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    Conflitto Israele-Palestina: l’Ungheria ostacola l’intesa dei ministri Esteri UE per cessate il fuoco e rilancio dei negoziati di pace

    Bruxelles – Sulla ripresa del conflitto tra Israele e Palestina l’Unione Europea parla come un attore politico e diplomatico unito. Anzi no. Sono bastate 24 ore per affossare il miraggio di vedere tutti e 27 i Paesi membri UE allineati sulla stessa posizione, che in fondo è quella dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell: la protezione dei civili, un cessate il fuoco immediato e la ripresa dei negoziati di pace per una soluzione “stabile e duratura, senza adagiarsi sullo status quo che non evita il ritorno della violenza”.
    L’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell
    Nel corso del Consiglio Affari Esteri straordinario convocato dallo stesso Borrell per oggi (martedì 18 maggio), è stata l’Ungheria l’unico Stato membro a mettersi di traverso all’intesa di massima raggiunta dai ministri degli Esteri europei (non ci sono state conclusioni ufficiali, dal momento in cui si trattava di un vertice informale). “È stata una riunione intensa”, ha confermato Borrell, “ma ce n’era bisogno, perché i governi nazionali iniziavano a prendere posizioni autonomamente”. Ventisei su ventisette è una maggioranza che lascia l’alto rappresentante “abbastanza soddisfatto, perché partivamo da sensibilità diverse“. Ma l’amarezza per aver sfumato l’obiettivo dell’unanimità ha accompagnato tutta la conferenza stampa e alla fine è stata espressa in modo esplicito: “Sinceramente non riesco a capire come non si possa essere d’accordo con questo testo. Abbiamo bisogno di un orizzonte politico sul breve e sul lungo raggio nella regione, lo status quo non è un’opzione perché è chiaro che la violenza può tornare”.
    Al netto dell’ostacolo ungherese, come già anticipato ieri dal portavoce Peter Stano, per l’Unione Europea “la priorità è far cessare tutte le violenze e implementare il cessate il fuoco”, in modo da permettere di “proteggere i civili e dare accesso agli aiuti umanitari a Gaza“, ha confermato Borrell. “L’escalation tra Israele e Palestina ha causato un numero elevato di vittime, tra cui troppe donne e bambini. Questo è inaccettabile”. Sul breve periodo, l’UE riconosce il “diritto di Israele di difendersi, ma in modo rispettoso delle leggi internazionali e umanitarie” e pretende che “si fermi l’occupazione abusiva di territori palestinesi e le espulsioni da Gerusalemme Est“. Ma sul lungo periodo, “c’è bisogno di una soluzione politica efficace, l’unica che può portare davvero alla pace”: vale a dire, un impegno per “rilanciare i negoziati di pace, rimasti in stallo per troppo tempo”, favorendo il processo democratico anche in Palestina.
    Il dibattito in Parlamento 
    Proprio mentre i ministri degli Esteri concludevano il vertice informale, al Parlamento Europeo si è tenuto il dibattito in plenaria sulla strategia dell’Unione verso Israele e la Palestina. Un dibattito che, come fatto notare con disappunto dall’eurodeputato Pedro Marques (S&D), “si sarebbe potuto posticipare a domani, per permettere all’alto rappresentante UE un confronto con noi”. A suo nome, invece, ha parlato il ministro degli Esteri portoghese e presidente di turno del Consiglio dell’UE, Augusto Santos Silva, che ha posto l’accento sulla necessità di orientare “tutti gli sforzi verso la difesa delle vite umane e la fine dell’escalation di violenza” e ha ricordato i colloqui di Borrell con il presidente palestinese, Mahmoud Abbas, e il ministro degli Esteri israeliano, Gabi Ashkenazy.
    Il ministro degli Esteri portoghese e presidente di turno del Consiglio dell’UE, Augusto Santos Silva
    Da parte del Consiglio dell’UE c’è stato un tentativo di tenere equidistanza verso le istanze di Israele e della Palestina: “Siamo particolarmente preoccupati per quello che succede a Gaza, sia per i raid aerei di Israele, sia per i razzi lanciati dalla Striscia”. Da una parte, vengono condannati gli “attacchi indiscriminati di Hamas, da cui Israele ha il diritto di difendersi”, ma allo stesso tempo sono considerate “illegali e contro il diritto internazionale le espulsioni di cittadini palestinesi da Gerusalemme Est”.
    Il dibattito in plenaria ha però messo in luce anche profonde divisioni tra i gruppi politici sulle dinamiche del conflitto, con le sinistre che hanno sottolineato la debolezza delle potenze internazionali nel condannare le occupazioni abusive da parte di Israele e le destre che hanno calcato la mano sul diritto del governo guidato da Benjamin Netanyahu di difendersi da organizzazioni terroristiche come Hamas. In mezzo, il PPE e Renew Europe, che hanno mantenuto una linea più aderente a quella dell’alto rappresentante Borrell: “Il lancio di razzi da Gaza non ha alcuna giustificazione, ma Israele deve rispondere con moderazione”, ha predicato calma David McAllister (PPE), sostenendo la necessità di un fronte unito con gli Stati Uniti, l’Egitto e la Giordania. Per Hilde Vautmans (Renew Europe), “finché le due parti saranno provocate da estremisti, non ci sarà pace” e per questo “dobbiamo lavorare a un nuovo accordo di Oslo e trovare una posizione comune anche in Parlamento”.
    L’eurodeputata del Partito Democratico, Pina Picierno (S&D)
    Da parte del gruppo S&D, Maria Arena ha accusato che “voler mettere fine alle ostilità senza considerare le cause del conflitto, significa voler riscrivere i fatti”. E mentre viene chiesto un cessate il fuoco, “l’equidistanza oggi ci disturba, perché dimentichiamo che ci troviamo di fronte a occupazioni abusive e un regime di apartheid, come ci dicono ONG internazionali e israeliane”. È per questo che serve una “pace durevole, ma per tutti”, che per la collega italiana Pina Picierno (PD) passa dall’impegno per la democrazia e l’affermazione dei diritti civili e politici anche in Palestina: ” Siamo rimasti impotenti per anni, mentre i terroristi di Hamas hanno messo da parte la classe politica palestinese. Dobbiamo ribaltare questa tendenza”.
    Anche per Jordi Solé (Verdi/ALE) la sola de-escalation “porterebbe a una situazione di ordinaria amministrazione, mentre sul terreno c’è un’ingiustizia di fondo che la comunità internazionale non riconosce”. La co-presidente del gruppo della Sinistra al Parlamento UE, Manon Aubry, definendosi “ardente partigiana per una soluzione pacifica che contempli due Stati”, ha ribadito che “non ci sarà soluzione duratura al conflitto senza porre fine alla colonizzazione israeliana e tornare al rispetto delle risoluzioni ONU“.
    Dura la replica dalle destre europee: “Accettereste mai un’organizzazione terroristica che attacca il vostro Paese democratico?”, ha tuonato Charlie Weimers (ECR). “Ecco perché dobbiamo sostenere Israele contro un gruppo che cerca la sua distruzione”. Secondo Anna Bonfrisco (ID), “Israele è un partner affine nell’area più strategica per l’Europa, mentre Hamas sponsorizza solo l’odio e attacca la democrazia”. Per questa ragione, “la pace che dia impulso alla rinascita economica della regione va costruita con Israele”.

    L’amarezza dell’alto rappresentante Borrell al termine del vertice straordinario: “Non capisco come si possa non essere d’accordo su queste priorità”. Ma anche la plenaria del Parlamento Europeo mostra divisioni tra gruppi politici su soluzioni e responsabilità per l’escalation di violenza

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    COVID, a maggio il rilancio dell’UE nella consegna dei vaccini ai Balcani occidentali, tra COVAX e finanziamenti diretti

    Bruxelles – Sono settimane decisive per il rilancio dell’Unione Europea a livello di credibilità nei Balcani occidentali, sia per il processo di allargamento sia per il sostegno alla lotta contro la pandemia COVID-19, e Bruxelles sta cercando di rendere tangibile la sua presenza nella regione. Dopo il forte messaggio dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ai ministri degli Esteri europei e l’adozione della nuova metodologia per i negoziati di accesso di Serbia e Montenegro, è caldo il fronte dell’invio dei vaccini anti-COVID ai Paesi balcanici, per recuperare il terreno perso nella sfida diplomatica con Cina e Russia.
    Nonostante i Balcani occidentali siano considerati il primo partner strategico e zona di influenza dell’Unione Europea, Bruxelles ha registrato gravi ritardi nell’attivarsi per aiutarli a pianificare la campagna di vaccinazione. Le consegne di dosi tramite il meccanismo COVAX (la struttura globale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per garantire un accesso equo e universale ai vaccini, sostenuta anche dall’UE con un miliardo di euro) sono rimaste ferme alla fine di marzo – il 2 aprile nel caso della Serbia, con le prime 57.600 dosi arrivate – e per tutto il mese di aprile ha regnato l’immobilismo.
    Il commissario europeo per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, e il ministro degli Esteri austriaco, Alexander Schallenberg, a Sarajevo (4 maggio 2021)
    Questo fino all’annuncio dell’invio di 651 mila dosi di vaccino Pfizer-BioNTech nella regione a partire da inizio maggio e fino ad agosto, attraverso un contratto finanziato direttamente da Bruxelles e concluso grazie all’impegno del governo austriaco. Stando alle cifre fornite dal Servizio europeo per l’Azione esterna, entro il 31 agosto dovrebbero arrivare 36 mila dosi in Serbia, 42 mila in Montenegro, 95 mila in Kosovo, 119.200 in Macedonia del Nord, 145 mila in Albania e 213.800 in Bosnia ed Erzegovina.
    Con l’arrivo di maggio la situazione è tornata a sbloccarsi, complice anche il viaggio del commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, nei Paesi balcanici tra il 3 e il 5 maggio, per ribadire l’impegno dell’Unione a sostegno della lotta comune alla pandemia. L’occasione è stata sfruttata anche per consegnare il primo carico simbolico in ciascuna capitale: 1.170 dosi a Belgrado, 2.430 a Podgorica, 4.680 sia a Pristina sia a Tirana, 4.850 a Skopje e 10.530 a Sarajevo.
    L’arrivo del secondo carico di vaccini tramite il meccanismo COVAX in Serbia (12 maggio 2021)
    Contemporaneamente, ha ricevuto un impulso anche la situazione sul fronte COVAX, nonostante alcune riserve. Tra l’11 e il 14 maggio sono ripresi con più costanza i voli per portare i vaccini promessi ai Balcani occidentali, cercando di colmare il ritardo sulla tabella di marcia del primo semestre 2021. A oggi, il Kosovo ha ricevuto 62.300 dosi su 100.800 previste, l’Albania 79.200 su 141.600, la Bosnia ed Erzegovina 121.300 su 177 mila, la Serbia 177.600 su 345.600. Fanno eccezione Montenegro e Macedonia del Nord, ancora fermi alle consegne del 28 marzo: al primo mancano ancora 60 mila dosi (24 mila su 84 mila), alla seconda 79.200 (24 mila su 103.200). Ma c’è ancora un mese e mezzo di tempo per recuperare il tempo perduto a inizio anno: con un massimo di due spedizioni per ogni Paese si potrebbero raggiungere tutti gli obiettivi, spazzando via almeno una parte dell’euro-scetticismo che sta serpeggiando nella regione.

    Dopo un mese di immobilismo dai primi carichi di fine marzo, Bruxelles ha sbloccato la situazione con il piano da 651 mila dosi Pfizer-BioNTech entro fine agosto e la ripresa del meccanismo dell’OMS: ancora un mese e mezzo per rispettare la tabella di marcia

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    Conflitto Israele-Palestina, “proteggere i civili” è la priorità di Bruxelles. Domani riunione straordinaria dei ministri Esteri UE

    Bruxelles – A una settimana esatta dalla ripresa del conflitto tra Israele e Palestina, il quadro della situazione può essere tracciato da pochi – ma tragici – numeri: 197 palestinesi sono stati uccisi dai raid aerei israeliani su Gaza, tra cui almeno 58 bambini e 34 donne, e altri 1.235 feriti, mentre 10 israeliani hanno perso la vita a causa dei razzi lanciati da Hamas verso il sud del Paese (lo riportano rispettivamente il ministero della Salute palestinese e le Forze di Difesa israeliane). È la più grave escalation di violenza dal 2014 a oggi, che sta mettendo le diplomazie mondiali di fronte a grossi interrogativi sulle modalità di difesa di Israele e sul suo ininterrotto processo di occupazione abusiva dei territori palestinesi.
    Mentre il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sta cercando (al momento senza successo) di trovare una posizione comune per un cessate il fuoco “immediato”, come confermato dal segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, anche l’Unione Europea si sta muovendo per “agire come un attore politico e diplomatico unito“. Lo ha spiegato oggi (lunedì 17 maggio) Peter Stano, portavoce dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, commentando la convocazione d’urgenza dei ministri degli Affari esteri UE di domani. “La riunione straordinaria ci permetterà di capire come affrontare al meglio l’escalation di violenza a Gaza, in Israele e nei territori palestinesi occupati”, ha riferito alla stampa, ponendo l’accento sul fatto che “la nostra priorità è la de-escalation, proteggere i civili e trovare soluzioni sostenibili sul lungo periodo“.

    In view of the ongoing escalation between Israel and Palestine and the unacceptable number of civilian casualties, I am convening an extraordinary VTC of the EU Foreign Ministers on Tuesday. We will coordinate and discuss how the EU can best contribute to end the current violence
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) May 16, 2021

    Traspare cautela dalle parole di Stano che, pressato dai giornalisti, ha dato un colpo al cerchio e uno alla botte. Da una parte, “è sempre stata chiara” la posizione di Bruxelles sulle colonie israeliane e le relative espulsioni di cittadini palestinesi nei territori occupati: “Sono illegali e non in linea con la legge internazionale, perché impediscono il raggiungimento di una soluzione stabile nella regione“. Ma allo stesso tempo, “non dobbiamo dimenticare che Hamas ha iniziato a lanciare razzi indiscriminatamente su Israele, con l’obiettivo di colpire civili”, e questo per Bruxelles è “un atto terroristico inaccettabile”. In questo senso si definisce il “diritto di Israele di difendersi”, anche se l’UE ribadisce che la risposta “deve essere proporzionata e non deve violare le leggi internazionali”.
    A questo proposito va ricordata la polemica con il governo di Benjamin Netanyahu sull’abbattimento dell’edificio al-Jala in pieno centro a Gaza (lo scorso sabato 15 maggio), dove avevano sede al-Jazeera e diverse agenzie internazionali di informazione, tra cui Associated Press. “L’attacco israeliano è estremamente preoccupante, perché la sicurezza dei giornalisti è essenziale, specialmente in aree di conflitto“, ha commentato il portavoce della Commissione UE. “I media devono poter lavorare in uno scenario sicuro e riportare cosa sta accadendo in modo libero e indipendente”. Ma, aldilà degli operatori dell’informazione, il vero punto focale è la protezione dei civili: “Ogni vita persa è una tragedia e stiamo lavorando con i partner per fermare questa escalation”. L’obiettivo è ambizioso: “Dobbiamo cercare di risolvere il problema alla radice, ovvero puntare alla soluzione sostenibile e duratura dei due Stati indipendenti“. Serviranno ancora ventiquattro ore per capire se e come i Paesi membri UE riusciranno a spingere in questa direzione in modo unito.

    Non si ferma il lancio di razzi di Hamas verso il sud del Paese e i raid israeliani su Gaza, mentre si aggrava il bilancio delle vittime. I Ventisette convocati d’urgenza dall’alto rappresentante Borrell per rispondere all’escalation di violenza “come un attore politico e diplomatico unito”

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    Sabato 22 von der Leyen sarà da papa Francesco

    Bruxelles – Sabato prossimo 22 marzo la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sarà ricevuta da Papa Francesco  in Vaticano. L’ha annunciato oggi il portavoce dell’esecutivo UE, Eric Mamer.
    Von der Leyen incontrerà anche il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, e il segretario per le Relazioni con gli Stati, arcivescovo Paul Richard Gallagher.

    Incontrerà anche il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, e il segretario per le Relazioni con gli Stati, arcivescovo Paul Richard Gallagher.

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    Partenariato strategico UE-India, cosa prevede l’accordo sulla connettività firmato al vertice di Porto

    Bruxelles – Solo una settimana fa veniva annunciata la ripresa dei contatti per un partenariato strategico tra Bruxelles e Nuova Delhi, in pompa magna durante il vertice UE-India di Porto. Un nuovo capitolo nelle relazioni tra “le due democrazie più grandi al mondo” (parola del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel), inclusa un’intesa sulla connettività su cui si sta lavorando intensamente anche dietro alle quinte.
    Non si è parlato solo di commercio e della possibilità di spianare la strada ai negoziati sul libero scambio interrotti nel 2017, ma anche di come promuovere regole “trasparenti, praticabili, inclusive e sostenibili” nell’approccio alla tecnologia. Il vertice si è concluso con la firma di un documento specifico, il Partenariato strategico sulla connettività, con cui Unione Europea e India hanno concordato una convergenza sulla “connettività resiliente, sostenibile e globale”, ha sottolineato la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. Reso pubblico dal Consiglio dell’UE, è ora possibile analizzarne il contenuto, oltre le dichiarazioni della politica (qui il testo integrale).
    I principi
    Il partenariato sulla connettività UE-India si fonda sui “valori condivisi” di democrazia, libertà, Stato di diritto e rispetto dei diritti umani. A partire da questi presupposti, possono essere stabilite le regole comuni nell’approccio alla connettività, in particolare a livello di sostenibilità ambientale (tra gli altri, si fa riferimento all’accordo di Parigi e all’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile) e sociale (con valutazioni d’impatto non solo economico sulle comunità interessate).
    Il vertice UE-India a Porto (8 maggio 2021)
    Attraverso il partenariato si vogliono sostenere reti digitali, di trasporto ed energetiche, ma anche sviluppare il flusso di persone, beni, servizi, dati e capitali equi e inclusivi. L’obiettivo finale è “contribuire agli sforzi di sviluppo globale” e per questo motivo si cercherà di incentivare investimenti anche con la Banca europea per gli investimenti (BEI) e le istituzioni degli Stati membri UE e dell’India.
    Ma a livello finanziario “entrambe le parti concordano sul fatto che la connettività richiede la partecipazione attiva del settore privato“. Ecco perché il documento cita esplicitamente la necessità di “garantire parità di condizioni per le aziende e assicurare l’accesso reciproco ai mercati“. In questo modo si andrà a sostenere un ecosistema globale competitivo e la doppia transizione verde e digitale, stimolando la ripresa economica post-COVID, posti di lavoro “di qualità” e “catene del valore resilienti”. A livello pratico, si andrà a incentivare la cooperazione tra imprese europee e indiane, oltre a quella delle camere di commercio, banche e fondi di promozione e sviluppo nazionale e di agenzie di finanziamento all’esportazione.
    Il contenuto
    Quando si parla di connettività non si può non considerare “l’aumento del traffico di dati” che impone una migliore collaborazione digitale tra Paesi, a partire dalle infrastrutture. “Per esempio, tramite cavi sottomarini e reti satellitari”, Bruxelles e Nuova Delhi hanno fissato degli obiettivi per intervenire con “reti resilienti, sicure e conformi agli standard comuni” in diversi campi.
    Primo tra tutti, lo spazio informatico, il cyberspazio. Nel testo viene esplicitato che sarà necessario “promuovere una rapida ed efficace implementazione del 5G” e tecnologie che lo superino, per supportare “lo sviluppo rurale, l’agricoltura di precisione e l’assistenza sanitaria”. A questo proposito si inserisce un accesso ai servizi cloud “aperto, sicuro, sostenibile e inter-operabile”. Posto l’accento sulla necessità di implementare l’ambiente imprenditoriale, tra gli obiettivi fissati c’è quello di “migliorare la digitalizzazione dei pagamenti trans-frontalieri, comprese le rimesse”, ma anche la convergenza tra i quadri normativi sulla protezione dei dati personali per “facilitare flussi trans-frontalieri sicuri e protetti”.
    (8 maggio 2021)
    Spazio anche per la connettività sul fronte energetico. Il partenariato punta a sostenere gli obiettivi di energia pulita e di lotta ai cambiamenti climatici, sviluppando sistemi elettrici “modernizzati, efficienti e intelligenti” per aumentare le interconnessioni regionali per la produzione di energia rinnovabile su larga scala. All’orizzonte c’è la cooperazione in aree all’avanguardia, come il solare galleggiante, l’eolico offshore, l’idrogeno e lo stoccaggio dell’energia.
    A livello di trasporti, esiste un “reciproco interesse” per la decarbonizzazione e digitalizzazione del sistema ferroviario (sull’esempio del Sistema Europeo di Gestione del Traffico Ferroviario) e per la riduzione delle emissioni attraverso uno scambio più efficiente dei dati nei settori dell’aviazione e marittimo. Ma all’interno di questa sezione del testo c’è anche il dialogo tra le due parti sulla mobilità intelligente e sostenibile.
    Per lo sviluppo della connettività c’è bisogno dell’essere umano e per questo motivo è stata trovata un’intesa sulla promozione della cooperazione nel campo della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica. In altre parole, significa sostenere con più forza la mobilità dei ricercatori attraverso i programmi europei e indiani, oltre al coinvolgimento di start-up e piccole e medie imprese nel processo di sviluppo di soluzioni innovative in ambito accademico. Sinergie che però vanno alimentare già dalla mobilità di studenti e docenti tra le università europee e gli Istituti di Istruzione Superiore indiani.
    È poi necessario uno sforzo congiunto per aiutare Paesi terzi nelle loro azioni di connettività sostenibile. Focus particolare su Africa, Asia centrale e l’Indo-Pacifico – per contrastare l’influenza cinese sempre crescente – con l’obiettivo dichiarato di sostenere queste regioni “nella digitalizzazione per lo sviluppo sostenibile e l’inclusione finanziaria digitale”.
    Investimenti pubblici privati
    (8 maggio 2021)
    L’ultima sezione del documento programmatico riguarda il rafforzamento dell’integrità dei sistemi finanziari e lo sviluppo degli investimenti privati nel partenariato UE-India. Partendo dalla Piattaforma internazionale sulla finanza sostenibile (IPSF), come base per lo scambio continuo di informazioni sulle migliori pratiche, viene indicata la possibilità di promuovere joint venture europee e indiane attraverso la National Infrastructure Pipeline indiana.
    Per gli investimenti verdi esistono già partnership tra la BEI e l’Agenzia indiana per lo sviluppo delle energie rinnovabili, su cui innestare investimenti azionari delle istituzioni finanziarie europee. Ma allo stesso tempo è possibile sfruttare fondi pubblici e flussi di capitale globali (compresi fondi sovrani e fondi pensione) per veicolare gli investimenti privati ​​verso progetti sostenibili. Anche per quanto riguarda l’infrastruttura di connettività, si potrà sviluppare una cooperazione nel sostegno governativo al finanziamento delle esportazioni.
    Ultimo punto – ma non certo per importanza – l’incoraggiamento della cooperazione del settore privato tra le due parti. Questo obiettivo si potrà realizzare attraverso reti di imprese dell’UE e dell’India, sfruttando Invest India ed Enterprise Europe come piattaforme di lancio di progetti congiunti tra start-up e piccole e medie imprese delle due potenze mondiali.

    Il vertice di Porto ha stabilito la necessità di definire regole “trasparenti, praticabili, inclusive e sostenibili” nell’approccio comune alla tecnologia tra Bruxelles e Nuova Delhi. Non solo valori condivisi, ma anche collaborazione nel cyberspazio, nell’energia e nei trasporti, oltre a stimoli per investimenti privati

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    Allargamento UE, nuova metodologia per adesione di Serbia e Montenegro: focus su riforme e gruppi di capitoli negoziali

    Bruxelles – Una nuova prospettiva per l’allargamento dell’Unione Europea nei Balcani occidentali è possibile. O almeno, è quanto si augurano gli Stati membri UE con la nuova metodologia prevista per i negoziati di adesione di Serbia e Montenegro, dopo l’intesa trovata tra i due Paesi e il Consiglio dell’UE. Focus sulle riforme e i progressi nello Stato di diritto, conferenze intergovernative periodiche a livello ministeriale e soprattutto un accorpamento di 33 capitoli negoziali in 6 gruppi tematici (rimangono a parte i capitoli 34 e 35, sulle istituzioni e altri problemi).
    A partire dalle prossime conferenze intergovernative si affronteranno i cluster relativi ai fondamenti dello Stato di diritto (sistema giudiziario, funzionamento della democrazia, riforme della pubblica amministrazione), Mercato interno (libera circolazione di beni, capitali e lavoratori), competitività e crescita inclusiva (informazione ed educazione, politica monetaria e industriale, tassazione e Unione doganale), Agenda verde e connettività sostenibile (energia, trasporti, lotta ai cambiamenti climatici), agricoltura e coesione (tra cui sviluppo rurale e coordinamento di strumenti regionali) e relazioni esterne (politica estera, di sicurezza e difesa).
    Nelle intenzioni dell’UE, questo approccio dovrebbe dare maggiore dinamismo al processo di adesione, accelerando le azioni da adottare. Al centro dell’attenzione rimangono proprio le riforme strutturali, che dovranno produrre “risultati tangibili”, si legge nel documento. La prospettiva europea richiede “impegni” a livello di Stato di diritto, diritti fondamentali, funzionamento delle istituzioni democratiche e della pubblica amministrazione, ma anche di criteri economici. Per arrivare a questi risultati, l’Unione si impegna a promuovere conferenze intergovernative e consigli di stabilizzazione e associazione più frequenti, per rafforzare il dialogo con i Paesi candidati: l’obiettivo è “migliorare la prevedibilità del processo, sulla base di criteri oggettivi“.
    In questo modo, gli Stati membri UE cercano di dare un segnale forte ai due Paesi balcanici che si trovano attualmente allo stadio più avanzato del processo di adesione all’Unione. Solo lunedì (10 maggio), l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, aveva rimproverato i ministri degli Esteri europei di non guardare sufficientemente alla regione in ottica geo-strategica e di aver lasciato la questione fuori dalla propria agenda per due anni.
    La questione dell’allargamento nei Balcani occidentali è però una delle priorità della presidenza di turno portoghese del Consiglio dell’UE. Lo hanno dimostrato non solo le ripetute dichiarazioni della sottosegretaria di Stato per gli Affari europei, Ana Paula Zacarias, ma anche questo primo passo verso l’accelerazione dei negoziati. “Una prospettiva di adesione credibile è il motore fondamentale della trasformazione nella regione e aumenta le opportunità per la nostra sicurezza e prosperità collettive”, ha commentato il risultato proprio Zacarias. “Il mantenimento e il miglioramento di questa politica è indispensabile per la credibilità, il successo e l’influenza dell’Unione nella regione“.
    Il rischio, sempre più chiaro a Bruxelles, è che sui Balcani si inneschi un processo inverso di disillusione nei confronti dell’Unione Europea. Ma anche che i sei Paesi (oltre a Serbia e Montenegro, anche Macedonia del Nord, Albania, Bosnia ed Erzegovina e Kosovo) guardino sempre più ad altre potenze (Cina e Russia, su tutti) in un momento delicato come la lotta alla pandemia COVID-19 e la fornitura di vaccini.
    I negoziati di adesione del Montenegro sono iniziati nove anni fa, con la presentazione del quadro negoziale durante la prima conferenza ministeriale il 29 giugno 2012, mentre per la Serbia il processo è in corso da sette anni, dopo l’avvio il 21 gennaio 2014. Ancora in attesa della prima conferenza intergovernativa sono invece Albania e Macedonia del Nord, dopo aver ottenuto lo status di Paesi candidati rispettivamente nel 2014 e nel 2005.

    Il Consiglio dell’UE ha approvato le linee per dare “maggiore dinamismo e prevedibilità” al processo. I 6 cluster tematici al centro delle prossime conferenze intergovernative (più frequenti)

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    Tensione a Gaza, l’UE invita alla de-escalation e alla protezione dei civili

    Bruxelles – L’Unione Europea è coinvolta in un’intensa attività diplomatica da quando lunedì 10 maggio sono ricominciate nuove tensioni tra Palestina e Israele. Lo ha riferito durante il punto giornaliero con la stampa Peter Stano, il portavoce dell’Alto Rappresentante per la Politica estera e la Sicurezza comune, interpellato sulla posizione di Bruxelles sugli scontri che hanno nuovamente infiammato il conflitto tra le due parti nell’area.
    “Da quando le tensioni sono ricominciate l’UE è impegnata a parlare e a lavorare con le parti a livello internazionale”, ha affermato il portavoce. Le priorità per l’Unione restano la de-escalation e la protezione delle vite dei civili e quindi il rispetto del diritto internazionale umanitario da parte di “tutte e due i fronti”.
    In un comunicato l’Alto Rappresentante Josep Borrell ha definito “inaccettabile” il lancio dei razzi organizzato da Gaza verso la popolazione civile israeliana. “La violenza degli ultimi giorni dimostra la necessità di rilanciare i negoziati per cercare una soluzione pacifica sostenibile per l’attuale situazione, l’orizzonte politico deve essere ristabilito”, ha continuato Stano. Il portavoce ha anche dichiarato che gli sforzi dell’UE si stanno tutti concentrando sulla ripresa di un negoziato diretto che promuova la soluzione dell’esistenza di due Stati, uno di Israele e uno di Palestina.
    I missili lanciati da Gaza sono stati una risposta agli scontri registratisi lunedì mattina sulla Spianata delle Moschee, il principale sito religioso palestinese nella città di Gerusalemme. A fronte dei trecento feriti comunicati, Hamas, il movimento radicale che controlla la Striscia di Gaza ha lanciato decine di razzi verso lo Stato ebraico senza provocare morti. La reazione di Tel Aviv non si è fatta attendere: l’aviazione israeliana ha colpito 140 obiettivi militari a Gaza e ora minaccia un’operazione di terra. Le autorità palestinesi finora parlano di 20 morti e decine di feriti.

    Dopo gli scontri alla Spianata delle Moschee la risposta di Gaza e la successiva ritorsione da parte di Tel Aviv. Bruxelles tenta di mediare: “L’orizzonte politico deve essere ristabilito”

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    Bielorussia, Consiglio Affari Esteri lavora al nuovo pacchetto di sanzioni UE contro regime Lukashenko

    Bruxelles – Non sono bastati tre pacchetti di sanzioni contro il regime del presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, per mettere fine alla repressione nel Paese. Nel corso del Consiglio Affari Esteri di oggi (lunedì 10 maggio), i ministri UE hanno deciso di iniziare a lavorare su un quarto ciclo di sanzioni, che dovrebbe essere in arrivo “nelle prossime settimane”.
    È quanto anticipato in conferenza stampa dall’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell: “Non si ferma in Bielorussia la repressione e l’opera di intimidazione da parte del regime contro i suoi cittadini“, che dal 9 agosto dello scorso anno, il giorno delle contestate elezioni presidenziali, stanno dando vita a proteste pacifiche. “Nel nuovo pacchetto prenderemo in considerazione tutto quello che sta succedendo nel Paese”, ha aggiunto l’alto rappresentante UE, incluso il fatto che “ora è stata presa di mira anche la comunità polacca“.

    Lo ha annunciato l’alto rappresentante Borrell al termine del vertice con i ministri dei Paesi membri: “Non si ferma la repressione nel Paese, ora è stata presa di mira anche la comunità polacca”