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    Gas, il Cremlino: le forniture riprenderanno “solo con lo stop alle sanzioni” occidentali

    Bruxelles – L’Unione europea tira dritto sul tetto al prezzo del gas russo, mentre la Russia torna a incolpare Bruxelles e le sanzioni occidentali per l’interruzione dei flussi di gas dal Nord Stream e per aver innescato la peggiore crisi europea dell’approvvigionamento di gas. I problemi con le forniture di gas tramite il gasdotto che collega i giacimenti siberiani direttamente alla Germania “persisteranno fino alla revoca delle sanzioni”, perché impediscono la “manutenzione delle unità dei gasdotti”, ha dichiarato in serata il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, spiegando che il funzionamento del gasdotto “si basa su un’unità che necessita di una seria manutenzione” e le sanzioni ne impediscono la riuscita.
    Il gigante russo del gas Gazprom venerdì ha annunciato che il gasdotto Nord Stream 1, la principale rotta di approvvigionamento in Europa, rimarrà chiuso a data da destinarsi dopo aver riscontrato una perdita di olio in una turbina di una stazione di compressione, facendo salire alle stelle i prezzi del gas. Il messaggio del Cremlino è chiaro: finché ci saranno sanzioni, i flussi del gas non ripartiranno e i prezzi (presumibilmente) continueranno a salire. “Problemi con la fornitura di gas sono sorti a causa delle sanzioni imposte al nostro Paese dagli stati occidentali, tra cui Germania e Gran Bretagna”, ha riferito ai giornalisti Peskov, come riporta Reuters. “Vediamo tentativi incessanti di trasferire responsabilità e incolpare su di noi. Lo rifiutiamo categoricamente e insistiamo sul fatto che l’Occidente collettivo – in questo caso, l’UE, il Canada, il Regno Unito – è responsabile del fatto che la situazione è arrivata al punto in cui è adesso”, ovvero con i prezzi alle stelle e difficoltà con l’approvvigionamento. Alla domanda se il Nord Stream tornerà a pompare gas con un allentamento delle sanzioni, Peskov ha risposto in maniera affermativa.
    Questo significa che le sanzioni occidentali contro Mosca “funzionano”? Fatto è che il Cremlino strumentalizza le sanzioni per incolpare l’Occidente della crisi energetica in corso. Le dichiarazioni del Cremlino arrivano in una Italia in piena campagna elettorale in cui il dibattito politico si è concentrato nel fine settimana sul reale funzionamento delle sanzioni e soprattutto se sia necessario portarle avanti anche di fronte a evidenti ricadute sui consumatori europei e sulle loro bollette. La diatriba è tutta interna alla coalizione di centrodestra, con il leader della Lega Matteo Salvini che insiste sul fatto che le sanzioni avrebbero provocato più danni alle economie europee rispetto a quella russa, e per questo dovrebbero essere ripensate. La posizione di Fratelli d’Italia è più moderata e allineata a quella dei principali partner dell’Ue sull’importanza delle sanzioni contro Mosca per l’invasione dell’Ucraina.
    Gli effetti delle sanzioni occidentali sull’economia del Cremlino si vedranno sul lungo termine ed è proprio di oggi lo scoop di Bloomberg che ha preso visione di un rapporto interno preparato per il governo russo, secondo cui la Russia potrebbe andare incontro alla “recessione più lunga e più profonda man mano che l’impatto delle sanzioni statunitensi ed europee si diffonde”. Il documento, precisa Bloomberg, è frutto di mesi di lavoro da parte di funzionari ed esperti che cercano di valutare il vero impatto dell’isolamento economico della Russia dovuto all’invasione dell’Ucraina voluta da Putin.
    Poco prima delle dichiarazioni del Cremlino, la Commissione ha confermato che una proposta per porre un tetto sul gas russo ci sarà. “Putin usa l’energia come arma, tagliando le forniture e manipolando i nostri mercati energetici. Ma Fallirà e l’Europa prevarrà”, ha avvertito la presidente Ursula von der Leyen, assicurando che la Commissione europea sta preparando proposte per aiutare le famiglie e le imprese vulnerabili a far fronte ai prezzi elevati dell’energia”.

    The @EU_Commission proposal will aim to:
    • Reduce electricity demand (peaks)• Price cap on 🇷🇺 pipeline gas• Help vulnerable consumers & businesses with revenue from the energy sector• Enable support to electricity producers facing liquidity challenges linked to volatility
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) September 5, 2022

    La leader dell’esecutivo si spinge oltre e conferma che le proposte a cui sta lavorando Bruxelles mireranno “a ridurre la domanda di elettricità (picchi)” ma anche “a imporre un tetto al prezzo del gas russo importato da gasdotto, aiutare i consumatori e le imprese vulnerabili con le entrate del settore energetico e consentire il sostegno ai produttori di energia elettrica che devono affrontare problemi di liquidità legati alla volatilità” dei prezzi. Il price-cap sul gas importato dalla Russia e proveniente da gasdotto è una misura richiesta a livello europeo a più riprese dal governo di Mario Draghi, principalmente per ottenere un doppio effetto: affrontare il rincaro sulle bollette elettriche e far valere il potere dell’Unione Europea come principale acquirente dei combustibili fossili importati da Mosca; ma anche imporre una sorta di sanzione indiretta nei confronti della Russia, vista l’impossibilità di stabilire un embargo sul gas russo (che ormai non è neanche tra le ipotesi).
    Dopo mesi di cautela (e, a parere di molti, di ritardo) da parte dell’Esecutivo europeo, un’apertura in questo senso è arrivata alla fine della scorsa settimana dalla stessa von der Leyen, a margine di un evento in Germania. La Commissione europea sta finalizzando il lavoro su un cosiddetto ‘non paper’, un documento interno fatto circolare con le proposte mirate contro il caro-bollette e per una riforma del mercato energetico per presentarlo quanto prima ai governi. L’occasione sarà il Consiglio straordinario per l’energia convocato con urgenza dalla presidenza dell’Ue della Repubblica ceca il prossimo venerdì 9 settembre. Ma a detta del portavoce capo dell’esecutivo europeo, Eric Mamer, il documento sarà “nelle mani” delle Capitali prima di venerdì, in modo da dare un contributo concreto al dibattito in seno alla riunione dei ministri dell’energia.
    Mamer ha annunciato proprio oggi che la presidente von der Leyen parteciperà mercoledì alla riunione degli ambasciatori dell’Ue (nel Coreper, il comitato dei rappresentanti permanenti presso l’Ue), è quindi probabile che le proposte verranno presentate in prima battuta in questa occasione. Nei giorni scorsi è circolata a Bruxelles una prima bozza di proposta che la Commissione avrebbe dovuto presentare, ma senza riferimenti al tetto al prezzo del gas russo. Bruxelles aveva pensato a un’altra misura, ovvero fissare un massimale sul prezzo dell’energia elettrica prodotta da fonti diverse dal gas (ad esempio le rinnovabili) per fornire ai governi risorse con cui ammortizzare i costi delle bollette. La scelta di spingersi oltre e aprire ufficialmente al tetto sul gas probabilmente è da ricondurre in parte all’ennesima dimostrazione di inaffidabilità del colosso russo Gazprom e della Russia come partner energetico per l’Ue, dopo l’annuncio che avrebbe tenuto il gasdotto Nord Stream chiuso “per manutenzione” ben oltre i tre giorni programmati la scorsa settimana (dal 31 agosto al 2 settembre). In parte, è da ricondurre anche alla pressione politica che le Capitali stanno esercitando sulla Commissione europea, accusata nuovamente di risposta lenta e inadeguata alla crisi dei prezzi dell’Energia. Von der Leyen sperava di poter fare gli annunci su come rivedere il mercato energetico dell’Ue al prossimo discorso sullo Stato dell’Unione, che la leader dell’Esecutivo comunitario pronuncerà il prossimo 14 settembre di fronte all’Aula del Parlamento di Strasburgo. Sarà probabilmente costretta ad anticipare i tempi.

    La Russia torna a incolpare l’Occidente per il malfunzionamento del gasdotto Nord Stream e avverte che non ripartiranno i flussi finché ci saranno le sanzioni (che iniziano a far male al Paese)

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    Gazprom taglia il gas all’Europa via Nord Stream fino a data da destinarsi. L’Ue: “Pretesti fallaci, prova di inaffidabilità”

    Bruxelles – Alla fine i timori si sono rivelati fondati. Nel tardo pomeriggio di oggi (venerdì 2 settembre), a poche ore dall’annunciata fine dei lavori di manutenzione nella stazione di compressione di Portovaya (Russia), con una nota sul suo canale Telegram il colosso energetico russo Gazprom ha annunciato che il flusso di gas verso l’Europa via Nord Stream non riprenderà e sarà posticipato a data da destinarsi: “Durante i lavori di manutenzione ordinaria dell’unità di compressione del gas Trent 60 di Portovaya CS, eseguiti congiuntamente con i rappresentanti di Siemens, è stata rilevata una perdita d’olio con una miscela di sigillante in corrispondenza delle connessioni terminali dei cavi dei sensori di velocità del rotore a bassa e media pressione”.
    È per questa ragione che il trasporto di gas è stato “completamente interrotto”, almeno fino a quando i guasti “non saranno eliminati”, ha precisato Gazprom, senza forniture ulteriori informazioni su previsioni di riapertura. I dettagli sono stati forniti piuttosto sui tecnicismi del problema: “È stato rilevato olio sul connettore del cavo della piastra di connessione Bpe2, che fa parte del motore”, ma anche “nell’area della linea dei cavi nella morsettiera esterna del sistema di controllo automatico della Gcu, al di fuori dell’involucro di isolamento acustico e termico”. Il rapporto di rilevamento delle perdite di olio “è stato firmato anche dai rappresentanti di Siemens”, sottolinea il comunicato.
    Tutto ciò considerato, “è stato ricevuto un avviso dalla Rostechnadzor della Russia in cui si afferma che i guasti e i danni rilevati non consentono di garantire un funzionamento sicuro e privo di incidenti del motore della turbina a gas” e si rende “necessario adottare misure appropriate e sospendere l’ulteriore funzionamento dell’unità Trent 60 a turbina a gas a causa delle gravi violazioni riscontrate”, continua Gazprom. Secondo le informazioni di Siemens, le riparazioni possono essere effettuate solo in un centro di riparazione specializzato e la lettera inviata al presidente e amministratore delegato di Siemens Energy AG, Christian Bruch, sarà analizzata dal costruttore della turbina.
    “L’annuncio di Gazprom di oggi pomeriggio di voler chiudere ancora una volta NorthStream 1 con pretesti fallaci è un’altra conferma della sua inaffidabilità come fornitore“, ha commentato il portavoce-capo della Commissione Ue, Eric Mamer: “È anche la prova del cinismo della Russia, che preferisce bruciare il gas invece di onorare i contratti”.

    Gazprom’s announcement this afternoon that it is once again shutting down NorthStream1 under fallacious pretenses is another confirmation of its unreliability as a supplier.
    It’s also proof of Russia’s cynicism, as it prefers to flare gas instead of honoring contracts.
    — Eric Mamer (@MamerEric) September 2, 2022

    L’ultima interruzione totale del flusso, annunciata lo scorso 22 agosto, era scattata alle 5 di mattina (ora italiana) di mercoledì 31 agosto e sarebbe dovuta durare fino alle 4 di mattina del 3 settembre (non il 2 come precedentemente comunicato). Nord Stream è la principale infrastruttura per il trasporto del gas russo verso il continente, che collega i giacimenti di gas siberiani direttamente alla Germania settentrionale attraverso il Mar Baltico: a capacità massima può trasportare 55 miliardi di metri cubi di gas. A Bruxelles già si temeva che prima o poi i flussi potessero interrompersi definitivamente, come aveva avvisato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen: “L’Ue si deve preparare a una completa interruzione delle forniture dalla Russia”, aveva sottolineato al Bled Strategic Forum con preoccupazione, parlando della necessità di “mettere fine alla nostra sporca dipendenza dalle fonti fossili russe”. Prima del 31 agosto Nord Stream lavorava già al 20 per cento della propria capacità e, se i problemi tecnici non saranno risolti facendo ripartire il flusso, c’è il rischio concreto di un aumento della pressione sui governi europei che stanno cercando di aumentare il livello di riempimento degli stoccaggi nazionali di gas prima dell’inverno.
    Non è la prima volta che si verifica un taglio delle forniture di gas all’Europa da parte di Gazprom. L’infrastruttura Nord Stream era già rimasta ferma per manutenzione programmata a una turbina dall’11 al 21 luglio ed è ripartita a capacità ridotta a circa il 40 per cento rispetto alla norma. A fine luglio il flusso era stato ulteriormente ridotto al 20 per cento, a circa 38 milioni di metri cubi al giorno, rispetto ai 66 delle settimane precedenti alla manutenzione. Ancora prima, a metà giugno, il colosso energetico aveva comunicato che le forniture di gas potevano essere garantite solo fino a un volume di 100 milioni di metri cubi al giorno, invece dei 167 milioni di metri cubi previsti. Tra fine aprile e metà maggio invece erano stati chiusi i rubinetti a Bulgaria, Polonia, Paesi Bassi, Danimarca e Finlandia, per mancati pagamenti in rubli come richiesto dalle autorità russe.

    Il colosso energetico russo Gazprom annuncia che il gasdotto rimarrà fermo per alcune perdita di olio alla stazione di compressione di Portovaya (Russia). Le forniture sarebbero dovute ripartire nella mattina di sabato 3 settembre dopo tre giorni di lavori di manutenzione

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    Si fermano (per la quarta volta) le forniture di gas russo via Nord Stream all’Europa. Lavori Gazprom fino al 3 settembre

    Bruxelles – Stop alle forniture di gas, per l’ennesima volta in quest’estate. Da quando l’Unione europea ha annunciato il piano RePowerEu per raggiungere l’indipendenza dalle fonti fossili russe, si continuano a verificare interruzioni al flusso via Nord Stream per questioni tecniche, manutenzioni e lavori sulle stazioni di compressione. E ormai sembra sempre più reale che il taglio del gas verso l’Europa da parte del colosso energetico Gazprom possa diventare irreversibile.
    L’ultima interruzione totale del flusso, annunciata già lo scorso 22 agosto, è scattata alle 5 di mattina (ora italiana) del 31 agosto ed è stata motivata da Gazprom per lavori di manutenzione in una stazione di compressione nel nord della Germania, da dove il gas viene poi esportato in altri Paesi Ue. La conferma è arrivata anche dalla rete europea dei gestori dei sistemi di trasporto del gas (Entsog), che però ha precisato che i lavori si stanno svolgendo in Russia e non nel punto di collegamento europeo. Nord Stream è la principale infrastruttura per il trasporto del gas russo verso il continente, che collega i giacimenti di gas siberiani direttamente alla Germania settentrionale attraverso il Mar Baltico: a capacità massima può trasportare 55 miliardi di metri cubi di gas.
    Il taglio delle forniture di gas da parte di Gazprom dovrebbe durare per tre giorni, fino alle 4 di mattina di sabato 3 settembre (inizialmente era previsto fino al 2 settembre), ma a Bruxelles si teme che prima o poi i flussi possano interrompersi definitivamente. L’avvertimento è arrivato dalla stessa presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, al Bled Strategic Forum (in Slovenia): “L’Ue si deve preparare a una completa interruzione delle forniture dalla Russia”, aveva sottolineato con preoccupazione, parlando della necessità di “mettere fine alla nostra sporca dipendenza dalle fonti fossili russe”. Oggi Nord Stream lavora già al 20 per cento della propria capacità, con il rischio concreto di un aumento della pressione sui governi europei che stanno cercando di aumentare il livello di riempimento degli stoccaggi nazionali di gas prima dell’inverno.

    pic.twitter.com/HybKucrwbY
    — Gazprom (@GazpromEN) August 19, 2022

    Non è la prima volta che si verifica un taglio delle forniture di gas all’Europa da parte di Gazprom. L’infrastruttura Nord Stream era già rimasta ferma per manutenzione programmata a una turbina dall’11 al 21 luglio ed è ripartita a capacità ridotta a circa il 40 per cento rispetto alla norma. A fine luglio il flusso era stato ulteriormente ridotto al 20 per cento, a circa 38 milioni di metri cubi al giorno, rispetto ai 66 delle settimane precedenti alla manutenzione. Ancora prima, a metà giugno, il colosso energetico aveva comunicato che le forniture di gas potevano essere garantite solo fino a un volume di 100 milioni di metri cubi al giorno, invece dei 167 milioni di metri cubi previsti. Tra fine aprile e metà maggio invece erano stati chiusi i rubinetti a Bulgaria, Polonia, Paesi Bassi, Danimarca e Finlandia, per mancati pagamenti in rubli come richiesto dalle autorità russe.
    A seguito di questo ennesimo stop, dall’Italia Eni ha reso noto che “Gazprom ha comunicato la consegna di volumi di gas pari a circa 20 milioni di metri cubi, a fronte di consegne giornaliere pari a circa 27 milioni effettuate nei giorni scorsi”, mentre la presidente della Commissione francese di regolamentazione dell’energia (Cre), Emmanuelle Wargon, ha spiegato che per Parigi “in termini di volumi di fornitura siamo piuttosto fiduciosi sulla possibilità di trascorrere l’inverno senza gas russo”, anche se “ci sarà un impatto sui prezzi“. Il flusso di gas russo verso la Francia si fermerà completamente domani (primo settembre), ma “fortunatamente non cambierà molto” per i consumatori, ha rassicurato Wargon. Intanto però l’Ungheria segue una strada diversa e, mentre sta aumentando i livelli di riempimento degli stoccaggi di gas, il governo di Viktor Orbán ha firmato un contratto con il colosso energetico russo Gazprom per un quantitativo massimo di circa 5,8 milioni di metri cubi di gas naturale in più su base giornaliera.

    BREAKING: Hungary exceeds EU-sanctioned natural gas reserve levels more than two months ahead of deadline. With 3.88 billion m3 gas stored, Hungary’s reserves stand at 61.31 percent capacity.
    — Zoltan Kovacs (@zoltanspox) August 30, 2022

    Il colosso energetico russo ha interrotto il flusso questa mattina, per un’interruzione annunciata di tre giorni legata alle operazioni in una stazione di compressione in Russia (non nel nord della Germania come precedentemente annunciato). Si teme che lo stop possa diventare definitivo

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    Il gasdotto Nord Stream 1 è ripartito

    Bruxelles – Dieci giorni di fermo che hanno tenuto l’Europa con il fiato sospeso, ma da questa mattina (21 luglio) alle 6 il gasdotto Nord Stream 1 ha ripreso a pompare gas verso la Germania. Nord Stream 1, gestito dal gigante russo del gas Gazprom, è la principale infrastruttura per il trasporto del gas russo all’Europa, che collega i giacimenti di gas siberiani direttamente alla Germania settentrionale attraverso il Mar Baltico. Gazprom aveva annunciato una manutenzione programmata del gasdotto da lunedì 11 luglio fino al 21 del mese, facendo temere all’Unione europea che i flussi non sarebbero più ripartiti dopo quella data nel contesto delle tensioni con Mosca per la guerra in Ucraina.
    A capacità massima, Nord Stream 1 trasporta circa 55 miliardi di metri cubi di gas da Mosca alla Germania, dove il gas viene poi distribuito in altri Paesi europei. Rappresenta più di un terzo delle esportazioni di gas russo verso l’Unione europea. L’infrastruttura da metà giugno già funzionava al 40 per cento della sua capacità, a causa – ha motivato Mosca – dell’assenza di una turbina servita dalla società tedesca Siemens Energy, in Canada, necessaria per la manutenzione del gasdotto. Secondo il capo del regolatore energetico tedesco, Klaus Müller, i flussi di gas russo attraverso il gasdotto Nord Stream 1 potrebbero raggiungere un livello del 40 per cento della capacità giovedì, ma è rimasta l’incertezza politica sulle forniture. “I flussi di gas reali sul Nord Stream 1 possono oggi raggiungere il livello di pre-manutenzione di circa il 40 per cento di utilizzo (circa 700 gigawattora al giorno). Sfortunatamente, l’incertezza politica e il taglio del 60% da metà giugno rimangono”, ha commentato in un tweet.

    Die realen Gasflüsse auf der #NordStream1 liegen über der Nominierung und können heute das Vor-Wartungsniveau von ca. 40% Auslastung (ca 700 GWh/d) erreichen.Die politische Unsicherheit und die 60%ige Kürzung von Mitte Juni bleiben leider bestehen. @bnetza @bmwk https://t.co/9vwoWkZ439
    — Klaus Müller (@Klaus_Mueller) July 21, 2022

    Il governo di Berlino ha fatto sapere che il ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck e Mueller rilasceranno dichiarazioni alla stampa sul gasdotto Nord Stream 1 e sulla situazione del gas in generale alle 14 di oggi. La preoccupazione crescente dell’Unione europea che le forniture russe di gas inviate attraverso il gasdotto Nord Stream 1 potessero potessero non ripartire, ha spinto la Commissione europea a proporre ieri, sotto forma di una proposta di regolamento, agli Stati membri di ridurre l’utilizzo del gas del 15% fino a marzo come misura di emergenza. Una misura pensata per essere volontaria in un primo tempo, ma che Bruxelles vuole poter imporre in maniera obbligatoria di fronte a una crisi di approvvigionamento.
    La Commissione continua a descrivere la riduzione delle forniture di gas dalla Russia come “un tentativo deliberato di utilizzare l’energia come arma politica”. Le consegne di gas di Mosca agli Stati baltici, Polonia, Bulgaria e Finlandia sono state sospese. Quelle in Germania, Danimarca, Paesi Bassi e Italia sono state ridotte e i flussi attraverso il Nord Stream 1, la più grande rotta di importazione nell’UE, sono stati ridotti del 60 per cento e Mosca usa la dipendenza energetica di Bruxelles per creare instabilità politica. Finora, le importazioni di gas sono state in parte compensate dall’aumento delle importazioni di gas naturale liquefatto (GNL), ma anche questa strategia ha i suoi limiti per la limitata capacità di importazione dell’Ue. Le importazioni di GNL nella prima metà del 2022 sono state del 60 per cento in più rispetto all’anno precedente, raggiungendo tra 11 e 13 miliardi di metri cubi al mese, una cifra vicina all’attuale capacità massima di importazione dell’UE.

    Secondo Berlino i flussi dovrebbero arrivare al 40 per cento della capacità oggi. La principale infrastruttura per il trasporto di gas russo all’Europa era ferma in manutenzione programmata dall’11 luglio per dieci giorni, mentre Bruxelles temeva che non sarebbe ripartita. Resta l’insicurezza energetica

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    Le richieste di Bruxelles non scalfiscono Belgrado. La Serbia riceverà per altri tre anni il gas russo a condizioni favorevoli

    Bruxelles – L’UE incalza, la Serbia non cede. Nonostante le incessanti richieste di allineamento alle sanzioni internazionali contro la Russia che arrivano dai Ventisette, e che Belgrado sta rispedendo al mittente, la Serbia sta anche dimostrando di non voler fare nulla per allentare il forte legame con Mosca. Il presidente Aleksandar Vučić ha trovato un’intesa strategica con il collega russo Vladimir Putin, per il rinnovo di altri tre anni del contratto sulla fornitura di gas naturale russo verso il Paese balcanico – in scadenza il 31 maggio – “a condizioni estremamente favorevoli”.
    Come riportano i media statali serbi, l’intesa tra i due leader è stata trovata ieri (domenica 29 maggio) nel corso di una telefonata e la firma potrebbe concretizzarsi nei primissimi giorni di giugno nel corso di una visita a Belgrado da parte del ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov (sarebbe la prima in un Paese europeo dall’inizio della guerra in Ucraina). A quanto si apprende, Vučić e Putin hanno anche confermato la propria disponibilità a continuare la partnership rafforzata tra i due Paesi e hanno discusso della guerra in Ucraina e della questione del Kosovo. Per quanto riguarda la fornitura del gas dalla Russia alla Serbia, i dettagli saranno formalizzati all’inizio di questa settimana, ma alcune anticipazioni sono arrivate nel corso di una conferenza stampa del presidente Vučić al termine della telefonata con Putin: “La Serbia ha bisogno di grandi quantità di gas, ma avremo un inverno sicuro, mentre il costo dipenderà da ulteriori colloqui”.
    Da sinistra: il presidente della Serbia, Aleksander Vučić, e della Russia, Vladimir Putin
    Secondo quanto riferito dallo stesso Vučić, la Serbia importa dalla Russia l’81 per cento del suo fabbisogno totale di gas, che si attesta attorno ai tre miliardi di metri cubi all’anno: la metà è destinata alle centrali termiche ed elettriche, mentre il 26 per cento è consumato dall’industria. Attualmente il gas naturale fornito da Gazprom costa alla Serbia 270 dollari per mille metri cubi e, stando alle parole del presidente serbo, durante l’inverno 2022 il prezzo potrebbe scendere a un decimo di quello pagato a Mosca dal resto del continente europeo (tra 310 e 410 dollari per mille metri cubi). L’intesa di massima si dovrebbe applicare per la fornitura di 2,2 miliardi di metri cubi di gas (il 73 per centro del fabbisogno annuale totale), mentre i restanti 800 milioni dovranno essere concordati successivamente.
    Ci sono diversi elementi che mantengono stretto il rapporto energetico tra Mosca e Belgrado. Prima di tutto, sarà necessario attendere la versione definitiva dell’accordo triennale siglata da entrambe le parti, senza dimenticare che nei prossimi mesi potrebbero essere trovate intese minori per integrare le necessità di gas del Paese balcanico. La russa Gazprom è poi proprietaria di maggioranza di Naftna Industrija Srbije (l’industria petrolifera serba), direttamente o attraverso società controllate: è anche l’unico fornitore di gas naturale in Serbia e il proprietario di maggioranza di entrambi i gasdotti che lo trasportano.
    Ciò che preoccupa Bruxelles è anche l’opportunismo del presidente Vučić, che da una parte cerca l’adesione del Paese nell’Unione Europea e dall’altra non appare intenzionato ad allentare l’alleanza storica con Putin. Se è vero che l’accordo per il gas al 2025 non influisce direttamente su nessun pacchetto di sanzioni UE contro la Russia, va sottolineato l’atteggiamento accusatorio del neo-rieletto presidente della Serbia nel presentarlo: “È molto favorevole per noi, anche se non è facile resistere perseguendo una politica indipendente e sovrana. Ma ci siamo riusciti dall’inizio della guerra in Ucraina ed è importante continuare a farlo”. Il riferimento è alle pressioni dei Ventisette per adottare le sanzioni economiche contro Mosca (la Serbia è l’unico Paese europeo a essersi opposta, insieme a Bosnia ed Erzegovina e Bielorussia) e abbandonare la presunta politica di neutralità e di condannare anche nei fatti l’aggressione militare russa.
    A questo si aggiunge un altro fattore sul medio-lungo periodo. Rispondendo alle domande dei giornalisti, Vučić ha ventilato l’ipotesi della costruzione di un nuovo impatto di stoccaggio di gas in Serbia gestito da Gazprom, tema di discussione durante la conversazione telefonica con il leader della Russia. Tutto questo si verificherebbe mentre Polonia e Bulgaria prima e Finlandia poi si sono viste tagliare le forniture di gas da Mosca e soprattutto mentre i 27 Paesi membri dell’UE dovranno cercare una via di uscita dalla dipendenza dalle fonti fossili russe, aumentando i partenariati internazionali e le vie di approvvigionamento (aperte anche alla Serbia). C’è un’ultima questione che, per quanto remota, non può far stare tranquillo il presidente Vučić. Se l’Unione Europea dovesse decidere di interrompere le forniture di gas da Mosca, la Serbia si troverebbe completamente tagliata fuori: il gasdotto BalkanStream (prolungamento del TurkStream che connette Russia e Turchia) passa dalla Bulgaria, mentre il gasdotto serbo-ungherese può essere chiuso da Budapest.

    Il presidente serbo, Aleksandar Vučić, non cede alle pressioni dei Ventisette sull’allineamento alle sanzioni contro Mosca e trova un accordo con Vladimir Putin per la fornitura di 2,2 miliardi di metri cubi di gas a prezzo agevolato rispetto al resto d’Europa

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    Il governo tedesco assume il controllo della filiale di Gazprom

    Bruxelles – Il governo tedesco ha preso il controllo di Gazprom Germania, attraverso l’Autorità di regolamentazione tedesca per garantire la sicurezza energetica. Lo ha annunciato il ministro dell’Economia Robert Habeck, dopo che la casa madre russa ha “abbandonato” la sua filiale.
    Tutti i diritti di voto nella società saranno trasferiti all’autorità di regolamentazione, la Bundesnetzagentur, ha detto Habeck in una conferenza stampa.
    “L’ordine dell’amministrazione fiduciaria serve a proteggere la sicurezza e l’ordine pubblico e a mantenere la sicurezza dell’approvvigionamento”, ha affermato Habeck. “Questo passaggio è obbligatorio”.
    La Bundesnetzagentur assumerà il controllo fino al 30 settembre 2022. Avrà il diritto di rimuovere dirigenti, assumere nuovo personale e indicare alla direzione come procedere.
    “Il nostro obiettivo sarà gestire la Gazprom Germania nell’interesse della Germania e dell’Europa”, ha dichiarato Klaus Mueller, capo della Bundesnetzagentur.
    Gazprom non ha fornito dettagli o spiegazioni sulla sua decisione di cessare la sua partecipazione in Gazprom Germania e tutte le sue attività, che includono filiali in Gran Bretagna, Svizzera e Repubblica Ceca.

    Dopo che la casa-madre russa aveva deciso di abbandonare la sua partecipazione nella succursale

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    Ispezioni a sorpresa dell’Antitrust UE per “alcune società” del gas in Germania. Gazprom nel mirino

    Bruxelles – L’Antitrust UE indaga in Germania su “sospette pratiche anticoncorrenziali” da parte di società attive nella fornitura, trasmissione e stoccaggio di gas naturale. A confermarlo è la stessa Commissione Europea in una nota pubblicata oggi (giovedì 31 marzo) e relativa alle ispezioni “senza preavviso” nei locali di alcune società due giorni fa. L’esecutivo comunitario non specifica quali aziende sono state coinvolte nelle perquisizioni, ma le indiscrezioni della stampa internazionale hanno individuato la russa Gazprom al centro della retata delle autorità comunitarie, in collaborazione con i colleghi tedeschi, per verificare la possibilità di abuso di posizione dominante nel mercato energetico.
    “Le ispezioni senza preavviso sono un passo investigativo preliminare su sospette pratiche anticoncorrenziali” nell’ambito della fornitura di gas naturale in Germania, si legge nella comunicazione dell’Antitrust UE. Tuttavia, questo “non significa che le imprese siano colpevoli” e per il completamento delle indagini “non c’è un termine legale”, avvertono le autorità comunitarie. La loro durata dipenderà da “una serie di fattori”, tra cui la complessità del caso, il livello di collaborazione con la Commissione Europea da parte delle aziende coinvolte nelle ispezioni e la portata dell’esercizio dei diritti di difesa.
    Le indiscrezioni riportate ieri da Bloomberg, secondo cui i funzionari della Commissione UE hanno fatto irruzione negli uffici del gigante russo Gazprom e della sua filiale di distribuzione Wingas in Germania come parte dell’indagine in corso sui prezzi del gas, sono state confermate questa mattina da fonti europee all’agenzia di stampa AFP. L’operazione sarebbe giustificata dal fatto che dovrebbe aprirsi a breve l’indagine ufficiale sul comportamento di Gazprom da parte del gabinetto guidato da Ursula von der Leyen.
    È da ottobre dello scorso anno che l’Antitrust UE sta raccogliendo prove sulla possibile manipolazione del mercato nel settore del gas naturale da parte di alcuni operatori commerciali, da quando è scoppiata l’emergenza energetica, in particolare il gigante russo Gazprom. Il 13 gennaio scorso Margrethe Vestager, vicepresidente della Commissione e responsabile per la Concorrenza, aveva confermato che Bruxelles “sta affrontando la questione con priorità“, considerato il “comportamento abbastanza raro nel mercato” dell’energia: “Il fatto che un’azienda decida di limitare l’offerta [di gas, ndr], pur essendo di fronte a un aumento della domanda, è un comportamento che ci fa pensare”. Due mesi fa e mezzo fa non era ancora iniziata l’invasione russa dell’Ucraina e oggi l’Unione deve fare i conti con l’ulteriore aggravamento della situazione sul fronte dell’approvvigionamento energetico dalla Russia e dell’aumento dei prezzi del gas.

    I funzionari hanno perquisito gli uffici lo scorso 29 marzo, in collaborazione con i colleghi tedeschi, per “sospette pratiche anticoncorrenziali” nella fornitura, trasmissione e stoccaggio di gas naturale. Il gigante russo sarebbe al centro dell’inchiesta

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    L’Unione Europea lavora a nuove misure contro il caro energia

    Bruxelles – La Commissione europea sta valutando se e come rafforzare la risposta europea al rialzo dei prezzi dell’energia, questa volta in maniera più strutturale. Secondo la sua ultima agenda provvisoria (che è sempre suscettibile a modifiche dell’ultima ora) dovrebbe presentare il 2 marzo una nuova comunicazione sull’energia per fare un punto della situazione e valutare se le misure pubblicate a sostegno degli Stati il 13 ottobre scorso possano essere ulteriormente rafforzate, potendo contare questa volta sulla valutazione del mercato energetico dell’UE dell’Agenzi per la cooperazione tra i regolatori dell’energia (ACER).
    Sono almeno 23 gli Stati membri che da ottobre hanno adottato misure per proteggere le famiglie e le imprese dai prezzi elevati di gas ed elettricità, mobilitando già oltre 21 miliardi di euro per circa 70 milioni di persone e di diversi milioni di imprese. Il pacchetto di linee guida mobilitato da Bruxelles è però solo una risposta a breve termine all’aumento eccezionale dei prezzi dell’energia, a dicembre il prezzo del gas all’ingrosso ha toccato il picco di 180 euro/MWh, poi sceso grazie a un aumento delle consegne di GNL (Gas naturale liquefatto) e condizioni climatiche più miti. Secondo diversi Paesi membri è un problema che va affrontato in maniera più strutturale vista anche l’incertezza che domina i rapporti dell’UE con la Russia, da cui dipende buona parte del gas in arrivo nel continente europeo.
    Nella sua iniziativa per decarbonizzare il mercato del gas pubblicata a dicembre, la Commissione ha messo sul tavolo la proposta di uno stoccaggio comune e di una riserva strategica di gas, come chiedevano diversi Stati membri tra cui l’Italia e la Spagna. La Commissione ha inoltre chiesto all’ACER di preparare un rapporto che analizza il funzionamento del mercato europeo dell’energia: studiare i benefici e gli svantaggi dell’attuale mercato potrebbe portare l’ACER a inviare a Bruxelles eventuali raccomandazioni e una delle opzioni possibili (richiesta da alcuni governi e mai esclusa dalla stessa presidente Ursula von der Leyen) potrebbe essere il disaccoppiamento dei prezzi di gas ed elettricità, in modo che non sia influenzati a vicenda.
    Lavorare sul piano interno non basta. La crisi energetica in cui si ritrova l’UE è in parte dovuta alla forte dipendenza dell’UE dalle fonti fossili e soprattutto da Paesi terzi, la Russia in primis. Bruxelles è preoccupata che un’ulteriore escalation di tensione in Ucraina possa abbattersi su ulteriori tagli alle forniture per l’Europa. Parlando in commissione parlamentare per l’Industria, la commissaria all’Energia Kadri Simson ha rivelato questa settimana che “i depositi di gas della (compagnia energetica russa) Gazprom in Europa sono pieni solo al 16 per cento”. E questo è uno dei motivi per cui il livello di stoccaggio del gas nell’UE “è in costante diminuzione”, si attesta a circa il 40 percento, ovvero il 10 per cento in meno rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti.
    L’UE sta già indagando sul comportamento sul mercato di Gazprom per comprendere la portata della pressione della Russia nella crisi energetica in corso: Mosca rispetta gli impegni di fornitura a lungo termine, ma ha rinunciato a rispondere alle richieste di ulteriori forniture da parte dei Paesi UE. Per questo, parallelamente, l’UE è alla ricerca di fonti alternative alla Russia per l’approvvigionamento e la fornitura di gas, in particolare di gas naturale liquefatto (GNL) che ha vantaggi sia dal punto di vista del trasporto sia di impatto ambientale. “La riduzione delle forniture di gas russo è in parte stata compensata dalle forniture di GNL” in Europa, ha chiarito Simson agli eurodeputati. Dopo aver cercato di rilanciare le discussioni con il Qatar, oggi la commissaria europea è a Baku, in Azerbaigian, per partecipare all’ottava riunione ministeriale del Consiglio consultivo del corridoio meridionale del gas. Un’occasione per “riaffermare il partenariato energetico strategico tra l’Unione Europea e l’Azerbaigian” ma anche per discutere nuove prospettive per rafforzarne le forniture all’Europa.

    Very good in depth discussion on #energy co-operation with @ParvizShahbazov, the Energy Minister of 🇦🇿
    We agreed to step-up our partnership, both in the gas sector, but also in the field of #renewables. pic.twitter.com/nOWPtxeguF
    — Kadri Simson (@KadriSimson) February 4, 2022

    La prossima settimana sarà la volta del Consiglio per l’energia UE-USA, che si terrà il 7 febbraio a Washington. Simson volerà oltreoceano per ringraziare il presidente statunitense Joe Biden per l’aumento di forniture di GNL all’Europa in questi tempi di crisi. L’intera Commissione Europea si sta muovendo velocemente sulla scena internazionale per arrivare prima dell’estate con una nuova strategia per un dialogo internazionale sull’energia, che Bruxelles punta a pubblicare (presumibilmente a maggio) per sostenere gli Stati membri nei loro contatti internazionali per le forniture energetiche che non siano con la Russia. In questo contesto preparatorio, Bruxelles sta lavorando contemporaneamente per un nuovo “partenariato multisettoriale” con i Paesi del Golfo Persico (Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Iran, Iraq, Kuwait, Oman, Qatar) che sono i principali fornitori internazionali di idrocarburi, i componenti essenziali del petrolio greggio, dei gas naturali e di altri combustibili. L’iniziativa è tesa “a vedere con occhi nuovi le relazioni tra l’UE e il Golfo” sostiene Bruxelles, soprattutto sul piano della sicurezza energetica dell’UE.

    La Commissione deciderà a marzo su possibili nuove misure per rafforzare la sua “cassetta degli attrezzi” per orientare gli Stati membri, mentre rafforza il dialogo con i partner internazionali, compresi i Paesi del Golfo, per ridurre la sua dipendenza dal gas russo