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    Ucraina e Stati Uniti verso l’accordo sulle terre rare

    Bruxelles – Dopo il terremoto, le scosse di assestamento. Lo sciame sismico che scuote l’Ucraina e l’Europa in questa inedita fase non è destinato a finire presto, anzi è appena iniziato. Una catena di eventi messi in moto dall’accelerazione impressa da Donald Trump, che ha colto in contropiede tanto gli alleati transatlantici quanto il governo di Kiev.Ma ora Volodymyr Zelensky sembra tornare ad avere una voce in capitolo, rinegoziando con la Casa Bianca i termini dell’accordo sulle terre rare e le materie prime critiche al centro delle mire di Washington, Mosca e Bruxelles. Dal canto loro, le cancellerie europee cercano di coordinarsi come possono, imbastendo frettolosamente una risposta comune.La palla torna a KievA tre anni dall’invasione su larga scala ordinata da Vladimir Putin nel 2022 per “demilitarizzare e denazificare l’Ucraina” (a sua volta drammatica escalation di una crisi iniziato nel 2014), tutto è precipitato nel giro di una manciata di giorni a metà febbraio. Per un momento – sembrato eterno sia a Kiev sia ai vertici di Ue e Nato a Bruxelles – il presidente statunitense è parso intenzionato a negoziare in solitaria col suo omologo russo, cambiando radicalmente la narrativa sul conflitto più sanguinoso scoppiato nel Vecchio continente dalla Seconda guerra mondiale (reiterando alcuni dei leitmotiv preferiti della propaganda putiniana) ed escludendo tanto l’Ucraina quanto l’Ue dal tavolo delle trattative.Ma da ieri sera (25 febbraio) la musica sembra cambiata. Magari non muterà l’intera sinfonia, ma alcuni membri importanti dell’orchestra stanno accordando meglio i propri strumenti. A partire dalla leadership ucraina. Dopo aver rifiutato per almeno due volte i termini di un accordo sulla concessione a Washington dei diritti di sfruttamento delle vaste risorse minerarie del suo Paese, Volodymyr Zelensky ha infine dato il via libera ad una sua versione che sarebbe finalmente vantaggiosa per Kiev (o almeno non svantaggiosa come le precedenti).Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump (foto: Imagoeconomica)Citando fonti ucraine coinvolte nelle trattative, il Financial Times ha reso noto che era finalmente arrivato il disco verde da parte dei negoziatori di Kiev. Lo stesso tycoon newyorkese, in occasione della visita del presidente francese Emmanuel Macron di lunedì, aveva anticipato che l’accordo era “molto vicino” e sostenuto che il leader ucraino sarebbe volato a Washington nei prossimi giorni per siglarlo di persona nello Studio ovale, forse già venerdì (28 febbraio). Una timeline confermata anche dai funzionari ucraini.Cosa prevede l’accordoUn patto sull’accesso privilegiato degli Stati Uniti alle terre rare, alle materie prime critiche, al gas naturale e al petrolio dell’ex repubblica sovietica era stato proposto inizialmente dallo stesso Zelensky a Trump lo scorso settembre. Berillio, grafite, ittrio, lantanio, litio, scandio, titanio e uranio sono solo alcuni dei minerali indispensabili ai settori strategici al centro della competizione globale: batterie per la transizione verde, nucleare, industria aerospaziale e difesa.Le trattative si erano però complicate nelle ultime settimane a causa delle richieste massimaliste dell’amministrazione Usa. Impraticabili per Kiev le prime formulazioni, soprattutto la pretesa della Casa Bianca di ricevere 500 miliardi di dollari dalle casse statali ucraine a titolo di compenso per gli aiuti inviati in questi tre anni di guerra. Peccato che di miliardi Washington ne abbia spesi poco più di 114, dei quali solo 4 dovrebbero essere ripagati (con scadenza al 2065).Ad ogni modo, la svolta – apparentemente dovuta ad un avvicendamento all’interno del team negoziale a stelle e strisce – ha permesso di dare forma ad una cornice generale accettabile da entrambe le parti. Il governo ucraino avrebbe già fornito il proprio assenso alla sottoscrizione del patto, ma questo dovrà ora essere approvato dal Parlamento.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (sinistra) accoglie a Kiev il negoziatore Usa per la crisi russo-ucraina, Keith Kellogg, il 20 febbraio 2025 (foto: Sergei Supinsky/Afp)Il testo prevederebbe l’istituzione di un fondo ad hoc con “proprietà congiunta” tra Washington e Kiev. Quest’ultima vi contribuirebbe per il 50 per cento con i proventi della “futura monetizzazione” delle risorse minerarie nazionali. Tale fondo dovrebbe finanziare progetti da avviare nel Paese, presumibilmente legati alla ricostruzione.Sarà invece lasciata a protocolli successivi la definizione dei dettagli tecnici. Incluso quali giacimenti includere nell’accordo e cosa fare con quelli troppo vicini al fronte, per non parlare di quelli finiti sotto occupazione russa. Soprattutto, manca un passaggio esplicito sulle garanzie di sicurezza. Un dettaglio di primissimo rilievo, ma i funzionari ucraini si ritengono soddisfatti, almeno per il momento, per essersi assicurati il sostegno del loro più potente alleato.Il “grande mercanteggiamento”Ha così inizio quello che alcuni osservatori hanno già ribattezzato “il grande mercanteggiamento“. Le ricchissime risorse del proprio sottosuolo sembrano essere l’ultima carta rimasta nella pessima mano del presidente ucraino, e sono ambite da tutti gli attori coinvolti a vario titolo nella partita che si sta giocando nell’ex repubblica sovietica.Da Washington, Trump sta facendo quello che sa fare meglio: applicare alla politica internazionale l’approccio transazionale imparato nel suo passato da imprenditore. Il do ut des della Casa Bianca prevede l’acquisto di minerali e idrocarburi in cambio degli aiuti a Kiev, e viene puntellato dalle minacce del braccio destro del tycoon, il tecno-oligarca Elon Musk, di interrompere i servizi della sua rete di comunicazione satellitare Starlink dalla quale dipende l’esercito ucraino.D’altro canto, le mire imperialiste di Mosca – che ad oggi occupa poco meno di un quinto del territorio ucraino – sono sotto gli occhi del mondo. È chiaro che, oltre a motivazioni di carattere storico-culturale (di una lettura distorta della storia difesa da Putin), l’accesso alle risorse minerarie di Kiev è sempre stato uno dei moventi dell’aggressione russa.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Ma anche l’Ue ha messo da tempo gli occhi sul tesoro sotterraneo del vicino orientale. Come ribadito dal vicepresidente esecutivo della Commissione Stéphane Séjourné durante la visita di lunedì (24 febbraio) nella capitale ucraina, Bruxelles ha stipulato con Kiev un memorandum d’intesa nel 2021 in cui le terre rare e le materie prime svolgono un ruolo cruciale. Dei 30 materiali critici individuati dall’Unione, 21 “possono essere forniti dall’Ucraina nell’ambito di una partnership vantaggiosa per entrambe le parti“, ha dichiarato il responsabile della Strategia industriale comunitaria.L’esecutivo a dodici stelle mette così sul tavolo l’implementazione completa dell’accordo già esistente e si propone come un’alternativa più appetibile degli Stati Uniti di Trump. L’arma segreta a disposizione dell’Ue è la prospettiva dell’adesione, sulla quale Ursula von der Leyen ha promesso progressi rapidi (“prima del 2030, se Kiev continua sulla strada delle riforme”), mentre la Casa Bianca ha messo una pietra tombale sull’ingresso dell’Ucraina nella Nato.Quo vadis, Europa?In realtà, la partnership avanzata dalla Commissione va intesa non tanto in sostituzione quanto in aggiunta a quella a stelle e strisce. Fare concorrenza troppo diretta allo zio Sam, il cui ombrello di sicurezza rimane insostituibile per il Vecchio continente, potrebbe rivelarsi poco lungimirante in questa fase.Anche se gli europei continuano a sperare che tale ombrello rimanga aperto (a questo è servita la visita di lunedì di Macron a Washington – su cui ha aggiornato stamane i colleghi del Consiglio europeo – e a questo servirà quella del primo ministro britannico Keir Starmer di domani), la doccia gelata del Trump bis è stato un brusco risveglio dalla loro trentennale illusione post-storica à la Francis Fukuyama.Continuing to work on close European coordination, today president @EmmanuelMacron debriefed EU leaders on his meeting with @realDonaldTrump earlier this week in Washington.Very useful to prepare our special European Council on 6 March, where we will take decisions on our… pic.twitter.com/4RRCIJ4vgm— António Costa (@eucopresident) February 26, 2025Ora le cancellerie europee stanno correndo ai ripari in fretta e furia, cercando di coordinare gli sforzi per creare quell’autonomia strategica di cui tanto si è parlato ma che sarà difficile da realizzare. Si è partiti con una doppietta di incontri all’Eliseo e si continuerà domenica (2 marzo) con una riunione a Londra, dove si discuterà di come finanziare il riarmo del continente e di una strategia congiunta per la difesa.“Armiamoci e partite“: questo, in sostanza, il messaggio del tycoon newyorkese a quelli che sulla carta sarebbero i suoi più stretti alleati. Mentre porta avanti i negoziati con Putin sulla cessazione delle ostilità, Trump scarica sugli europei la responsabilità della sicurezza continentale. L’antifona è passata. “Ora è il momento di agire, di prendere decisioni, di ottenere risultati”, ha sottolineato il presidente del Consiglio europeo António Costa giusto ieri, ripetendo il ritornello preferito anche dal capo dell’Alleanza nordatlantica Mark Rutte. Meglio tardi che mai?

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    La Mongolia non arresta Putin, ma l’Ue non può alzare troppo la voce: servono le materie prime critiche per il Green Deal

    Bruxelles – La guerra russo-ucraina, rispetto di diritto internazionale, Stato di diritto e diritti fondamentali. E poi la partita delle risorse, indispensabile per le ambizioni di motore ‘green’ globale. L’Unione europea ha tanto da guadagnare con nuovi, maggiori, rapporti con la Mongolia e la visita del presidente russo Vladimir Putin crea insofferenze e imbarazzi. Non si può forzare la mano né fare troppo la voce grossa visto gli interessi geopolitici in ballo con Ulan Bator, ma la Commissione europea, attraverso la portavoce Nabila Massrali, non nasconde il disappunto per l’inazione delle autorità mongole.“C’è un mandato di arresto della Corte penale internazionale, e la Mongolia in quanto aderente allo Statuto di Roma ha degli obblighi giuridici“, il commento di Massrali ad una visita che ha permesso al leader russo di giocare la sua partita in senso anti-occidentale ed europeo. Gli accordi per le forniture di gas sono introiti per le casse di Mosca e un modo per aggirare le sanzioni a dodici stelle, mentre l’intesa per le materie prime critiche sono una sottrazione alle ambizioni europee.Rame e terre rare sono tra le risorse che la Mongolia può offrire. Elementi utili al Green Deal dell’Unione europea, schiacciata tra l’esigenza di condannare la Russia di Putin e l’impossibilità di una linea troppo dura nei confronti di un partner strategico che rischia di sfuggire. Perché anche Elon Musk, ha considerato l’ipotesi di andare a produrre in Mongolia le batterie per le sue Tesla elettriche in ragione di quello che si trova nel sottosuolo mongolo. Che offre molto di più del rame. Ci sono litio, nichel e manganese, tutti utili per le batterie, il molibdeno, strategico come componente delle celle solari, e ancora la grafite, necessaria per i transistor, i dispositivi elettronici presenti nei semiconduttori di cui l’Ue ha bisogno per la sua doppia transizione verde e tecnologica.L’accordo di cooperazione Ue-Mongolia è entrato in vigore nel 2017, e l’aggressione russa dell’Ucraina nel 2022 ha indotto il blocco dei Ventisette a dover ridisegnare ogni agenda e la necessità di una diversificazione degli approvvigionamenti. A Bruxelles si sono resi conto che la dipendenza dell’Unione europea da catene di fornitura credibili e sicure per materie prime critiche utili a tradurre in pratica la doppia transizione e gli sforzi della Mongolia per diversificare in modo sostenibile le sue relazioni economiche potrebbero avvicinare i due soggetti, tenuto conto anche delle esigenze europee di affrancarsi dal fornitore cinese.Gli analisti del Parlamento europeo fanno un punto della situazione, in un documento di lavoro che riassume passato, presente, e potenziali scenari futuri: “Mentre la corsa alle materie critiche è in pieno svolgimento e i principali paesi importatori di queste materie prime hanno progettato politiche di riduzione del rischio economico per trovare alternative all’attuale quasi monopolio delle esportazioni della Cina come le terre rare, l’Ue e la Mongolia potrebbero stipulare una partnership sulle materie prime critiche“.Un partenariato di tale tipo e natura sarebbe una formula vincente per entrambi i contraenti. La produzione energetica della Mongolia ad oggi deriva al 95 per cento dal carbone, e il potenziale per le rinnovabili resta non sfruttato. L’Ue può offrire una mano per pulire l’economia mongola, e pulire la propria attraverso quelle risorse che non ha ma che potrebbe ottenere dal partner. Il dilemma tutto europeo è servito. La Mongolia acquista una rilevanza e una valenza tutta nuova in uno scacchiere internazionale sempre più complesso. In questa partita Putin sembra aver giocato d’anticipo, con le autorità di Ulan Bator che non ne hanno disposto l’arresto per un risultato che è una doppia beffa per l’Europa. “La Mongolia ha tutto il diritto di stabilire le proprie relazioni bilaterali”, il punto è proprio questo, e la portavoce della Commissione ne è consapevole tanto è vero che lo ricorda lei stessa. La Mongolia, schiacciata tra Russia e Cina, ha fatto le sue scelte, che non sorridono all’Ue.

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    Il partenariato Ue-Australia riparte dalle materie prime critiche. Siglato un Memorandum d’intesa bilaterale

    Bruxelles – Saltato l’accordo commerciale, Ue e Australia ripartono dalle materie prime critiche. A poco più di sei mesi dalla fumata nera sull’accordo di libero scambio, Bruxelles e Canberra hanno deciso di stringere i rapporti su uno dei fronti più caldi per il commercio globale e per le transizioni gemelle verde e digitale dell’Unione Europea. A dimostrarlo è la firma arrivata oggi (28 maggio) per un memorandum d’intesa sul partenariato bilaterale finalizzato alla cooperazione in materia di minerali critici e strategici sostenibili.Si tratta dell’ultimo memorandum d’intesa sulle materie prime critiche in ordine cronologico spinto dall’Ue con i partner globali come seguito prima del Piano d’azione e poi del Critical Raw Materials Act del marzo 2023. Una strategia che conta già come stretti alleati in questo campo Canada e Ucraina (dal 2021), Kazakistan e Namibia (dal 2022), Argentina, Cile, Zambia, Repubblica Democratica del Congo e Groenlandia (dal 2023) e Rwanda, Norvegia, Uzbekistan (da quest’anno) e ora Australia. “Questo partenariato mira a sostenere diversi obiettivi comuni, basandosi su vantaggi reciproci“, spiega la Commissione Europea dopo la firma da parte del suo vicepresidente esecutivo e commissario per il Commercio, Valdis Dombrovskis, e del commissario per il Mercato interno, Thierry Breton. A questo punto sarà sviluppata congiuntamente nei prossimi sei mesi una tabella di marcia con le azioni concrete per la messa a terra di questa intesa.Il partenariato tra l’Ue e l’Australia è considerato da Bruxelles un’altra pietra miliare per la diversificazione delle forniture di materiali necessari per la transizione verde e digitale, per non ricadere nello stesso errore compiuto con il gas russo. Coprendo l’intera catena del valore dei minerali critici e strategici – esplorazione, estrazione, lavorazione, raffinazione, riciclo e trattamento dei rifiuti estrattivi – contribuirà inoltre allo sviluppo del settore nazionale dei minerali critici australiani. A questo si somma il fatto che, oltre a sviluppare congiuntamente progetti lungo l’intera catena del valore, sarà esplorata un’ulteriore cooperazione su “interessi comuni”, inclusa la riduzione dell’impatto ambientale, i benefici per le comunità locali e la spinta a tecnologie e servizi innovativi e digitali per l’estrazione mineraria.Fermo restando che il pesce grosso rimane l’accordo di libero scambio, a cui Bruxelles non ha mai chiuso la porta, il memorandum d’intesa siglato oggi tra Ue e Australia traccia la strada per riprendere e approfondire i contatti, a partire dal quadro di riferimento sulle aree di cooperazione per la creazione di catene del valore “sicure e sostenibili” di minerali critici e strategici. In primis l’integrazione delle stesse catene di valore, “compresa la creazione di reti, l’agevolazione congiunta di progetti” – anche attraverso joint venture – “la creazione di nuovi modelli di business e la promozione e agevolazione dei collegamenti commerciali e degli investimenti”. Il secondo ambito è quello della cooperazione per la ricerca e l’innovazione, “compresa la conoscenza dei minerali e la minimizzazione dell’impronta ambientale e climatica”, ma anche per la promozione di standard e pratiche ambientali, sociali e di governance “elevati”, soprattutto sul “pieno rispetto delle condizioni e della sicurezza dei lavoratori”.

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    Il Club ‘anti-Cina’ delle materie prime critiche vedrà la luce alla prossima Cop28 sul clima

    Bruxelles – Il ‘Club’ delle materie prime critiche per la transizione gemella, verde e digitale, vedrà presto la luce. “Il mese prossimo, in occasione della Cop28 lanceremo il Club delle materie prime critiche per rafforzare questa cooperazione internazionale ai massimi livelli”, ha confermato ieri (9 novembre) il vicepresidente esecutivo per il Green Deal, Maros Sefcovic, nel suo intervento alla conferenza degli ambasciatori dell’Ue 2023. Il  Club è stato annunciato nei mesi scorsi dalla Commissione europea nel quadro del ‘Critical Raw Material Act’, la proposta di regolamento sulle materie prime critiche presentata lo scorso 16 marzo come pilastro normativo del Piano industriale per il Green Deal, la risposta ‘Made in Europe’ al piano statunitense da 370 miliardi di dollari di sussidi verdi che l’Ue teme possa svantaggiare le imprese dell’Ue. Pochi ancora i dettagli, ma nell’idea della Commissione dovrebbe trattarsi di un gruppo di partner internazionali considerati ‘affidabili’ con cui dialogare e riunirsi per garantire un approvvigionamento globale sicuro, sostenibile e conveniente di materie prime essenziali per la transizione verde e digitale, come il litio per le batteri.Quattro pilastri per l’approvvigionamento di materie prime Il Club dovrebbe dunque sviluppare principi per riunire i “consumatori” di materie prime e i Paesi ricchi di risorse e promuovere la cooperazione per consentire ai Paesi in via di sviluppo ricchi di risorse di risalire la catena del valore. E l’occasione migliore per lanciare l’iniziativa sarà la prossima Conferenza delle Nazioni Unite sul clima, la Cop28 che si terrà dal 30 novembre al 12 dicembre a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti e che riunirà oltre 190 Paesi che cercheranno di alzare le ambizioni globali sul clima. Bruxelles non lo dice espressamente, ma il Club è pensato in chiave anti-Cina (che oggi concentra oltre il 90 per cento delle materie critiche importate dall’Ue) e dovrebbe essere un’iniziativa sostenuta anche dal governo statunitense, riflettendo il lavoro della partnership Usa già avviata sul fronte dei minerali (a cui l’Unione europea ha aderito insieme ad altri Stati membri, tra cui Italia, Francia e Germania). Sulle materie prime critiche l’Unione europea è già impegnata in una partnership bilaterale con il Canada, il club dovrebbe seguire gli stessi obiettivi ma su un piano multilaterale. Dall’anticipazione delle crisi di approvvigionamento agli investimenti, passando per la produzione sostenibile e la tutela ambientale. Nei mesi scorsi il vicepresidente della Commissione europea con delega al commercio, Valdis Dombrovskis, ha anticipato che quattro saranno i pilastri del futuro gruppo di amici delle materie prime critiche: condividere le conoscenze e cooperare per prevenire le crisi; promuovere la produzione sostenibile e le capacità di trasformazione locali; garantire un commercio affidabile e investimenti in materie prime e che l’aumento della fornitura di materie prime non vada a scapito delle comunità e dell’ambiente. 

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    La stretta cinese all’export di gallio e germano preoccupa l’Ue: “Presto valutazione d’impatto sugli Stati”

    Bruxelles – La stretta cinese sull’esportazione di gallio e germanio, ovvero materie prime critiche per la produzione di semiconduttori, preoccupa l’Unione europea che sta valutando quale potrebbe essere l’impatto potenziale delle restrizioni sugli Stati membri. Parte delle restrizioni entrano in vigore da oggi (primo agosto) e la Commissione europea “sta attualmente lavorando su un’analisi dettagliata del potenziale impatto di queste misure restrittive alle esportazioni sui Ventisette”, ha spiegato la portavoce dell’Esecutivo europeo responsabile per il commercio, Miriam Garcia, durante il briefing quotidiano con la stampa, assicurando che l’Ue ha insistito con Pechino “sul fatto che questo controllo delle esportazioni non è” giustificato da “situazioni di sicurezza e quindi abbiamo sollevato le nostre preoccupazioni”.

    Non ha precisato quali saranno i tempi e quanto potrebbe richiedere la valutazione dell’impatto. A inizio luglio il ministero del Commercio cinese ha annunciato l’intenzione di Pechino di introdurre a partire dal primo agosto una serie di limiti all’esportazione di gallio e germanio, due materie prime utilizzate nella produzione di semiconduttori e di conseguenza per i microchip alla base delle tecnologie per la doppia transizione digitale e verde. Nel 2022 la Cina ha esportato circa 94 tonnellate di gallio e 43,7 tonnellate di germanio, coprendo rispettivamente circa l’80 e il 60 per cento (con il resto proveniente da Canada, Finlandia, Russia e Stati Uniti) del fabbisogno.
    Secondo uno studio pubblicato dai servizi della Commissione Ue, i Ventisette importano dalla Cina il 71 per cento del gallio e il 45 per cento del germanio necessari per la produzione industriale. Per anni Pechino è riuscita nel tempo a garantire una sorta di monopolio, proponendo sul mercato materie prime critiche a un prezzo competitivo. Entrambi i metalli sono utilizzati per lo sviluppo dei chip per computer ad alta velocità e nei settori della difesa e delle energie rinnovabili.
    Sulle materie prime critiche necessarie alla doppia transizione, Bruxelles ha chiarito più volte di non voler ripetere gli errori commessi in passato con la dipendenza energetica dai combustibili fossili importati (a prezzo basso) dal mercato russo. Quindi la strategia è quella della diversificazione, anche se sulle materie critiche non sarà facile come per gli idrocarburi. La Commissione europea ha varato lo scorso 16 marzo una vera e propria proposta di Legge sulle materie prime critiche (il Critical Raw material act) con cui ha individuato una lista di 34 materie critiche (dalla bauxite all’elio, dall’arsenico allo stronzio), ma riducendo l’elenco a sole 16 da considerarsi ‘strategiche’, tra cui gallio e germanio. Oltre alla Cina, piccole quantità di gallio sono prodotte da Giappone, Russia e Corea del Sud, mentre il Canada è il più grande produttore di germanio del Nord America.E’ nel quadro del Critical Raw Materials Act che la Commissione europea sta lavorando a un ‘Club’ delle materie prime critiche, ovvero un gruppo ristretto di partner affidabili con cui creare una catena di approvvigionamento, che non dipenda solo dalla Cina.

    In vigore dal primo agosto le restrizioni cinesi all’esportazione di alcune materie prime critiche necessarie alla transizione, gallio e germanio. Bruxelles lavora a un’analisi “dettagliata del potenziale impatto di queste misure restrittive alle esportazioni sui Ventisette”

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    Dall’energia rinnovabile alle materie prime critiche. L’Ue investe 45 miliardi in America Latina con il Global Gateway

    Bruxelles – Si apre con la notizia di un impegno concreto dell’Unione Europea a sostegno dei Paesi dell’America Latina e dei Caraibi il terzo vertice Ue-Celac in programma oggi e domani (17-18 luglio) a Bruxelles. “Sono lieta di annunciare che investiremo oltre 45 miliardi di euro fino al 2027 attraverso il nostro programma Global Gateway“, sono state le prime parole della giornata di confronti bilaterali e multilaterali della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, illustrando alla Business Round Table il programma di investimenti “di alta qualità a beneficio di entrambe le nostre regioni” e le catene di valore che avranno la priorità: “Dall’idrogeno pulito alle materie prime critiche, dall’espansione della rete di cavi dati ad alte prestazioni alla produzione dei più avanzati vaccini a base di mRNA”, il tutto accompagnato dai “più elevati standard ambientali e sociali e dalla trasparenza”.
    Si tratta di “oltre 135 progetti già in cantiere” – ha continuato von der Leyen – che si inseriscono all’interno dell’Agenda per gli investimenti Global Gateway per i Paesi dell’America Latina e dei Caraibi, secondo i criteri e le priorità che la Commissione Europea aveva presentato un mese fa in vista del primo vertice di alto livello tra i Ventisette e i 33 Paesi Celac dopo otto anni dall’ultima volta: transizione verde sostenibile, trasformazione digitale inclusiva, sviluppo umano, resilienza sanitaria e vaccini. Ma ciò su cui sarà principalmente rivolta l’attenzione è l’ambito energetico e digitale, sia come produzione sia come estrazione di materie prime critiche. “L’America Latina e i Caraibi hanno il potenziale per diventare una centrale elettrica globale per le energie rinnovabili”, ha assicurato la numero uno della Commissione, facendo riferimento ai settori eolico e solare che “stanno crescendo in modo esponenziale, anche grazie agli investimenti europei”. Il passo successivo ora è quello di “trasformare l’energia pulita in idrogeno pulito”, perché non solo “può essere facilmente esportato in altri continenti” ma può anche “alimentare nuove industrie nel vostro continente”. Acciaio e cemento, fertilizzanti, treni e autobus, “tutti puliti, tutti prodotti in America Latina”, ha sottolineato con forza von der Leyen: “Il vostro continente ha il potenziale per diventare un leader globale nelle industrie pulite di domani“.
    Per raggiungere questo obiettivo e fare in modo che le tecnologie verdi e digitali possano svilupparsi in tutte le loro potenzialità “le nostre industrie hanno bisogno di accedere a materie prime essenziali“, è l’avvertimento della numero uno dell’esecutivo Ue, che ha voluto assicurare come “anche in questo caso l’Europa vuole essere il vostro partner di riferimento”. Se tutto il mondo richiede materie prime critiche – dal litio al gallio e il germanio, come dimostrato dalle ultime restrizioni della Cina – c’è una grande differenza tra l’Ue e gli altri investitori, ha voluto mettere in chiaro von der Leyen: “Non siamo interessati a investire solo nella pura estrazione di materie prime, vogliamo collaborare con voi per costruire capacità locali di lavorazione, di produzione di batterie e di prodotti finali come i veicoli elettrici“. In altre parole, non si tratta solo di investimenti, ma “possiamo contribuire con una tecnologia di livello mondiale e con una formazione di alta qualità per i lavoratori locali”.
    Da sinistra: il presidente del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro della Spagna e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, Pedro Sánchez (17 luglio 2023)
    Lo dimostrano gli oltre 130 progetti dal valore complessivo di 45 miliardi di euro annunciati oggi nell’ambito del Global Gateway per i Paesi dell’America Latina e dei Caraibi. A partire dalla collaborazione con Argentina e Cile e attraverso il Club delle materie prime critiche “per rafforzare le catene di approvvigionamento sostenibili”. In Brasile saranno espanse le reti di telecomunicazione nella regione amazzonica, in Cile saranno promosse le attività di investimento sull’idrogeno verde, in Paraguay sarà potenziata la rete elettrica, a Panama si spingerà per l’accesso universale all’energia. in Giamaica sarà portato il 5G e la banda larga a tutta l’isola, in Costa Rica sarà elettrificato il trasporto pubblico – con la conversione all’elettrico della flotta di 40 autobus urbani – e in Colombia sarà costruita una linea metropolitana. Più in generale saranno implementate l’Alleanza digitale – attraverso la creazione di due centri Copernicus per la riduzione del rischio di catastrofi, il cambiamento climatico e il monitoraggio terrestre e marino – l’Iniziativa Health Resilience per lo sviluppo della produzione locale di farmaci e vaccini e l’Iniziativa Global Green Bonds sul mercato dei green bond nell’America Latina e nei Caraibi. Focus anche sul programma Società inclusive per affrontare le disuguaglianze, ridurre la povertà e l’esclusione sociale attraverso politiche sociali e di genere, l’istruzione e lo sviluppo delle competenze.

    L’annuncio della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, prima dell’inizio del vertice Ue-Celac. Saranno sviluppati oltre 130 progetti fino al 2027 per spingere la transizione digitale e verde e per aumentare i partenariati industriali e sanitari

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    Von der Leyen in Argentina sigla il Memorandum d’intesa sulle materie prime critiche

    Bruxelles – Catene del valore integrate delle materie prime sostenibili, cooperazione per la ricerca e l’innovazione e per sfruttare i criteri ambientali, sociali e di governance (ESG) e allineamento agli standard internazionali; infrastrutture per lo sviluppo dei progetti, riducendo al minimo il loro impatto ambientale e climatico; e rafforzamento delle capacità, l’istruzione e la formazione professionale e lo sviluppo delle competenze lungo le catene del valore delle materie prime sostenibili.
    Sono cinque le aree di collaborazione del Memorandum d’intesa sulle materie prime critiche tra Unione europea e Argentina siglato a Buenos Aires dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e dal presidente dell’Argentina, Alberto Fernandez. L’Argentina è la seconda tappa del tour che vede impegnata la presidente della Commissione europea da lunedì a giovedì in America Latina con l’obiettivo di rafforzare le relazioni con i principali Paesi della regione. Bruxelles getta le basi per preparare il vertice Ue-Celac (Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi) che sarà ospitato nella capitale d’Europa il 17 e 18 luglio e von der Leyen dovrebbe annunciare in questi giorni una serie di progetti e iniziative d’investimento nella regione attraverso Global Gateway, la strategia di finanziamento da 300 miliardi di euro con cui l’Unione europea aspira a dar vita a una alternativa alla Via della Seta cinese.
    Di questi 300 miliardi, l’Ue ne ha riservati 10 alla regione dell’America latina e nei Caraibi, a cui pensa di poter integrare ulteriori risorse con i contributi bilaterali degli Stati membri e da investimenti del settore privato. Dopo la prima tappa di lunedì in Brasile il partenariato strategico con l’Argentina è il primo grande ‘annuncio’ fatto da von der Leyen. L’intesa mira a garantire lo sviluppo di un approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime necessarie per l’energia pulita e la transizione digitale. Per von der Leyen “si tratta di un’iniziativa davvero vincente. È un grande passo avanti per le ambizioni climatiche dell’UE ed è vantaggioso per l’Argentina in quanto attore globale chiave nella transizione verso l’energia pulita. Una partnership basata su impegni condivisi per un futuro più verde, digitale e resiliente per tutti”.
    In conferenza stampa al fianco del presidente argentino, Alberto Fernández, von der Leyen ha insistito sul ruolo del litio nella transizione. “È praticamente ovunque: è nelle batterie; è nelle turbine eoliche. E mentre il mondo intero si sta imbarcando in queste tecnologie pulite per combattere il cambiamento climatico, la domanda di litio crescerà in modo significativo, non solo in America Latina ma in tutto il mondo. E questa è l’opportunità per l’Argentina di sviluppare questo settore con le catene del valore”, ha ricordato von der Leyen, precisando che la domanda europea di litio entro il 2030 sarà 12 volte maggiore di quanto non sia oggi. “Quindi il protocollo d’intesa che abbiamo appena firmato, ma anche l’accordo UE-Mercosur, renderanno possibili flussi di investimenti cruciali”, ha concluso.

    Buenos Aires è la seconda tappa del tour che vede impegnata la presidente della Commissione da lunedì a giovedì in America Latina con l’obiettivo di rafforzare le relazioni con i principali Paesi della regione. Bruxelles getta le basi per preparare il vertice Ue-Celac che sarà ospitato nella capitale d’Europa il 17 e 18 luglio

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    Le prime azioni strategiche dell’Ue per stringere i rapporti con il Kazakistan e scalzare la Russia in Asia Centrale

    Bruxelles – L’Unione Europea sta mettendo a terra la propria strategia per scalzare la Russia come partner economico privilegiato dei Paesi dell’Asia Centrale e lo fa partendo dalla pedina centrale di questo progetto: il Kazakistan. È con questo obiettivo che sono state annunciate questa mattina (18 maggio) le prime “azioni concrete” per attuare il Memorandum d’intesa sul partenariato strategico Ue-Kazakistan nel campo delle materie prime, delle batterie e dell’idrogeno rinnovabile.
    Il vicepresidente esecutivo della Commissione Ue per l’Economia, Valdis Dombrovskis, al Forum Economico Ue-Asia Centrale (Almaty, 19 maggio)
    A siglare l’intesa è stato il vicepresidente esecutivo della Commissione Ue per l’Economia, Valdis Dombrovskis, in visita nella città kazaka di Almaty per partecipare al Forum Economico Ue-Asia Centrale, dando un seguito pratico all’intesa raggiunta a inizio settimana tra la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, e il premier del Kazakistan, Alikhan Smailov. Le azioni pratiche si inseriscono nel quadro della tabella di marcia del Memorandum d’intesa definito tra le due parti nel corso della prima giornata del Summit dei leader della Cop27 di Sharm El-Sheikh il 7 novembre dello scorso anno, con l’obiettivo di sviluppare in approvvigionamento sicuro e sostenibile nei tre campi fondamentali per le transizioni gemelle verde e digitale. “L’Ue può sostenere il Kazakistan nella creazione di beni a più alto valore aggiunto che favoriscono lo sviluppo economico e aumentano la prosperità della popolazione, mentre l’Ue può ottenere un accesso affidabile a fattori produttivi chiave“, ha sottolineato lo stesso Dombrovskis, rendendo noti i prossimi passi della tabella di marcia del Memorandum.
    Tra il primo e il 2 giugno il vicepresidente della Commissione Ue per le Relazioni interistituzionali, Maroš Šefčovič, incontrerà il primo ministro e il ministro dell’Industria e dello sviluppo delle infrastrutture, Marat Karabayev, a margine del 13esimo Congresso internazionale delle miniere e della metallurgia di Astana, “per incontrare i leader economici di entrambe le parti”. Si tratta di una delle aree di intervento principali di lavoro nei prossimi mesi, con il coinvolgimento delle parti interessate dell’industria per individuare “progetti di investimento comuni”. Al centro della tabella di marcia c’è anche una “più stretta cooperazione” in materia di esplorazione geologica, ricerca e innovazione, formazione di competenze e sviluppo di capacità – in particolare attraverso il programma Horizon Europe e lo strumento di cooperazione dell’Ue – dove saranno essenziali i trasferimenti di tecnologia e l’aumento di fonti rinnovabili “essenziali per affrontare la crisi climatica”, è quanto mettono in chiaro le due parti.
    Da sinistra: il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e il presidente del Kazakistan, Kassym-Jomart Tokayev, ad Astana (27 ottobre 2022)
    Gli sforzi di stringere un partenariato sempre più stretto con il Kazakistan risponde alla strategia di Bruxelles di avvicinare l’intera regione dell’Asia Centrale (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan) alla sfera d’influenza dell’Unione Europea soprattutto in campo economico e climatico. “Il nostro Global Gateway per l’Asia Centrale può spingere iniziative per la gestione delle acque, l’energia e il cambiamento climatico“, ha confermato Dombrovskis nel suo intervento al Forum Economico Ue-Asia Centrale, anticipando la “prima azione dal valore di 20 milioni di euro entro quest’estate“. Il primo obiettivo dell’iniziativa Global Gateway nella regione è quello di “migliorare la gestione delle risorse e aumentare gli investimenti per facilitare la transizione” e per questo motivo il vicepresidente esecutivo della Commissione ha ricordato che “circa il 40 per cento degli iniziali 700 milioni di euro di fondi a supporto di questa iniziativa sono dedicati a investimenti in infrastrutture fisiche”. La credibilità di Bruxelles agli occhi dei Cinque dell’Asia Centrale deriva dall’espansione dei meccanismi di commercio e di investimento per lo sviluppo regionale proprio attraverso la nuova piattaforma del Forum economico.
    Il rapporto Ue-Kazakistan
    Se la strategia dell’Unione è quella di scalzare la Russia come primo partner economico e commerciale (e in futuro forse anche politico) dei cinque Paesi dell’Asia Centrale, la chiave di volta è il Kazakistan. Il presidente della Repubblica kazaka, Kassym-Jomart Tokayev, fino allo scoppio della guerra russa in Ucraina guardava a Mosca come sponda per reprimere le proteste interne attraverso l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (alleanza militare composta da Russia, Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan), ma dal 24 febbraio 2022 qualcosa sembra essersi incrinato nella fiducia verso Vladimir Putin. Di fronte al rischio che il Cremlino decida in futuro di scatenare altre guerre per ‘proteggere’ la componente etnica russa negli Stati confinanti, i Paesi della regione non sembrano più così restii a cercare altri alleati e canali di sviluppo in giro per il mondo. E qui è dove cercano di intercettarli i Ventisette.
    “Una cosa è assolutamente certa, il nostro rapporto è forte e sta diventando ancora più forte“, aveva commentato il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, al termine dell’incontro con il presidente kazako ad Astana il 27 ottobre dello scorso anno, in occasione della prima riunione regionale di alto livello dei Cinque dell’Asia Centrale. Il Kazakistan è considerato un “hub per la connettività dei trasporti tra Oriente e Occidente“, su cui Bruxelles è intenzionata a investire attraverso due iniziative Global Gateway: una su acqua, energia e cambiamenti climatici e una sulla connettività digitale. In quell’occasione Michel aveva anticipato la firma “a breve” del Memorandum d’intesa, messo poi a terra nemmeno due settimane dopo dalla presidente della Commissione Ue von der Leyen e dal premier kazako Smailov in Egitto durante la Cop27. Una partnership basata su tre aree di collaborazione: integrazione economica e industriale nelle catene del valore strategico delle materie prime, delle batterie e dell’idrogeno rinnovabile, implementazione della resilienza delle catene di approvvigionamento, e rafforzamento di capacità, competenze, ricerca e innovazione sulla decarbonizzazione della catena del valore delle materie prime critiche.

    Le ha annunciate il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, per l’attuazione del Memorandum d’intesa su materie prime, batterie e idrogeno rinnovabile secondo la tabella di marcia del partenariato. “Entro l’estate” i primi 20 milioni di euro dal Global Gateway