dal Consiglio dell’UE all’interno del nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia di Putin, che hanno colpito, oltre alla propaganda di regime, anche la Banca centrale russa e l’accesso di sette banche al sistema di pagamenti internazionali Swift. “Russia Today e Sputnik sono essenziali e strumentali nel portare avanti e sostenere l’aggressione della Russia contro l’Ucraina”, si legge nella nota del Consiglio. Per Bruxelles si tratta di “una minaccia significativa e diretta” all’ordine pubblico e alla sicurezza dell’Unione Europea, dal momento in cui “entrambi fanno parte di uno sforzo coordinato di manipolazione delle informazioni”, come documentato dalla task force East StratCom del Servizio europeo di azione esterna (SEAE) contro la disinformazione. Già la settimana scorsa, nel pacchetto di sanzioni contro la cerchia più stretta di Putin, era stata inclusa la caporedattrice della sezione inglese di Russia Today, Margarita Simonyan, per i contenuti di disinformazione che prendevano di mira l’Ucraina e il suo presidente, Volodymyr Zelensky.
    “Data la gravità della situazione” e “in risposta alle azioni di propaganda della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina”, l’UE ha ritenuto “necessario e coerente con i diritti e le libertà fondamentali” introdurre nuove sanzioni per sospendere le attività di trasmissione dei due organi di disinformazione attraverso tutti i mezzi di distribuzione: cavo, satellite, IPTV (sistema di trasmissione di segnali televisivi su reti informatiche), piattaforme, siti web e app. Licenze, autorizzazioni e accordi di distribuzione sono “immediatamente sospesi” sul territorio di tutti i 27 Stati membri.
    “In questo tempo di guerra, le parole contano“, ha attaccato la presidente von der Leyen. È per questo motivo che “non permetteremo agli apologeti del Cremlino di versare le loro bugie tossiche che giustificano la guerra di Putin o di seminare i semi della divisione nella nostra Unione”, dopo aver preso di mira “in modo oltraggioso un Paese libero e indipendente”. Durissimo anche l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell: “La manipolazione sistematica dell’informazione è applicata come strumento operativo nell’assalto all’Ucraina”. Borrell ha definito le sanzioni contro la propaganda della Russia come “un passo importante contro l’operazione di manipolazione di Putin, chiudendo il rubinetto dell’UE ai media controllati dallo Stato“.

    In this time of war, words matter.
    The EU adopted sanctions against the Kremlin’s disinformation and information manipulation assets.
    State-owned outlets Russia Today and Sputnik are suspended across the EU, as of today.
    Learn more → https://t.co/EmOYaxmQ9f pic.twitter.com/xsbcr1lmMt
    — European Commission 🇪🇺 (@EU_Commission) March 2, 2022

    Nel nuovo pacchetto di misure restrittive contro la Russia è stata inclusa la sospensione della distribuzione dei due media statali su tutti i mezzi, per arginare la disinformazione sull’invasione dell’Ucraina da parte del regime di Putin

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    Gli eurodeputati allineati su prospettiva UE dell’Ucraina (tranne l’estrema destra): “È il nostro Whatever It Takes”

    Bruxelles – Tutt’altro contesto, tutt’altra emergenza. Ma, a dieci anni dalla celebre frase dell’allora presidente della BCE, Mario Draghi, l’Unione Europea si ritrova ancora forte dietro a un whatever it takes che sa di esortazione a non mollare e a prendere decisioni coraggiose. Questa volta “whatever it takes” l’ha pronunciato la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, e il contesto è l’impegno che i Ventisette dovranno dimostrare per spingere la prospettiva UE dell’Ucraina. Come ricordato nel toccante intervento del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, da remoto alla sessione plenaria del Parlamento Europeo, Kiev ha fatto richiesta formale per l’adesione immediata all’UE. E tutti i gruppi politici all’Eurocamera – fatta eccezione per l’estrema destra di Identità e Democrazia – hanno risposto con forza all’appello.
    La manifestazione a sostegno dell’Ucraina davanti alla sede del Parlamento UE a Bruxelles (1 marzo 2022)
    La risoluzione votata oggi (martedì primo marzo) con 637 voti a favore, 13 contrari e 26 astenuti invita le istituzioni dell’UE a “concedere all’Ucraina lo status di candidato all’Unione“, ma specificando che questo deve essere “basato sul merito” e in linea con l’articolo 49 del Trattato sull’Unione Europea (TUE). Cioè quello che definisce il processo di allargamento dell’Unione Europea, secondo condizioni ben determinate sui criteri da rispettare e sulla procedura da seguire. Come ha evidenziato durante il dibattito in plenaria il presidente del gruppo di Renew Europe, Stéphane Séjourné, “sarà un processo che richiederà anni, ma è importante che i cittadini ucraini eroici facciano già parte della comunità di destini dell’Unione Europea”. Nel frattempo, sarà necessario “continuare a lavorare per l’integrazione dell’Ucraina nel Mercato unico dell’UE, secondo le linee dell’Accordo di associazione”, precisa il testo approvato dal Parlamento Europeo.
    La presidente del Parlamento UE, Roberta Metsola, alla manifestazione in sostegno all’Ucraina (1 marzo 2022)
    “Il 24 febbraio è una data spartiacque per l’Europa”, ha dichiarato il presidente del gruppo del PPE, Manfred Weber, ricordando l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Un giorno che “ci fa dare risposte chiare”, ha aggiunto: “Sì, siete i benvenuti e appartenete all’Unione Europea”. Gli ha fatto eco la presidente del gruppo di S&D, Iratxe García Pérez: “Servono decisioni storiche, come abbiamo fatto nell’ultima settimana”, perché “non c’è in gioco solo l’integrità dell’Ucraina, ma anche in che mondo vivremo”. Il capo-delegazione del Partito Democratico, Brando Benifei, ha messo in chiaro che “dopo l’aggressione, tutto è aperto” e che “non è un processo che si concluderà domani, ma bisogna supportare la domanda dell’Ucraina”
    Secondo l’eurodeputato del Movimento 5 Stelle, Fabio Massimo Castaldo, “gli ucraini fanno già parte della famiglia europea, ora serve un segnale forte”. Anche il co-leader del gruppo dei Verdi/ALE, Philippe Lamberts, ha confermato che “dovremo avere la saggezza di affrontare la situazione assieme all’Ucraina, rimanendo uniti”.
    Dalle fila di Renew, Sandro Gozi ha affermato che “siamo entrati nell’era dell’Europa, che si assume le sue responsabilità, anche militari, per proteggere e stare dalla parte di chi si batte e muore per i nostri valori, per la democrazia, per lo Stato di diritto, per le libertà e la stabilità”. Il co-presidente del gruppo di ECR al Parlamento Europeo, Ryszard Legutko, ha chiesto a Bruxelles di “cambiare rotta e permettere all’Ucraina di entrare nell’UE”, mentre la collega di partito Anna Fotyga si è detta “onorata della vostra richiesta, lo faremo appena possibile”, perché “noi abbiamo bisogno di voi e voi di noi”.
    Se il gruppo della Sinistra non parla esplicitamente di adesione UE e punta più sulla “necessità di riportare in Europa la pace che la la mia generazione, post-Guerra Fredda, ha sempre conosciuto” – come dichiarato dalla co-leader, Manon Aubry – l’estrema destra di ID ha ballato tra l’ambiguità e la contrarietà. Nessuna presa di posizione da parte del presidente del gruppo, il leghista Marco Zanni, mentre il francese Jordan Bardella ha affermato a chiare lettere che “l’allargamento a est dell’UE e della NATO sono ulteriori provocazioni alla Russia di Putin”.

    Nella risoluzione dell’Eurocamera sull’aggressione russa dell’Ucraina viene ribadita la necessità di riconoscere a Kiev lo status di Paese candidato, ma in linea con criteri e procedure delineate nel Trattato sull’Unione Europea (TUE)

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    Ucraina, Ungheria non consente il passaggio di armi

    Bruxelles – Armi e assistenza militare all’Ucraina, ma non via Ungheria. Budapest si associa agli Stati dell’UE nell’attivazione dello speciale meccanismo di difesa dell’Unione, lo European Peace Facility, ma non concede il proprio territorio per il trasporto di ciò che serve. “Il governo non consente il passaggio di spedizioni di armi letali attraverso l’Ungheria”, l’annuncio che arriva da Zoltan Kovacs, portavoce del governo di Viktor Orban. “Abbiamo accettato di attivare il Fondo europeo per la pace dell’UE, ma non parteciperemo a questo su base nazionale e bilaterale”. Un messaggio oltretutto che intende diffondere la posizione nazionale come espressa dal ministro degli Esteri.

    ⚡️ FM Szijjártó: Government does not allow shipment of lethal weapons to pass through Hungary. We did agree to activating EU’s European Peace Facility, but we won’t take part in this on a national, bilateral basis. #UkraineRussia
    — Zoltan Kovacs (@zoltanspox) February 28, 2022

    Attorno al tavolo dunque umori e posizioni non sono proprio del tutto convergenti. Il portavoce di Orban si sbriga a sgombrare il campo da equivoci, chiarendo che il Paese “sostiene pienamente le posizioni congiunte” dei partner europei, solo che opera dei ‘distinguo’. Sostegno e disponibilità anche a partecipare finanziariamente, ma per ora nessun utilizzo del suolo ungherese per i rifornimenti a sostegno dell’Ucraina contro la Russia.
    La presa di posizione si spiega con ogni probabilità con le elezioni politiche del 3 aprile, una delle più delicate e incerte per Orban. Tanto che Kovacs tocca anche la questione dei rifugiati ucraini e critica gli avversari della maggioranza. “Partito d’opposizione e la stampa liberale dicono a Mosca che siamo divisi e persino spaventano i poveri rifugiati. Vergogna! L’Ungheria è al passo con l’UE, la NATO e diamo il benvenuto a tutti i rifugiati dall’Ucraina”.
    Ma sul contributo bellico niente ruolo attivo. Non solo il governo non consente il passaggio di armi, e munizioni, ma neanche si attiverà per sostituirsi ai partner. Il portavoce di Orban bolla come “fake news” la notizia secondo cui aerei militari ungheresi sarebbero pronti a consegnare armamenti all’Ucraina, a conferma della linea adottata, di partecipazione non attiva. Gli aiuti all’Ucraina dovranno quindi arrivare via Polonia, Romania e Slovacchia.

    Il governo conferma di aver votato per l’attivazione dello European Peace Facility, ma chiarisce di partecipare finanziariamente

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    L’UE invia “armi e munizioni di tutti i calibri” per la difesa dell’Ucraina dall’attacco russo. “Ora spesa militare comune”

    Bruxelles – “Siamo in guerra, non posso dare informazioni che possono servire alla Russia”. L’UE non è davvero in guerra, ma secondo le parole dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ormai è come se lo fosse. Ci è entrata, anche senza combatterla. Dopo le decisioni di ieri (domenica 27 febbraio) sulle nuove misure restrittive contro la Russia di Vladimir Putin e il supporto all’Ucraina di Volodymyr Zelensky, i 27 ministri UE della Difesa “hanno deciso di usare il finanziamento di 500 milioni di euro per inviare armi e munizioni di tutti i calibri a Kiev, che permettano di difendersi”.
    Mentre l’azione russa in Ucraina si fa sempre più aggressiva – ma Kiev, Mariupol e Kharkiv resistono ai bombardamenti – “tutti i ministri sono stati d’accordo e determinanti ad affiancare al sostegno militare bilaterale il finanziamento comunitario per contrastare le azioni belliche di Putin”, ha sottolineato l’alto rappresentante Borrell. L’invio di armi all’Ucraina fa parte di “un pacchetto di misure senza precedenti, che segna una svolta nell’integrazione dell’UE“, vale a dire quella della fornitura di armamenti a Paesi terzi per scopi difensivi. “Finora si pensava che l’UE non potesse essere anche un’Unione militare”, ha ribadito Borrell, riprendendo quanto già affermato ieri in conferenza stampa.
    Aldilà dell’unanimità sull’invio di armi all’Ucraina per la difesa dall’invasione russa, l’entusiasmo per il “nuovo corso” dell’Unione Europea in ambito militare rischia di diventare un punto di non ritorno per le ambizioni dell’UE di essere un attore geopolitico pacifico. In particolare perché questo discorso sta già determinando la volontà di “aumentare le capacità militari di difesa in modo coordinato a livello UE, spendendo meglio nel quadro comunitario”, come affermato da Borrell: “Tutti insieme, la nostra capacità militare è quattro volte quella della Russia“. Un discorso che sarà anche in linea con gli obiettivi della Bussola Strategica per la difesa, ma che in futuro potrebbe diventare la base di un ricorso sempre più frequente allo strumento militare.
    Scorrendo i temi in agenda del Consiglio Difesa, l’alto rappresentante Borrell ha spiegato che “abbiamo creato una cellula UE in coordinamento con la NATO per tenere monitorate le richieste dell’Ucraina e la disponibilità degli Stati membri” in ambito di armi e materiale sanitario da inviare a Kiev. Ma c’è anche preoccupazione per Georgia e Moldavia (Borrell si recherà in visita mercoledì 2 marzo a Chişinău), “Paesi in cui pensiamo aumenterà la pressione russa”. Così come nei Balcani Occidentali, che ha portato alla mobilitazione dei reparti di riserva dell’operazione comunitaria ALTHEA in Bosnia ed Erzegovina, “per mantenere la stabilità e far fronte alle azioni di destabilizzazione nel Paese e in tutta la regione”. 
    L’alto rappresentante Borrell ha espresso la sua soddisfazione anche per l’allineamento della Svizzera alle sanzioni UE – “senza, le nostre misure contro il riciclaggio e il finanziamento della guerra russa non sarebbero state così efficaci come avremmo voluto” – e si è soffermato a lungo sulla questione energetica (in attesa dei risultati del Consiglio Energia straordinario in corso). “Le sanzioni alla Russia hanno un prezzo che dobbiamo avere il coraggio di pagare. Se non lo facciamo oggi, domani sarà ancora peggio”, è stato l’avvertimento: “Ci saranno turbolenze sul mercato dell’energia, sta già succedendo, e il prezzo lo pagheranno tutti i consumatori europei“. 
    Parlando delle conseguenze economiche che potranno derivare da un taglio o limitazione delle forniture di gas dalla Russia, Borrell ha ribadito con forza che sul breve periodo “i prezzi del gas aumenteranno, è inevitabile”, ma che “l’energia non possiamo lasciarla fuori dal conflitto, che ci piaccia o meno, perché dipendiamo dal gas e dal petrolio russo”. L’obiettivo “di natura esistenziale” è quello di “tagliarla il prima possibile con rinnovabili e idrogeno, dopo averne parlato per anni e non averlo mai fatto”, perché “paghiamo a Putin una fattura molto elevata per il gas che ci invia e lui la usa per finanziare l’aggressione militare dell’Ucraina”.

    I ministri UE della Difesa appoggiano all’unanimità il finanziamento da 500 milioni di euro a livello comunitario da affiancare al sostegno militare bilaterale a Kiev, in riposta all’invasione russa