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    Le famiglie degli ostaggi israeliani a Bruxelles. L’ambasciatore presso l’Ue: “Non ci fermeremo finché non saranno rilasciati”

    Bruxelles – Due numeri che quasi si equivalgono: 134 ostaggi, detenuti da 137 giorni nella rete di tunnel di Hamas nella Striscia di Gaza. “Il tempo sta per scadere”, urla in coro dalla capitale europea la delegazione dei familiari dei cittadini israeliani rapiti negli attacchi del 7 ottobre. Cinque famiglie, con la vita sospesa da oltre quattro mesi, hanno lanciato un appello all’Unione europea per fare tutto il possibile perché i loro cari tornino a casa.In una conferenza stampa organizzata dalla Europe Israel Press Association, i familiari di Omri Miran, Arbel e Dolev Yehud, Rom Breslavsky e Oz Daniel hanno preso la parola uno alla volta, per raccontare l’incubo che hanno vissuto e stanno ancora vivendo. Prima di loro, l’appello dell’Ambasciatore israeliano presso l’Unione europea e la Nato, Haim Regev: “Abbiamo avuto un grande supporto da parte dell’Ue, l’abbiamo visto fin dal primo giorno. Ma ora abbiamo bisogno di più sostegno, di più pressione per far tornare gli ostaggi“.L’ambasciatore israeliano presso l’Ue, Haim RegevUna richiesta che arriva nel momento in cui la comunità internazionale è sempre più critica nei confronti dell’efferata offensiva israeliana a Gaza. Dopo quasi trentamila vittime palestinesi in quattro mesi e mezzo, riportare l’attenzione sui 134 israeliani detenuti nella Striscia non è impresa facile. Anche perché il governo Netanyahu, dopo il fallimento delle trattative mediate dall’Egitto a causa delle “richieste deliranti di Hamas”, insiste sull’idea che solo la pressione militare porterà alla liberazione degli ostaggi.L’Ue proprio ieri ha chiesto a Israele di non intraprendere alcuna operazione militare a Rafah, dove sono ammassati oltre un milione e mezzo di sfollati palestinesi, ma Regev ha risposto che “non ci fermeremo finché gli ostaggi non saranno rilasciati”. E ha aggiunto: “La nostra guerra non è contro i palestinesi, ma contro Hamas. Questa guerra può finire in un’ora, devono solo rilasciare tutti gli ostaggi“.L’ultima richiesta di Hamas è stata ritenuta inaccettabile: la contemporanea liberazione di 1500 detenuti palestinesi nelle carceri israeliane, tra cui personaggi condannati a più ergastoli per aver partecipato ad attentati terroristici in Israele. Ma aver abbandonato le trattative non è andato giù ai familiari degli ostaggi, che in patria hanno definito la decisione di Netanyahu come “una condanna a morte” per i propri cari. E anche oggi la delegazione ha lanciato un appello al proprio governo che “non sta facendo abbastanza” per riportare a casa i propri connazionali, ricordando che nelle principali città israeliane “stiamo manifestando giorno e notte”.Anche ieri sera centinaia di persone hanno marciato fino all’ufficio di Netanyahu a Gerusalemme per chiedere un accordo immediato per il rilascio degli ostaggi. “Ma noi siamo in Europea perché metà degli ostaggi sono anche europei“, ha denunciato la moglie di Omri Miran, cittadino israelo-ungherese che viveva con la famiglia in un kibbutz a poche centinaia di metri da Gaza e che la mattina del 7 ottobre è stato trascinato nella Striscia. Mentre la compagna, con cittadinanza portoghese, e le due figlie, sono state incredibilmente risparmiate dai terroristi.

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    Nella notte l’accordo tra Israele e Hamas per una pausa delle ostilità e la liberazione degli ostaggi. Von der Leyen: “Fare il possibile per azione umanitaria a Gaza”

    Bruxelles – Dopo 45 giorni di bombardamenti incessanti, nella notte è arrivato il primo accordo tra Israele e Hamas per una tregua nelle ostilità. La pausa durerà quattro o cinque giorni, il tempo necessario per il rilascio di 50 donne e bambini rapiti da Hamas lo scorso 7 ottobre e la contemporanea liberazione di 150 prigionieri politici palestinesi dalle carceri israeliani. Una finestra cruciale per l’accesso e la distribuzione degli aiuti umanitari per la popolazione della Striscia di Gaza.All’annuncio dell’accordo, mediato da Egitto e Qatar, hanno gioito anche a Bruxelles. La liberazione degli ostaggi e l’istituzione di pause umanitarie sono da oltre un mese gli unici punti fermi della posizione dell’Unione europea sul conflitto. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha ringraziato il Cairo e Doha per gli sforzi diplomatici e ha ribadito che “Hamas deve liberare tutti gli ostaggi”, indicando al contempo la necessità di utilizzare questi giorni per “consentire che il massimo degli aiuti umanitari” raggiunga coloro che ne hanno bisogno.“Accolgo con tutto il cuore l’accordo raggiunto”, ha dichiarato in mattinata la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Che ha subito indicato l’urgenza di sfruttare al meglio l’opportunità: “La Commissione europea farà tutto il possibile per sfruttare questa pausa per un’azione umanitaria a Gaza. Ho chiesto al Commissario Janez Lenarčič di aumentare ulteriormente le spedizioni a Gaza il più rapidamente possibile per alleviare la crisi umanitaria”.Il commissario sloveno, responsabile per la Gestione delle crisi, ha informato sull’azione Ue dal Parlamento europeo di Strasburgo: finora 15 aerei carichi di cibo, medicine e materiale da campo hanno già raggiunto l’Egitto e “altri sono in allestimento”. L’accordo di questa notte potrà facilitare l’accesso umanitario, che dall’inizio del conflitto è stato “estremamente complicato” e “inadeguato”. Dal varco di Rafah, al confine con l’Egitto, sono entrati nella Striscia meno di 50 camion al giorno, e la scorsa settimana “per diversi giorni neanche uno”.Nell’enclave palestinese mancano non solo cibo e acqua, ma anche medicine, anestetici, e soprattutto carburante. Secondo le stime delle Nazioni Unite, l’assistenza alimentare distribuita finora copre solo il 10 per cento del fabbisogno quotidiano di ciascun individuo, e i 120 mila litri di carburante che Israele si è detta disposta a lasciar entrare a Gaza non bastano: “Coprono solo un terzo del bisogno giornaliero – ha commentato Lenarčič -, il carburante è vitale per far funzionare gli ospedali e per l’acqua potabile”.L’Alto rappresentante Ue Borrell: a Gaza “un disastro causato dall’uomo”All’emiciclo di Strasburgo è intervenuto anche l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, che ha garantito che l’Ue “farà la sua parte” nel garantire “quanto più aiuto necessario ai civili palestinesi” durante queste 96 ore di tregua. Il capo della diplomazia europea ha voluto sottolineare che quel che sta accadendo a Gaza non è un “disastro naturale, ma un disastro causato dall’uomo e da un embargo che non permette l’accesso di aiuti umanitari“.Borrell, che la settimana scorsa si è recato a Tel Aviv e a Ramallah, ha ammesso la difficoltà di rappresentare i 27 Stati membri in questa vicenda, “perché in diverse occasioni non si sono allineati”. La prova lampante è stata la risoluzione dell’Onu del 27 ottobre scorso, che chiedeva una tregua umanitaria nel conflitto, in cui i Paesi Ue si sono spaccati. Per l’Alto rappresentante “dovrebbe essere possibile riconoscere il diritto di autodifesa di Israele e essere indignati per quello che sta accadendo alla popolazione di Gaza e della Cisgiordania, dovrebbe essere possibile difendere i diritti dei palestinesi senza che questo comporti essere definiti antisemiti, dovrebbe essere possibile criticare le politiche del governo israeliano senza che questo porti all’accusa di odio verso gli ebrei”.
    Egitto e Qatar mediano l’accordo che prevede il rilascio di 50 donne e bambini rapiti da Hamas il 7 ottobre, in cambio della liberazione di 150 prigionieri politici palestinesi. L’Ue pronta a sfruttare i quattro giorni di tregua per distribuire gli aiuti a Gaza