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    Edi Rama sbeffeggia l’Ue sul Qatargate. Ma dovrebbe prima preoccuparsi per il livello di corruzione in Albania

    Bruxelles – Con un sorriso sornione e la classica loquela tra lo scherzoso e il cinico, il primo ministro dell’Albania, Edi Rama, si toglie un sassolino dalla scarpa con la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, al World Economic Forum di Davos: “Quando lo scandalo di corruzione [Qatargate, ndr] è emerso, ho pensato subito che karma is a bitch“. Un’espressione piuttosto colorita – almeno per un forum internazionale come Davos – per sottolineare che il destino talvolta sa essere beffardo e che, dopo anni a chiedere all’Albania e agli altri Paesi dei Balcani Occidentali maggiori sforzi sullo Stato di diritto, è proprio Unione Europea a dover fare i conti con le falle nel sistema di integrità e trasparenza delle sue stesse istituzioni.
    La presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola (a sinistra), e il primo ministro dell’Albania, Edi Rama (a destra), al World Economic Forum di Davos (19 gennaio 2023)
    Nel suo intervento di ieri pomeriggio (19 gennaio) al panel ‘Widening Europe’s Horizons‘ organizzato da Politico al World Economic Forum, il premier albanese Rama ha lanciato più di una provocazione a Bruxelles, senza però strappare con il partner “a cui apparteniamo” e che dopo anni di attesa ha aperto le porte dei negoziati per l’adesione. “Dall’Ue ci è stato chiesto  di fare passi avanti contro la corruzione nel sistema giudiziario”, ha voluto ricordare l’uomo forte di Tirana: “Noi siamo stati radicali e abbiamo imposto le dimissioni di 9 giudici della Corte Costituzionale su 11 perché non potevano giustificare la propria ricchezza, ma poi ci è stato rinfacciato di non avere più una Corte Costituzionale”. Allo stesso tempo Rama ha voluto porre l’accento sul fatto che “il processo di allargamento è diventato nevrotico e ingiusto” e, se oggi Bruxelles trattasse nello stesso modo i suoi stessi Stati membri, “molti non sarebbero più in grado di entrare” nell’Unione: “E non parlo solo dei Paesi ex-comunisti, ma anche dei fondatori”.
    La presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, al World Economic Forum di Davos (19 gennaio 2023)
    Annuisce e si lascia sfuggire un “è vero” la presidente Metsola, incassando la provocazione di Rama e probabilmente pensando a Paesi come Ungheria e Polonia e alle accuse arrivate proprio ieri dagli avvocati dell’ex-vicepresidente dell’Eurocamera, Eva Kaili, sullo stato di detenzione dell’eurodeputata nella capitale del Belgio (uno dei Paesi fondatori dell’Unione, appunto). Parlando dello scandalo QatarGate, la numero uno del Parlamento Ue l’ha definito “un pugno nello stomaco” e ha assicurato che “è mia responsabilità fare in modo che i campanelli di allarme suonino prima e le contromisure vengano prese immediatamente”. Il piano in 14 punti approvato dalla Conferenza dei presidenti la settimana scorsa rappresenta “una serie di misure immediate per garantire l’integrità, la responsabilità e l’indipendenza” dell’istituzione comunitaria, che dovranno essere accompagnate da “riforme già necessarie prima”, come confermato anche dalla commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson.
    Dietro le parole di Rama: lo Stato di diritto in Albania
    Ma rinfacciare all’Unione Europea lo scoppio di uno scandalo all’interno di una delle sue istituzioni è una coperta molto corta per il premier Rama. Come emerge dal rapporto 2022 dell’organizzazione internazionale World Justice Project, l’Albania è all’87esimo posto su 140 Paesi per il livello di rispetto dello Stato di diritto, ultima in Europa a pari merito con la Serbia (se non si tengono in considerazione le paria internazionali di Russia e Bielorussia). I Paesi membri dell’Ue peggiori sono Bulgaria e Ungheria, ma comunque rispettivamente al 30esimo e 31esimo posto in classifica nel 2022. Il trend in Albania è di leggero ma costante declino della situazione negli ultimi anni, con le criticità maggiori registrate proprio nell’ambito della corruzione, della giustizia criminale e dell’applicazione delle normative.
    Il primo ministro dell’Albania, Edi Rama (a destra), al World Economic Forum di Davos (19 gennaio 2023)
    A questo si aggiunge quanto messo nero su bianco dalla Commissione Europea nel dossier Albania del Pacchetto Allargamento 2022, pubblicato nell’ottobre dello scorso anno. “Nonostante alcuni progressi, l’aumento degli sforzi e l’impegno politico nella lotta alla corruzione, questa rimane un’area di grave preoccupazione“, si legge nel documento. La questione si pone “in molti settori della vita pubblica e imprenditoriale”, come dimostrato da alcune “condanne definitive di funzionari statali di alto livello”. Secondo l’esecutivo comunitario “i settori più vulnerabili alla corruzione richiedono valutazioni del rischio mirate e azioni specifiche”, in particolare sul fatto che i procedimenti penali siano avviati “in modo coerente e sistematico” contro gli accusati di condotta criminale: “Bisogna garantire che la Struttura specializzata per la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata si occupi ulteriormente della corruzione ad alto livello”.
    Per quanto riguarda specificamente il sistema giudiziario – citato da Rama – l’analisi della Commissione Ue evidenzia che “l’Albania è moderatamente preparata”, grazie ai “buoni progressi sul proseguimento dell’attuazione della riforma della giustizia” e le “nuove nomine di giudici dell’Alta Corte, che ha raggiunto il quorum per effettuare le nomine di giudici alla Corte Costituzionale, procedendo a una di queste”. Tuttavia, l’efficienza del sistema giudiziario “è influenzata negativamente dalla lunghezza dei procedimenti, dal basso tasso di liquidazione e dall’ampio arretrato di cause”. Senza cercare scuse nel QatarGate per abbassare gli standard anti-corruzione durante i negoziati di adesione all’Ue, la raccomandazione per il 2023 a Tirana rimane il “consolidamento degli sforzi per migliorare l’efficienza e la trasparenza di tutti i tribunali e le procure”.

    Al World Economic Forum di Davos il premier albanese ha punzecchiato la presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola: “Karma is a bitch”. La lotta alla corruzione rimane però di “grave preoccupazione” per Bruxelles sul piano dello Stato di diritto nel Paese in via di adesione

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    Borrell in Marocco promette “nessuna impunità” sul Qatargate. Ma per Rabat il partenariato è “sotto attacco continuo”

    Bruxelles – Alla fine del Qatargate se n’è parlato eccome, tra l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, e il capo del governo marocchino, Aziz Akhannouch. Ieri (4 gennaio) fonti interne alla Commissione europea avevano smentito che il presunto scandalo di corruzione al Parlamento europeo, in cui sembrerebbe implicato anche il Marocco, potesse essere nell’agenda della visita ufficiale di Borrell a Rabat, ma così non è stato.
    Josep Borrell e Nasser Bourita in conferenza stampa
    “Con il capo del governo marocchino Aziz Akhannouch e con il ministro degli Esteri Nasser Bourita abbiamo affrontato la questione del Qatargate. È una questione che evidentemente ci preoccupa, le accuse sono gravi. La posizione dell’Ue è chiara, non ci può essere impunità per la corruzione”, ha dichiarato Borrell nel corso della conferenza stampa congiunta con il ministro Bourita. Il capo della diplomazia europea ha poi aggiunto un invito, o forse un monito: “Dobbiamo attendere i risultati delle indagini in corso e ci attendiamo la piena collaborazione di tutti”. Anche del governo marocchino. Il ministro degli Esteri di Rabat ha però puntato il dito contro istituzioni e media europei, responsabili di “attacchi continui” al partenariato Ue-Marocco. “Il partenariato è sotto attacco giuridico e mediatico continuo”, ha affermato Bourita, “anche da parte di alcune istituzioni europee, in primo luogo all’interno del Parlamento, attraverso dibattiti che hanno come oggetto il Marocco e che sono il risultato di calcoli per indebolire questa relazione”.
    L’accusa di Bourita riguarderebbe in particolare uno dei temi più caldi e dibattuti quando si parla di Marocco, la questione del Sahara occidentale, oggetto di una contesa storica tra Rabat e i ribelli del Fronte Polisario. La posizione dell’Ue sulla questione ricalca quella delle Nazioni unite, secondo cui l’obiettivo è raggiungere “una soluzione politica giusta, realista, pragmatica, durevole e mutualmente accettabile”, ma il regno del Marocco ritiene di essere il sovrano legittimo del territorio dei Sahrawi. Tant’è che nel partenariato Ue-Marocco, nell’accordo sulla pesca, Rabat insiste da anni per includere il pesce pescato al largo del territorio conteso, ma il Parlamento europeo prima e la Corte di giustizia poi si sono opposti, sospendendo la questione in attesa di un accordo internazionale tra il Marocco e la Repubblica democratica Araba dei Sahrawi. Sarebbe proprio questo uno degli accordi su cui, secondo gli inquirenti belgi, il Parlamento di Bruxelles avrebbe ricevuto pressioni indebite da Rabat.
    L’incontro tra Borrell e il governo marocchino, pianificato ben prima dello scoppio del Qatargate, era in realtà l’occasione per rafforzare il partenariato tre Ue e Marocco e per rinsaldare la cooperazione su temi regionali e internazionali. “L’Ue continua ad essere un partner strategico del Regno del Marocco. Il partenariato tra Ue e Marocco è un partenariato di vicinanza geografica, di valori condivisi e di interessi convergenti. È su questi tre parametri che il Marocco continuerà a lavorare con l’Ue”, ha concluso il ministro Bourita, sottolineando il lavoro sul partenariato verde firmato lo scorso anno e su quello per la transizione digitale.

    Il capo della diplomazia europea, in visita ufficiale a Rabat, ha discusso con il capo del governo marocchino del caso su cui si indaga in Belgio, sottolineando le preoccupazioni di Bruxelles. Ma per il Marocco il Parlamento europeo vuole indebolire il partenariato, in primo luogo a causa della questione del Sahara occidentale

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    Borrell in visita ufficiale in Marocco: in agenda il partenariato con l’Ue, non si parlerà del Qatargate

    Bruxelles – Tempismo non dei migliori, quello scelto dall’Alto rappresentante Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, per compiere una visita ufficiale di due giorni in Marocco, Paese implicato nello scandalo di presunta corruzione che sta sconvolgendo il Parlamento europeo. Domani (5 gennaio) Borrell incontrerà a Rabat il Capo del Governo, Aziz Akhannouch, il Ministro degli Affari Esteri, della Cooperazione Africana e degli Espatriati marocchini, Nasser Bourita, e una delegazione di interlocutori istituzionali della società marocchina e attori economici. Il giorno seguente l’Alto rappresentante terrà un discorso a professori e studenti dell’Università euromediterranea di Fez.
    “La visita in Marocco è stata pianificata da tempo, ci sono temi di cui dobbiamo discutere”, ha dichiarato il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna, Peter Stano, cercando di spegnere sul nascere le polemiche per la scelta della Commissione Ue di non attendere le conclusioni delle indagini della magistratura belga prima di incontrare il partner mediterraneo. “Non dimentichiamoci che ci sono accuse, ma non ancora prove e conclusioni”, ha ricordato Stano riportando la posizione della Commissione, secondo cui “non si può giudicare solamente basandosi sulle accuse“.
    Non sussistono ragioni, per l’esecutivo comunitario, per cancellare una visita che sarà l’occasione per un approfondimento sull’attuazione del partenariato UE-Marocco, anche nella prospettiva della nuova Agenda mediterranea. “Il Marocco è un partner molto importante, vogliamo migliorare la cooperazione in settori di interesse reciproco, ma anche sollevare preoccupazioni da parte nostra e loro”, ha confermato ancora Peter Stano. Questioni regionali e internazionali di interesse comune e di particolare importanza nel difficile contesto globale, condizionato dalla guerra russa contro l’Ucraina.
    Josep Borrell e il ministro degli Esteri del Qatar, Al Thani
    Per il momento, il Qatargate può dunque aspettare, nonostante la richiesta del giudice istruttore Michel Claise di revocare l’immunità parlamentare all’eurodeputato Andrea Cozzolino, presidente della delegazione per le relazioni con il Magreb: “Abbiamo totale fiducia nel lavoro della magistratura belga e quando avremo i verdetti e le prove, agiremo di conseguenza“, ha concluso il portavoce dell’Alto rappresentante. Borrell che, a conferma della politica dell’esecutivo comunitario, il 20 dicembre scorso, aveva già incontrato in Giordania il ministro degli Esteri del Qatar.

    L’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri è in partenza per Rabat e Fez, dove incontrerà il capo del governo marocchino e terrà un discorso all’università di Fez. Sulle accuse al partner mediterraneo in merito al Qatargate, la Commissione “agirà di conseguenza quando avrà le prove e i verdetti”

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    Qatargate, le inquietudini della Commissione Ue

    Bruxelles – La Commissione europea si smarca dallo scandalo di presunta corruzione dal Qatar e dal Marocco che sta colpendo l’europarlamento e che lambisce indirettamente alcune personalità legate all’esecutivo comunitario. Dopo i dubbi sollevati sulla posizione del vicepresidente Margaritis Schinas, a causa dei suoi ripetuti endorsement al governo di Doha (dubbi pubblicamente respinti con decisione dal commissario greco) sotto la lente d’ingrandimento dei media è finito l’ex commissario per le Migrazioni, gli affari interni e la cittadinanza, il greco Dimitris Avramopoulos, che ha ammesso recentemente di aver ricevuto un compenso annuale di 60 mila euro dall’ong di Antonio Panzeri, Fight Impunity.
    La Commissione, che aveva concesso un’autorizzazione “con restrizioni” ad Avramopoulos per il suo incarico nell’organizzazione di Panzeri, vuole vederci chiaro: il portavoce capo del gabinetto von der Leyen, Eric Mamer, ha annunciato oggi (21 dicembre) che sono state “portate avanti verifiche interne” all’istituzione. “Abbiamo notato che l’ex commissario Avramopoulos ha incontrato diversi Commissari, nelle date dal 15 al 17 novembre 2021”, ha proseguito Mamer: incontri che Avramopoulos avrebbe definito “brevi visite di cortesia” a ex colleghi, ai suoi successori, come nel caso dell’attuale commissaria per le Migrazioni e gli affari interni, Ylva Johansson, e a vecchi amici, come la greca Stella Kyriakides, commissaria per la salute e la politica dei consumatori.
    L’ex commissario Ue Dimitris Avramopoulos
    Il nocciolo della questione è che Avramopoulos accettò l’incarico nell’ong di Panzeri prima del periodo di “cooling off” di due anni previsto per i Commissari dal codice di condotta interno all’esecutivo Ue, e per questo la Commissione gli aveva specificato chiaramente che non avrebbe potuto avere contatti con i membri del gabinetto von der Leyen per conto di Fight Impunity. Nonostante i controlli interni abbiano per ora confermato che “in nessuno di questi meeting sono stati discussi temi relativi all’organizzazione”, la Commissione avrebbe chiesto ad Avamopoulos “ulteriori informazioni sul rispetto delle condizioni poste nell’autorizzazione”.
    Sul Qatargate si è espresso nella giornata di ieri (20 dicembre) il Commissario Ue per gli affari economici e monetari, Paolo Gentiloni, che in un’intervista alla CNN ha definito la vicenda “una vergogna”, evitabile soltanto “rafforzando le nostre regole di trasparenza”. Perché, ha ricordato Gentiloni, “Bruxelles è il secondo centro mondiale di lobby dopo Washington”: gruppi di pressione che intrattengono relazioni con le istituzioni, che talvolta ricevono finanziamenti da queste e che cercano di influenzarne l’agenda politica. Come nel caso della seconda Ong coinvolta nel presunto giro di mazzette da Qatar e Marocco, No peace without justice, il cui presidente, Niccolò Figà-Talamanca, è in stato di arresto a Bruxelles con la modalità del braccialetto elettronico. La Commissione ha confermato di “aver lavorato per diversi anni, anche prima di questo mandato” con l’organizzazione di Figà-Talamanca, che ha ricevuto “un certo numero di finanziamenti e che avrebbe potuto riceverne altri in futuro”. Avrebbe, perché No peace without justice è stata sospesa dal Registro per la trasparenza Ue lo scorso 13 dicembre, così come tutti i pagamenti ancora non effettuati a suo favore.
    La risolutezza con cui a Palazzo Berlaymont sono state avviate indagini interne per scongiurare qualsiasi coinvolgimento nella vicenda va di pari passo con la prudenza con cui la Commissione ha deciso di proseguire i rapporti – a differenza del Parlamento Ue- con il Qatar: sempre nella giornata di ieri l’Alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza Ue, Josep Borrell, ha incontrato il ministro degli esteri di Doha a margine della seconda conferenza di Baghdad per la cooperazione e il partenariato. Nel bilaterale Borrell avrebbe discusso “argomenti bilaterali e sfide regionali, nonché altre questioni, comprese le accuse contro alcuni membri e il personale del Parlamento europeo”, concordando con il ministro Al Thani “sulla necessità che le indagini in corso forniscano piena chiarezza“. Sullo sfondo c’è il rischio di compromettere una delle priorità del gabinetto von der Leyen, la sicurezza energetica del continente: il Qatar, primo fornitore di gas per l’Ue, ha già minacciato ripercussioni sugli accordi commerciali qualora fosse ritenuto colpevole dello scandalo.

    Met Qatari FM @MBA_AlThani_ in Jordan.
    We discussed bilateral topics and regional challenges, as well as other issues, including allegations against some members and staff of the European Parliament.
    We agreed on the need that ongoing investigations provide full clarity. pic.twitter.com/pkl68EOO7z
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) December 20, 2022

    Prima i dubbi sul vicepresidente Schinas, ora il caso dell’ex commissario Avramopoulos e i finanziamenti all’ong No Peace Without Justice: l’esecutivo Ue si difende e procede a indagini interne. Intanto Borrell incontra il ministro degli Esteri di Doha e chiede di aspettare “che le indagini forniscano piena chiarezza”