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    Con la nuova legge sulla famiglia, la Georgia si allontana sempre più dall’Europa

    Bruxelles – Come i gamberi, così Tbilisi. La Georgia sembra continuare a fare passi indietro nel suo percorso di adesione all’Unione europea, che da mesi è di fatto congelato per via delle preoccupazioni di Bruxelles sulla situazione della democrazia, delle libertà civili e dello Stato di diritto. Ora, l’ultima aggiunta alla lista di scelte problematiche compiute dal Paese caucasico è una legge sui valori della famiglia che, secondo i vertici comunitari, mettono a serio rischio le minoranze. In una nota sul suo sito, il Servizio di azione esterna europeo (Seae) ha deplorato l’adozione da parte del Parlamento georgiano del pacchetto legislativo sui “valori della famiglia e la protezione dei minori”. Le nuove norme, approvate dai deputati in seconda lettura mercoledì (4 settembre), modificano l’articolo 30 della Costituzione inserendo nella carta fondamentale il riferimento a diverse questioni come il matrimonio, l’adozione e l’affidamento di minori, gli interventi medici legati all’identità di genere, il riconoscimento del genere nei documenti e l’uso di termini legati al genere nei comunicati ufficiali e nella sfera mediatica. In sostanza, ora la Georgia riconosce come famiglia – e tutela in quanto tale – solo l’unione di un uomo (“biologicamente maschio”) e di una donna (“biologicamente femmina”). La nuova legge “mina i diritti fondamentali della popolazione georgiana e rischia di stigmatizzare e discriminare ulteriormente una parte della popolazione”, si legge nel comunicato del Seae, che constata come “una legislazione con importanti ripercussioni sul percorso di integrazione nell’Ue sia stata approvata senza le dovute consultazioni pubbliche e senza un’analisi approfondita della sua conformità agli standard europei e internazionali”. Il Servizio, che fa capo all’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza Josep Borrell, sottolinea che “la garanzia e il rispetto dei diritti umani sono al centro del processo di allargamento” e che “il processo di adesione della Georgia è di fatto interrotto”, esortando le autorità di Tbilisi a tornare sui propri passi.Con l’adozione della nuova legislazione, dunque, il Paese del Caucaso meridionale si allontana ancora di più dalla prospettiva dell’adesione al blocco dei Ventisette, allungando la lista di provvedimenti incompatibili con gli standard europei per quanto riguarda soprattutto la tenuta della democrazia e dello Stato di diritto. Dalla famigerata legge sugli “agenti stranieri”, che pochi mesi fa aveva portato in piazza decine di migliaia di manifestanti e che aveva spinto il Consiglio europeo a giudicare “di fatto arrestato” il percorso di adesione di Tbilisi all’Ue, fino alla prospettiva, basata su quella stessa legge e per ora solo ventilata, di bandire i partiti di opposizione dopo le elezioni in calendario per il mese prossimo. Una brusca battuta di arresto per l’obiettivo, ormai lontanissimo, di diventare il primo Stato candidato ad accedere all’Unione entro il 2030.

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    Stretta anti-Lgbtq+ in Bulgaria: si moltiplicano le richieste di sanzioni contro Sofia

    Bruxelles – La controversa legge contro la “propaganda Lgbtq+”, approvata lo scorso 8 agosto dall’Assemblea nazionale, il Parlamento bulgaro, è ufficialmente entrata in vigore con la promulgazione da parte del presidente della Repubblica, Rumen Radev, avvenuta il 15 agosto. E si moltiplicano le richieste, da parte di diversi attori politici e della società civile, di sanzionare il Paese balcanico che, con le nuove norme, mette a repentaglio la tutela dei diritti delle minoranze e l’uniformità del diritto comunitario. Gli ultimi in ordine cronologico sono stati i liberali di Renew Europe: il gruppo dell’europarlamentare “condanna fortemente la firma da parte del presidente della Bulgaria del disegno di legge adottato dal Parlamento bulgaro che prende di mira i gruppi sulla base del loro orientamento sessuale”, si legge su X. “Questa legge”, prosegue la nota, “va contro ai diritti fondamentali e alle libertà riconosciute dal diritto internazionale” e riflesse anche nel diritto comunitario. Renew richiede dunque “un’indagine completa da parte della Commissione europea per difendere con fermezza le leggi e i valori dell’Ue”. Una richiesta che implica l’avvio di quelle verifiche che possono portare ad un’eventuale procedura d’infrazione per mancato mancato rispetto dello Stato di diritto.All’Europarlamento c’erano già state delle levate di scudi contro le norme in questione, prima ancora che fossero definitivamente tramutate in legge. Ad esempio da parte del Partito democratico europeo (Pde), membro proprio di Renew. Ma anche dall’intergruppo Lgbtq+, il quale aveva chiesto alla presidente dell’esecutivo Ue, Ursula von der Leyen, di “condannare con urgenza” gli sviluppi in corso a Sofia e alla commissaria all’Uguaglianza, Helena Dalli, di agire contro una legge definita “un attacco diretto alla comunità Lgbtq+, in particolare ai bambini”. Lo scorso 13 agosto, proprio Dalli aveva inviato al ministro dell’Istruzione e della scienza, Galin Tsokov, una lettera in cui chiedeva chiarimenti da parte dell’esecutivo bulgaro sulle misure che intendeva mettere in atto. Stando ai suoi portavoce, la Commissione “analizzerà se la legislazione è in linea con il diritto Ue”. Anche diverse organizzazioni della società civile bulgara stanno facendo appello alla Commissione perché avvii una procedura d’infrazione contro il governo. L’associazione per la tutela dei diritti umani Forbidden colours, ad esempio, ha specificamente richiesto il congelamento dei fondi comunitari destinati a Sofia nell’ambito dell’istruzione e della cultura, come ad esempio il programma Erasmus+. Anche l’ong Ilga-Europe ha condannato fermamente le nuove disposizioni legislative e ha esortato Bruxelles e le cancellerie degli altri Stati membri a fare altrettanto.Le norme al centro delle polemiche erano state adottate dai legislatori bulgari a larghissima maggioranza (159 voti a favore, 22 contrari e 12 astensioni) all’inizio del mese, in una rara convergenza tra i partiti politici in un Paese che sta attraversando una delle crisi politiche più profonde della sua storia e che tornerà al voto il prossimo ottobre per la settima volta in tre anni. L’emendamento più controverso era stato avanzato dall’estrema destra filo-russa ed euroscettica di Vazrazhdane (Rinascita), che a Strasburgo siede con i tedeschi dell’AfD nel gruppo dell’Europa delle nazioni sovrane (Esn), ma ha trovato un appoggio trasversale in Aula. Il governo di Sofia non ha ancora dato seguito ad una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (la Cedu di Strasburgo, un organismo che non fa parte dell’architettura dell’Ue), risalente all’anno scorso, che chiedeva il riconoscimento legale delle relazioni tra persone dello stesso sesso. La legge appena approvata va nella direzione opposta e sembra modellata su quella, sostanzialmente identica, approvata dal Parlamento ungherese nel 2021 che a sua volta si ispira ad una analoga introdotta in Russia nel 2013. Ma già a luglio di tre anni fa Bruxelles ha avviato una procedura di infrazione contro Budapest per la presunta violazione dei Trattati fondamentali dell’Unione. Nella causa presso la Corte di giustizia Ue, la Commissione è sostenuta da una quindicina di Paesi membri (di cui non fanno parte l’Italia e quasi tutti gli Stati dell’Europa centro-orientale, dai Balcani ai Baltici).Attualmente, circa 12 miliardi di euro di fondi di coesione destinati all’Ungheria sono bloccati per il mancato rispetto dello Stato di diritto, così come la maggior parte degli oltre dieci miliardi del Pnrr magiaro. Ora, i critici della nuova legge anti-Lgbtq+ di Sofia vorrebbero vedere lo stesso pugno duro anche contro l’esecutivo bulgaro.