Bruxelles – La controversa legge contro la “propaganda Lgbtq+”, approvata lo scorso 8 agosto dall’Assemblea nazionale, il Parlamento bulgaro, è ufficialmente entrata in vigore con la promulgazione da parte del presidente della Repubblica, Rumen Radev, avvenuta il 15 agosto. E si moltiplicano le richieste, da parte di diversi attori politici e della società civile, di sanzionare il Paese balcanico che, con le nuove norme, mette a repentaglio la tutela dei diritti delle minoranze e l’uniformità del diritto comunitario. Gli ultimi in ordine cronologico sono stati i liberali di Renew Europe: il gruppo dell’europarlamentare “condanna fortemente la firma da parte del presidente della Bulgaria del disegno di legge adottato dal Parlamento bulgaro che prende di mira i gruppi sulla base del loro orientamento sessuale”, si legge su X. “Questa legge”, prosegue la nota, “va contro ai diritti fondamentali e alle libertà riconosciute dal diritto internazionale” e riflesse anche nel diritto comunitario. Renew richiede dunque “un’indagine completa da parte della Commissione europea per difendere con fermezza le leggi e i valori dell’Ue”. Una richiesta che implica l’avvio di quelle verifiche che possono portare ad un’eventuale procedura d’infrazione per mancato mancato rispetto dello Stato di diritto.All’Europarlamento c’erano già state delle levate di scudi contro le norme in questione, prima ancora che fossero definitivamente tramutate in legge. Ad esempio da parte del Partito democratico europeo (Pde), membro proprio di Renew. Ma anche dall’intergruppo Lgbtq+, il quale aveva chiesto alla presidente dell’esecutivo Ue, Ursula von der Leyen, di “condannare con urgenza” gli sviluppi in corso a Sofia e alla commissaria all’Uguaglianza, Helena Dalli, di agire contro una legge definita “un attacco diretto alla comunità Lgbtq+, in particolare ai bambini”. Lo scorso 13 agosto, proprio Dalli aveva inviato al ministro dell’Istruzione e della scienza, Galin Tsokov, una lettera in cui chiedeva chiarimenti da parte dell’esecutivo bulgaro sulle misure che intendeva mettere in atto. Stando ai suoi portavoce, la Commissione “analizzerà se la legislazione è in linea con il diritto Ue”. Anche diverse organizzazioni della società civile bulgara stanno facendo appello alla Commissione perché avvii una procedura d’infrazione contro il governo. L’associazione per la tutela dei diritti umani Forbidden colours, ad esempio, ha specificamente richiesto il congelamento dei fondi comunitari destinati a Sofia nell’ambito dell’istruzione e della cultura, come ad esempio il programma Erasmus+. Anche l’ong Ilga-Europe ha condannato fermamente le nuove disposizioni legislative e ha esortato Bruxelles e le cancellerie degli altri Stati membri a fare altrettanto.Le norme al centro delle polemiche erano state adottate dai legislatori bulgari a larghissima maggioranza (159 voti a favore, 22 contrari e 12 astensioni) all’inizio del mese, in una rara convergenza tra i partiti politici in un Paese che sta attraversando una delle crisi politiche più profonde della sua storia e che tornerà al voto il prossimo ottobre per la settima volta in tre anni. L’emendamento più controverso era stato avanzato dall’estrema destra filo-russa ed euroscettica di Vazrazhdane (Rinascita), che a Strasburgo siede con i tedeschi dell’AfD nel gruppo dell’Europa delle nazioni sovrane (Esn), ma ha trovato un appoggio trasversale in Aula. Il governo di Sofia non ha ancora dato seguito ad una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (la Cedu di Strasburgo, un organismo che non fa parte dell’architettura dell’Ue), risalente all’anno scorso, che chiedeva il riconoscimento legale delle relazioni tra persone dello stesso sesso. La legge appena approvata va nella direzione opposta e sembra modellata su quella, sostanzialmente identica, approvata dal Parlamento ungherese nel 2021 che a sua volta si ispira ad una analoga introdotta in Russia nel 2013. Ma già a luglio di tre anni fa Bruxelles ha avviato una procedura di infrazione contro Budapest per la presunta violazione dei Trattati fondamentali dell’Unione. Nella causa presso la Corte di giustizia Ue, la Commissione è sostenuta da una quindicina di Paesi membri (di cui non fanno parte l’Italia e quasi tutti gli Stati dell’Europa centro-orientale, dai Balcani ai Baltici).Attualmente, circa 12 miliardi di euro di fondi di coesione destinati all’Ungheria sono bloccati per il mancato rispetto dello Stato di diritto, così come la maggior parte degli oltre dieci miliardi del Pnrr magiaro. Ora, i critici della nuova legge anti-Lgbtq+ di Sofia vorrebbero vedere lo stesso pugno duro anche contro l’esecutivo bulgaro.