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    Difesa, sicurezza, energia: i Parlamenti di Ue e Regno Unito intensificano la cooperazione

    Bruxelles – Di fronte alla minaccia comune alla sicurezza del continente, ma anche alla guerra dei dazi e al cambiamento climatico, Londra e Bruxelles si stanno ormai avvicinando come non accadeva da tempo. Dopo i sempre più numerosi colloqui tra il primo ministro britannico Keir Starmer e i presidenti della Commissione e del Consiglio europeo Ursula Von Der Leyen e Antonio Costa, ad intensificare il dialogo e la collaborazione sono stavolta il Parlamento Europeo e Westminster. Nella giornata di oggi (18 marzo) si è concluso l’incontro dell’Assemblea Ue-Uk per la partnership parlamentare (Ppa). Il forum, composto dalle delegazioni dei due Parlamenti, si riunisce periodicamente, ed è volto a discutere lo sviluppo e l’implementazione dell’Accordo per il commercio e la cooperazione, che dal 2021 costituisce la bussola dei rapporti politici e commerciali tra le due sponde della Manica.Le due delegazioni, che si sono incontrate per la prima volta dopo le elezioni parlamentari della scorsa estate in Ue e Regno Unito, si sono dette pronte ad “approfondire pienamente rapporti costruttivi basati su valori comuni, fiducia reciproca” e soprattutto “una gamma di questioni di interesse comune”. I parlamentari hanno riconosciuto e accolto gli sforzi dei due esecutivi per lo sviluppo di legami in un periodo di grande sfida geopolitica, e hanno adottato una serie di raccomandazioni “prendendo nota di dove stiamo lavorando bene insieme, attenzionando l’impegno delle parti al supporto dell’Ucraina nel suo sforzo contro la guerra di aggressione della Russia, e sottolineando le aree dove devono essere fatti maggiori sforzi”.Sono state svariate le aree di cooperazione discusse dall’assemblea. Al centro i temi della sicurezza e della difesa, inclusa la lotta alla disinformazione in aree come i Balcani occidentali, la Moldavia e l’Ucraina, ma anche la questione del futuro della collaborazione anglo-europea in politica estera. La Ppa ha discusso la possibilità di offrire nuove opportunità ai giovani, collaborare ulteriormente per il raggiungimento dell’autonomia energetica (con programmi congiunti per l’energia rinnovabile nel Mare del Nord, ad esempio) ma anche aumentare il supporto allo sviluppo internazionale- essenziale dopo la sospensione degli aiuti americani. Immigrazione, sanzioni e mobilità saranno discusse nei prossimi incontri, mentre si sono tenute discussioni informali su intelligenza artificiale, regolamentazione dei servizi finanziari e lotta ai cambiamenti climatici. L’incontro ha prodotto una serie di raccomandazioni che le delegazioni presenteranno ai reciproci esecutivi in occasione del prossimo Summit Uk-Ue previsto per il 19 maggio.I capidelegazione hanno espresso grande soddisfazione e gratitudine per gli sforzi intrapresi, sottolineando il clima di distensione ed intesa che ha caratterizzato il forum. “E’ stato molto costruttivo” ha detto Sandro Gozi, deputato francese e copresidente per conto dell’Ue: “l’atmosfera è certamente migliorata, dobbiamo sfruttare il potenziale dei trattati esistenti e creare basi per una fiducia comune, essenziale per approfondire e sviluppare il nostro partenariato in nuovi campi”. “E’ come girare pagina su un dialogo, più positivo e robusto, tra le nostre due nazioni. C’è forte consenso sul supporto al presidente Zelensky e abbiamo riconosciuto alcune delle sfide che riguardano la sicurezza energetica e il clima, oltre che altre questioni” ha dichiarato la capodelegazione britannica Marsha de Cordova. La parlamentare laburista ha poi concluso il suo intervento con una battuta rivolta a Gozi, del Mouvement démocrate: “Ho apprezzato l’ospitalità del mio copresidente o, come lo chiamo io, il mio nuovo amico centrista”.

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    Von der Leyen: “Non possiamo permetterci di essere sottomessi dalla storia”

    Bruxelles – “Se l’Europa vuole evitare la guerra, deve prepararsi alla guerra”. Ursula von der Leyen parla ai cadetti danesi a Copenaghen ed è più esplicita che mai, sin dall’inizio del suo discorso. Anticipando i temi del Libro Bianco sulla Difesa che la Commissione europea presenterà domani, indica il nemico più prossimo, la Russia, l’alleato che si distrae, gli Usa, e dunque della necessità per l’Unione europea di fare da sola, per tutelare la propria sopravvivenza. Parlando ai danesi assicura ancora un volta “a tutti i cittadini della Groenlandia, e della Danimarca in generale, che l’Europa difenderà sempre la sovranità e l’integrità territoriale”.Poi, apprezzando la scelta danese di aumentare al 3 per cento del Pil la propria spesa militare, ammonisce sul fatto che negli ultimi decenni “ci siamo rapidamente convinti che questo periodo davvero eccezionale, che ha visto la caduta della cortina di ferro e del muro di Berlino e la liberazione di intere nazioni e popoli, fosse una nuova normalità”. Secondo la presidente della Commissione questo “ha portato a un sottoinvestimento nella difesa e, francamente, a un eccesso di compiacimento. I nostri avversari hanno utilizzato quel tempo non solo per rimobilitarsi, ma anche per sfidare le regole che governano la sicurezza globale“.Oggi, però, “l’era dei dividendi della pace è ormai lontana”.Secondo von der Leyen “l’architettura di sicurezza su cui facevamo affidamento non può più essere data per scontata. L’era delle sfere di influenza e della competizione per il potere è tornata. Prendiamo la Russia. Conosciamo già la sua determinazione nel negare ad altri paesi il diritto di scegliere la propria strada. E ora la Russia è su un percorso irreversibile verso la creazione di un’economia di guerra. Ha ampliato enormemente la sua capacità di produzione militare-industriale. Il 40 per cento del bilancio federale è destinato alla difesa. Il 9 per cento del suo Pil. Questo investimento alimenta la sua guerra di aggressione in Ucraina, preparandola al contempo al futuro scontro con le democrazie europee”.Questo mentre “le minacce aumentano il nostro partner più antico, gli Stati Uniti, sposta la propria attenzione sull’Indo-Pacifico”.Ma, dice dunque von der Leyen, “ora è il momento di parlare onestamente, in modo che ogni europeo capisca cosa è in gioco. Perché il disagio di sentire queste parole impallidisce di fronte al dolore della guerra. Il punto è che dobbiamo vedere il mondo così com’è e dobbiamo agire immediatamente per affrontarlo. Perché un nuovo ordine internazionale si formerà nella seconda metà di questo decennio e oltre“.E qui la presidente della Commissione azzarda un cambio di paradigma radicale: di fronte a queste sfide “continueremo a reagire a ogni sfida in modo incrementale e cauto? O siamo pronti a cogliere questa opportunità per costruire un’Europa più sicura? Un’Europa prospera, libera e pronta, disposta e capace di difendersi. La risposta è chiara. La scelta non c’è”.Von der Leyen (nello specchio) durante i saluti che hanno preceduto il suo intervento a Copenaghen. (Fonte: Ebs)Gli europei, sostiene la politica tedesca sono “pronti a prendere il controllo del cambiamento che è inevitabile. Perché non possiamo permetterci di essere sottomessi dalla storia. Ciò significa che agire ora è un dovere. Agire in grande è una condizione sine qua non per velocità, portata e forza entro il 2030″.Entro il 2030, l’Europa deve avere una forte posizione di difesa europea. E lancia lo slogan “Readiness 2030” (pronti per il 2030) che significa “aver riarmato e sviluppato le capacità per avere una deterrenza credibile. ‘Readiness 2030’ – sottolinea – significa avere una base industriale della difesa che costituisca un vantaggio strategico. Ma per essere pronti per il 2030 dobbiamo agire ora”.Von der Leyen assicura che, come d’altra parte prevedono i Trattati, “gli Stati membri manterranno sempre la responsabilità delle proprie truppe, dalla dottrina allo spiegamento, e della definizione dei requisiti delle loro forze armate. Ma c’è molto che è necessario a livello europeo. E domani presenteremo una tabella di marcia per la ‘Readiness 2030’.La presidente elenca poi quattro priorità. “La prima e principale priorità è un aumento della spesa per la difesa” afferma, spiegando che quella attuale “è ancora molto inferiore a quella di Stati Uniti, Russia e Cina”. Ricorda poi qui il piano già lanciato per sbloccare 800 miliardi di euro di investimenti nella difesa europea, con un nuovo strumento, chiamato SAFE, “che può sbloccare rapidamente 150 miliardi di euro per gli Stati membri”. Questo, assicura, “ci aiuterà a comprare meglio, più velocemente e più europeo. E faciliterà gli appalti congiunti”, restando comunque “in linea con la Nato”. Ma è necessario “aiutare gli Stati membri ad aumentare i propri bilanci della difesa. Per questo motivo proponiamo di attivare quella che chiamiamo la clausola di salvaguardia nazionale. Ciò darà ai paesi molta più flessibilità per spendere di più in difesa senza violare le regole fiscali”. Secondo i calcoli della Commissione questo ha il potenziale per mobilitare una spesa aggiuntiva per la difesa fino all’1,5 per cento del Pil, “circa 650 miliardi di euro nei prossimi quattro anni”, mentre si lavora “per attirare anche finanziamenti privati, sia dalla Bei che dai mercati dei capitali”.Secondo punto: “Dobbiamo colmare le nostre lacune in termini di capacità. E dobbiamo farlo in modo europeo. Ciò significa una cooperazione paneuropea su larga scala per affrontare le lacune nelle aree prioritarie”. Si parte da elementi fondamentali come le infrastrutture e la mobilità militare. “Entro il 2030 – spiega -, avremo bisogno di una rete funzionante a livello europeo di corridoi terrestri, aeroporti e porti marittimi che facilitino il trasporto rapido di truppe e attrezzature militari. Allo stesso tempo, dobbiamo investire nella difesa aerea e missilistica, nei sistemi di artiglieria, nelle munizioni e nei missili”. Senza dimenticare i droni, come ha insegnato l’Ucraina “l’Europa deve sviluppare tutti i tipi di sistemi senza pilota e il software e i sensori avanzati che li supportano”, poi il cyber, l’uso dell’IA militare o del quantum computing. “La portata, il costo e la complessità dei progetti in questi settori vanno ben oltre le capacità di ogni singolo Stato membro – ammonisce la presidente -. Ma insieme, come europei, possiamo vincere questa sfida”.“Aumentare il sostegno all’Ucraina” è la terza priorità. Questa “è quella che chiamiamo la strategia del porcospino d’acciaio. Perché dobbiamo rendere l’Ucraina abbastanza forte da essere indigesta per potenziali invasori. Quindi dobbiamo investire nella forza dell’Ucraina. Nella deterrenza attraverso la negazione”, avverte. “Per contribuire a realizzare questo obiettivo, istituiremo una task force congiunta con l’Ucraina per coordinare il sostegno militare dell’Ue e degli Stati membri all’Ucraina”. Ma anche l’Ucraina può sostenerci, “c’è molto che possiamo imparare dalla trasformazione dell’industria della difesa ucraina. L’innovazione, la velocità e la portata della sua base industriale sono notevoli. Quindi dobbiamo accelerare l’integrazione dell’Ucraina nel mercato europeo delle attrezzature per la difesa. E la nostra industria – rileva von der Leyen – sta imparando dall’industria della difesa ucraina. L’industria ucraina ha l’esperienza quotidiana del campo di battaglia, sa come innovare just in time e produrre in modo più veloce, più economico e più intelligente”.Quarta priorità: “rafforzare la base industriale della difesa europea”. Abbiamo – ricorda von der Leyen – molte aziende della difesa competitive e leader a livello mondiale, e molte Pmi che stanno sviluppando nuove tecnologie all’avanguardia dell’innovazione. “Ma la nostra base industriale ha ancora delle debolezze strutturali. Non è ancora in grado di produrre sistemi e attrezzature per la difesa nelle quantità e alla velocità di cui gli Stati membri hanno bisogno. Rimane troppo frammentata – spiega la presidente – con attori nazionali dominanti che si rivolgono ai mercati interni”. Dunque bisogna iniziare con gli investimenti in Europa, “dobbiamo acquistare di più in Europa. Perché ciò significa rafforzare la base tecnologica e industriale della difesa europea. Ciò significa stimolare l’innovazione e creare un mercato europeo per le attrezzature di difesa”. “Istituiremo un meccanismo europeo di vendita militare per contribuire a realizzare questo obiettivo”, annuncia la presidente, spiegando che “proporremo un Omnibus della Difesa per semplificare le norme e i regolamenti”.Il quadro è complesso e pericoloso, ma, assicura von der Leyen, “siamo più forti di quanto pensiamo”, ed abbiamo “partner, amici e alleati con cui può lavorare e su cui può contare”, e, ribadisce infine “siamo pienamente impegnati a lavorare con la NATO e gli Stati Uniti. La nostra sicurezza è indivisibile. Ecco perché stiamo lavorando per aprire nuovi orizzonti in materia di sicurezza con il Regno Unito e altri partner in Europa, nel nostro vicinato o all’interno del G7. Dal Canada alla Norvegia. E anche in paesi lontani come l’India e altre parti dell’Asia”.“La libertà non è un processo. È una lotta costante. È il dovere di ogni generazione”, conclude la presidente della CommissioneDi questi e altri temi legati alla Difesa si parlerà il 15 aprile a Roma nell’evento della serie Connact “Difesa comune europea: finanziamenti e integrazione industriale“.

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    Il libro bianco sulla difesa certifica che Russia e Cina sono i possibili nemici dell’Ue

    Bruxelles – La Russia senza ombra di dubbio, e poi la Cina. I nemici potenziali dell’Unione europea sono loro, sono i grandi attori del versante orientale del mondo, e da adesso sono nemici dichiarati, perché tali sono definiti all’interno del libro bianco sul futuro della difesa. Qui si citano esplicitamente, per il ruolo che hanno giocato e, soprattutto per quello che ancora non hanno avuto.“La Russia è una minaccia esistenziale per l’Unione“, si legge nell’introduzione del documento redatto a Bruxelles. “Considerato il suo passato di invasione dei suoi vicini e le sue attuali politiche espansionistiche, la necessità di una deterrenza contro le aggressioni armate della Russia resterà anche dopo un accordo di pace giusta e duratura in Ucraina“. Visioni e considerazioni sul Cremlino sono chiare, e fanno capire come l’Ue intende vivere da qui in avanti, con uno stato di allerta perenne per una minaccia avvertita come persistente, ma non isolata.Perché la minaccia russa è strettamente collegata quella cinese. “Anche se un cessate il fuoco dovesse essere raggiunto in Ucraina, la Russia probabilmente continuerà ad aumentare la scale della sua economia di guerra, col sostegno di Bielorussia, Cina e Corea del nord“. E’ questo un nuovo, più diretto, attacco frontale dell’Ue alla Repubblica popolare, già criticata per il suo appoggio a Mosca. Se da una parte “una Russia revanscista è la minaccia militare immediata per l’Ue“, dall’altra parte c’è il governo di Pechino che “sta aumentando costantemente” la sua produzione di capacità militare col risultato che adesso la Cina “possiede un forza militare di primo rango con capacità marittime senza precedenti”.Un dragone cinese. La Cina è diventata una minaccia per l’Ue [foto: imagoeconomica, tramite AI]Il risultato di questa crescita militare cinese, riconosce pubblicamente la Commissione europea, è che “l’equilibrio strategico nella regione dell’Indo-Pacifico è sotto pressione, il che influisce sulla sicurezza dell’Ue“. Insomma, il libro bianco sul futuro della difesa sconfessa le aspettative della presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, che proprio alla Cina guardava come possibile alternativa agli Stati Uniti di Donald Trump. Invece, a giudicare dai contenuti del documento, i migliori auspici appaiono morti e sepolti. Anche perché, si denuncia ancora, “la Cina è diventato un un attore ibrido principale che minaccia l’Ue“. Vuol dire che Pechino attacca l’Europa senza bisogno di muovere truppe, utilizzando tecniche diverse e metodi diversi da quelli militari per indebolire il blocco a dodici stelle.Certo, non è un mistero che la Repubblica popolare abbia importanti leve economiche grazie al controllo dei porti europei, che garantiscono al Paese asiatico una presenza tale da minacciare la sicurezza a dodici stelle.  Ma la minaccia cinese si estende oltre l’Europa e diventa più globale, e l’Ue lo mette nero su bianco. “La Cina sta utilizzando l’insieme dei suoi strumenti economici, militari e informatici per esercitare pressione su Tawain e sui Paesi che si affacciano sul mar cinese meridionale“. Le acque dell’area sono ‘agitate’, visto che le isola Paracelso, controllate da Pechino dal 1974, sono rivendicate da Taiwan e dal Vietnam, mentre tra Repubblica popolare e Filippine si contendono le isole Spratly, che ricadono nella zona economica esclusiva di Manila per le contestazioni cinesi.In sostanza, la Cina “sta minando la stabilità regionale”, avverte la Commissione europea, preoccupata per le ricadute anche economiche potenziali. Il mar cinese meridionale è gioca un ruolo commerciale non indifferente, essendo al centro di alcune delle rotte marittime più trafficate al mondo che collegano Cina, Giappone, Corea del sud e Taiwan con l’oceano Indiano. Non solo: i fondali di questa porzione marittima nascondono importanti giacimenti di petrolio e di gas, che fanno del controllo dell’area un motivo di confronto accesso.Di questi e altri temi legati alla Difesa si parlerà il 15 aprile a Roma nell’evento della serie Connact “Difesa comune europea: finanziamenti e integrazione industriale“.

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    L’Ue rinnova il sostegno all’Ucraina. Impegno a 26, senza l’Ungheria messa all’angolo

    Bruxelles – I timori di un possibile accordo mancato svaniscono presto, poco dopo le 20, quando i capi di Stato e di governo dell’Ue riuniti a Bruxelles per il vertice straordinario dedicato a difesa e Ucraina approvano il testo sugli aiuti a Kiev, isolando e mettendo all’angolo l’Ungheria di Viktor Orban lasciata sola a recitare la parte dell’alleato di ferro di Mosca. Certo, non è stato possibile approvare un testo di conclusioni tutti insieme, ma il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, riesce comunque a risolvere il problema facendo approvare un allegato alla conclusioni sulla difesa. Un escamotage per andare avanti, e mostrare che gli europei, a differenza degli americani, sono davvero amici fedeli, credibili e affidabili.“Oggi è una giornata importante per la difesa europea e l’Ucraina“, sottolinea Costa, che guarda all’esito della riunione. L’unità a 27 è un principio che viene di fatto superato, i leader scelgono un approccio tutto nuovo, forte anche della famiglia dei popolari (Ppe), nutrita e numerosa, un terzo di tutti i leader, ben 10 su 27, che ha scelto di scaricare il premier ungherese e senza neppure nasconderlo.Il primo ministro ungherese, Viktor Orban, è stato lasciato solo a dire ‘no’ al sostegno all’Ucraina [Bruxelles, 6 marzo 2025. Foto: European Council]Alla fine la dichiarazione sull’Ucraina allegata alle conclusioni mantengono proclami, impegni e posizioni espressi fin qui: rispetto dell’integrità territoriale del Paese secondo i confini “internazionalmente riconosciuti”, e quindi comprendenti anche della Crimea annessa nel 2014. Una condizione che difficilmente potrà essere accettata dalla Russia in chiave negoziale. I Ventisei poi insistono sulla necessità di “raggiungere la pace attraverso la forza”, che obiettivo che implica “solide capacità militari e di difesa come componente essenziale”. Ed è in tale ottica che i leader europei si impegnano a continuare a fornire ogni tipo di sostegno (politico, finanziario, economico, umanitario, militare e diplomatico).Sul fronte finanziario a Kiev vengono assicurati 30,6 miliardi di euro per il 2025, con la richiesta esplicita alla Commissione a incrementare le risorse dello Strumento europeo per la pace (European Peace Facility). Oltre a ciò i capi di Stato e di governi dell’Ue si rendono disponibili a “intensificare urgentemente” gli sforzi per rispondere alle urgenti esigenze militari e di difesa dell’Ucraina, “in particolare la fornitura di sistemi di difesa aerea, munizioni e missili, la fornitura della formazione e delle attrezzature necessarie per le brigate ucraine e altre esigenze che l’Ucraina potrebbe avere”.Per il futuro, poi, si resta disponibili a lavorare per quelle ‘garanzie di sicurezza’ da ottenere soprattutto in un’ottica post-negoziale e di pace. Qui, recitano le conclusioni, “l‘Unione e gli Stati membri sono pronti a contribuire ulteriormente sulla base delle rispettive competenze e capacità”. Le misure non vengono esplicitate perché vanno stabilite e definite, i leader rimandano alle prossime riunione del Consiglio europeo, a iniziare da quella di fine mese (20 e 21 marzo). 

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    Zelensky: “Noi pronti alla pace, la Russia vuole smettere di fare la guerra?”

    Bruxelles – L’Ucraina è pronta a sedersi al tavolo delle trattative e discutere le condizioni per la fine del conflitto con la Russia, ma in questo esercizio non semplice e scontato il vero punto interrogativo è rappresentato dalle intenzioni del Cremlino. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, condivide ai capi di Stato e di governo dell’Ue quello che è il suo dubbio più grande: “Gli ucraini vogliono davvero la pace, ma non a costo di rinunciare all’Ucraina. È la Russia capace di rinunciare alla guerra – questa è la domanda a cui qualsiasi negoziato deve rispondere”. E’ questo il timore che ha voluto condividere in occasione della partecipazione al vertice straordinario del Consiglio europeo.A riprova delle vere intenzioni ai Ventisette Zelensky confida che “i nostri team, quelli di Ucraina e Stati Uniti, hanno ripreso il lavoro“. Si torna a discutere e a trattare, nonostante lo strappo consumato alla Casa Bianca di appena una settimana fa. Un’evoluzione positiva e costruttiva, che fa ben sperare in prima battuta le autorità ucraine e che potrebbe infondere fiducia anche ad un’Ue preoccupata a dover ridefinire le relazioni con il partner transatlantico. Per questo il presidente ucraino invita gli alleati europei a “sostenerci in questo” sforzo diplomatico che non è solo parole: “L’Ucraina non è solo pronta a compiere i passi necessari per la pace, ma stiamo anche proponendo quali sono questi passi“.[foto: European Council]Nel piano di pace a cui Zelensky ragiona ci sono “due forme di silenzio” bellico che si possono cercare in quanto “facili da stabilire e monitorare”. Da una parte, spiega ai leader dell’Ue, stop ad attacchi a infrastrutture energetiche e obiettivi civili, nella forma di tregua per missili, bombe e droni a lungo raggio. Seconda condizione: tregua via mare, il che significa “nessuna operazione militare nel Mar Nero”.Il discorso di Zelensky incassa apprezzamento e sostegno degli interlocutori, senza però superare le riserve attorno al tavolo. L’Ungheria di Viktor Orban continua a non voler sentire ragioni su un’escalation di tensioni con Mosca e mantiene la minaccia di veto sulle conclusioni dei leader, mentre la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ribadisce il ‘no’ dell’Italia a invio di truppe su suolo ucraino, neppure per missioni di peacekeeping. Pochi distinguo in un’Unione europea che comunque si schiera con l’Ucraina e il suo presidente Zelensky.

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    Pace e sostegno a Zelensky, a Londra la svolta europea per l’Ucraina. Von der Leyen: “Riarmare l’Ue”

    Bruxelles – Una pace con garanzie solide per il futuro, un sostegno nuovo e ancor più incondizionato l’Ucraina e il suo presidente, Volodymyr Zelensky, un riarmo in grande stile del vecchio continente. L’Europa chiamata a dare una risposta agli Stati Uniti di Donald Trump e il modo tutto nuovo di gestire gli affari di politica estera a Washington produce una scossa. I leader riuniti a Londra dal premier britannico Keir Starmer fanno quadrato attorno a Zelensky dopo l’umiliazione patita oltre oceano, e già questo è un dato politico di non poco conto. Ma c’è soprattutto l’impegno per una fine delle ostilità per rimettere in gioco gli Stati Uniti.Del resto, riconosce il premier britannico nella conferenza stampa di fine vertice, gli Stati Uniti restano “un partner indispensabile per la sicurezza” globale e regionale, e non si può immaginare di poter fare tutto senza il contributo americano. Il summit di Londra è servito a prendere coscienza del fatto che e“l‘Europa deve farsi carico del grosso del lavoro” per continuare a sostenere Kiev militarmente sia adesso sia ancor più dopo, in caso un futuro accordo di pace, continua Starmer. Da questo punto di vista l’impegno c’è.La foto di famiglia del summit di Londra [foto: Antonio Costa, account X]Gli impegni finanziariSul piano finanziario, il Regno Unito contribuisce con due pacchetti diversi. Il primo, da 2,26 miliardi di sterline (circa 2,7 miliardi di euro), attraverso i proventi dei fondi russi congelati. Obiettivo: aiutare Kiev con soldi utili alla risposta bellica e al funzionamento dello Stato. Il secondo pacchetto di aiuti, da 1,6 miliardi di sterline (circa 1,9 miliardi di euro) per l’acquisto di 5mila missioni di difesa anti-aerea prodotti a Belfast. Si attende il contributo Ue, che i 27 intendono annunciare in occasione del vertice straordinario di questo giovedi (6 marzo).Il percorso di pace e il nodo dell’invio di soldatiA Londra si inizia a discutere di pace. I dettagli non vengono svelati. L’iniziativa franco-britannica, con il coinvolgimento dell’Ucraina, si vuole sottoporre all’attenzione degli Stati Uniti. Washington comunque continuerà a giocare un ruolo nel negoziato che si vuole intavolare. Certo l’iniziativa aiuta anche l’Ue, dove Slovacchia e ancor più Ungheria minacciano veti ad ogni conclusione del vertice del Consiglio europeo senza un impegno chiaro di cessate il fuoco. “I leader forti fanno la pace, i leader deboli la guerra”, il messaggio del primo ministro ungherese alla vigilia del vertice di Londra che da questo punto di vista mette d’accordo tutti, o quasi.Il nodo vero sta nel post-conflitto. La colazione dei volenterosi allo stato attuale formata da Regno Unito e Francia vorebbe lo schieramento su suolo ucraino di soldati europei nella veste di peacekeepers. Un’ipotesi respinta dall’Italia e dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, al pari di altri leader attorno al tavolo. Starmer però insiste: “L’obiettivo è mantenere la pace, e se vogliamo mantenere la pace dobbiamo difenderla”. Senza entrare nel merito il presidente del Consiglio europeo, insiste sulla necessità di condizioni che impediscano nuove aggressioni future. “Non dobbiamo ripetere gli errori degli accordi di Minsk“, dice Antonio Costa riferendosi all’intesa concepita nel 2015 per porre fine agli scontri in Donbass, mai rispettati. Serviranno in sostanza delle garanzie solide, vere, e in tale ottica contingenti non ucraini in sostegno dell’Ucraina appare la soluzione, tutt’altro che gradita a Mosca però.L’Ue si riarmaIn una gestione del conflitto russo-ucraino che passa per un maggiore impegno dell’Ue in materia di difesa, si registra il cambio di passo a dodici stelle. “Dobbiamo riarmare l’Europa con urgenza“, scandisce la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, lasciando Lancaster House. Quindi annuncia: “Presenterò il piano il 6 marzo“, in occasione del vertice dei capi di Stato e di governo. Nessun indizio, ma due elementi se li lascia scappare. Il primo riguarda lo spazio di spesa pubblica, e quindi l’allentamento del patto di stabilità per la difesa. Il secondo riguarda “scudi aerei” europei.

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    Ue-India, c’è la strategia per una nuova collaborazione. Modi: “Accordo commerciale entro fine anno”

    Bruxelles – Commercio, tecnologia, innovazione, investimenti. E l’impegno di un nuovo accordo di libero scambio già nel 2025. Ursula von der Leyen e il suo collegio dei commissari trovano in India quelle risposte che cercavano. Il viaggio a est voluto dalla presidente della Commissione Ue produce gli effetti desiderati. Tutti da definire e sviluppare in concreto, certo, ma comunque c’è una rinnovata partnership. C’è l’accordo, spiega il primo ministro indiano, Narendra Modi, per “un libro blu per mobilità, sicurezza, innovazione, green economy, commercio, investimenti“. C’è una strategia chiara su cui lavorare.L’Europa quello che cercava a oriente non l’aveva nascosto. Serviva la risposta dell’interlocutore, e Modi la offre in pubblico, in conferenza stampa. “Questa visita ha ridato vigore alle nostre relazioni” bilaterali, riconosce ad una sorridente von der Leyen, raggiante nel sentire dal primo ministro indiano che “abbiamo deciso di creare un’agenda ambiziosa e audace per le relazioni Ue-India post-2025“, che passa anche per voglia di chiudere “un accordo commerciale bilaterale per la fine dell’anno”.In linea di principio von der Leyen ottiene praticamente tutto ciò che voleva. “È tempo di portare la nostra partnership strategica UE-India al livello successivo“, il mantra ripetuto dalla tedesca anche in occasione del suo viaggio in Asia meridionale, ed è esattamente quello che ottiene. La presidente della Commissione europea è arrivata in India con un’agenda chiara, costituita da tre aree su cui lavorare per la nuova stagione di relazioni bilaterali: commercio e la tecnologia, sicurezza e difesa, connettività e partnership globale. Da Modi ottiene gli impegni in questo senso.“Ora più che mai gli eventi geopolitici richiedono questi passi”, scandisce von der Leyen nella conferenza congiunta con il premier indiano. Un riferimento alle manovre militari russe in Ucraina, all‘unilateralismo trumpiano in politica estera e in materia commerciale, ad una Cina che guarda silenziosa ma non a braccia conserte cosa accade sullo scacchiere internazionale. “Per l’Europa l’India è un pilastro di affidabilità in un mondo di imprevedibilità“. Ora l’Ue può iniziare a sentirsi meno insicura.

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    L’industria della difesa europea agli Stati: “Basta contratti di appalto a fornitori di Paesi terzi”

    Bruxelles – Ora più che mai pensare ‘europeo’. Quando si parla di sicurezza e difesa l’Unione europea deve saper tenere fede ad ambizioni e agende. Alla vigilia della conferenza internazionale sulla sicurezza di Monaco, l’industria del settore vuole suggerire all’Europa degli Stati come provvedere davvero alla sicurezza europea. Asd Europe, l’insieme dei produttori europei, pone l’accento sulla necessità di cambiare logiche che non fanno il bene della sicurezza europea. “Molti contratti di appalto europei vengono assegnati a fornitori di paesi terzi“, sottolinea l’associazione, per la quale “questa tendenza deve essere invertita“. Le relazioni esterne dell’Ue e dei suoi Stati membri rischiano di diventare un fattore contrario alla crescita dell’industria delle difesa. Per rispondere ai dazi annunciati dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, nelle istituzioni Ue inizia a prendere corpo l’idea di acquistare di più in America proprio in difesa, quale modo per superare le barriere commerciali e ristabilire il quieto vivere con il partner d’oltre Atlantico. Un modo di fare in contraddizione con il rapporto Draghi – che Eunews ha integralmente tradotto in italiano – e l’agenda europea volta al rilancio di un settore strategico per la sicurezza.“Dobbiamo spendere di più, e di più in Europa“, ribadisce Asd Europe, che sulla dipendenza economica di soggetti extra-Ue nell’industria delle difesa ha già messo in guardia pubblicamente nei mesi scorsi: “Una solida base industriale europea è essenziale per la preparazione alla difesa europea: è una capacità di difesa in sé“. Rimanere nel solco del ‘made in Eu’ è dunque la via da seguire e da non abbandonare. “La preferenza europea è un imperativo strategico”, e se l’Ue vuole svolgere un ruolo di peso sullo scacchiere internazionale “deve rafforzare la propria capacità produttiva” anziché affidarsi a fonti esterne.Da qui l’industria europea della difesa rivolge suggerimenti utili alla politica. Innanzitutto fare sempre in modo che “ove possibile, le soluzioni di difesa europee dovrebbero avere la priorità“. Laddove non esiste una soluzione di capacità europea, l’attenzione dovrebbe essere rivolta a sviluppare una. Infine, bisognerebbe fare sempre in modo che se proprio non esiste davvero una soluzione Ue praticabile, gli appalti non europei dovrebbero evitare di ostacolare uno sviluppo Ue.