More stories

  • in

    I leader UE pronti a nuove sanzioni contro la Russia di Putin. L’Ucraina sempre più vicina “politicamente”

    Bruxelles – Via libera a nuove sanzioni, ma nella sostanza ancora non si scende. Per il leader UE riuniti al Consiglio informale di Versailles “aumentare ulteriormente la nostra pressione sulla Russia e sulla Bielorussia” è una prima intesa sufficiente, che verrà approfondito nella seconda giornata di riunioni di oggi (venerdì 11 marzo) e nei prossimi giorni dai ministri competenti: “Restiamo pronti a muoverci rapidamente con ulteriori sanzioni”, recitano le prime righe delle conclusioni del Consiglio.
    Come scrivevamo ieri, tutte le decisioni senza precedenti sono state prese e ora ogni capitale inizia a fare i propri calcoli in termini di ricadute economiche. Tuttavia, il primo round di discussioni tra i leader UE sull’aggressione militare dell’Ucraina da parte della Russia di Putin è stata un’occasione per tirare le fila, due settimane dopo il Consiglio straordinario che aveva portato a quell’unità mai vista prima nell’Unione. “I responsabili di questa guerra di aggressione saranno chiamati a rispondere dei loro crimini, anche per aver colpito indiscriminatamente i civili”, si legge nel testo che condanna “la Russia e la sua complice Bielorussia”, con un endorsement all’apertura dell’indagine della Corte penale internazionale dell’Aja. In particolare, preoccupa la questione nucleare: “Chiediamo che la sicurezza degli impianti nucleari dell’Ucraina sia garantita immediatamente con l’assistenza dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica”.
    Ma è il capitolo strettamente legato al rapporto con l’Ucraina a offrire maggiori spunti di riflessione sull’approccio che sarà sviluppato nelle prossime settimane e nei prossimi mesi con Kiev. Sul breve periodo, “continueremo a fornire un sostegno politico, finanziario, materiale, medico e umanitario coordinato”, si legge nelle conclusioni. Riprendendo le iniziative degli ultimi giorni della Commissione UE, i 27 leader dell’Unione hanno sottolineato l’impegno per offrire protezione temporanea a tutti i rifugiati di guerra in fuga dall’Ucraina e hanno chiesto che “i fondi siano resi disponibili senza indugio”, attraverso una “rapida” adozione della proposta sull’azione di coesione per i rifugiati in Europa (CARE).
    Sul lungo periodo l’UE e gli Stati membri si impegnano a “fornire sostegno per la ricostruzione di un’Ucraina democratica, una volta che l’assalto russo sarà cessato“. Di che tipo e di quale entità ancora non è dato sapere, ma saranno discussioni che verranno portate avanti direttamente con la controparte ucraina. Uscendo dalla prima riunione sul conflitto Russia-Ucraina a Versailles, il presidente del Consiglio UE, Charles Michel, ha annunciato che “lavoreremo per rafforzare politicamente i legami con l’Ucraina, per esempio invitando regolarmente il presidente, Volodymyr Zelensky, a partecipare ai Consigli europei“. Nonostante il non perfetto allineamento dei Ventisette sulle modalità con cui il processo dovrà essere portato avanti, il Consiglio “ha riconosciuto le aspirazioni e la scelta europea dell’Ucraina” e, in attesa del parere della Commissione UE sulla richiesta presentata da Kiev, saranno “rafforzati ulteriormente i nostri legami e approfondito il nostro partenariato per sostenere l’Ucraina nel perseguire il suo cammino”. Significative le ultime righe delle conclusioni: “L’Ucraina appartiene alla nostra famiglia europea“, mentre è stato invitato l’esecutivo UE a “presentare i pareri sulle domande della Repubblica di Moldova e della Georgia“. Il nuovo processo di allargamento UE si è messo in moto a Versailles.

    Le conclusioni del Consiglio informale di Versailles sottolineano che gli Stati membri sono pronti ad “aumentare ulteriormente la pressione” su Mosca e Kiev. Il presidente ucraino Zelensky sarà invitato a “regolarmente” alle prossime riunioni

  • in

    ‘Non siete voi che ci cacciate, siamo noi che ce ne andiamo’: la Russia annuncia l’uscita dal Consiglio d’Europa

    Bruxelles – È una guerra militare contro l’Ucraina e una guerra diplomatica contro l’Europa. La Russia di Vladimir Putin annuncia l’uscita dal Consiglio d’Europa con una giravolta, anticipando una decisione che avrebbe potuto prendere il Comitato dei Ministri su richiesta dell’Assemblea parlamentare nella sessione plenaria di lunedì e martedì prossimi (14-15 marzo), in virtù delle continuo violazioni dei diritti dell’uomo scatenate con l’invasione dell’Ucraina. “La Russia non parteciperà alla campagna condotta dalla NATO e dai suoi obbedienti seguaci dell’UE per trasformare la più antica organizzazione europea in un’altra piattaforma per la predicazione della superiorità occidentale”, è l’accusa contenuta in una nota il ministero degli Esteri di Mosca.
    Con toni da propaganda (“gli eventi si stanno avvicinando a un punto di non ritorno”, causato dalle “azioni sovversive intraprese dall’Occidente per sopprimere il diritto internazionale”) il Cremlino ha anticipato l’uscita dall’organizzazione internazionale composta da 47 Paesi membri, che si occupa della difesa dei diritti umani – e che non ha niente a che fare con le istituzioni dell’Unione Europea. In verità nella nota non c’è nessun riferimento all’attivazione dell’articolo 7 dello Statuto del Consiglio d’Europa, quello che permette a uno Stato membro di ritirarsi notificando formalmente la propria intenzione al segretario generale. Ma, leggendo nemmeno troppo tra le righe, è chiara l’intenzione di muoversi in questa direzione e a breve è attesa la notifica a Strasburgo. “Lasciamo che si godano la reciproca compagnia senza la Russia”, è la conclusione beffarda della nota del Cremlino.
    Con questa mossa di portata storica – che non si è mai verificata nei 63 anni di vita dell’organizzazione – la Russia sta cercando di ribaltare la narrazione dei fatti e di uscire da una situazione di difficoltà. Lo scorso 25 febbraio, il giorno dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, il Comitato dei Ministri (di cui l’Italia ha la presidenza di turno) aveva sospeso i suoi diritti di rappresentanza sia nel Comitato sia nell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. Sospensione, non radiazione, e questo significa che a oggi la Russia è uno Stato membro, che ha l’obbligo di rispettare la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e che le domande presentate contro Mosca continuano a essere esaminate dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. La revoca dell’appartenenza, secondo l’articolo 8 dello Statuto, può essere invece attivata dal Comitato dei Ministri dopo la richiesta allo Stato membro di ritirarsi ai sensi dell’articolo 7: in caso di rifiuto e di continua violazione dei propri doveri internazionali, il Comitato può decidere la cessazione immediata dei diritti di appartenenza nel Consiglio d’Europa.

    Dopo la sospensione decisa lo scorso 25 febbraio (a un giorno dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina), con toni da propaganda Mosca ha anticipato una possibile revoca dell’appartenenza da parte del Comitato dei Ministri

  • in

    Le informazioni per aiutare i profughi in arrivo dall’Ucraina, anche in Italia: soggiorno, protezione e spostamenti nell’UE

    Bruxelles – Sono oltre due milioni i profughi già arrivati nell’Unione Europea dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina e il numero continuerà a crescere, considerato il fatto che si tratta della crisi migratoria più velocemente in crescita sul suolo europeo dalla Seconda Guerra mondiale, come ha avvertito l’agenzia ONU per i Rifugiati. Da Bruxelles è arrivata una risposta veloce e unitaria, con l’attivazione per la prima volta in 21 anni della Direttiva europea sulla protezione temporanea (qui tutti i dettagli) e un nuovo pacchetto da 500 milioni di euro a sostegno di rifugiati e Paesi membri che li stanno accogliendo. Ma ogni cittadino può contribuire, con aiuti materiali o divulgando le informazioni che possono essere cruciali anche per le famiglie ucraine – che già vivono e lavorano in Italia – di queste persone.
    Per rendere più accessibili e chiari i diritti e il livello di protezione garantita su tutto il territorio dell’Unione Europea, la Commissione UE ha aperto una pagina web per le persone in fuga dalla guerra in Ucraina, con tutte le informazioni di cui possono avere bisogno (in inglese e a breve anche in ucraino). Dal diritto all’alloggio agli attraversamenti di confine, dall’assistenza di base, come cibo e medicine, alla richiesta di ritorno nel proprio Paese o della protezione internazionale.
    Prima di tutto, appena fatto ingresso in un Paese membro UE, i cittadini ucraini o con un permesso di soggiorno rilasciato da Kiev hanno il diritto alla protezione temporanea, che durerà almeno un anno (prolungabile fino a tre, ma con una decisione del Consiglio UE). A questo punto viene garantito il permesso di soggiorno, l’accesso al mercato del lavoro e all’alloggio, l’assistenza medica e l’accesso all’istruzione per i bambini. Se un membro della famiglia già risiede legalmente in uno Stato membro dell’Unione Europea può essere richiesto il ricongiungimento familiare. Chiunque scappi dalla guerra in Ucraina, a prescindere dalla nazionalità, ha il permesso di entrare nell’UE, contattando in seguito le autorità competenti per il ritorno nel proprio Paese di origine.
    Per spostarsi oltre il primo Paese di arrivo, i rifugiati ucraini e i cittadini di Paesi extra-UE con regime senza visto possono continuare a viaggiare liberamente in altri Paesi dell’Unione Europea o dello spazio Schengen. Dirigendosi verso l’Italia, la prima volta che viene attraversato il confine di un Paese che non non fa parte dell’area UE senza controllo delle frontiere interne (per esempio tra Romania e Ungheria) saranno richiesti i documenti. Di lì in poi, non sarà più necessario mostrare i documenti (nemmeno per dirigersi verso Svizzera, Liechtenstein, Islanda o Norvegia). È raccomandato che i profughi portino con sé documenti validi al momento della partenza ma, considerata l’urgenza e la gravità della situazione in Ucraina, a nessuno sarà negato l’ingresso nell’UE in assenza di questa documentazione.
    Per quanto riguarda gli spostamenti, diverse compagnie europee offrono trasporto gratuito per i profughi che fuggono dalla guerra in Ucraina, per viaggi in treno, autobus, traghetti e aerei (qui una prima lista in aggiornamento). Viaggiando verso l’Italia o un altro Paese membro dell’UE va fatta attenzione al rischio di traffico di esseri umani e allo sfruttamento da parte di organizzazioni criminali. Per questo motivo non va mai accettato trasporto o alloggio da persone che non siano autorità nazionali o organizzazioni della società civile, così come non vanno mai forniti i propri documenti d’identità, informazioni o effetti personali ad altri che non siano funzionari governativi o di frontiera. “Informa sempre i tuoi parenti o amici sul luogo in cui ti trovi“, è il consiglio della Commissione Europea. Nel caso di offerte di lavoro, di alloggio o di trasporto, ci si può rivolgere a queste autorità nazionali, a seconda dello Stato UE in cui ci si trova in quel momento.

    La Commissione Europea ha aperto una pagina web per sostenere tutte le persone in fuga dalla guerra in Ucraina nel reperire informazioni sui propri diritti una volta arrivati varcata le frontiere dell’Unione

  • in

    Nuova stretta dell’UE contro Russia e Bielorussia: sanzioni per altri 160 oligarchi, anche Minsk fuori da Swift

    Bruxelles – Si allunga e tocca quota 915 la lista di entità (53) e individui (862) colpiti dalle sanzioni UE contro Russia e Bielorussia, dopo l’invasione dell’Ucraina. Lo ha annunciato oggi (mercoledì 9 marzo) il Consiglio dell’UE, dopo l’accordo di questa mattina degli ambasciatori dei 27 Stati membri riuniti nel Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio (Coreper). Si aggiungono altri 160 responsabili della cerchia di Vladimir Putin, mentre il sistema finanziario di Minsk viene tagliato fuori dal sistema dei pagamenti internazionali Swift e la Banca Centrale bielorussa dalle transazioni globali.
    Come si legge nella nota del Consiglio, nella lista di sanzioni UE compaiono ora altri 14 oligarchi e uomini “di spicco” coinvolti in settori economici-chiave (metallurgia, agricoltura, farmaceutica, telecomunicazioni) per supportare la guerra della Russia contro l’Ucraina, ma anche i 146 membri del Consiglio della Federazione Russa che hanno ratificato le decisioni di Putin sui “Trattati di amicizia” tra Mosca e le autoproclamate Repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk. Saranno congelati i loro beni nell’UE (alcuni sono anche in Italia), sarà vietato mettere a loro disposizione fondi e saranno vietati viaggi e transiti sul territorio comunitario.
    Sempre nella sezione russa, il Consiglio ha introdotto ulteriori misure restrittive per l’esportazione di beni per la navigazione marittima e la tecnologia delle radiocomunicazioni: da oggi sarà vietato vendere, fornire, trasferire o esportare beni in questi settori “a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità o organismo” per l’uso o l’installazione a bordo di una nave che batte bandiera russa. Cruciale anche la precisazione su servizi d’investimento, valori immobiliari, prestiti e strumenti del mercato monetario da cui devono essere esclusi coloro che sono stati colpiti dalle sanzioni, che va a includere “chiaramente” anche gli asset in criptovalute.
    Non c’è solo la Russia, ma anche l’ormai Stato-satellite Bielorussia, nell’inasprimento delle sanzioni UE, già implementate giovedì scorso (3 marzo) per la partecipazione del regime di Alexander Lukashenko alla guerra in Ucraina e per le implicazioni del referendum-farsa sulla fine dello status di Paese non-nucleare. Sulla falsariga di quanto messo in atto una settimana fa per sette istituti bancari russi, tre banche bielorusse sono state tagliate dal sistema di pagamenti internazionali Swift: si tratta di Belagroprombank, Bank Dabrabyt e Development Bank of the Republic of Belarus. In aggiunta, sono state vietate tutte le transazioni con la Banca Centrale di Bielorussia e la quotazione di enti statali del Paese. Nella logica di prosciugare le riserve di liquidità di Minsk, è stato deciso anche di vietare la fornitura di banconote-euro al Paese, di limitare l’accettazione di depositi di cittadini bielorussi a 100 mila euro e di impedire loro l’accesso all’acquisto di titoli in valuta euro.

    Le misure restrittive sono state approvate dal Consiglio dell’UE contro i responsabili e i fiancheggiatori dei regimi di Putin e Lukashenko per il supporto all’invasione e alla guerra in Ucraina

  • in

    La premier estone Kallas spinge l’UE sulla difesa comune e sull’adesione dell’Ucraina: “Se non ora, quando?”

    Bruxelles – Di fronte alla minaccia russa, i Baltici cercano di prendere il timone per guidare l’Unione Europea sull’onda dell’intransigenza nella risposta al Cremlino. Ora come nel prossimo futuro. “A Mosca sono sicuri che prima o poi ci stancheremo della nostra iniziativa e chiederemo di tornare al tavolo dei negoziati. Putin ci metterà alla prova e noi dovremo resistere, questa è una maratona in cui esercitare pazienza strategica”, così ha esortato i Ventisette a sostegno dell’Ucraina la prima ministra dell’Estonia, Kaja Kallas, dall’Aula del Parlamento UE di Strasburgo.
    L’Estonia condivide con la Russia circa 300 chilometri di confine e, dopo l’invasione dell’Ucraina, “niente può più essere come prima“, ha attaccato Kallas. Non può esserlo soprattutto nel rapporto con il Cremlino sul tema della sicurezza europea e globale, il tema del dibattito all’Eurocamera di questa mattina (mercoledì 9 marzo) in cui la premier estone è intervenuta. Tracciando le linee di intervento del “dopo” l’invasione, la leader del Paese baltico ha indicato due aree su cui l’UE dovrà concentrarsi: la difesa comune e il sostegno all’Ucraina. “Il nostro atteggiamento di deterrenza deve diventare una politica di contenimento intelligente”, ovvero “consolidare ciò che il mondo libero ha realizzato nelle ultime settimane”, dalla denuncia dell’aggressione dell’Ucraina all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a larghissima maggioranza, all’indagine della Corte penale internazionale dell’Aja sui crimini contro l’umanità da parte dell’establishment russo.
    La premier dell’Estonia, Kaja Kallas (9 marzo 2022)
    La questione più urgente è la difesa comune. La decisione di utilizzare il Fondo europeo per la pace per assistere l’Ucraina “è solo un primo passo verso il rafforzamento della nostra sicurezza continentale”, ha commentato Kallas, sottolineando che “il rafforzamento delle nostre capacità di difesa comune devono andare mano nella mano con la NATO“. Difesa comune europea significa “pianificare la nostra spesa in modo saggio e coordinato” e “concentrarci sulle capacità troppo costose per ogni singolo Stato membro”, come i missili a lungo raggio. Nel delineare la strategia – che sarà oggetto del confronto tra i leader UE di domani e venerdì (10-11 marzo) – la premier estone ha spinto perché “le nostre capacità europee siano mobili e all’avanguardia“, perché “se la Russia può avere una forza militare enorme, noi possiamo competere con una tecnologia di qualità e all’avanguardia”.
    Ma il nuovo ordine mondiale non dovrà dimenticare “chi guarda all’Unione Europea come un luogo sicuro e pacifico“. L’Ucraina “è stata attaccata dalla Russia nel 2014 perché voleva entrare nell’UE e il 24 febbraio perché cerca di prendere il posto che le spetta tra di noi”, ha puntato il dito la premier Kallas. È nell’interesse dei Ventisette che Kiev “diventi più stabile, più prospera e solidamente fondata sullo Stato di diritto, come il caso dell’Estonia dimostra”, e di qui la necessità di “dare una prospettiva di adesione” all’Ucraina: “È un dovere morale, perché gli ucraini stanno combattendo anche per l’Europa. Se non ora quando?”
    La leader del Paese baltico non ha avuto esitazioni a definire l’azione di Bruxelles come “unità da Unione geopolitica“, che “ha sorpreso Putin, il mondo e oserei dire anche noi stessi”, dal momento in cui “abbiamo cambiato più nelle ultime due settimane che nei precedenti trent’anni”. È notizia di questa mattina che gli ambasciatori dei 27 Stati membri riuniti nel Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio (Coreper) hanno dato il via libera per inasprire le sanzioni contro Russia e Bielorussia. “Un nuovo pacchetto di sanzioni economiche contro più di 100 responsabili del governo e dell’oligarchia russa sta già circolando tra i Paesi membri”, ha confermato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell.

    🔴 #Ukraine | Approbation par le COREPER II de nouvelles sanctions à l’encontre de dirigeants et oligarques russes et de membres de leurs familles impliqués dans l’agression russe contre l’Ukraine. ⤵️ 1/5 #PFUE2022 pic.twitter.com/SHatb7ZD4z
    — Présidence française du Conseil de l’UE 🇫🇷🇪🇺 (@Europe2022FR) March 9, 2022

    Nel suo intervento alla plenaria del Parlamento UE, la premier estone Kallas ha parlato sia dei profughi in arrivo dall’Ucraina, sia del popolo russo. Sono già 2 milioni quelli in fuga dal territorio ucraino verso l’UE “e continueranno ad arrivare, perché in un conflitto i rifugiati si dirigono verso dove c’è sicurezza, e non è la Russia”. L’obiettivo di Putin è quello di “terrorizzare i civili”, una strategia già sperimentata a Grozny, nel corso della seconda guerra cecena: “Asili, ospedali, edifici residenziali sono presi di mira, in violazione del diritto internazionale umanitario”.
    Ma la guerra di Putin è anche contro il proprio stesso popolo. “Ha lasciato i russi senza accesso alla verità, vivono isolati dall’informazione”, ha attaccato Kallas. “Il nostro compito è quello di rompere questo muro di bugie“, mobilitando “il nostro potenziale tecnologico per vincere la guerra per la verità” anche grazie al “ruolo enorme delle piattaforme globali di Internet”. La premier estone si è rivolta direttamente ai cittadini russi, ricordando che “l’Unione Europea non sta agendo contro di voi, ma è il vostro governo che sta istituendo pratiche familiari al passato sovietico”, dal razionamento delle derrate alimentari alla censura, fino all’indottrinamento dei bambini. “State vedendo solo l’inizio di una privazione che peggiorerà, capiamo che vi farà male, come lo fa a noi, ma dobbiamo mettere fine alla barbarie di Putin”, ha concluso con una nota tetra la prima ministra estone dal podio di Strasburgo.

    Intervenuta alla plenaria del Parlamento UE, la prima ministra Kaja Kallas ha avvertito che “Putin ci metterà alla prova e noi dovremo resistere, questa è una maratona in cui esercitare pazienza strategica”

  • in

    Protezione temporanea e 500 milioni di euro dal bilancio UE a sostegno dei 2 milioni di rifugiati dall’Ucraina

    Bruxelles – Due milioni di rifugiati in 12 giorni. La “crisi più velocemente in crescita sul suolo europeo dalla Seconda Guerra mondiale”, come ha evidenziato l’agenzia ONU per i Rifugiati: ogni giorno che passa diventa sempre più urgente la gestione dei rifugiati in fuga dalla guerra in Ucraina verso l’UE. Di qui il supporto messo a disposizione dalla Commissione Europea per aiutare chi cerca rifugio sul territorio comunitario, ma anche i Paesi membri che stanno affrontando “uno sforzo pari a quello di tutto il 2015 e il 2016 messi insieme”, ha sottolineato la commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, nel corso della conferenza stampa di presentazione del nuovo pacchetto.
    L’assistenza alla gestione delle frontiere e per la protezione di chi lascia l’Ucraina si concretizzerà attraverso due canali principali: un sostegno umanitario da 500 milioni di euro dal bilancio comune dell’UE e l’applicazione della Direttiva europea sulla protezione temporanea, proposta dall’esecutivo comunitario (e approvata all’unanimità dai 27 ministri degli Interni) una settimana fa. “È un pacchetto che si indirizzerà a tutte le persone, a prescindere dalla provenienza e dal colore della pelle“, ha messo in chiaro il vicepresidente Margaritis Schinas, rispondendo alle domande sulle possibili discriminazioni verso i rifugiati da parte dei Paesi di frontiera nell’accogliere o meno chi si presenta ai confini UE dall’Ucraina (e basate sulle posizioni del Gruppo di Visegrád e dell’Austria in Consiglio).
    È la direttiva che stabilisce uno status di protezione di gruppo in “situazioni di crisi derivanti da un afflusso massiccio di persone in fuga da una situazione di grande pericolo” a rappresentare il cuore del sostegno umanitario dell’UE (qui tutti i dettagli). “Oggi i rifugiati arrivati nell’UE dall’Ucraina sono 2 milioni, ma Putin non si fermerà e dobbiamo essere pronti ad accoglierne di più“, ha avvertito la commissaria Johansson. L’attivazione del meccanismo scatterà per tutte le persone ucraine o con un permesso di soggiorno rilasciato da Kiev, “afghani e bielorussi compresi”, ma “non è previsto per studenti o turisti da altri Paesi, o con permessi di soggiorno di breve termine“. La direttiva permetterà di velocizzare le attività di controllo di confine “di fronte a una catastrofe umanitaria”, ha ricordato Johansson, grazie anche al supporto delle agenzie dell’Unione (49 agenti Frontex alle frontiere UE-Ucraina e Moldova-Ucraina e 162 in Romania). Centrale in questo approccio è la solidarietà tra gli Stati membri attraverso una piattaforma di solidarietà, che permetterà ai Paesi membri di scambiarsi informazioni sulla capacità di accoglienza in coordinamento con la Commissione.
    Dei 500 milioni di euro dal bilancio dell’UE, 85 saranno destinati come aiuti umanitari diretti (acqua, assistenza sanitaria, alloggi) per l’Ucraina e 5 per la Repubblica di Moldova. Attraverso l‘attivazione del meccanismo di protezione civile dell’UE verranno inviati veicoli, kit medici, tende, coperte e sacchi a pelo, anche a Romania, Polonia e Slovacchia. Nella risposta dell’UE è prevista anche l’adozione della proposta legislativa Azione di coesione per i rifugiati in Europa (CARE), che aiuterà a finanziare con i fondi di coesione dell’UE investimenti in istruzione, occupazione, alloggi, servizi sanitari e di assistenza all’infanzia per i rifugiati in arrivo dall’Ucraina. I fondi per gli affari interni per il 2021-27 porteranno anche “significative risorse aggiuntive” agli Stati membri, per “garantire strutture di accoglienza adeguate e procedure di asilo efficaci“, con la proposta di prolungare il periodo di attuazione dei fondi 2014-2020 “per liberare circa 420 milioni di euro supplementari”.

    La “crisi più velocemente in crescita sul suolo europeo dalla Seconda Guerra mondiale” impone una risposta rapida per l’accoglienza dei profughi “a prescindere dal colore della pelle”. Ma è escluso chi ha un permesso di soggiorno di breve termine

  • in

    Da Coca-Cola a Pirelli, Nestlé e Ferragamo: i colossi globali che ancora non si sono ritirati dalla Russia

    Bruxelles – Una sorta di boycott Russia, ma questa volta organizzato dalle multinazionali, non dai consumatori. Quella scatenata da  Mosca contro Kiev (che ha il sostegno dell’Occidente) è una guerra che si combatte ormai su tutti i fronti: militare, politico, finanziario ed economico. Oltre all’unità e alla velocità delle sanzioni delle potenze occidentali, ciò che Vladimir Putin difficilmente si poteva aspettare era il boicottaggio su larga scala da parte delle aziende di tutto il mondo contro il mercato e la produzione in Russia. Una ricerca della Yale School of Management ha individuato 250 colossi globali che hanno annunciato il proprio ritiro dalla Russia in segno di protesta contro l’invasione dell’Ucraina e come conseguenza delle misure restrittive messe in campo dall’Unione Europea.
    L’argomento rimane delicato, soprattutto quando c’entrano i soldi: “Altre aziende hanno continuato a operare in Russia imperterrite“, si legge nello studio, complice anche la percentuale di fatturato o produzione che viene realizzata sul territorio russo. Giorno dopo giorno si allunga la lista delle imprese multinazionali che boicottano il Cremlino, ma a oggi (martedì 8 marzo) è possibile identificarne 35 che hanno “un’esposizione particolarmente significativa ai mercati russi”. Non è da escludere che nei prossimi giorni, sull’onda del contraccolpo dell’opinione pubblica, diverse di queste aziende ancora reticenti decidano di seguire l’esempio di chi ha già ritirato o sospeso i propri affari in Russia.

    È soprattutto il settore dell’alimentazione che sta cercando di non esporsi eccessivamente contro Mosca. Coca-Cola, come la principale concorrente Pepsi (che fattura 3,4 miliardi di dollari l’anno in Russia), rischiano di accusare pesantemente il colpo da un eventuale ritiro da questo mercato. Così come Nestlé (1,7 miliardi annuali), Starbucks (130 punti vendita) e McDonald’s (tra Russia e Ucraina balla quasi un 10 per cento del fatturato globale). Ne risentirebbero pesantemente anche i colossi del settore alberghiero, su tutti Marriott (10 strutture in Russia), Hilton (29) e Accor (55). Rimane in attesa anche la casa di moda italiana Salvatore Ferragamo, che vede arrivare dalla Russia l’uno per cento dei propri ricavi (circa 10 milioni di dollari), così come i maggiori operatori nel settore degli pneumatici (Pirelli e Bridgeston, a differenza di quanto deciso da Michelin) e dell’industria del tabacco.
    Ma la questione della perdita di fatturato o di produzione è una scusante fino a un certo punto, considerato il fatto che le 250 aziende che si sono già ritirate dalla Russia hanno dovuto rinunciare a una fetta di mercato difficilmente sostituibile nel breve periodo. L’elenco comprende ogni settore economico e vede una serie di misure che vanno dallo stop delle vendite, delle operazioni commerciali, dei voli sul territorio russo al taglio delle connessioni, delle prenotazioni e delle spedizioni, fino alla chiusura dei punti vendita e degli uffici. Nell’ambito tecnologico ci sono Apple (chiusi i negozi), Alphabet, Microsoft, Netflix, Nintendo, Panasonic e TikTok (operazioni sospese), Meta e Amazon (inserzionisti e venditori russi disattivati), eBay, Ericsson, Nokia e Samsung (stop alle spedizioni), Intel e Sandvik (sospesa la vendita di tecnologie sensibili), Spotify, Twitter e YouTube (che eliminano la propaganda di regime sulle piattaforme).
    Di primo piano, per la questione energetica, sono le decisioni prese da compagnie attive in questo settore. Eni ha deciso di cedere la propria quota del gasdotto Blue Stream con Gazprom, ExxonMobil uscirà dalle joint venture con la russa Rosneft, così come BP (che cederà le sue quote), e Shell ha annunciato oggi che si ritirerà da ogni coinvolgimento in idrocarburi russi e chiuderà tutte le stazioni di rifornimento nel Paese. Sul fronte bancario/finanziario vanno ricordati il taglio dei servizi e dell’accesso ai mercati di capitali da parte di American Express, Asian Infrastructure Investment Bank, Bank of China, BlackRock, Credit Suisse, HSBC, London Stock Exchange, JP Morgan, Mastercard, Nasdaq, PayPal, mentre, su quello della consulenza e assicurazioni, hanno abbandonato la Russia Accenture, Allianz, Generali Assicurazioni, Deloitte, KPMG, McKinsey.
    Nella moda hanno fatto un passo indietro Chanel, H&M, Hermes, Levi Strauss, Mango, Moncler, Nike, Prada e Puma, ed è stata intensa anche la reazione del settore dei motori: hanno fermato le spedizioni e le vendite Stellantis, Aston Martin, Bentley, Ford, General Motors, Harley Davidson, Honda, Jaguar, Mazda, Mercedes-Benz, Nissan, Renault, Rolls Royce, Subaru, Toyota, Volkswagen e Volvo. A mettere sotto pressione il mercato russo saranno soprattutto i colossi della logistica a livello globale, FedEx e Maersk su tutti, ma anche grandi aziende come Ikea, Lego, Danone e Swatch. Tra le prime ad attivarsi già a poche ore dall’invasione dell’Ucraina erano state le federazioni sportive: a oggi sono stati annullati eventi in territorio russo o sono state sospese le squadre russe da Formula 1, calcio a livello UEFA e FIFA, tennis maschile e femminile, rugby, ciclismo, pattinaggio su ghiaccio, hockey, pugilato, atletica e sollevamento pesi, mentre il Comitato Olimpico Internazionale ha impedito a tutti gli atleti russi la partecipazione alle competizioni. A livello di spettacoli ed entertainment, Live Nation ha sospeso tutti i concerti in Russia, Disney, Paramount, Sony e Warner Media hanno messo in pausa ogni nuova uscita di film, e la Federazione Internazionale Felina ha messo al bando i gatti russi da tutte le competizioni internazionali.

  • in

    L’UE introdurrà meccanismo di sanzioni contro propaganda di regime e disinformazione (a partire dalla Russia)

    Bruxelles – Come bombe, mortai e mitragliatrici, “anche la propaganda di Vladimir Putin è uno strumento di guerra che bombarda le menti di russi, ucraini e cerca di colpire anche le nostre”. L’avvertimento è arrivato dall’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, intervenuto questa mattina (martedì 8 marzo) al dibattito in sessione plenaria del Parlamento UE sulle interferenze straniere nell’Unione Europea. La risposta di Bruxelles è già arrivata la settimana scorsa, con la sospensione della distribuzione dei media statali Russia Today e Sputnik, ma in cantiere è in costruzione una visione più ampia: “Proporrò presto un meccanismo UE per imporre sanzioni alle fonti maligne di informazioni e di propaganda, stiamo mettendo insieme gli strumenti necessari”, ha anticipato Borrell.
    Di fronte a una plenaria quasi all’unanimità compatta dietro alla relazione presentata dall’eurodeputata lettone Sandra Kalniete (PPE), l’alto rappresentante UE ha fornito qualche dettaglio sulla futura proposta di un meccanismo per le sanzioni contro la propaganda di regimi oppressivi: “Lo struttureremo attorno al rafforzamento della resilienza dell’Unione e dei nostri partner, in particolare della società civile, e attorno all’individuazione nel dettaglio di attività di ingerenza”, partendo dal “concetto di contrasto alla disinformazione portato avanti in due anni di pandemia”.
    La guerra in atto in Ucraina “ci mostra come la manipolazione delle informazioni sia uno strumento che si affianca all’assalto militare” e che colpisce indiscriminatamente all’esterno come all’interno del Paese. “Si è arrivati a un completo isolamento della popolazione russa, con una bolla che impedisce di sapere cosa sta accadendo”, ha messo in chiaro l’alto rappresentante UE.
    Borrell ha ricordato che la disinformazione colpisce la popolazione russa sia sulle ragioni dell’invasione, sia sulla situazione attuale in Ucraina: “Nelle settimane prima dell’assalto ha preparato il terreno all’invasione, invertendo causa ed effetto, dipingendo la Russia come vittima di un genocidio e l’Ucraina di Volodymyr Zelensky come un governo nazista da abbattere“. Si tratta non solo di “una distorsione della Storia”, ma anche “un racconto usuale per i russi”, che non possono avere accesso a un’informazione libera. Al contrario “il giro di vite contro i media in Russia ha portato alla criminalizzazione di quella che il Cremlino definisce falsa informazione”. In breve, “parlare di guerra anziché di operazione militare speciale può costare 15 anni detenzione“, ha ricordato l’alto rappresentante Borrell.
    Parlando di quanto l’UE vorrebbe fare per contrastare la propaganda russa (e non solo) con un regime di sanzioni pari a quelle contro oligarchi ed entità vicine al potere autocratico, Borrell ha precisato che “io non sono il ministro della verità, l’essenza delle nostre azioni è colpire gli attori esterni che cercano di influenzare in modo strutturale l’ambiente mediatico per danneggiarci”. Due esempi su tutti, Russia Today e Sputnik: “Sono asset nelle mani del Cremlino con la capacità di condurre guerre di informazione”, che “andavano bloccate perché sul combustibile dell’informazione si basano le azioni politiche dei cittadini e lo stato della democrazia“. Un pericolo che si avverte anche sul territorio dei Ventisette, Italia inclusa: “Bisogna individuare i casi più pericolosi, anche consultando la task force East StratCom” del Servizio europeo di azione esterna (SEAE).
    Prendendo parola dopo l’alto rappresentante, la vicepresidente della Commissione UE per i Valori e la trasparenza, Věra Jourová, si è detta “soddisfatta” che piattaforme come Netflix si siano ritirate dalla Russia, così come del fatto che diversi amministratori delegati di Big Tech “vogliano stare dalla parte giusta della Storia”. Jourová ha attaccato con forza il regime di Putin (“il copione non è cambiato dai tempi dell’Unione Sovietica“) e ha avvertito che “la verità è il nemico peggiore dei regimi oppressivi”. Di qui la necessità per Bruxelles di fare tutto il possibile per bloccare la disinformazione orchestrata dall’esterno, Russia di Putin in prima linea.

    La Commissione Europea si prepara a lavorare su misure restrittive che colpiscano i megafoni dei governi repressivi, come dimostrato dalla disinformazione e dalle ingerenze della Russia “come strumento di guerra”