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    A Bruxelles Borrell accusa la Russia di “crimini di guerra” in Ucraina: “Mariupol sarà completamente distrutta”

    Bruxelles – Crimini di guerra, una violazione delle regole anche nel contesto della guerra. L’invasione russa dell’Ucraina sta diventando un’azione di conquista senza più nessun freno e la denuncia non arriva solo da Kiev ma anche dall’Unione Europa: “La Russia sta commettendo enormi crimini, questa non è più una guerra ma la distruzione in atto di un Paese“, ha attaccato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, facendo ingresso al Consiglio Affari Esteri in programma oggi (lunedì 21 marzo). È anche per questo motivo che oggi i ministri degli Esteri dell’Unione discuteranno “anche di sanzioni ai danni del settore energetico della Russia“, dopo il quarto pacchetto di misure restrittive approvato la settimana scorsa.
    Il riferimento dell’alto rappresentante Borrell è in particolare alla situazione di Mariupol, sempre più drammatica: i bombardamenti hanno raso al suolo diversi quartieri ed edifici che ospitavano centinaia di civili, mentre i combattimenti si stanno concentrando nelle zone centrali della città. “Quello che sta accadendo a Mariupol è un immenso crimine di guerra, qualcosa di orrendo“, per cui “la Russia ha moralmente perso ogni legittimità e Putin merita la più netta condanna di tutto il mondo civilizzato”, ha sottolineato con forza Borrell. L’alto rappresentante ha avvertito che “la città sarà completamente distrutta, mentre i cittadini stanno morendo”. L’Ucraina ha rifiutato la resa chiesta ieri (domenica 20 marzo) dal colonnello generale russo Mikhail Mizintsev e The Guardian, citando la vice-premier ucraina, Iryna Vereshchuk, riporta di un accordo per otto corridoi umanitari: ma non ne è contemplato nessuno dalla città portuale nel sud-est dell’Ucraina.
    A proposito dei crimini di guerra, in una nota il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) ha condannato “con la massima fermezza” le pratiche della Russia di “rapire o sequestrare giornalisti ucraini, attivisti della società civile, funzionari locali e altri civili” nelle zone al momento sotto il controllo “illegale e illegittimo” dell’esercito di occupazione. Sviluppi “preoccupanti” che spesso riguardano “volontari che cercano di aiutare le loro comunità con cibo, medicine e acqua”, ma anche giornalisti “che espongono la verità sugli sviluppi sul terreno”. I casi più eclatanti sono quelli del redattore di Novy Den Oleg Baturin (rilasciato ieri dopo otto giorni di sequestro), la giornalista di Hromadske Victoria Roshchyna (di cui non si hanno notizie da otto giorni) e gli attivisti Olha Haisumova e Serhiy Tsyhipa, scomparsi nelle ultime settimane. “Gli occupanti russi continuano con la loro deplorevole tattica di rapire i rappresentanti delle amministrazioni comunali e regionali”, è la denuncia del SEAE: tra questi, il sindaco di Dniprorudny, Yevgen Matveyev, il presidente del consiglio distrettuale di Melitopol, Sergiy Pryima, la sindaca di Ivankiv, Tetiana Svyrydenko, il vice-capo dell’amministrazione militare-civile di Shchastia, Volodymyr Tiurin, il segretario del consiglio comunale di Skadovsk, Yuriy Paliukh, e il membro del personale di emergenza, Oleksiy Danchenko.
    Mentre “la lista dei cittadini ucraini detenuti illegalmente cresce ogni giorno”, Bruxelles chiede il rispetto della sentenza della Corte internazionale di giustizia di mercoledì scorso (16 marzo), che ha ordinato alla Russia di “sospendere immediatamente l’operazione militare avviata il 24 febbraio sul territorio dell’Ucraina”. Mosca però non riconosce la giurisdizione della Corte sulla controversia e per questo motivo aveva disertato le udienze del 7 e 8 marzo: secondo la Russia, il tribunale internazionale con sede all’Aia non ha alcun potere indipendente per far rispettare le sue decisioni. Questo motiva ancora di più l’UE a esigere il “ritiro immediato e senza condizioni di tutte le forze e le attrezzature militari dall’intero territorio dell’Ucraina“, si legge nella nota del SEAE, così come di “stabilire immediatamente un accesso umanitario senza ostacoli in Ucraina”.

    L’accusa è arrivata dall’alto rappresentante UE: “Questa non è più una guerra, ma la distruzione in atto di un Paese”. I ministri degli Esteri dell’Unione discuteranno di nuove sanzioni contro il settore energetico di Mosca

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    Zelensky: “Ursula von der Leyen mi ha promesso che in pochi mesi la Commissione darà il parere sulla nostra adesione”

    Bruxelles – La Commissione Europea darà la sua opinione formale sull’adesione dell’Ucraina all’UE in pochi mesi, così come prevede la procedura. Lo ha annunciato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, in un tweet diffuso dopo un colloquio con la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen. “Abbiamo avuto una conversazione approfondita”, in cui il tema centrale questa volta è stato l’allargamento dell’Unione all’Ucraina: “L’opinione della Commissione sulla nostra domanda di adesione all’UE sarà preparata in pochi mesi“. Zelensky ha confermato che “il governo ucraino e la Commissione hanno ricevuto le indicazioni necessarie” e che “ci muoviamo insieme verso l’obiettivo strategico”.

    Had substantial conversation with EC President @vonderleyen. EC opinion on UA application for #EU membership will be prepared within few months. UA Government and EC are instructed. Moving to our strategic goal together.
    — Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) March 18, 2022

    Sempre su Twitter la numero uno della Commissione ha ribadito che il sostegno dell’UE all’Ucraina “è assoluto”, anche sul fronte della possibile adesione: “Il percorso verso l’Unione è iniziato“. La presidente von der Leyen ha poi ammonito che “tempi come questi richiedono visione, fermezza e resistenza per poter fare un difficile passo dopo l’altro”, assicurando che “la Commissione camminerà in questa direzione”.
    Lo scorso 7 marzo gli ambasciatori dei 27 Stati membri riuniti nel Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio (Coreper) avevano concordato di invitare la Commissione Europea a presentare un parere su sulla domanda di adesione dell’Ucraina (e anche della Georgia e della Repubblica di Moldova), che sarà poi trasmesso al Consiglio dell’UE. La domanda formale di Kiev era stata inoltrata a Bruxelles il 28 febbraio, a soli quattro giorni dall’inizio dell’invasione russa del Paese, con la richiesta di una “procedura speciale accelerata” che sa più di ricerca di un appoggio anche politico contro i progetti espansionistici del Cremlino. La prospettiva europea dell’Ucraina ha ricevuto l’endorsement prima del Parlamento Europeo riunito nella sessione plenaria straordinaria del primo marzo e poi del vertice dei leader UE della settimana scorsa a Versailles.

    I assured President @ZelenskyyUa of the EU’s unabated support. Ukraine’s European path has now begun. Times like these require the vision, steadfastness and stamina to take one difficult step after the next. The @EU_Commission will move ahead on this path. pic.twitter.com/Yn4JVXzSAG
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) March 18, 2022

    Ricevuta la proposta formale di candidatura all’adesione e richiesto il parere della Commissione dal Coreper, per diventare un Paese membro dell’UE è necessario superare l’esame dei criteri di Copenaghen, ovvero le basilari condizioni democratiche, economiche e politiche (istituzioni stabili, Stato di diritto, rispetto dei diritti umani, economia di mercato, capacità di mantenere l’impegno). Dopodiché si arriva alla firma dell’Accordo di stabilizzazione e associazione, un accordo bilaterale tra UE e Paese richiedente, e a questo punto si può presentare la vera e propria domanda di adesione all’Unione: se accettata, viene conferito lo status di Paese candidato. Segue la raccomandazione della Commissione al Consiglio UE di avviare i negoziati: solo quando viene dato il via libera all’unanimità dai Paesi membri si possono aprire i capitoli di negoziazione (in numero variabile). Alla fine di questo processo si arriva alla firma del Trattato di adesione.

    Il presidente ucraino ha sottolineato che Kiev e Bruxelles si muovono “insieme verso l’obiettivo strategico”. La presidente della Commissione Europea ribadisce che il sostegno all’Ucraina “è assoluto”

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    Uscire dalla tragedia ucraina. Resistenza di popolo e diplomazia

    Non voglio ergermi ad esperto di geopolitica ma la mia (ahimè) lunga esperienza internazionale mi consente di riflettere sulla tragedia odierna con occhi allo stesso tempo appassionati verso la nazione e il popolo ucraini e freddi per cercare di capire cosa può succedere nei prossimi giorni e settimane.
    Il nostro gruppo, la Duferco, ha avuto l’avventura di avere tra gli altri partner americani, russi, cinesi e ucraini. Conosco quei paesi e quelle culture e ciò mi aiuta a riflettere sulla situazione e a ragionare sui suoi possibili sbocchi, convinto come sono che questa vicenda cambierà la storia del mondo e dell’occidente.
    In particolare mi ha molto colpito l’incontro di pochi giorni fa in Italia tra americani e cinesi.
    Sette lunghissime ore di colloqui a Roma, scelta come località equidistante tra Washington e Pechino, tra Jake Sullivan (nella foto in alto), consigliere per la sicurezza Usa, e Yang Jiechi, figura di primissimo piano nel sistema di potere di Xi Jinping, tanto da sedere con lui nel politburo cinese. L’americano e il cinese si sono incontrati per parlare di Ucraina.
    Al di là delle dichiarazioni ufficiali (peraltro scarsissime: gli americani avrebbero diffidato i cinesi dall’aiutare militarmente Putin) il senso dell’incontro sta nel fatto che le due superpotenze si stanno occupando direttamente del tragico conflitto russo-ucraino, e che probabilmente passano anche per questo dialogo l’auspicata fine delle ostilità e un accordo che consenta all’Ucraina di esistere ancora come nazione indipendente.
    L’eroica resistenza delle forze armate e del popolo ucraini è servita finora a dimostrare che la ‘passeggiata’ ipotizzata da Putin (fuga di Zelensky, due giorni per prendere Kiev, con la popolazione che appoggia gli invasori) non si è realizzata, e che i russi stanno subendo durissime perdite sul campo: quattro generali molto importanti e migliaia di poveri giovani soldati di leva mandati al macello con la storiella che si trattava di un’esercitazione.
    Putin, che sente solo il rapporto di forza, nonostante le soverchianti forze in campo dopo venti giorni di guerra non ha raggiunto il suo obiettivo, scoprendo così quanto è duro combattere contro un popolo in armi motivato dall’amore per la propria patria e per la libertà.
    Ciò, insieme al peso delle sanzioni internazionali, mai così dure contro la Russia, apre gravi problemi all’interno del sistema di potere putiniano, come confermato dall’arresto di alcuni capi dei servizi segreti e dalla notizia di divisioni che incominciano ad affiorare nella cerchia più ristretta dell’autocrate del Cremlino.
    Questa situazione, se da un lato rischia di spingere il capo del Cremlino a rendere ancor più brutale l’aggressione, dall’altro potrebbe indurlo ad accettare un accordo di pace che gli dia una via di uscita.
    Il coinvolgimento della Cina nella vicenda potrebbe essere fondamentale.
    Si è molto discusso di ciò negli ultimi giorni, e vi sono al riguardo riflessioni molto interessanti che vanno in diverse direzioni. Taluni temono un’alleanza stretta tra Russia e Cina contro l’Occidente, altri pensano invece che la Cina giocherà un ruolo positivo da mediatore che potrebbe ulteriormente accrescere la sua reputazione internazionale, prevenire un suo isolamento e consentirle un’opportunità per migliorare le sue relazioni sia con gli Stati Uniti che con l’Europa.
    Come giustamente ricordato recentemente proprio da un politologo cinese, una legge della politica internazionale dice che non ci sono “alleati eterni né nemici perpetui” ma solo “gli interessi nazionali sono eterni e perpetui”.
    Condivido in maniera assoluta questo assunto; e anche noi italiani, restii dopo il fascismo a parlare di interessi nazionali, capiremo presto l’importanza di questa affermazione.
    Se partiamo da qui, e cioè dalla centralità degli interessi che muovono nel medio e lungo periodo la traiettoria delle nazioni, a me sembra che la Cina in questa vicenda abbia due interessi da tenere in equilibrio.
    Il primo, da ormai principale sostenitrice di un’economia globalizzata, è fare in modo che una guerra prolungata non determini una recessione mondiale di cui anche l’economia cinese pagherebbe un prezzo altissimo.
    La Cina ha un export annuale che vale 1400 miliardi di dollari Usa. La maggior parte di queste esportazioni sono indirizzate verso gli Stati Uniti d’America e l’Europa. La sola idea, non dico di sanzioni, ma di un irrigidimento delle politiche protezionistiche americane o europee sarebbe drammatica per l’industria cinese e per le politiche di quel governo, sempre particolarmente attente alla situazione occupazionale e sociale.
    In Cina non esistono ammortizzatori sociali: la disoccupazione in quel paese è gestita come un problema di ordine pubblico. Il che significa che da parte dello Stato e della politica c’è un’attenzione esasperata e una concentrazione totale sul mantenimento di tassi di crescita e di sviluppo alti che consentono il pieno impiego.
    Il secondo interesse da tenere in considerazione, e le politiche di espansione di influenza internazionale cinesi degli ultimi anni, specie in Africa, lo confermano, è che la Cina ha un immenso bisogno, per sostenere i suoi alti tassi di sviluppo, di energia e materie prime di tutti i tipi.
    Una Russia indebolita dalla guerra e dalle sanzioni, impedita di vendere la sua energia e le sue materie prime all’Occidente, che oggi ne è il principale acquirente, non potrebbe che rivolgersi alla Cina. Si potrebbe dire di più: la Cina potrebbe avere un enorme interesse ad avere nel suo retrogiardino un ‘vassallo’ debole e ossessionato dal bisogno di trovare nuovi sbocchi di mercato asiatici. Ovviamente per il venditore non c’è peggior incubo che avere un solo compratore, ma a questo probabilmente condurranno la follia e gli errori di Putin.
    Mettere in equilibrio questi due interessi significa per la Cina da un lato salvare Putin dal disastro attraverso un accordo di pace onorevole. Solo un Putin sanzionato e indebolito può subire una forte ‘cinesizzazione’ della Russia. Contemporaneamente un onorevole accordo di pace che salvasse l’esistenza dell’Ucraina come stato indipendente e che vedesse come protagonista la Cina migliorerebbe i suoi rapporti con tutto il resto del mondo e in particolare con l’Occidente, consolidando i suoi flussi commerciali e le sue esportazioni.
    Ma qui mi sorge spontanea un’altra riflessione.
    Ho avuto modo di conoscere bene, in una nostra joint-venture industriale durata più di sei anni con la seconda più importante siderurgia russa, il gruppo Nlmk, il livello e la cultura delle giovani leve del management russo. Si tratta in gran parte di persone colte, totalmente occidentalizzate, che spesso hanno fatto studi in Gran Bretagna o negli Stati Uniti d’America. Nlmk è tra l’altro il gruppo di proprietà di Vladimir Lisin, uno dei pochi oligarchi non ‘blacklistati’, anche perché ormai da oltre dieci anni distante dal Cremlino, il quale nei giorni scorsi ha denunciato con grande coraggio l’orrore della guerra chiedendo a Putin di cessare immediatamente le operazioni.
    Ritengo che quei giovani manager che ho conosciuto rispecchino il sentiment di un’intera élite russa che guarda all’Occidente, agli Stati Uniti e all’Europa come punto di riferimento. Questa élite interpreta in senso moderno lo storico attaccamento russo nella letteratura, nell’arte, nella musica all’Europa e ha una prospettiva che è tutto meno che asiatica. San Pietroburgo e Mosca sono molto più vicino a Berlino che a Pechino. Se allo sconcerto di questi gruppi dirigenti aggiungiamo il dissenso che cresce sempre di più nei media e la disperazione dei millenial russi privati di Instagram e Facebook mi chiedo se sia veramente concepibile una ‘cinesizzazione’ della Russia e se queste classi dirigenti non troveranno il coraggio e la forza per impedire che la Russia stessa non diventi uno stato canaglia.
    Anche nei confronti di questa parte della società russa noi occidentali abbiamo un grande dovere, come l’abbiamo nei confronti del popolo e della nazione ucraina che dobbiamo sostenere in ogni modo perché, dopo gli orrori dell’invasione russa, si giunga a una pace onorevole.
    Ha ragione Tony Blair: come occidentali “dobbiamo riscoprire la convinzione nei nostri valori democratici e nel modo di vivere che rappresentano. Dobbiamo smetterla di demonizzare le nostre istituzioni o la nostra storia. Accettare i nostri limiti e correggerli, ma non permettere che vengano usati per insinuare che non esiste differenza tra i valori che rappresentiamo e quelli di dittature ostili. La tragedia dell’Ucraina è stata una scossa per noi. Ci siamo svegliati. Ora dobbiamo agire”.
    Leggi l’intervento anche su Piazza Levante.

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    Di Maio: La diplomazia è l’unica strada da seguire

    Roma – “Non possiamo permetterci di perdere la  fiducia nella diplomazia come unica via d’uscita alternativa ad uno  scontro militare frontale con la Russia, che porterebbe ad un  annientamento reciproco e catastrofico”. Lo ha detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio durante un’informativa alla Camera sulla situazione della guerra scatenata dalla Russia in Ucraina.
    Il Ministro ha poi sottolineato che “l’Italia continua a fare  tutto il possibile per trovare una soluzione pacifica […] il presidente Draghi ha  sentito più volte il presidente Zelensky, per rinnovare il nostro completo sostegno all’Ucraina. Io stesso mi tengo personalmente in  costante contatto con il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba”.

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    Joe Biden parteciperà al prossimo Consiglio europeo a Bruxelles il 24 marzo

    Bruxelles – Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden parteciperà di persona al prossimo Consiglio Europeo, che si riunirà a Bruxelles il 24 e il 25 marzo. Lo si apprende da fonti europee, che precisano che per il momento la presenza di Biden è prevista per la sola giornata iniziale di vertice, giovedì 24. L’agenda del Summit ancora non è aggiornata, ma il tema caldo sul tavolo sarà la Russia e la guerra in Ucraina.
    La presenza fisica di Joe Biden al Consiglio europeo prova anche la volontà di mostrare unità e compattezza nella risposta occidentale all’aggressione all’integrità territoriale di Kiev avviata dal presidente russo Vladimir Putin ormai quasi venti giorni fa. “Sono lieta di continuare le discussioni conil presidente Biden durante la sua visita a Bruxelles il 24 marzo, dopo il nostro strettissimo coordinamento sull’Ucraina nelle scorse settimane”, scrive su Twitter la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. “L’unità e il coordinamento transatlantici restano fondamentali per aumentare la pressione sul Cremlino affinché fermi questa guerra ingiustificata”.
    Nel frattempo il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg fa sapere in un tweet di aver convocato un vertice straordinario proprio per il 24 marzo presso il quartier generale NATO. “Affronteremo l’invasione della Russia in Ucraina, il nostro forte sostegno a Kiev e l’ulteriore rafforzamento della deterrenza e della difesa della NATO. In questo momento critico, il Nord America e l’Europa devono continuare a stare insieme”, si legge.

    I have convened an extraordinary Summit on 24 March at #NATO HQ. We will address #Russia’s invasion of #Ukraine, our strong support for Ukraine, and further strengthening NATO’s deterrence & defence. At this critical time, North America & Europe must continue to stand together.
    — Jens Stoltenberg (@jensstoltenberg) March 15, 2022

    Articolo in aggiornamento

    Il presidente degli Stati Uniti atteso di persona a Bruxelles nella giornata iniziale di Vertice UE, che si terrà fino a venerdì 25. La Russia e la guerra in Ucraina i temi caldi sul tavolo. Il segretario generale NATO Stoltenberg convoca un vertice straordinario: “Nord America e Europa devono continuare a stare insieme”

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    I premier di Slovenia, Polonia e Repubblica Ceca in visita a Kiev con il benestare dei leader UE

    Bruxelles – Si iniziano a muovere i leader dell’Unione Europea per spingere il canale diplomatico nella risoluzione del conflitto tra Russia e Ucraina. Anche sfidando le bombe di una Kiev sempre più sotto assedio. I primi ministri di Slovenia, Janez Janša, Polonia, Mateusz Morawiecki, e Repubblica Ceca, Petr Fiala, hanno iniziato oggi (martedì 15 marzo) la propria visita nella capitale ucraina per incontrare il presidente, Volodymyr Zelensky, e il primo ministro, Denys Šmihal’.
    La visita in Ucraina è stata organizzata in consultazione con il presidente del Consiglio UE, Charles Michel, e della Commissione, Ursula von der Leyen, a margine del vertice informale di Versailles della scorsa settimana e la comunicazione è stata finalizzata ieri sera. I tre leader hanno qualificato la loro presenza a Kiev come “rappresentanti del Consiglio Europeo”, con l’obiettivo sia di “confermare il sostegno inequivocabile di tutta l’Unione Europea alla sovranità e all’indipendenza dell’Ucraina”, sia di “presentare un ampio pacchetto di sostegno del popolo ucraino”.
    Fonti del Consiglio precisano però che “non c’è un mandato dei leader UE, perché nessuna conclusione è stata formalmente adottata dai 27 Stati membri” a Versailles, a proposito di una visita in Ucraina. In ogni caso è stato ribadito il “pieno sostegno” all’iniziativa da parte dei presidenti di Commissione e Consiglio, che hanno sottolineato i “rischi per la sicurezza di un tale viaggio”. Questo potrebbe essere il motivo principale per cui i due leader non si sono ancora esposti su un possibile viaggio in Ucraina per portare un messaggio di sostegno concreto al presidente Zelensky, anche se le fonti non si sono esposte sulla spiegazione.
    Il portavoce dell’esecutivo comunitario, Eric Mamer, ha voluto però tenere la porta aperta: “Al momento non abbiamo commenti su una visita della presidente von der Leyen, siamo coscienti dei rischi in un Paese dove è in atto una brutale aggressione“. Durante il punto quotidiano con la stampa di Bruxelles, Mamer ha ricordato che “nonostante supportiamo tutti i contatti con Zelensky, la Commissione non può decidere quali canali gli Stati membri devono usare”, rimbalzando al Consiglio la responsabilità di decidere una futura azione collettiva dei Ventisette nel Paese sotto assedio russo.

    Today, we are going together with PM of Poland Mateusz Morawiecki, deputy PM Jarosław Kaczyński and PM of Slovenia Janez Janša to Kiev as representatives of the European Council to meet with president Zelensky and PM Shmyhal.https://t.co/Q52Ur8hybu
    — Petr Fiala (@P_Fiala) March 15, 2022

    I primi ministri Janša, Morawiecki e Fiala sono partiti per portare il sostegno al presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, nella Kiev assediata: “Pieno sostegno dal Consiglio UE, ma non c’è nessun mandato dei Ventisette”

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    Stop a investimenti nell’energia, beni di lusso e WTO: l’UE vara il quarto pacchetto di sanzioni anti-russe

    Bruxelles – Energia, beni di lusso, trattamento di favore in sede commerciale internazionale. L’UE approva il quarto pacchetto di sanzioni contro la Russia, quale nuova misura per cercare di mettere pressione su Mosca e indurre il Cremlino a porre fine alla guerra in Ucraina. Il nuovo pacchetto di misure colpisce diversi settori, a partire da quello dell’industria delle difesa. Qui è stato concordato il divieto totale di qualsiasi transazione con alcune imprese statali russe, al fine di indebolire il complesso militare-industriale del Cremlino.
    Altra misura di non poco conto il divieto di importazione dell’UE su quei prodotti siderurgici attualmente soggetti alle misure di salvaguardia dell’UE. Questa sanzione, da sola, pesa per circa 3,3 miliardi di euro di mancate entrate per mancato export russo. C’è poi il divieto di ampia portata di nuovi investimenti nel settore energetico russo, con limitate eccezioni per l’energia nucleare civile e il trasporto di determinati prodotti energetici nell’UE. La caratteristica principale di questa misura sta nella parola “nuovi”. Gli investimenti e gli accordi in essere potranno continuare, ma da questo momento in poi nessun nuovo contratto con gli operatori russi, compresi Rosneft e Gazprom-Neft, sussidiaria di Gazprom. Sono vietate tutte le attività ‘upstream’, vale a dire prospezione e produzione petrolifera e di gas.

    Al fine di colpire oligarchi ed élite di Russia, l’UE ha optato in questo nuovo pacchetto di misure restrittive per un divieto europeo all’esportazione di beni di lusso. Sono considerate 20 categorie, come cavalli, caviale, vino e alcolici, tabacco, pelle e cuoio, vestiti e scarpe, tappetti, gioielli e pietre preziose, cristalli, elettronica per uso domestico e riproduzione audio-visiva, orologi, strumenti musicali, equipaggiamento sportivo, auto. “Vogliamo colpire lo stile di vita di un segmento delle persone ricche invece delle persone ordinarie”, confidano fonti UE. Quindi vietata l’esportazione di auto dal costo superiore ai 55mila euro, giusto a titolo di esempio.
    Inoltre, l’elenco delle persone ed entità sanzionate è stato ulteriormente esteso per includere altri 11 oligarchi ed élite imprenditoriali legate al Cremlino, nonché società attive nelle aree militari e di difesa, che sostengono materialmente l’invasione e offrono supporto logistico. Per questi 11 oligarchi scatterà congelamento dei beni e divieto di viaggio. Diversa la situazione per quanti sono in possesso di un passaporto UE. Qui spetterà agli Stati membri stabilire come comportarsi.
    Come annunciato, partono moratorie in sede di WTO. Nel quarto pacchetto di sanzioni l’UE, insieme ad altri membri dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), ha deciso oggi di negare ai prodotti e servizi russi il trattamento della nazione più favorita nei mercati dell’UE.

    Il solo divieto di import di prodotti siderurgici vale 3,3 miliardi di euro, tutti soldi sottratti alle casse di Mosca. Fermato ogni accordo industriale militare

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    Gli effetti delle sanzioni. Il leader russo dei fertilizzanti e del carbone chiede la pace in Ucraina, “o sarà crisi alimentare”

    Bruxelles – Al diciannovesimo giorno di guerra in Ucraina, si iniziano ad aprire le prime crepe nel cerchio magico di Vladimir Putin. In un’intervista rilasciata a Reuters, l’oligarca russo Andrey Melnichenko – re del settore dei fertilizzanti e del carbone e finito nella lista delle sanzioni UE – ha fatto un appello alla risoluzione pacifica del conflitto in Ucraina: “Ne abbiamo bisogno urgente, perché una delle vittime di questa crisi sarà l’agricoltura e il cibo in tutto il mondo“. In attesa del quarto pacchetto di misure restrittive (previsto per oggi), le decisioni prese da Bruxelles in coordinamento con i partner del G7 sembrano aver dato uno scossone non solo all’economia russa, ma anche al mondo imprenditoriale vicino al Cremlino. Che davanti alla chiusura dei mercati globali e alla perdita di fatturato potrebbe abbandonare la nave dell’autocrate russo.
    Fondatore di EuroChem (uno dei più grandi produttori di fertilizzanti) e di SUEK (il principale produttore di carbone della Russia), Melnichenko è l’ottavo oligarca russo per patrimonio stimato (17,9 miliardi) e compare tra gli 862 individui colpiti dalle sanzioni dell’UE, dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina lo scorso 24 febbraio. “La guerra ha già portato all’impennata dei prezzi dei fertilizzanti che non sono più accessibili agli agricoltori”, ha sottolineato Melnichenko, avvertendo che “ora porterà a un’inflazione alimentare ancora più alta in Europa e a probabili carenze di cibo nei Paesi più poveri del mondo”. Senza fare diretto riferimento a Putin, l’oligarca russo ha definito “veramente tragici” gli eventi in Ucraina, giustificando così la propria presa di posizione a favore della pace.
    Ma è chiaro che la vera determinante è la componente economica. Il rischio di essere trascinati verso il basso dall’isolamento internazionale sta iniziando a diventare concreto per gli imprenditori miliardari russi. La Russia è uno dei principali produttori al mondo di potassio, fosfato e fertilizzanti contenenti azoto ed EuroChem, che è una delle prime cinque aziende di fertilizzanti al mondo, sarebbe messa in ginocchio da una crisi alimentare globale. Lo scorso 9 marzo Melnichenko si è dimesso da membro del Consiglio di amministrazione e dalla direzione dell’azienda, dopo che l’UE lo ha sanzionato per la sua partecipazione a un incontro al Cremlino con Putin e altri 36 uomini d’affari, identificandolo come uno dei principali uomini d’affari coinvolti nei settori economici-chiave per il il finanziamento della campagna militare russa. Sabato scorso (12 marzo) la polizia italiana ha sequestrato nel porto di Trieste lo yacht di Melnichenko, il Sailing Yacht A di 143 metri e dal valore di 530 milioni di euro.

    Si iniziano a intravedere le prime crepe nel cerchio magico di Putin dopo i tre pacchetti di misure restrittive UE e G7 (in attesa del quarto): l’oligarca Melnichenko fa un appello “urgente” alla fine del conflitto in Ucraina: “Una delle vittime di questa crisi sarà l’agricoltura e il cibo in tutto il mondo”