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    L’Ue in pressing sulla Serbia per trovare una soluzione con gli organizzatori dell’EuroPride per ospitare l’evento a Belgrado

    Bruxelles – Aumentano le pressioni delle istituzioni Ue sulla Serbia dopo l’ondata di polemiche sulla posizione intransigente del presidente serbo, Aleksandar Vučić, a proposito dello svolgimento dell’Europride 2022 in programma tra il 12 e il 18 settembre a Belgrado. “Dopo l’annuncio della cancellazione, l’Unione Europea incoraggia le autorità serbe a proseguire i contatti con gli organizzatori per trovare una soluzione che consenta di ospitare l’EuroPride in pace e sicurezza”, si legge in una nota firmata dal portavoce del Servizio europeo per l’Azione esterna (Seae), Peter Stano: “Attendiamo con ansia una decisione finale positiva” sullo svolgimento dell’evento che celebra quest’anno il trentesimo anniversario dall’istituzione.

    Statement by the Spokesperson on the announcements of the cancellation of EuroPride in Belgrade | EEAS Website https://t.co/yA0qK61knl
    — Belgrade Pride – EuroPride 2022 (@belgradepride) September 2, 2022

    Martedì (30 agosto) il presidente Vučić aveva ribadito che la manifestazione annuale itinerante per i diritti LGBTQ+ in programma quest’anno nella capitale serba sarà “annullata o rinviata” per “questioni urgenti”, non facendo nessuna apertura rispetto a quanto annunciato pochi giorni prima nel corso della cerimonia di conferimento del mandato di governo alla premier uscente, Ana Brnabić. “Potrà chiamare Biden, potranno chiamare Putin o Erdogan o chi volete, la decisone non cambierà”, aveva messo un punto Vučić. Ma gli organizzatori dell’EuroPride hanno continuato a confermare che l’evento non è annullato e che la marcia del 17 settembre per le strade di Belgrado si svolgerà, dal momento in cui le autorità nazionali non hanno il potere di cancellare la manifestazione una volta assegnata alla città ospitante, a meno che non si tratti di ragioni di sicurezza pubblica motivate dalle forze di polizia.
    Da Bruxelles è subito arrivato un importante sostegno alla causa dell’EuroPride 2022 in Serbia, sia con il messaggio inviato alla premier Brnabić da parte della co-presidente dell’intergruppo LGBTQ+ del Parlamento Ue, Terry Reintke, e dalla collega di partito, Viola von Cramon-Taubadel (“L’EuroPride sarà un simbolo forte contro i movimenti autoritari guidati dall’odio, marceremo a Belgrado per la democrazia e la diversità”), sia con la lettera firmata da 145 eurodeputati indirizzata anche al presidente serbo. “Siamo consapevoli delle minacce alla sicurezza dei manifestanti, ma riteniamo che vietare del tutto l’evento non sia la soluzione giusta”, è quanto sottolineato con forza nel testo, che ha esortato alla “positiva collaborazione e a sostenere gli organizzatori nella realizzazione di una Marcia dell’EuroPride sicura”. Tra gli eurodeputati italiani firmatari della lettera compaiono la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno, il membro del comitato dell’intergruppo LGBTQ+ Fabio Massimo Castaldo (Movimento 5 Stelle), insieme ad Alessandra Moretti,Brando Benifei, Massimiliano Smeriglio (Partito Democratico), Eleonora Evi e Rosa D’Amato (Verdi).

    🏳️‍🌈 145 MEPs signed today our joint letter calling on the 🇷🇸 #Serbian leadership (@SerbianPM/@avucic) to facilitate a safe #EuroPride2022 as scheduled.
    Our MEPs also urge authorities to deploy sufficient police protection.
    Read it below 👇 https://t.co/SsKle1gmxb pic.twitter.com/u1lFMMzC2t
    — LGBTI Intergroup (@LGBTIintergroup) August 31, 2022

    È così che, anche grazie al pressing dell’Ue, si è aperto uno spazio di dialogo tra le autorità della Serbia e gli organizzatori dell’EuroPride. Si cerca ora una soluzione che garantisca lo svolgimento della manifestazione – e in completa sicurezza – con un qualche tipo di riconoscimento della situazione delicata all’interno del Paese (in particolare sui rapporti con il Kosovo e sulla crisi energetica). Un tentativo ulteriormente supportato da Bruxelles con la messa in campo del peso diplomatico del Servizio guidato dall’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell: “L’Ue attribuisce grande importanza al fatto che questo Pride si svolga in circostanze pacifiche e con la sicurezza dei partecipanti”, si legge nel comunicato, che ricorda a Belgrado le aspettative dell’Unione nei confronti dei “nostri partner più stretti” in materia di “protezione e promozione dei diritti umani”, inclusa la “difesa dei diritti delle persone LGBTIQ+, della libertà di riunione e di espressione”. L’EuroPride, conclude il testo, “si batte per la parità di diritti delle persone LGBTIQ+ in tutta Europa, dando voce a coloro che subiscono discriminazioni, violenze o odio per motivi diversi dal loro sesso, sessualità o genere”.

    Il Servizio europeo per l’azione esterna attende “con ansia” una decisione finale “positiva” dai contatti tra autorità serbe e organizzatori della manifestazione LGBTQ+. Bruxelles attribuisce “grande importanza” allo svolgimento dell’evento “in circostanze pacifiche e in sicurezza”

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    L’UE sospende il regime agevolato dei visti per tutti i cittadini russi

    Bruxelles – Fine del regime agevolato dei visti per tutti i cittadini russi, senza nessuna distinzione. L’ultima misura dell’Unione europea per rispondere all’aggressione russa dell’Ucraina è un ritorno al passato, il ripristino del vecchio sistema di concessione di documenti di viaggio, ingresso e soggiorno nel territorio dell’UE. Nel 2007 le due parti decisero di concedere il documento a condizioni migliori, con procedure più snelle, più rapide. Adesso “c’è l’accordo politico per la piena sospensione dell’accordo di facilitazione dei visti UE-Russia”, annuncia l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Josep Borrell, al termine della riunione informale dei ministri degli Esteri dei Ventisette.

    European Union has agreed on full suspension of visa facilitation agreement with Russia, @JosepBorrellF has just announced during the press conference after informal #Gymnich meeting in Prague.
    — EU2022_CZ (@EU2022_CZ) August 31, 2022

    Non è una messa al bando dei russi, e Borrell tiene a sottolinearlo nel corso della breve conferenza stampa. “Non vogliamo tagliarci da quei russi che sono contrari alla guerra in Ucraina. Non vogliamo isolarci dalla società civile russa”. L’accordo politico “non vuol dire che non si potranno più ottenere visti“. Quello che succede è che i cittadini russi saranno da adesso in poi trattati alla stregua di gli altri cittadini di Paesi terzi. “Agevolazione vuol dire facilitare. Non ci saranno più agevolazioni, e quindi sarà più complicato ottenere visti”. Inoltre, la decisione maturata a Praga di sospendere il regime agevolato “significa che si ridurrà significativamente il numero di nuovi visti rilasciati dagli Stati membri dell’UE“.
    I ministri degli Esteri sono però intransigenti per quanto riguarda i passaporti russi emessi nei territori occupati. I documenti rilasciati in Crimea e Donbass “non saranno riconosciuti”, tiene a sottolineare Borrell. L’UE qui dunque tiene il punto. L’Unione europea non ha mai riconosciuto l’annessione della Crimea del 2014, e da questo punto di vista non cambia avviso. E lo stesso fa con i territori oggi campo di battaglia e sotto il controllo delle forze russe.
    La situazione in Ucraina vede i ministri degli Esteri trovare una quadra anche su un altro aspetto, quello dell’assistenza militare. “Abbiamo anche convenuto di accelerare il lavoro sulla sostenibilità dello Strumento europeo per la pace (EPF), per poter rispondere meglio alle esigenze in evoluzione dell’esercito ucraino“.

    L’annuncio dell’Alto rappresentante Borrell. “C’è l’accordo politico”. I Ventisette d’accordo anche a lavorare “per rispondere meglio alle esigenze in evoluzione dell’esercito ucraino”

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    Si fermano (per la quarta volta) le forniture di gas russo via Nord Stream all’Europa. Lavori Gazprom fino al 3 settembre

    Bruxelles – Stop alle forniture di gas, per l’ennesima volta in quest’estate. Da quando l’Unione europea ha annunciato il piano RePowerEu per raggiungere l’indipendenza dalle fonti fossili russe, si continuano a verificare interruzioni al flusso via Nord Stream per questioni tecniche, manutenzioni e lavori sulle stazioni di compressione. E ormai sembra sempre più reale che il taglio del gas verso l’Europa da parte del colosso energetico Gazprom possa diventare irreversibile.
    L’ultima interruzione totale del flusso, annunciata già lo scorso 22 agosto, è scattata alle 5 di mattina (ora italiana) del 31 agosto ed è stata motivata da Gazprom per lavori di manutenzione in una stazione di compressione nel nord della Germania, da dove il gas viene poi esportato in altri Paesi Ue. La conferma è arrivata anche dalla rete europea dei gestori dei sistemi di trasporto del gas (Entsog), che però ha precisato che i lavori si stanno svolgendo in Russia e non nel punto di collegamento europeo. Nord Stream è la principale infrastruttura per il trasporto del gas russo verso il continente, che collega i giacimenti di gas siberiani direttamente alla Germania settentrionale attraverso il Mar Baltico: a capacità massima può trasportare 55 miliardi di metri cubi di gas.
    Il taglio delle forniture di gas da parte di Gazprom dovrebbe durare per tre giorni, fino alle 4 di mattina di sabato 3 settembre (inizialmente era previsto fino al 2 settembre), ma a Bruxelles si teme che prima o poi i flussi possano interrompersi definitivamente. L’avvertimento è arrivato dalla stessa presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, al Bled Strategic Forum (in Slovenia): “L’Ue si deve preparare a una completa interruzione delle forniture dalla Russia”, aveva sottolineato con preoccupazione, parlando della necessità di “mettere fine alla nostra sporca dipendenza dalle fonti fossili russe”. Oggi Nord Stream lavora già al 20 per cento della propria capacità, con il rischio concreto di un aumento della pressione sui governi europei che stanno cercando di aumentare il livello di riempimento degli stoccaggi nazionali di gas prima dell’inverno.

    pic.twitter.com/HybKucrwbY
    — Gazprom (@GazpromEN) August 19, 2022

    Non è la prima volta che si verifica un taglio delle forniture di gas all’Europa da parte di Gazprom. L’infrastruttura Nord Stream era già rimasta ferma per manutenzione programmata a una turbina dall’11 al 21 luglio ed è ripartita a capacità ridotta a circa il 40 per cento rispetto alla norma. A fine luglio il flusso era stato ulteriormente ridotto al 20 per cento, a circa 38 milioni di metri cubi al giorno, rispetto ai 66 delle settimane precedenti alla manutenzione. Ancora prima, a metà giugno, il colosso energetico aveva comunicato che le forniture di gas potevano essere garantite solo fino a un volume di 100 milioni di metri cubi al giorno, invece dei 167 milioni di metri cubi previsti. Tra fine aprile e metà maggio invece erano stati chiusi i rubinetti a Bulgaria, Polonia, Paesi Bassi, Danimarca e Finlandia, per mancati pagamenti in rubli come richiesto dalle autorità russe.
    A seguito di questo ennesimo stop, dall’Italia Eni ha reso noto che “Gazprom ha comunicato la consegna di volumi di gas pari a circa 20 milioni di metri cubi, a fronte di consegne giornaliere pari a circa 27 milioni effettuate nei giorni scorsi”, mentre la presidente della Commissione francese di regolamentazione dell’energia (Cre), Emmanuelle Wargon, ha spiegato che per Parigi “in termini di volumi di fornitura siamo piuttosto fiduciosi sulla possibilità di trascorrere l’inverno senza gas russo”, anche se “ci sarà un impatto sui prezzi“. Il flusso di gas russo verso la Francia si fermerà completamente domani (primo settembre), ma “fortunatamente non cambierà molto” per i consumatori, ha rassicurato Wargon. Intanto però l’Ungheria segue una strada diversa e, mentre sta aumentando i livelli di riempimento degli stoccaggi di gas, il governo di Viktor Orbán ha firmato un contratto con il colosso energetico russo Gazprom per un quantitativo massimo di circa 5,8 milioni di metri cubi di gas naturale in più su base giornaliera.

    BREAKING: Hungary exceeds EU-sanctioned natural gas reserve levels more than two months ahead of deadline. With 3.88 billion m3 gas stored, Hungary’s reserves stand at 61.31 percent capacity.
    — Zoltan Kovacs (@zoltanspox) August 30, 2022

    Il colosso energetico russo ha interrotto il flusso questa mattina, per un’interruzione annunciata di tre giorni legata alle operazioni in una stazione di compressione in Russia (non nel nord della Germania come precedentemente annunciato). Si teme che lo stop possa diventare definitivo

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    Il presidente serbo Vučić vuole annullare l’EuroPride 2022 a Belgrado. Da Bruxelles arriva l’appello di 145 eurodeputati

    Bruxelles – Le polemiche non accennano a diminuire e, al contrario, la posizione intransigente del presidente della Serbia, Aleksandar Vučić, sull’Europride 2022 in programma tra il 12 e il 18 settembre a Belgrado rischia di aumentare i rischi di legittimazione delle violenze dell’estrema destra nazionalista contro la comunità LGBTQ+ serba ed europea. “Abbiamo deciso che l’EuroPride non si farà“, ha confermato ieri (martedì 30 agosto) il capo dello Stato, respingendo qualsiasi tentativo di influenza esterna: “Potrà chiamare Biden, potranno chiamare Putin o Erdogan o chi volete, la decisone non cambierà”. Il tutto a pochi giorni dalla manifestazione di migliaia di persone a Belgrado, capeggiata dai partiti ultra-nazionalisti omofobi e dalla Chiesa Ortodossa (con inflitrazioni di gruppi organizzati russi), che hanno espresso – con icone religiose, canti nazionalpatriottici, ritratti di Putin e magliette con impressa la Z della propaganda del Cremlino – la propria opposizione allo svolgimento della manifestazione annuale itinerante nella capitale serba.

    Serbia’s capital, Belgrade, is due to host the EuroPride march in September, an event staged in a different European city each year. But the government said it would be cancelled or postponed, citing reasons such as threats from right-wing activists https://t.co/4QEOuwyGkb pic.twitter.com/TFPGOlUSxE
    — Reuters (@Reuters) August 29, 2022

    La dichiarazione di Vučić sorprende fino a un certo punto, ma preoccupa piuttosto per le implicazioni che potrebbe avere su dinamiche già particolarmente delicate. Conferendo il nuovo mandato di governo alla premier uscente, Ana Brnabić, il presidente della Serbia aveva annunciato già sabato scorso (27 agosto) che l’EuroPride in programma a Belgrado sarebbe stato “annullato o rinviato” per “questioni urgenti” – ovvero la disputa di confine con il Kosovo e la crisi energetica – che nulla hanno a che fare con lo svolgimento pacifico della manifestazione più attesa dalla comunità LGBTQ+ europea. A questo poi si aggiunge il fatto che Vučić parla di “annullamento”, non di “divieto”, perché un’autorità nazionale non ha il potere di cancellare l’evento una volta assegnato alla città ospitante, fatte eccezione le ragioni di sicurezza pubblica motivate dalle forze di polizia. Ecco perché questa posizione va letta in ottica politica: l’annuncio di Vučić è arrivato nello stesso giorno dell’accordo di compromesso storico sui documenti d’identità con il Kosovo, una coincidenza che lascia presagire il tentativo di distogliere l’attenzione dei partiti di estrema destra e della Chiesa Ortodossa da un’evidente sconfitta del nazionalismo serbo. La stessa intransigenza nella conferma dell’annullamento dell’evento va in questa direzione, per tentare di mantenere saldo il consenso interno dell’elettorato su cui Vučić basa il proprio potere politico.
    Per tutte queste ragioni si teme un’esacerbazione delle tensioni e una potenziale legittimazione delle violenze dei gruppi più conservatori e omofobi ai danni dei manifestanti dell’EuroPride, che comunque arriveranno a Belgrado da tutta Europa fra due settimane. Il circolo vizioso che ormai si è creato tenderà a confondere causa ed effetto, considerato anche il fatto che il governo Brnabić ha dichiarato che non sussistono le condizioni per lo svolgimento dell’EuroPride in sicurezza: “Gruppi estremisti potrebbero approfittare di tale evento per alimentare tensioni e creare instabilità in Serbia“. Tuttavia, proprio a causa di queste dichiarazioni che hanno avallato le richieste della manifestazione omofoba, il 2022 potrebbe tornare a registrare violenze dopo anni di marce del Pride Month di Belgrado senza incidenti. Il primo Pride nel Paese balcanico si è svolto nel 2001, ma già nel 2009 è stato cancellato per minacce di scontri, poi verificatisi durante la manifestazione del 2010. Dopo un’interruzione di tre anni, dal 2014 è tornato a svolgersi ininterrottamente e dal 2017 vi partecipa anche Brnabić, prima premier omosessuale dichiarata nella storia del Paese.

    The President of Serbia has said today that #EuroPride2022 is cancelled. It is not. Only the organisers can cancel the event. Our full statement. https://t.co/OQ8OWgIFuT
    — EuroPride is not cancelled! (@EuroPride) August 27, 2022

    Gli organizzatori dell’EuroPride continuano a ricordare che la manifestazione non è annullata e che la marcia del 17 settembre per le strade di Belgrado si svolgerà: “Lo Stato non può cancellare l’evento, sarebbe una chiara violazione della Costituzione nazionale”, oltre che “degli articoli 11, 13 e 14 della Convenzione europea sui diritti umani, che la Serbia ha ratificato come membro del Consiglio d’Europa”, si legge in un comunicato. Da Bruxelles arriva un importante sostegno alla causa dell’EuroPride 2022 in Serbia, con l’impegno in prima linea della co-presidente dell’intergruppo LGBTQ+ del Parlamento Europeo, Terry Reintke: “Gli attacchi alla comunità LGBTI*, alla libertà e ai diritti fondamentali rappresentano una minaccia per le democrazie in Europa e nel mondo”, ha ricordato in un’intervista all’emittente serba N1: “L’EuroPride sarà un simbolo forte contro i movimenti autoritari guidati dall’odio, marceremo a Belgrado per la democrazia e la diversità“. Lo stesso messaggio è stato portato proprio da Reintke e dalla collega di partito, Viola von Cramon-Taubadel, alla premier serba Brnabić: “Abbiamo detto chiaramente che il governo serbo deve fare di tutto per proteggere la libertà di riunione, anche per le minoranze”.
    L’iniziativa è stata rafforzata dalla lettera dell’intergruppo LGBTQ+ firmata da 145 eurodeputati e indirizzata al presidente Vučić e alla premier Brnabić. “Siamo consapevoli delle minacce alla sicurezza dei manifestanti, ma riteniamo che vietare del tutto l’evento non sia la soluzione giusta”, sottolinea il testo, che esorta alla “positiva collaborazione e a sostenere gli organizzatori nella realizzazione di una Marcia dell’EuroPride sicura”. Nello specifico, la leadership serba è stata richiamata a “consentire che l’EuroPride si svolga come previsto”, a impegnarsi per un numero “sufficiente” di forze dell’ordine perché “tutti i partecipanti possano esercitare in sicurezza il loro diritto alla riunione pacifica e alla libertà di espressione” e a “mantenere il dialogo con la delegazione dell’Ue e gli organizzatori per trovare una soluzione”. Tra gli eurodeputati italiani firmatari della lettera compaiono la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno, il membro del comitato dell’intergruppo LGBTQ+ Fabio Massimo Castaldo (Movimento 5 Stelle), insieme ad Alessandra Moretti,Brando Benifei, Massimiliano Smeriglio (Partito Democratico), Eleonora Evi e Rosa D’Amato (Verdi).

    🏳️‍🌈 145 MEPs signed today our joint letter calling on the 🇷🇸 #Serbian leadership (@SerbianPM/@avucic) to facilitate a safe #EuroPride2022 as scheduled.
    Our MEPs also urge authorities to deploy sufficient police protection.
    Read it below 👇 https://t.co/SsKle1gmxb pic.twitter.com/u1lFMMzC2t
    — LGBTI Intergroup (@LGBTIintergroup) August 31, 2022

    Dopo le manifestazioni dei partiti nazionalisti e della Chiesa Ortodossa contro la manifestazione LGBTQ+ di metà settembre, il capo dello Stato ha ribadito che l’evento non si terrà “per questioni di sicurezza”. Ma non ha il potere di vietarlo e così aumentano solo i rischi di violenze omofobe

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    L’Ue piange Michail Gorbačëv, ultimo presidente dell’Urss: “Ha svolto un ruolo cruciale nel porre fine alla Guerra Fredda”

    Bruxelles – Il politico che con le sue scelte ha consegnato l’Unione Sovietica alla storia, un uomo che “ha aperto la strada a un’Europa libera“. Arriva da Bruxelles il cordoglio dei leader Ue per la morte di Michail Gorbačëv, l’ultimo presidente dell’Urss, venuto a mancare ieri sera (martedì 30 agosto) all’età di 91 anni. “Era un leader fidato e rispettato”, ha scritto nel suo tweet la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen: “Ha svolto un ruolo cruciale nel porre fine alla Guerra Fredda e nell’abbattere la cortina di ferro, è un’eredità che non dimenticheremo”. Di eredità ha parlato anche il numero uno del Consiglio Ue, Charles Michel (“Un uomo che ha dedicato la sua vita al servizio pubblico con un profondo impegno per la pace e la libertà“), e la leader dell’Eurocamera, Roberta Metsola, ricordando l’incontro “nella tempestosa Malta” del 1989 con George Bush senior “per sancire la fine della Guerra Fredda”. Un summit che “ha ispirato la speranza di un mondo migliore e più libero”, con “l’abbattimento di muri e la riunificazione dell’Europa“.

    My lasting memory of Mikhail Gorbachev is watching him meet George HW Bush in stormy Malta to signal the end of the Cold War.
    It inspired hope of a better, freer world. It meant walls torn down & led to Europe’s reunification.
    His legacy will be remembered.May he rest in peace pic.twitter.com/wTjNUUrCRw
    — Roberta Metsola (@EP_President) August 30, 2022

    Gorbačëv nacque il 2 marzo 1931 a Privolnoye, nel Caucaso del Nord. Studiò legge all’Università Statale di Mosca e, dopo essersi laureato a pieni voti, decise di intraprendere la carriera politica, entrando nel Komsomol (l’Unione della Gioventù Comunista Leninista). Scalò velocemente i ranghi amministrativi della regione di Stavropol e a 39 anni era già a capo della sezione locale del partito. Nei dieci anni successivi si guadagnò la stima del presidente dell’Urss, Leonid Bréžnev, e nel 1978 fu nominato segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista. Dopo la morte di Bréžnev quattro anni più tardi, si alternarono Jurij Andropov e Konstantin Černenko, restando in carica solo per pochi mesi ciascuno: nel 1985 il Politburo (il Comitato centrale ristretto) appoggiò la proposta dell’allora ministro degli Esteri, Andrej Gromyko, e nominò all’unanimità Gorbačëv presidente dell’Unione Sovietica. Fu il leader più giovane della storia dell’Urss, eletto a 54 anni.
    Dopo un ventennio di immobilismo politico che aveva messo in ginocchio la spinta verso la crescita dell’economia della Federazione, le tensioni interne nelle Repubbliche Socialiste iniziarono a rendersi sempre più manifeste, con la richiesta di maggiore autonomia o d’indipendenza. La riposta di Gorbačëv alla crisi dell’Urss fu un piano strutturale basato su tre concetti: glasnost (trasparenza sui problemi da risolvere e maggiore libertà d’espressione), perestrojka (riforme economiche per modernizzare il sistema sovietico con alcuni elementi dell’economia di mercato) e uskorenie (accelerazione della produzione per non perdere terreno sul blocco occidentale). Ma la glasnost e la perestrojka ebbero effetti collaterali inaspettati per il sistema sovietico, dal momento in cui la maggiore libertà d’espressione aumentò la spinta indipendentista di alcune Repubbliche Socialiste, mentre le riforme economiche rimasero a metà via tra un sistema di economia pianificata e di mercato. Fu così che tra il 1990 e il 1991 la Georgia e i Baltici dichiararono la propria sovranità, mentre a Mosca si consumò l’ultimo tentativo dei vertici sovietici di mantenere il potere, con il colpo di stato fallito nell’agosto 1991 (per l’opposizione popolare e il mancato appoggio dell’esercito). Ne derivò la fine politica di Gorbačëv e l’accelerazione del processo di disgregazione dell’Urss, con la stabilizzazione del potere del presidente della Federazione Russa, Borís Él’cin.

    Mikhail Gorbachev in Pizza Hut commercial, 1997. pic.twitter.com/lzDpNYn9Zs
    — Soviet Visuals (@sovietvisuals) August 31, 2022

    “Michail Gorbačëv ha portato con glasnost e perestrojka un vento di libertà nel blocco sovietico”, ha commentato l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ricordando il suo contributo a “cambiare radicalmente la sicurezza globale, inaugurando un’era di cooperazione reciprocamente vantaggiosa”. Il richiamo al presente e ai rapporti tra Bruxelles e Mosca è evidente: “Un’era che è svanita e di cui c’è urgente bisogno di nuovo“, ha esortato l’alto rappresentante Ue. Anche il commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, ha posto l’accento sul fatto che Gorbačëv “ha cambiato la Storia”, perché “osannato, poi sconfitto e oggi in patria deriso, con le sue riforme ha accompagnato il crollo delle dittature comuniste e ha acceso la speranza di democrazia in Russia e di disarmo nel mondo“. Una speranza “che deve tornare”, ha aggiunto Gentiloni. “Della sua eredità politica si discuterà ancora molto, la guerra di aggressione di Putin ci ha mostrato che c’è da fare ancora moltissimo per la convivenza fra i popoli e per un’Europa di pace”, gli ha fatto eco il capo-delegazione del Partito Democratico al Parlamento Ue, Brando Benifei.

    È morto Mikhail #Gorbacev, l’ultimo Presidente dell’URSS e Premio Nobel. Della sua eredità politica si discuterà ancora molto, la guerra di aggressione di #Putin ci ha mostrato che c’è da fare ancora moltissimo per la convivenza fra i popoli e per un’#Europa di pace. pic.twitter.com/1x8JJnDOl6
    — Brando Benifei (@brandobenifei) August 30, 2022

    Si è spento a 91 anni uno dei leader più influenti del Novecento, le cui politiche contribuirono alla dissoluzione dell’Unione Sovietica. Il cordoglio dei leader dell’Unione: “Ha aperto la strada a un’Europa libera, è un’eredità che non dimenticheremo”

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    I Ventisette hanno dato il via libera alla missione di addestramento dell’esercito ucraino coordinata dall’Ue

    Bruxelles – L’intesa politica c’è e per il momento è sufficiente. “Tutti i Paesi membri hanno appoggiato la proposta di definire i parametri per una missione di addestramento dell’esercito ucraino coordinata dall’Unione Europea”, ha annunciato oggi (martedì 30 agosto) l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, al termine del Consiglio Difesa informale a Praga. Non si tratta di una decisione ufficiale, perché i vertici informali non hanno questo potere, ma il via libera al lavoro preparatorio sui “parametri legali e operativi” e sul “concetto di gestione della crisi” in Ucraina va direttamente in questa direzione.
    “Dobbiamo essere veloci e ambiziosi, dimostrando flessibilità a sostegno delle richieste a diversi livelli e con le tempistiche di cui hanno bisogno le forze ucraine”, ha sottolineato l’alto rappresentante Borrell, ricordando che durante tutta l’estate “c’è stato un continuo flusso di supporto militare a Kiev, che non si è mai fermato”. Tuttavia, “dobbiamo anche rigenerare le forze ucraine, addestrando i soldati e le capacità militari” di un esercito che “combatterà a lungo”. È qui che si inserisce la proposta già ventilata una settimana fa di una missione d’addestramento dell’esercito ucraino da parte dell’Ue: “Ci sono molte iniziative da parte degli Stati membri”, ha ricordato Borrell, “ma dobbiamo assicurare coerenza a questi sforzi di fronte agli sforzi enormi sostenuti“.
    L’obiettivo non è sostituire completamente quanto già stanno facendo i Ventisette (“Se la Francia fornisce un tipo particolare di armi, penserà anche all’addestramento apposito”, ha precisato Borrell), ma di considerare “tutti gli aspetti dell’addestramento per far funzionare un corpo complesso come un esercito”. A partire dalle richieste di Kiev sul breve, medio e lungo periodo, Bruxelles potrà coordinare una missione “mettendo insieme le migliori competenze degli Stati membri”. Per esempio, “l’addestramento di alto livello, l’organizzazione logistica e di assistenza medica, la protezione da armi chimiche, nucleari e biologiche”, è quanto si sa al momento sul futuro supporto Ue, che scatterà al momento del via libera formale dei 27 ministri. “Non è qualcosa che si fa dal giorno alla notte”, ha avvertito l’alto rappresentante, ma se l’Unione Europea vuole fare un salto di livello nell’addestramento dell’esercito ucraino, dovrà “sfruttare le risorse migliori degli Stati membri e metterle insieme, identificando i parametri che delimiteranno questa azione comune”.

    I ministri della Difesa hanno espresso la volontà politica di appoggiare la proposta dell’alto rappresentante Borrell di “definire i parametri legali e operativi” di un’iniziativa europea a sostengo di Kiev, che metta in contatto “le migliori competenze di ogni Stato membro”

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    Ucraina, per il Papa la guerra “iniziata da Mosca” è “moralmente ingiusta, inaccettabile, barbara, insensata, ripugnante e sacrilega”

    Città del Vaticano – La guerra in Ucraina è stata “iniziata dalla Federazione Russa” e Papa Francesco la condanna come “moralmente ingiusta, inaccettabile, barbara, insensata, ripugnante e sacrilega”. La Santa Sede mette un punto alle continue interpretazioni delle parole del Pontefice e alle strumentalizzazioni che portano a gesti diplomatici plateali.
    Lo scorso mercoledì, al termine dell’udienza generale, Francesco ha lanciato un appello per scongiurare un disastro nucleare intorno alla centrale di Zaporizhzhia. In quell’occasione, ha parlato della morte di Darya Dugina, figlia del filosofo russo nazionalista Alexandr, definendola una delle “vittime innocenti” che hanno pagato le spese del conflitto. Dopo l’intervento, Kiev richiamato il nunzio apostolico in Ucraina, monsignor Visvaldas Kulbokas, giudicando “poco gradita” quella frase del Papa.
    “L’Ucraina è profondamente delusa dalle parole del Pontefice, che confrontano ingiustamente l’aggressore e la vittima”, aveva spiegato il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, motivando la decisione. “La scelta di menzionare nel contesto della guerra la morte di un cittadino russo sul territorio della Russia, con la quale l’Ucraina non ha nulla a che fare, provoca incomprensioni”. Kuleba aveva poi lamentato che “dall’inizio dell’invasione, il pontefice non ha mai prestato particolare attenzione alle vittime specifiche della guerra, tra cui 376 bambini ucraini morti per mano degli occupanti russi”.
    “Le parole del Santo Padre su questa drammatica questione vanno lette come una voce alzata in difesa della vita umana e dei valori connessi ad essa, e non come prese di posizione politica”, scandisce oggi il Vaticano. E ricorda che sono numerosi gli interventi di Jorge Mario Bergoglio e dei suoi collaboratori, avanzati dallo scoppio della guerra: “Hanno come finalità per lo più quella di invitare i Pastori ed i fedeli alla preghiera, e tutte le persone di buona volontà alla solidarietà e agli sforzi per ricostruire la pace”, precisa. Non c’è quindi nessun “significato politico” da attribuire.

    Il Pontefice interviene dopo il richiamo del Nunzio in Ucraina da parte di Kiev, seguito al ricordo della morte di Darya Dugina al termine dell’udienza di mercoledì 24 agosto. “Le parole del Santo Padre su questa drammatica questione vanno lette come una voce alzata in difesa della vita umana e dei valori connessi ad essa, e non come prese di posizione politica”, scandisce il Vaticano

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    Iratxe Garcia (S&D): Piena fiducia nelle istituzioni brasiliane e pieno sostegno a Lula

    Bruxelles – La presidente dei Socialisti e Democratici al Parlamento europeo, Iratxe García, ha incontrato l’ex presidente del Brasile e candidato alle elezioni presidenziali Luiz Inácio Lula da Silva, con il quale, spiega una nota ha condiviso le sue preoccupazioni “sulla deriva antidemocratica e autoritaria del presidente Jair Bolsonaro, nonché sulla gestione sconsiderata della pandemia di Covid e sull’aumento della povertà e della disuguaglianza”. García ha anche riaffermato la piena fiducia dei Socialisti e Democratici europei nelle istituzioni democratiche e nel sistema elettorale del Brasile.
    Anche il vicepresidente S&D Pedro Marques, il copresidente di Eurolat Javi López e la coordinatrice S&D di Eurolat Maria Manuel Leitão hanno preso parte a questo incontro, che giunge al termine di una missione S&D di quattro giorni a San Paolo.
    Durante l’incontro, Iratxe García, insieme al presidente del Partito del socialismo europeo, Sergei Stanishev e al presidente del Partido dos Trabalhadores, Gleisi Hoffmann, hanno concordato di firmare un memorandum di cooperazione per rafforzare i legami tra il Gruppo S&D, il PES e il PT e coordinare le posizioni politiche “su questioni globali comuni come democrazia, diritti umani, giustizia sociale, uguaglianza e solidarietà per società giuste, sostenibili e inclusive”.
    “Il Brasile ha bisogno di riportare la speranza in un futuro migliore per la maggioranza dei cittadini, come ha fatto Lula nel suo precedente mandato. Deve anche fermare – ha sottolineato Iratxe Garcia – la strategia populista dell’attuale governo, tesa a indebolire la democrazia e le sue istituzioni”. Secondo la presidente del gruppo S&D “c’è anche molto in gioco per l’Europa con queste elezioni: solo rafforzando i nostri legami e la nostra cooperazione con grandi attori come il Brasile saremo in grado di affrontare le sfide globali condivise, come la pandemia di Covid, la crisi del multilateralismo, l’ascesa del populismo o dell’emergenza ambientale”.
    “Dopo quattro giorni di ascolto dei leader politici brasiliani, della società civile, delle ONG e dei movimenti civici, è molto chiaro per me che il Brasile ha bisogno di un cambiamento- ha concluso Iratxe Garcia -. Tuttavia, siamo molto preoccupati per i tentativi di Bolsonaro di seminare dubbi sul funzionamento e sull’indipendenza della magistratura brasiliana. Ecco perché voglio riaffermare la nostra piena fiducia nelle istituzioni democratiche e nello Stato di diritto in Brasile”.

    La presidente del gruppo dei socialisti e democratici al Parlamento europeo ha incontrato il candidato alle presidenziali: “Il Brasile ha bisogno di riportare la speranza in un futuro migliore, come ha fatto Da Silva nel suo precedente mandato. Deve anche fermare la strategia populista dell’attuale governo”