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    L’Ue ha tagliato di due terzi le importazioni di gas dalla Russia. Attesa “l’ondata” globale di Gnl

    Bruxelles – Due inverni di guerra russa in Ucraina e anche l’Unione Europea deve fare un bilancio. A partire dal piano energetico. “Il 31 marzo, quando si è conclusa la stagione di riscaldamento invernale, i nostri stoccaggi di gas erano pieni per oltre il 58 per cento, si tratta del livello più alto mai registrato in questo periodo dell’anno”, ha reso noto oggi (12 aprile) la commissaria per l’Energia, Kadri Simson, in una dichiarazione che traccia le direttrici della “maggiore sicurezza e solidarietà energetica e un mix energetico più pulito”, in particolare sul fronte del crollo delle importazioni di gas dalla Russia.

    La commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson“Questi elevati livelli di stoccaggio sono il risultato della nostra efficace diversificazione delle forniture energetiche, degli sforzi dei cittadini e delle imprese per ridurre la domanda di gas e dei nostri investimenti nelle energie rinnovabili“, ha ricordato i tre pilastri del piano RePowerEu la commissaria Simson, rilanciando l’impegno per il presente e prossimo futuro: “Garantire la sicurezza energetica e la competitività dell’Europa, abbassare i prezzi e promuovere la transizione verso l’energia pulita restano una priorità assoluta”. Perché ora l’obiettivo immediato è riportare il livello di riempimento degli stoccaggi al 90 per cento entro il prossimo primo novembre, ma l’elevato livello da cui si parte “significa che i mercati sono sempre più stabili, i prezzi sono tornati ai livelli di prima della guerra e l’Europa può iniziare a rifornirsi con fiducia” in vista del prossimo inverno.Ed è proprio ai luoghi di rifornimento di gas che bisogna guardare per capire il “successo con cui abbiamo gestito la crisi energetica”. Come rende noto la stessa Commissione Ue, la quota delle importazioni di gas russo in Europa è scesa dal 45 per cento nel 2021 al 24 per cento nel 2022, fino a crollare al 15 per cento nel 2023. “Questa tendenza al ribasso deve continuare”, mette in chiaro il gabinetto von der Leyen. A prendere il primo posto come maggior esportatore verso l’Ue dal 2022 è stata la Norvegia (salita fino al 30 per cento lo scorso anno), seguita dagli Stati Uniti (al 19 per cento), mentre i Paesi del Nord Africa stanno per superare la Russia (14 per cento). La diversificazione delle fonti di approvvigionamento non avrebbe però potuto risolvere da sola la crisi energetica, se i cittadini non avessero ridotto la domanda di gas di quasi il 20 per cento, “che ci ha permesso di risparmiare più di 107 miliardi di metri cubi di gas negli ultimi 18 mesi”. E nel frattempo l’aumento della quota di energie rinnovabili nel mix energetico ha permesso di sostituire l’equivalente di 24 miliardi di metri cubi di gas russo negli ultimi due anni.

    Da sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), Fatih Birol“L’Europa ha finalmente allentato la presa che la Russia aveva sul suo settore energetico e ha ripreso in mano il proprio destino energetico”, esulta la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, in un op-ed congiunto con il direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), Fatih Birol, pubblicato questa mattina. Nonostante l’obiettivo sia sempre quello di “ridurre i consumi in linea con i nostri obiettivi climatici”, la numero uno del Berlaymont punta ancora l’attenzione sui mercati del gas, “perché ora ci stiamo dirigendo verso un’altra serie di problemi e sfide”. Più nello specifico si prevede nella seconda metà del decennio “una grande ondata di nuovi progetti di esportazione di gas naturale liquefatto, soprattutto dagli Stati Uniti e dal Qatar”, che aumenteranno “l’offerta globale di Gnl del 50 per cento”. Ecco perché “stiamo passando da un mondo di carenza di gas al contrario, un mondo in cui potremmo presto vederne in abbondanza”, con possibili effetti di “riduzione significativa” dei prezzi del gas.Senza dimenticare però che “siamo in una situazione di emergenza climatica” e un gas più economico “non solleva l’Europa e le altre grandi economie dalla responsabilità di raggiungere al più presto le emissioni nette zero e di aiutare altri Paesi a fare lo stesso”, ricordano von der Leyen e Birol. In altre parole è necessario “insistere su emissioni di metano prossime allo zero sul gas che continuiamo a usare”, ma anche aumentare “drasticamente” energie e gas rinnovabili, efficienza energetica, idrogeno pulito e le altre tecnologie energetiche a emissioni zero. Come dimostrato dai dialoghi sulla transizione pulita organizzati dalla Commissione da ottobre dello scorso anno – i cui primi risultati sono stati presentati mercoledì (10 aprile) – le istituzioni Ue sono anche impegnate nel “lavorare fianco a fianco con l’industria e sostenerla” per costruire un modello di business adatto a un’economia decarbonizzata. Perché se i Ventisette sono usciti “rafforzati” dagli inverni passati, non bisogna dimenticare che la sfida per mettere a terra “soluzioni durature ai nostri dilemmi energetici” è appena iniziata.

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    Simson: “Ue al lavoro per rispondere a incidente nucleare a Zaporizhzhia”

    Bruxelles – Adesso la centrale nucleare di Zaporizhzhia fa paura. La Commissione europea teme incidenti, e lavora allo scenario peggiore, comunque sempre rimasto sullo sfondo e mai davvero sottovalutato. La commissaria per l’Energia, Kadri Simson, ammette che il collegio dei commissaria “ha rafforzato la preparazione in caso di incidenti radiologici e condotto attività di modellizzazione per valutare l’impatto di un incidente nucleare in Ucraina”. Un lavoro portato avanti con i governi nazionali. “La Commissione collabora con gli Stati membri per migliorare la preparazione e la risposta in caso di emergenza radiologica o nucleare in Ucraina“.

    L’auspicio è di non dover mai ricorrere ai piani d’emergenza, ma intanto l’Ue si prepara. L’ammissione di Simson arriva nella risposta all’interrogazione parlamentare presentata dall’europarlamentare lituano del Ppe, Liudas Mažylis. A lui ricorda che comunque l’esecutivo comunitario non è mai rimasto a guardare da quanto l’impianto di Zaporizhzhia è finito al centro della guerra russo-ucraina. “La Commissione monitora da vicino la situazione presso la centrale”, e lo fa “regolarmente” insieme all’autorità ucraina di regolamentazione della sicurezza nucleare e con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), “la cui presenza continua, sostenuta dall’UE, è fondamentale per gli aggiornamenti sulla situazione”. In questa attività di controllo continuo e regolare la Commissione, spiega ancora Simson, “monitora i livelli di radiazioni in tutta Europa attraverso la piattaforma europea per lo scambio di dati radiologici con molteplici punti di lettura in Ucraina”. Inoltre, l’Ue ha già fornito a Kiev l’assistenza preventiva del caso, vale a dire “attrezzature chimiche, biologiche, radiologiche o nucleari e assistenza medica”.

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    La centrale nucleare di Zaporizhzhia al centro della guerra in Ucraina. Si cerca accordo per missione di esperti sicurezza

    Bruxelles – Rimane alta la tensione sulla centrale nucleare di Zaporizhzhia, occupata dall’esercito russo da inizio marzo e nuovamente al centro del conflitto dopo l’intensificarsi della controffensiva di Kiev nel sud-est del Paese invaso dal Cremlino. Mentre i due fronti si scambiano accuse sulla responsabilità dell’aggravarsi dello stato di sicurezza dell’impianto, i leader internazionali chiedono con sempre più insistenza di mettere fine agli atti di ostilità nelle vicinanze della centrale nucleare e in particolare a Mosca di astenersi dall’utilizzare la struttura come base militare da cui partire attacchi al territorio dell’Ucraina.
    Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres
    “Sono molto preoccupato per l’evolversi della situazione all’interno e intorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhia”, ha commentato il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, esortando le forze armate di Kiev e Mosca a “cessare immediatamente tutte le attività militari nelle immediate vicinanze dell’impianto e di non prendere di mira le sue strutture o i dintorni”. Guterres si è appellato al “buon senso e ragionevolezza” di tutti i responsabili in conflitto per “non intraprendere azioni che possano mettere in pericolo l’integrità fisica, la sicurezza o la protezione dell’impianto nucleare”. Tuttavia, “invece di un’attenuazione, negli ultimi giorni sono stati segnalati altri incidenti molto preoccupanti che, se dovessero continuare, potrebbero portare a un disastro”, ha avvertito il segretario generale dell’Onu. In serata è prevista a New York una riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla questione, dopo la richiesta arrivata da Mosca. “È necessario un accordo urgente a livello tecnico su un perimetro sicuro di smilitarizzazione per garantire la sicurezza dell’area”, ha spiegato Guterres, che ha ricordato anche la necessità di “fornire alla missione dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica un accesso immediato, sicuro e senza ostacoli al sito“.
    Le stesse richieste sono arrivate ieri (mercoledì 10 agosto) dai ministri degli Esteri del G7 (Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti) e dall’alto rappresentante dell’Ue, Josep Borrell. In una nota è stata richiesta la restituzione “immediata” del “pieno controllo” della centrale nucleare di Zaporizhzhia “e di tutti gli impianti nucleari all’interno dei confini internazionalmente riconosciuti dell’Ucraina” alle autorità di Kiev. “Il personale ucraino deve essere in grado di svolgere le proprie mansioni senza subire minacce o pressioni”, dal momento in cui “è il continuo controllo della Russia sull’impianto a mettere in pericolo la regione“, hanno attaccato i ministri, ribadendo che “il sequestro delle strutture nucleari ucraine” aumenta “significativamente” il rischio di un incidente nucleare. È per questo motivo che anche per il G7 rimane cruciale la possibilità di organizzare una missione di esperti internazionali “in modo sicuro e senza impedimenti”.
    Dopo le preoccupazioni di Bruxelles espresse dal presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, domenica scorsa (7 agosto), anche la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson, ha condannato “fermamente” i bombardamenti della centrale nucleare di Zaporizhzhia e dei suoi dintorni: “Questo comportamento sconsiderato delle forze militari russe rappresenta un grande pericolo per il funzionamento sicuro della centrale”. I combattimenti hanno causato “danni significativi alle infrastrutture, anche in prossimità dello stoccaggio a secco del combustibile nucleare esaurito“, ha precisato la commissaria Simson e, nonostante le informazioni ottenute dai sistemi di monitoraggio della radioattività da parte dell’Ue e delle organizzazioni internazionali “non indichino alcuna minaccia immediata di radiazioni”, le attività militari sono “pericolose in modo inaccettabile”. Al centro delle accuse di Bruxelles c’è il dispiegamento di personale e armamenti russi presso l’impianto nucleare, che “costituisce un’aperta violazione di tutte le disposizioni in materia di sicurezza, protezione e salvaguardia concordate a livello internazionale”, ha concluso la commissaria per l’Energia, attaccando il Cremlino: “Deve assumersi la piena responsabilità di fronte alla comunità internazionale per le azioni illegali e sconsiderate, anche in materia di sicurezza nucleare”.

    Mentre continuano i combattimenti nella zona dell’impianto nucleare nel sud del Paese, è in programma un Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite richiesto dalla Russia. Il segretario generale Guterres: “Cessare immediatamente tutte le attività militari nelle immediate vicinanze”

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    L’Unione europea sigla un accordo con l’Azerbaigian per raddoppiare le importazioni di gas entro il 2027

    Bruxelles – 20 per cento. E’ la quota di gas russo proveniente da gasdotto che l’Unione europea ha importato quest’anno da Mosca. Un livello molto inferiore rispetto al 40 per cento (circa 150 miliardi di metri cubi di gas) che in media ha importato negli ultimi anni, ma siamo ancora lontani dall’obiettivo di affrancare l’UE dagli idrocarburi russi. Bruxelles punta “a compensare” quel 20 per cento, diversificando i suoi fornitori e a tale scopo la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, ha siglato oggi (18 luglio) un protocollo d’intesa con l’Azerbaigian per raddoppiare le importazioni di gas naturale azero ad almeno 20 miliardi di metri cubi all’anno entro il 2027.
    “Con questo protocollo d’intesa, stiamo aprendo un nuovo capitolo nella nostra cooperazione energetica con l’Azerbaigian, un partner chiave nei nostri sforzi per abbandonare i combustibili fossili russi”, ha detto in conferenza stampa a Baku la presidente dell’esecutivo, affiancata dal presidente azero Ilham Aliyev. L’UE sta cercando fornitori alternativi alla Russia, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca e la decisione assunta a livello politico di dire addio ai combustibili fossili importati dalla Russia al più tardi entro il 2027. Secondo la Commissione europea, l’Azerbaigian sta già aumentando le consegne di gas naturale nell’UE da 8,1 miliardi di metri cubi registrati a fine 2021 a 12 miliardi di metri cubi previsti nel 2022, si legge nella nota dell’Esecutivo comunitario.
    Il corridoio meridionale del gas
    Il gas naturale proveniente dal giacimento gigante di Shah Deniz nel settore azero del Mar Caspio arriva in Europa attraverso il corridoio meridionale del gas, il Southern Gas Corridor, una vera e propria infrastruttura di approvvigionamento di gas naturale dalle regioni del Caspio e del Medio Oriente all’Europa, che si basa su tre componenti principali: il South Caucasus Pipeline (SCP), il gasdotto che segue la rotta dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan e arriva fino al confine tra Georgia e Turchia; il gas azero, dopo essere arrivato in Turchia, prosegue poi attraverso il TANAP (Trans Anatolian Pipeline) al confine turco-greco a Kipoi, che attraversa la Grecia e l’Albania e il Mar Adriatico; prima di approdare in Italia, a San Foca (in Puglia) attraverso il gasdotto TAP (Trans Adriatic Pipeline).
    Proprio il Tap avrà un ruolo particolarmente importante per l’aumento dei flussi di gas azero, dal momento che è l’ultimo tratto del Corridoio meridionale del gas che va dalla Grecia all’Italia, e Bruxelles prevede la necessità di lavori aggiuntivi per aumentare i flussi dagli attuali 8,1 miliardi di metri cubi registrati a fine 2021 ai 12 del prossimo anno”, ha spiegato un funzionario europeo spiegando i dettagli dell’accordo. A novembre sono previsti i primi “stress test” per comprendere le potenzialità di aumento di flussi attraverso l’infrastruttura che, in quanto progetto di interesse comune europeo (PCI) è stato finanziato con sovvenzioni europee e lo stesso sarà per i lavori aggiuntivi.
    Dato l’obiettivo di aumentare i volumi di gas, il memorandum contiene anche un impegno a ridurre le emissioni di metano lungo l’intera catena di approvvigionamento del gas. Il metano è tra i peggiori gas inquinanti atmosferici che contribuisce ai cambiamenti climatici: intrappola più calore rispetto alla CO2, ma si decompone nell’atmosfera più rapidamente, quindi impegnarsi per tagliare queste emissioni dovrebbe avere un impatto più rapido sul surriscaldamento globale. Non solo gas, Bruxelles punta su Baku anche in termini di energia pulita, in particolare nell’eolico offshore e nell’idrogeno verde. Con il memorandum, ha riferito von der Leyen, “stiamo gettando le basi per una solida cooperazione in quell’area. Quindi, gradualmente, l’Azerbaigian si evolverà dall’essere un fornitore di combustibili fossili a diventare un partner di energia rinnovabile molto affidabile e importante per l’Unione Europea”.
    Von der Leyen parla dell’Azerbaigian come di un partner “affidabile” dal punto di vista energetico. Lo stesso aveva detto, appena un mese fa, dell’Egitto, quando era volata al Cairo a metà giugno per siglare un memorandum d’intesa con cui Egitto e Israele si sono impegnati a incrementare le esportazioni di gas naturale verso il Continente. Nel quadro del suo piano ‘RepowerEu’ per liberarsi dagli idrocarburi in arrivo da Mosca, Bruxelles stima che sarà necessario aumentare le sue importazioni di gas da fonti non russe, principalmente gas naturale liquefatto (+50 miliardi di metri cubi), ma anche gas proveniente da gasdotto (+10 bcm) visti i limiti infrastrutturali di molti Paesi membri UE che dispongono di pochi rigassificatori sul proprio territorio. L’UE ha già siglato un accordo con gli Stati Uniti per la consegna di almeno 15 miliardi di metri cubi di Gnl nel 2022 e circa 50 miliardi di metri cubi all’anno almeno fino al 2030. Cresce l’insicurezza dell’Ue sugli approvvigionamenti di gas dal momento che è iniziata la scorsa settimana la manutenzione programmata del gasdotto Nord Stream 1 che porta gas russo in Germania attraverso il Mar Baltico. Impianti fermi almeno fino a giovedì 21 luglio, ma si teme un prolungamento del fermo anche oltre.

    Fino a 20 miliardi di metri cubi di gas entro cinque anni. Baku “partner cruciale”, dice la presidente von der Leyen, per la diversificazione degli approvvigionamenti all’Europa e in particolare per l’Italia. Bruxelles mette in conto nuovi lavori sul tratto del gasdotto Tap (Trans Atlantic Pipeline) per portare i flussi dagli attuali 8 miliardi di metri cubi a 12 già il prossimo anno

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    Unione Europea e Giappone verso un memorandum di cooperazione sull’idrogeno

    Bruxelles – Entro fine anno l’Unione Europea è intenzionata a finalizzare con il Giappone un memorandum di cooperazione sull’idrogeno, per aumentarne lo sviluppo su larga scala. E’ quanto emerso da un incontro a Bruxelles tra la commissaria per l’Energia Kadri Simson e il ministro giapponese dell’Economia, del commercio e dell’industria Koichi Hagiuda, che si sono impegnati a “lavorare a stretto contatto per affrontare le attuali sfide sui mercati energetici mondiali”, compresa la guerra di Russia in Ucraina.
    Entrambi hanno sottolineato l’importanza della transizione verso l’energia verde e l’ambizione comune di essere climaticamente neutrali entro il 2050, ma rafforzare la cooperazione con il governo giapponese è sopratutto un ulteriore passo che l’UE fa nella diversificazione dei propri fornitori di risorse energetiche per affrancarsi dalla dipendenza da Mosca. La commissaria Simson ha spiegato che l’UE conta sul Giappone “come alleato nei nostri sforzi per stabilizzare i mercati del gas e del petrolio e aiutare l’Europa a porre fine alla sua dipendenza dai combustibili fossili russi”. Proprio nelle scorse settimane il Giappone, su richiesta di Washington e Bruxelles, ha deciso di dirottare alcuni carichi di gas naturale liquefatto (GNL), con spedizioni extra che hanno iniziato ad arrivare già questo prossimo.
    Oggi il presente è nel gas e nel gnl, ma guardando al domani il futuro è rinnovabile. “Speriamo di concordare presto un Memorandum di cooperazione sull’idrogeno ed espandere la nostra collaborazione su questioni come l’eolico offshore, le reti elettriche e le emissioni di metano“, ha aggiunto la commissaria.

    La collaborazione su eolico offshore, reti elettriche e le emissioni di metano al centro dei colloqui tra la commissaria Kadri Simson e il ministro giapponese dell’Economia Koichi Hagiuda, che si sono impegnati a “lavorare a stretto contatto per affrontare le attuali sfide sui mercati energetici mondiali”, compresa la guerra in Ucraina

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    L’Unione Europea lavora a nuove misure contro il caro energia

    Bruxelles – La Commissione europea sta valutando se e come rafforzare la risposta europea al rialzo dei prezzi dell’energia, questa volta in maniera più strutturale. Secondo la sua ultima agenda provvisoria (che è sempre suscettibile a modifiche dell’ultima ora) dovrebbe presentare il 2 marzo una nuova comunicazione sull’energia per fare un punto della situazione e valutare se le misure pubblicate a sostegno degli Stati il 13 ottobre scorso possano essere ulteriormente rafforzate, potendo contare questa volta sulla valutazione del mercato energetico dell’UE dell’Agenzi per la cooperazione tra i regolatori dell’energia (ACER).
    Sono almeno 23 gli Stati membri che da ottobre hanno adottato misure per proteggere le famiglie e le imprese dai prezzi elevati di gas ed elettricità, mobilitando già oltre 21 miliardi di euro per circa 70 milioni di persone e di diversi milioni di imprese. Il pacchetto di linee guida mobilitato da Bruxelles è però solo una risposta a breve termine all’aumento eccezionale dei prezzi dell’energia, a dicembre il prezzo del gas all’ingrosso ha toccato il picco di 180 euro/MWh, poi sceso grazie a un aumento delle consegne di GNL (Gas naturale liquefatto) e condizioni climatiche più miti. Secondo diversi Paesi membri è un problema che va affrontato in maniera più strutturale vista anche l’incertezza che domina i rapporti dell’UE con la Russia, da cui dipende buona parte del gas in arrivo nel continente europeo.
    Nella sua iniziativa per decarbonizzare il mercato del gas pubblicata a dicembre, la Commissione ha messo sul tavolo la proposta di uno stoccaggio comune e di una riserva strategica di gas, come chiedevano diversi Stati membri tra cui l’Italia e la Spagna. La Commissione ha inoltre chiesto all’ACER di preparare un rapporto che analizza il funzionamento del mercato europeo dell’energia: studiare i benefici e gli svantaggi dell’attuale mercato potrebbe portare l’ACER a inviare a Bruxelles eventuali raccomandazioni e una delle opzioni possibili (richiesta da alcuni governi e mai esclusa dalla stessa presidente Ursula von der Leyen) potrebbe essere il disaccoppiamento dei prezzi di gas ed elettricità, in modo che non sia influenzati a vicenda.
    Lavorare sul piano interno non basta. La crisi energetica in cui si ritrova l’UE è in parte dovuta alla forte dipendenza dell’UE dalle fonti fossili e soprattutto da Paesi terzi, la Russia in primis. Bruxelles è preoccupata che un’ulteriore escalation di tensione in Ucraina possa abbattersi su ulteriori tagli alle forniture per l’Europa. Parlando in commissione parlamentare per l’Industria, la commissaria all’Energia Kadri Simson ha rivelato questa settimana che “i depositi di gas della (compagnia energetica russa) Gazprom in Europa sono pieni solo al 16 per cento”. E questo è uno dei motivi per cui il livello di stoccaggio del gas nell’UE “è in costante diminuzione”, si attesta a circa il 40 percento, ovvero il 10 per cento in meno rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti.
    L’UE sta già indagando sul comportamento sul mercato di Gazprom per comprendere la portata della pressione della Russia nella crisi energetica in corso: Mosca rispetta gli impegni di fornitura a lungo termine, ma ha rinunciato a rispondere alle richieste di ulteriori forniture da parte dei Paesi UE. Per questo, parallelamente, l’UE è alla ricerca di fonti alternative alla Russia per l’approvvigionamento e la fornitura di gas, in particolare di gas naturale liquefatto (GNL) che ha vantaggi sia dal punto di vista del trasporto sia di impatto ambientale. “La riduzione delle forniture di gas russo è in parte stata compensata dalle forniture di GNL” in Europa, ha chiarito Simson agli eurodeputati. Dopo aver cercato di rilanciare le discussioni con il Qatar, oggi la commissaria europea è a Baku, in Azerbaigian, per partecipare all’ottava riunione ministeriale del Consiglio consultivo del corridoio meridionale del gas. Un’occasione per “riaffermare il partenariato energetico strategico tra l’Unione Europea e l’Azerbaigian” ma anche per discutere nuove prospettive per rafforzarne le forniture all’Europa.

    Very good in depth discussion on #energy co-operation with @ParvizShahbazov, the Energy Minister of 🇦🇿
    We agreed to step-up our partnership, both in the gas sector, but also in the field of #renewables. pic.twitter.com/nOWPtxeguF
    — Kadri Simson (@KadriSimson) February 4, 2022

    La prossima settimana sarà la volta del Consiglio per l’energia UE-USA, che si terrà il 7 febbraio a Washington. Simson volerà oltreoceano per ringraziare il presidente statunitense Joe Biden per l’aumento di forniture di GNL all’Europa in questi tempi di crisi. L’intera Commissione Europea si sta muovendo velocemente sulla scena internazionale per arrivare prima dell’estate con una nuova strategia per un dialogo internazionale sull’energia, che Bruxelles punta a pubblicare (presumibilmente a maggio) per sostenere gli Stati membri nei loro contatti internazionali per le forniture energetiche che non siano con la Russia. In questo contesto preparatorio, Bruxelles sta lavorando contemporaneamente per un nuovo “partenariato multisettoriale” con i Paesi del Golfo Persico (Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Iran, Iraq, Kuwait, Oman, Qatar) che sono i principali fornitori internazionali di idrocarburi, i componenti essenziali del petrolio greggio, dei gas naturali e di altri combustibili. L’iniziativa è tesa “a vedere con occhi nuovi le relazioni tra l’UE e il Golfo” sostiene Bruxelles, soprattutto sul piano della sicurezza energetica dell’UE.

    La Commissione deciderà a marzo su possibili nuove misure per rafforzare la sua “cassetta degli attrezzi” per orientare gli Stati membri, mentre rafforza il dialogo con i partner internazionali, compresi i Paesi del Golfo, per ridurre la sua dipendenza dal gas russo

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    Ungheria e Ucraina “litigano” per il gas russo, mentre l’UE cerca di mediare

    Bruxelles – E’ scontro aperto tra Ungheria e Ucraina sul gas russo, mentre la Commissione Europea cerca di fare da mediatore. La compagnia energetica ungherese MVM ha formalizzato lunedì 27 settembre un contratto di acquisto di quindici anni con la compagnia russa Gazprom per la fornitura di gas naturale, senza passare attraverso l’Ucraina. Le intenzioni del premier Viktor Orban erano già note dalla fine di agosto, e una volta concretizzate hanno spinto Kiev, che teme di perdere milioni di euro in pagamenti in quanto “Paese di transito”, a rivolgersi direttamente alla Commissione Europea, definendo quella dell’Ungheria una “decisione puramente politica ed economicamente irragionevole”.
    Mosca ha sempre trasportato il gas principalmente attraverso il territorio dell’Ucraina, solo da qualche anno – in particolare dopo le frizioni che hanno seguito l’annessione illegale della Crimea nel 2014 – ha iniziato a diversificare le esportazioni per limitare il peso strategico dell’Ucraina anche nell’UE. Il contratto siglato sarà in vigore dal primo ottobre e prevede la fornitura di 4,5 miliardi di metri cubi di gas in Ungheria ogni anno: 3,5 miliardi attraverso la Serbia e un miliardo attraverso l’Austria. Nessuna provocazione politica, ha assicurato ieri in conferenza stampa il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto, dichiarando che per l’Ungheria, la “sicurezza energetica è una questione di sicurezza, di sovranità ed economia più che una questione politica”.

    A Kiev non è bastato e il ministro dell’Energia ucraino, German Galushchenko, ha incontrato ieri la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson, per discutere anche di questo. “Un incontro costruttivo”, dice a Eunews un portavoce della Commissione. Costruttivo anche se l’UE non ha grande margine di manovra per il momento per intervenire. L’Esecutivo ha iniziato ad esaminare le conseguenze del contratto, ma dal momento che l’accordo non è stato firmato direttamente dalle autorità ungheresi, ma dalla compagnia energetica MVM, una prima valutazione del contratto spetta alle autorità ungheresi. Solo dopo le conclusioni, Bruxelles può chiedere di visionare il contratto in caso di un sospetto di minaccia all’approvvigionamento energetico dell’Unione europea o del territorio. “Il ministro Galushchenko ha sollevato la questione, presentandoci la posizione dell’Ucraina”, prosegue il portavoce, ma Bruxelles ha un ruolo solo in caso di mancata sicurezza dell’approvvigionamento.
    La commissaria Simson ha anche ribadito “la nota posizione della Commissione” secondo cui “consideriamo l’Ucraina un Paese di transito affidabile” per il trasporto di forniture energetiche. Secondo il portavoce, il bilaterale si è concentrato anche sulle riforme in corso in Ucraina sia nel mercato dell’elettricità che in quello del gas: si porta avanti il dialogo per la sincronizzazione con la rete elettrica europea, con l’adozione di una “tabella di marcia sulle fasi e i parametri di riferimento per essere soddisfatte fino al completamento”. Il commissario e il ministro si sono confrontati, infine, sui modi per promuovere la transizione verso l’energia pulita dell’Ucraina e sullo stato di avanzamento dei programmi per migliorare la sicurezza delle centrali nucleari. 

    Budapest firma un contratto di quindici anni con la russa Gazprom per la fornitura di gas senza passare per l’Ucraina. Kiev si rivolge a Bruxelles, che per ora alza le mani