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    Borrell contro i critici delle sanzioni Ue (Orbán in testa): “Nessun legame con i prezzi del petrolio”

    Bruxelles – I dati contro le interpretazioni distorte della realtà. “Alcuni leader Ue hanno detto che le sanzioni sono state un errore e che l’embargo sul petrolio ne ha aumentato il prezzo, invece è agli stessi livelli di febbraio, prima della guerra”, ha commentato seccamente l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, parlando oggi (lunedì 18 maggio) alla stampa dopo il Consiglio Affari Esteri e mostrando un grafico con l’andamento dei prezzi dall’inizio dell’anno. “Dietro ogni discorso ci devono essere dati e cifre, non si può dire tutto ciò che si vuole“, ha incalzato Borrell: “Come si può affermare che sono stati l’embargo e le sanzioni alla Russia ad aumentare il prezzo del petrolio, quando invece è diminuito?”
    L’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell (18 luglio 2022)
    Il duro commento dell’alto rappresentante Borrell è arrivato in seguito alle parole del primo ministro ungherese, Viktor Orbán, sulle conseguenze delle sanzioni adottate dall’Ue: “Inizialmente pensavo che ci fossimo solo sparati a un piede, ma ora è chiaro che l’economia europea si è sparata nei polmoni e ora fatica a respirare“. Il primo ministro ungherese è stato un oppositore dell’embargo al petrolio della Russia sin dalla presentazione del sesto pacchetto di sanzioni, per la cui approvazione è servito un intenso lavoro di mediazione al Consiglio Europeo di maggio. “Il momento della verità deve arrivare a Bruxelles, quando i leader ammetteranno di aver fatto un errore di calcolo”, ha rincarato la dose Orbán: “La politica delle sanzioni alla Russia era basata su presupposti sbagliati e non ha soddisfatto le aspettative riposte“, in particolare per l’aumento dei prezzi dei beni di consumo, dei generi alimentari e delle risorse energetiche come il petrolio.
    “Nella narrativa di guerra, molte persone dicono cose senza considerare la realtà: senza cifre, tutti possono dire quello che vogliono sull’effetto delle sanzioni dell’Ue, e non è possibile”, è stata la risposta dell’alto rappresentante Borrell in conferenza stampa. Nel caso del petrolio, “non sono state le sanzioni ad aumentarne i prezzi, come dicono alcuni in modo completamente errato“, dal momento in cui è evidente – analizzando il grafico presentato e illustrato – che dall’adozione delle sanzioni e dell’embargo contro la Russia, il prezzo è sceso: “Non dico che sono la causa della diminuzione, ma al contrario che le sanzioni non hanno creato un aumento”. In ogni caso l’alto rappresentante Ue ha riconosciuto che “la società europea deve essere consapevole che questa guerra è una prova di resistenza e noi dobbiamo essere resistenti a sufficienza per sostenere l’Ucraina, altre soluzioni non ce ne sono”, a partire proprio dall’aumento dei prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari.

    Mostrando i grafici dell’andamento dei prezzi dall’inizio del 2022, il titolare della Politica estera e di sicurezza del gabinetto von der Leyen ha attaccato “chi critica gli effetti dell’embargo senza considerare la realtà dei fatti, perché senza cifre tutti possono dire quello che vogliono”

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    L’Unione europea sigla un accordo con l’Azerbaigian per raddoppiare le importazioni di gas entro il 2027

    Bruxelles – 20 per cento. E’ la quota di gas russo proveniente da gasdotto che l’Unione europea ha importato quest’anno da Mosca. Un livello molto inferiore rispetto al 40 per cento (circa 150 miliardi di metri cubi di gas) che in media ha importato negli ultimi anni, ma siamo ancora lontani dall’obiettivo di affrancare l’UE dagli idrocarburi russi. Bruxelles punta “a compensare” quel 20 per cento, diversificando i suoi fornitori e a tale scopo la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, ha siglato oggi (18 luglio) un protocollo d’intesa con l’Azerbaigian per raddoppiare le importazioni di gas naturale azero ad almeno 20 miliardi di metri cubi all’anno entro il 2027.
    “Con questo protocollo d’intesa, stiamo aprendo un nuovo capitolo nella nostra cooperazione energetica con l’Azerbaigian, un partner chiave nei nostri sforzi per abbandonare i combustibili fossili russi”, ha detto in conferenza stampa a Baku la presidente dell’esecutivo, affiancata dal presidente azero Ilham Aliyev. L’UE sta cercando fornitori alternativi alla Russia, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca e la decisione assunta a livello politico di dire addio ai combustibili fossili importati dalla Russia al più tardi entro il 2027. Secondo la Commissione europea, l’Azerbaigian sta già aumentando le consegne di gas naturale nell’UE da 8,1 miliardi di metri cubi registrati a fine 2021 a 12 miliardi di metri cubi previsti nel 2022, si legge nella nota dell’Esecutivo comunitario.
    Il corridoio meridionale del gas
    Il gas naturale proveniente dal giacimento gigante di Shah Deniz nel settore azero del Mar Caspio arriva in Europa attraverso il corridoio meridionale del gas, il Southern Gas Corridor, una vera e propria infrastruttura di approvvigionamento di gas naturale dalle regioni del Caspio e del Medio Oriente all’Europa, che si basa su tre componenti principali: il South Caucasus Pipeline (SCP), il gasdotto che segue la rotta dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan e arriva fino al confine tra Georgia e Turchia; il gas azero, dopo essere arrivato in Turchia, prosegue poi attraverso il TANAP (Trans Anatolian Pipeline) al confine turco-greco a Kipoi, che attraversa la Grecia e l’Albania e il Mar Adriatico; prima di approdare in Italia, a San Foca (in Puglia) attraverso il gasdotto TAP (Trans Adriatic Pipeline).
    Proprio il Tap avrà un ruolo particolarmente importante per l’aumento dei flussi di gas azero, dal momento che è l’ultimo tratto del Corridoio meridionale del gas che va dalla Grecia all’Italia, e Bruxelles prevede la necessità di lavori aggiuntivi per aumentare i flussi dagli attuali 8,1 miliardi di metri cubi registrati a fine 2021 ai 12 del prossimo anno”, ha spiegato un funzionario europeo spiegando i dettagli dell’accordo. A novembre sono previsti i primi “stress test” per comprendere le potenzialità di aumento di flussi attraverso l’infrastruttura che, in quanto progetto di interesse comune europeo (PCI) è stato finanziato con sovvenzioni europee e lo stesso sarà per i lavori aggiuntivi.
    Dato l’obiettivo di aumentare i volumi di gas, il memorandum contiene anche un impegno a ridurre le emissioni di metano lungo l’intera catena di approvvigionamento del gas. Il metano è tra i peggiori gas inquinanti atmosferici che contribuisce ai cambiamenti climatici: intrappola più calore rispetto alla CO2, ma si decompone nell’atmosfera più rapidamente, quindi impegnarsi per tagliare queste emissioni dovrebbe avere un impatto più rapido sul surriscaldamento globale. Non solo gas, Bruxelles punta su Baku anche in termini di energia pulita, in particolare nell’eolico offshore e nell’idrogeno verde. Con il memorandum, ha riferito von der Leyen, “stiamo gettando le basi per una solida cooperazione in quell’area. Quindi, gradualmente, l’Azerbaigian si evolverà dall’essere un fornitore di combustibili fossili a diventare un partner di energia rinnovabile molto affidabile e importante per l’Unione Europea”.
    Von der Leyen parla dell’Azerbaigian come di un partner “affidabile” dal punto di vista energetico. Lo stesso aveva detto, appena un mese fa, dell’Egitto, quando era volata al Cairo a metà giugno per siglare un memorandum d’intesa con cui Egitto e Israele si sono impegnati a incrementare le esportazioni di gas naturale verso il Continente. Nel quadro del suo piano ‘RepowerEu’ per liberarsi dagli idrocarburi in arrivo da Mosca, Bruxelles stima che sarà necessario aumentare le sue importazioni di gas da fonti non russe, principalmente gas naturale liquefatto (+50 miliardi di metri cubi), ma anche gas proveniente da gasdotto (+10 bcm) visti i limiti infrastrutturali di molti Paesi membri UE che dispongono di pochi rigassificatori sul proprio territorio. L’UE ha già siglato un accordo con gli Stati Uniti per la consegna di almeno 15 miliardi di metri cubi di Gnl nel 2022 e circa 50 miliardi di metri cubi all’anno almeno fino al 2030. Cresce l’insicurezza dell’Ue sugli approvvigionamenti di gas dal momento che è iniziata la scorsa settimana la manutenzione programmata del gasdotto Nord Stream 1 che porta gas russo in Germania attraverso il Mar Baltico. Impianti fermi almeno fino a giovedì 21 luglio, ma si teme un prolungamento del fermo anche oltre.

    Fino a 20 miliardi di metri cubi di gas entro cinque anni. Baku “partner cruciale”, dice la presidente von der Leyen, per la diversificazione degli approvvigionamenti all’Europa e in particolare per l’Italia. Bruxelles mette in conto nuovi lavori sul tratto del gasdotto Tap (Trans Atlantic Pipeline) per portare i flussi dagli attuali 8 miliardi di metri cubi a 12 già il prossimo anno

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    Bulgaria e Macedonia del Nord hanno firmato il protocollo bilaterale sui negoziati di adesione Ue (anche dell’Albania)

    Bruxelles – Ci siamo, o quasi. Macedonia del Nord e Albania sono pronte per la prima conferenza intergovernativa, l’appuntamento che apre la strada ai negoziati di adesione all’Ue. A rendere possibile quello che l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha definito un “momento storico” è stata la firma nella giornata di ieri (domenica 17 luglio) del protocollo bilaterale tra Macedonia del Nord e Bulgaria, che risolve momentaneamente la disputa tra i due Paesi per l’apertura del quadro negoziale Ue con Skopje (e Tirana, vincolata dallo stesso dossier). L’appuntamento di domani (19 luglio) a Bruxelles è un evento atteso da quasi due anni, da quando Sofia ha posto il veto in Consiglio. Tuttavia, aldilà dell’entusiasmo di Bruxelles, sono diversi i fattori che appesantiscono il clima e che anticipano lo scenario di un negoziato che durerà anni e che creerà non pochi problemi per i rapporti tra l’Unione e la Macedonia del Nord.
    Il primo ministro della Macedonia del Nord, Dimitar Kovačevski, e il presidente del Consiglio UE, Charles Michel
    Ad aprire la possibilità della prima conferenza intergovernativa questa settimana è stato il voto favorevole di sabato (16 luglio) da parte del Parlamento macedone sulla proposta aggiornata di mediazione francese per lo sblocco dei negoziati di adesione Ue. Il via libera è arrivato grazie a 68 deputati su 120 (era richiesta la maggioranza semplice di 61), che si sono espressi a favore di una proposta che – dopo la prima versione definita “irricevibile” – riconosce la lingua e l’identità nazionale macedone, il fatto che le questioni storiche, culturali e di istruzione (quelle che fanno parte della contesta identitaria con la Bulgaria) devono essere escluse dal quadro negoziale a livello Ue e l’obbligo di riconoscere la minoranza bulgara tra i popoli costituenti della Macedonia del Nord attraverso un emendamento alla Costituzione. Da parte bulgara, invece, il via libera del Parlamento alla revoca del veto era arrivato lo scorso 24 giugno (anche se sulla base della versione originaria della proposta di mediazione francese), a poche ore dal voto di sfiducia all’esecutivo guidato da Kiril Petkov.
    In virtù di queste due decisioni da Skopje e Sofia, nella giornata di ieri i rispettivi ministri degli Esteri, Bujar Osmani e Teodora Genchovska, hanno firmato il protocollo bilaterale parallelo al quadro negoziale Ue, che si inserisce tra le condizioni della proposta francese di risoluzione della controversia tra i due Paesi. Il contenuto del documento non è stato ancora reso pubblico (si prevede la pubblicazione sempre nella giornata di domani), ma è noto che è costituito di una decina di pagine e che contiene misure e scadenze specifiche nelle relazioni tra Sofia e Skopje. Dopo la firma del protocollo bilaterale le delegazioni di Skopje e Tirana sono state convocate a Bruxelles per la prima conferenza intergovernativa, che segnerà l’apertura ufficiale del gruppo di capitoli da affrontare prima di poter aderire formalmente all’UE.
    Tuttavia, nonostante l’apparente successo diplomatico, c’è poco per cui stare sereni sul breve e medio termine: i veri problemi per i negoziati di adesione Ue della Macedonia del Nord arrivano adesso. Al momento del voto di sabato, l’opposizione nazionalista di Vmro-Dpmne (Partito Democratico per l’Unità Nazionale Macedone) è uscita dall’Aula e il leader, Hristijan Mickoski, ha annunciato che i suoi 44 parlamentari non accetteranno mai di emendare la Costituzione: “Non arretreremo di un millimetro“, è stato il commento lapidario, accompagnato dalla richiesta di nuove elezioni e il prosieguo delle proteste popolari. La questione è particolarmente rilevante, dal momento in cui per le modifiche costituzionali è necessaria la maggioranza dei due terzi del Parlamento, cioè 80 deputati, e senza i 44 voti della coalizione nazionalista si bloccherà immediatamente il processo richiesto dalla Commissione Europea per la convocazione della seconda conferenza intergovernativa e l’adesione Ue della Macedonia del Nord.
    A rendere ancora più complessa la questione è, ancora una volta, la posizione intransigente della Bulgaria, che ha fatto sapere di non aver cambiato la propria posizione sul macedone come lingua ufficiale della Macedonia del Nord: “Non la riconosciamo, ma la questione ha aspetti specifici nel contesto degli altri 26 Paesi membri, che hanno una loro posizione e non possiamo obbligarli in alcun modo ad accettare la nostra”, ha commentato a margine della firma del protocollo la ministra Genchovska. È attesa ora da Sofia una dichiarazione unilaterale di non-riconoscimento della lingua macedone, che appesantisce un processo di allineamento agli standard Ue su tutti i cluster che costituiscono il processo negoziale di adesione Ue.
    Le buone notizie riguardano piuttosto il clima favorevole che invece può ripristinarsi in Albania, in particolare dopo il fallimento del vertice Ue-Balcani Occidentali di fine giugno. Il premier albanese Edi Rama, si è detto “felice” che “l’assurdo ostaggio dell’Albania sia finito”, considerato il fatto che le aspirazioni di Tirana sono legate a doppio filo con quelle di Skopje: “Ci sono voluti ben tre faticosi anni dalla decisione del Consiglio di aprire la strada ai negoziati perché gli ostacoli artificiali sollevati sul cammino dell’Albania potessero essere completamente eliminati”, ha commentato Rama, sottolineando che “queste sfide hanno messo alla prova non solo il governo, ma anche il Paese, come comunità e come maggioranza di governo“. Era stato lo stesso primo ministro albanese ad attaccare l’Unione europea al vertice di Bruxelles per la sua incapacità di “liberare due ostaggi, che sono anche membri NATO, dalla Bulgaria”.

    Il 19 luglio si terrà a Bruxelles la prima conferenza intergovernativa con i due Paesi balcanici candidati all’adesione all’Unione. Decisivo il voto al Parlamento macedone sulla proposta di mediazione francese con Sofia: ma i negoziati per Skopje sono già in salita

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    Von der Leyen vola in Azerbaigian, l’UE cerca l’intesa per raddoppiare la capacità del gasdotto TAP

    Bruxelles – Se all’inizio dell’invasione dell’Ucraina un’interruzione “grave” delle forniture di gas russo all’Europa era solo possibile, oggi l’Unione europea è sempre più certa che ci sarà, e dunque accelera il lavoro per diversificare i fornitori di energia. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e la sua commissaria per l’energia, Kadri Simson, voleranno oggi (18 luglio) in Azerbaigian per “rafforzare ulteriormente la cooperazione esistente” tra i due partner. Cooperazione soprattutto energetica, di fronte a un possibile taglio alle forniture di gas dal principale fornitore all’Europa, la Russia.
    Del viaggio a Baku dell’esecutivo comunitario aveva parlato per la prima volta lo scorso 27 giugno la commissaria Simson, al termine di un Consiglio dei ministri europei dell’energia in cui si era mostrata preoccupata della possibilità concreta di vedersi tagliare completamente il gas dalla Russia. Bruxelles si prepara dunque a siglare un memorandum d’intesa con l’Azerbaigian per aumentare le importazioni di gas provenienti dalla regione. “Il corridoio meridionale del gas ha un ruolo centrale da svolgere nell’approvvigionamento di gas naturale dell’Ue, in particolare per l’Europa sudorientale“, si legge in una nota dell’esecutivo comunitario in cui è stata comunicata la traversata.
    Il memorandum dovrebbe spianare la strada al raddoppio della capacità del Trans Adriatic Pipeline, il gasdotto TAP che trasporta in Europa il gas naturale proveniente dal giacimento gigante di Shah Deniz nel settore azero del Mar Caspio. Il gasdotto è lungo 878 km e si collega con il Trans Anatolian Pipeline (TANAP) al confine turco-greco a Kipoi, attraversa la Grecia e l’Albania e il Mar Adriatico, prima di approdare in Italia, a San Foca (in Puglia). Con il completamento della costruzione del TAP il 31 dicembre 2020, l’Azerbaigian ha iniziato le forniture commerciali di gas all’Europa attraverso il Southern Gas Corridor, il corridoio meridionale del gas, una rotta di approvvigionamento di gas naturale dalle regioni del Caspio e del Medio Oriente all’Europa. La rotta dall’Azerbaigian all’Europa è costituita dal gasdotto del Caucaso meridionale (SCPX), Gasdotto Trans Anatolico (TANAP) e dal TAP.
    Il corridoio meridionale del gas
    Il TAP a gennaio 2022 ha erogato circa 8 miliardi di metri cubi standard, con la previsione di raggiungere i 10 miliardi di metri cubi nell’estate 2022. Le trattative con l’Azerbaigian sono iniziate già lo scorso febbraio – nell’ottica di diminuire la dipendenza delle forniture dalla Russia, da cui provengono il 40 per cento delle importazioni di gas all’Europa – per aumentare la capacità di erogazione massima da 10 miliardi di metri cubi l’anno a circa 20, raddoppiandone quindi la capacità.
    A metà giugno Bruxelles aveva già siglato un memorandum d’intesa con cui Egitto e Israele si sono impegnati a incrementare le esportazioni di gas naturale verso il Continente. L’insicurezza per ulteriori tagli alla fornitura di gas russo è aumentata questa settimana quando è iniziata la manutenzione programmata del gasdotto Nord Stream 1 che porta gas russo in Germania attraverso il Mar Baltico. Impianti fermi almeno fino al 21 luglio, ma si teme un prolungamento del fermo anche oltre. A quanto riferito da Bruxelles, l’Ue e l’Azerbaigian stanno anche lavorando insieme per costruire un partenariato a lungo termine sull’energia pulita e l’efficienza energetica e negoziando un nuovo accordo globale, che consentirà una cooperazione rafforzata in un’ampia gamma di settori, tra cui la diversificazione economica, gli investimenti e il commercio.

    La presidente della Commissione europea oggi a Baku insieme alla commissaria per l’Energia, Kadri Simson. Si punta a raddoppiare i flussi ad almeno 20 miliardi di metri cubi annui entro il 2027, nell’ottica dei piani di diversificazione dei fornitori di gas dalla Russia

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    Da Belgrado un altro schiaffo a Bruxelles e alle sanzioni Ue. Dopo Sputnik, anche Russia Today aprirà una sede in Serbia

    Bruxelles – Se l’Unione Europea ancora continua ad appellarsi alla Serbia di Aleksandar Vučić per un allineamento alle sanzioni internazionali contro la Russia, la realtà dei fatti rimane ben distante. Non solo da un punto di vista di politica estera ed energetica, ma anche di informazione e disinformazione. L’ultima dimostrazione di questa assenza di volontà da parte di Belgrado nel chiudere la porta a Mosca per stringere i legami con Bruxelles è la notizia che “sono in corso i preparativi” per l’apertura in Serbia di una sede di Russia Today, organo di propaganda del Cremlino entrato nella lista delle sanzioni dell’UE a pochi giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina.
    La caporedattrice di Sputnik Serbia, Ljubinka Milinčić
    A confermarlo in un’intervista per la rete televisiva serba Nova.rs è Ljubinka Milinčić, caporedattrice di Sputnik Serbia, l’altro media statale russo la cui distribuzione sul territorio comunitario è stata sospesa a inizio marzo per arginare la diffusione della disinformazione di Mosca sulla guerra in corso in Ucraina (dal 3 giugno sono state aggiunte altre tre grandi emittenti del Cremlino, Rossiya RTR/RTR Planeta, Rossiya 24/Russia 24 e TV Centre International). Ad assumere la guida di Russia Today in Serbia potrebbe essere la figlia della stessa caporedattrice di Sputnik Serbia, anche se Milinčić non ha voluto commentare l’indiscrezione di Nova.rs.
    Questa decisione allontana ancora di più le speranze di Bruxelles di una – ormai quasi irrealizzabile – adozione da parte di Belgrado delle sanzioni internazionali contro la Russia, considerato il fatto che la Serbia è un Paese candidato all’adesione Ue e che tra i capitoli negoziali compare anche l’allineamento alla politica estera dell’Unione. Sul piano della disinformazione, per Bruxelles Russia Today e Sputnik sono considerati “essenziali e strumentali” nel sostenere l’aggressione della Russia contro l’Ucraina, specifica una nota del Consiglio sulla sospensione della distribuzione via cavo, satellite, Iptv (sistema di trasmissione di segnali televisivi su reti informatiche), piattaforme, siti web e app. Come documentato dalla task force East StratCom del Servizio europeo di azione esterna (Seae) contro la disinformazione, i due media statali russi rappresentano una minaccia “significativa e diretta” per la sicurezza dell’Unione Europea e per i partner già stretti – tra cui sarebbe inclusa anche la Serbia – dal momento in cui “fanno parte di uno sforzo coordinato di manipolazione delle informazioni”.
    La questione del non-allineamento della Serbia alle sanzioni UE non riguarda solo l’ambito della disinformazione, ma anche – e soprattutto – quello energetico. A fine maggio il presidente Vučić ha stretto un accordo con Vladimir Putin per la fornitura di 2,2 miliardi di metri cubi di gas (il 73 per cento del fabbisogno annuale nazionale) a condizioni economiche particolarmente favorevoli, proprio mentre i Paesi membri dell’Ue si stanno vedendo tagliare le forniture di gas dal colosso energetico russo Gazprom e Bruxelles sta cercando di spingere l’indipendenza energetica dalle fonti fossili di Mosca entro il prossimo autunno. A inizio giugno il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, si sarebbe dovuto recare in visita a Belgrado per definire i dettagli dell’accordo informale sull’energia tra i due Paesi. Ma sono state proprio le sanzioni Ue in vigore in Bulgaria (uno dei Ventisette), in Macedonia del Nord e in Montenegro (partner balcanici dell’Unione) a impedire il viaggio di Lavrov in Serbia con la chiusura dei rispettivi spazi aerei, come previsto dalle misure restrittive che includono il divieto di ingresso e transito sul territorio dei Paesi membri e dei partner allineati per gli individui sanzionati.

    La caporedattrice di Sputnik Serbia, Ljubinka Milinčić, ha confermato che anche l’altro organo di propaganda del Cremlino aprirà un ufficio di rappresentanza nella capitale. La distribuzione dei due media statali russi è stata sospesa sul territorio Ue dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina

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    Von der Leyen a Skopje ha sperimentato personalmente le divisioni in Macedonia del Nord sulla proposta francese

    Bruxelles – Non una passerella a Skopje per la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ma un vero e proprio bagno di realtà sulla situazione particolarmente delicata in Macedonia del Nord, a proposito del possibile sblocco dello stallo sui negoziati di adesione all’Ue. Nel suo discorso di oggi (giovedì 14 luglio) alla sessione plenaria del Parlamento nazionale la numero uno dell’esecutivo comunitario ha vissuto in prima persona il significato delle divisioni del Paese balcanico sulla proposta francese aggiornata per superare il veto bulgaro: da una parte dell’emiciclo – quello dell’opposizione nazionalista di VMRO-DPMNE (Partito Democratico per l’Unità Nazionale Macedone) – è stata fischiata, mentre la maggioranza le ha riservato una lunga standing ovation per il suo ergersi a tutela dell’identità nazionale macedone, al pari di tutte le altre nell’Unione Europea.
    “Volevo esser qui con voi per dirvelo direttamente: l’Europa vi sta aspettando e speriamo che facciate un nuovo passo verso l’Unione“, ha esordito davanti ai deputati macedoni la presidente von der Leyen. Il riferimento è al voto del Parlamento, che stabilirà se il governo guidato da Dimitar Kovačevski potrà presentare ufficialmente la risposta positiva a Bruxelles sulla nuova versione della mediazione francese, che tiene conto delle richieste della Macedonia del Nord sul riconoscimento della lingua macedone al pari di tutte le altre in uso nel Paesi membri dell’Unione e dell’esclusione delle questioni storiche, culturali e di istruzione (quelle che fanno parte della contesta identitaria con la Bulgaria) dal quadro dei negoziati a livello UE.
    “Dobbiamo cogliere l’opportunità che abbiamo davanti”, ha esortato la leader della Commissione, indicando nella “prossima settimana” il momento in cui si potrà compiere “il primo passo della proposta francese rivista”. La decisione “spetta a voi e voi solamente”, ha sottolineato von der Leyen, che però ha voluto anche ricordare che “se deciderete di approvarla, nei giorni immediatamente successivi si terrà una Conferenza intergovernativa“, il primo passo del processo negoziale. E ancora, se saranno introdotti gli emendamenti alla Costituzione sul piano dei diritti fondamentali, “questo completerà automaticamente la fase di apertura dei negoziati e si attiverà un’altra conferenza intergovernativa, senza ulteriori decisioni”. È stato a questo punto che dai banchi dell’opposizione si sono alzati fischi e proteste, con una deputata che è arrivata al podio di von der Leyen e ha appoggiato un foglio con la scritta “la Macedonia dice NO!“, con quel’нe (‘no’) che è diventato il simbolo delle proteste nazionaliste dell’ultima settimana a Skopje (anche durante il discorso della presidente della Commissione).
    La protesta dell’opposizione nazionalista al Parlamento della Macedonia del Nord durante il discorso della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen (14 luglio 2022)
    Ma al Parlamento della Macedonia del Nord c’è tutto uno schieramento – che al momento costituisce la maggioranza delle forze politiche rappresentate – che ha applaudito a lungo alle parole della presidente von der Leyen. Il momento di standing ovation si è registrato dopo la “garanzia” offerta dalla presidente della Commissione Europea non solo sul fatto che “non ci possono essere dubbi che lingua macedone è la vostra lingua, né sul rispetto della vostra identità nazionale“, ma anche che “il processo si baserà su principi e standard europei non negoziabili”, a cui proprio la proposta francese aggiornata fa riferimento: “Il principio dell’autoidentificazione è importante per ognuno di noi, potete contare su di me”, ha insistito con forza von der Leyen. Altri applausi sono arrivati sulla precisazione che “Le questioni bilaterali [con la Bulgaria, ndr] come l’interpretazione della storia non sono condizioni per l’accesso all’UE“, sgombrando il campo dai dubbi che temi come l’istruzione, la storia e la cultura possano entrare nei negoziati tra Skopje e Bruxelles. Allo stesso tempo “la cooperazione regionale e le buone relazioni fanno parte del Dna europeo ed è un elemento essenziale del processo di allargamento”, ha avvertito la numero uno dell’esecutivo comunitario, per ricordare che comunque tutte queste criticità tra i due Paesi dovranno essere risolte bilateralmente. 

    I assured President @SPendarovski and Prime Minister @DKovachevski of my full support to progress towards making North Macedonia an EU Member State. pic.twitter.com/hDhEVQQKJd
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) July 14, 2022

    Durante il suo discorso al Parlamento nazionale, la presidente della Commissione Ue è stata fischiata dai nazionalisti sul tentativo di sblocco dei negoziati di adesione, ma applaudita a lungo dalla maggioranza per aver garantito il rispetto della lingua e dell’identità macedone

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    Da oggi la Lituania farà transitare le merci russe sanzionate dall’UE in direzione Kaliningrad. L’ok dalla Commissione

    Bruxelles – Dopo quasi un mese di tensioni commerciali e diplomatiche tra Russia e Lituania, è stata messa nero su bianco dalla Commissione Ue la gestione del trasporto di merci russe sottoposte a sanzioni internazionali in direzione dell’exclave di Kaliningrad: Vilnius consentirà il transito, solo su rotaia, anche di questo tipo di merci sul suo territorio nazionale, ma allo stesso tempo monitorerà i flussi commerciali tra Mosca e il territorio situato all’esterno della Russia (a cui politicamente appartiene) “per garantire che le merci sanzionate non possano entrare nel territorio doganale dell’Unione”.
    Come si legge nell’aggiornamento delle linee-guida della Commissione sulla messa a terra dei sei pacchetti di sanzioni contro la Russia, “alle imprese di trasporto stabilite in Russia è vietato trasportare merci su strada nel territorio dell’Unione, anche in transito”. Tuttavia, “questo divieto non si applica al trasporto di merci in transito nell’Unione tra l’Oblast di Kaliningrad e la Russia“, con la specifica che anche per questo caso specifico “il transito di merci sanzionate su strada non è consentito”. Questo perché il trasporto su rotaia (senza fermate intermedie sul territorio lituano) può garantire che le merci russe sottoposte a sanzioni – in particolare carbone, metalli, legno, cementi e tecnologie avanzate – non entrino nel Mercato unico dell’UE, senza violare la continuità territoriale tra la Russia e Kaliningrad.
    Le linee-guida che vengono applicate da Vilnius a partire da oggi (giovedì 14 luglio) risolvono una questione particolarmente tesa venutasi a creare dopo l’entrata in vigore lo scorso 18 giugno del divieto di transito dei beni commerciali sottoposti a sanzioni internazionali sul territorio dei Paesi membri dell’Unione. Da allora è stato bloccato alla frontiera lituana (con la Bielorussia, alleata di Mosca) questo tipo di merci in direzione Kaliningrad, territorio che ospita il quartier generale della marina russa nel Baltico. Lo stop all’export russo ha rappresentato un problema di natura logistica per l’exclave russa, considerato il fatto che riceve le forniture critiche da Mosca via ferrovia attraverso la Lituania. Il caso è finito sul tavolo dei 27 leader UE nel corso del Consiglio Europeo di giugno, con la richiesta alla Commissione di fornire un aggiornamento delle linee-guida per risolvere la questione ed evitare un’escalation di tensione ulteriore – e questa volta diretta – tra Bruxelles e Mosca.

    Dopo la pubblicazione da parte del gabinetto von der Leyen dell’aggiornamento delle linee-guida sulle sanzioni contro la Russia, Vilnius garantirà il passaggio su rotaia e il monitoraggio del flussi commerciali tra Mosca e l’exclave russa

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    Clima, appello del Papa all’ ‘eco-conversione’: Urge ridurre le emissioni

    Rona – A una settimana dall’annuncio dell’adesione della Santa Sede alla Convenzione dell’Onu sul Clima e all’Accordo di Parigi, Papa Francesco lancia un nuovo appello per ridurre le emissioni e chiede una conversione ecologica.
    Il fenomeno del cambiamento climatico, sottolinea, è diventato un’emergenza che “non resta più ai margini della società”. Ha, al contrario, assunto un ruolo “centrale”, rimodellando non solo i sistemi industriali e agricoli ma anche “influenzando negativamente la famiglia umana globale, specialmente i poveri e coloro che vivono nelle periferie economiche del nostro mondo”. Il Pontefice parla in un messaggio inviato alla Conferenza ‘Resilience of People and Ecosystems under Climate Stress’, organizzata in Vaticano dalla Pontificia Accademia delle Scienze.
    Le sfide che abbiamo davanti, è il richiamo, sono due: “Ridurre i rischi climatici riducendo le emissioni e aiutare e consentire alle persone di adattarsi ai cambiamenti del clima che si stanno progressivamente aggravando“. Francesco si confessa preoccupato per la perdita di biodiversità e le numerose guerre in corso. I conflitti che piegano diverse regioni del mondo, tuona, “comportano conseguenze dannose per la sopravvivenza e il benessere dell’uomo, tra cui i problemi di sicurezza alimentare e l’inquinamento crescente”. Queste crisi dimostrano che “tutto è collegato” e che la promozione del bene comune a lungo termine del nostro pianeta è “essenziale per un’autentica conversione ecologica”.
    Servono “sforzi coraggiosi, cooperativi e lungimiranti tra i leader religiosi, politici, sociali e culturali a livello locale, nazionale e internazionale”, afferma, pensando, in particolare, al ruolo che “le nazioni economicamente più avvantaggiate possono svolgere nel ridurre le proprie emissioni” e nel fornire assistenza finanziaria e tecnologica, affinché le aree meno prospere del mondo possano seguire il loro esempio. Fondamentale, scandisce, è “l’accesso all’energia pulita e all’acqua potabile, il sostegno agli agricoltori di tutto il mondo, perché passino a un’agricoltura resiliente”.

    A una settimana dall’annuncio dell’adesione della Santa Sede alla Convenzione dell’Onu e all’Accordo di Parigi, nuovo richiamo del Pontefice per salvare il Pianeta