L’Ue mette sul piatto un miliardo e mezzo in tre anni per l’Autorità Palestinese. Ma il nodo è il riconoscimento politico
Bruxelles – Con un maxi pacchetto del valore massimo di 1,6 miliardi di euro in favore dell’Autorità palestinese, l’Unione europea “ribadisce il suo incrollabile sostegno al popolo palestinese e il suo impegno per una pace duratura e sostenibile basata sulla soluzione dei due Stati”. Nel primo dialogo ad alto livello Ue-Palestina, l’Unione lancia un segnale forte al premier Mohammad Mustafa. Ma perde contemporaneamente un’altra occasione per fare un passo più lungo, più incisivo. Accanto al supporto economico, Ramallah ha bisogno di riconoscimento politico. E se già 150 Paesi nel mondo riconoscono lo Stato di Palestina, tra i 27 Ue si contano ancora 15 défaillance.Il programma di sostegno messo sul tavolo dall’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, è concepito per accompagnare l’Autorità palestinese in una serie di riforme e nel frattempo affrontare le esigenze più urgenti della popolazione della Cisgiordania. È un programma triennale, fino al 2027, strutturato su tre pilastri: sostegno ai servizi per la popolazione, sostegno alla ripresa e alla stabilizzazione della Cisgiordania e di Gaza, sostegno al settore privato. “Ciò rafforzerà la capacità dell’Autorità palestinese di soddisfare le esigenze del popolo palestinese in Cisgiordania e la preparerà a tornare a governare Gaza non appena le condizioni lo permetteranno”, ha affermato il capo della diplomazia Ue.La fetta più sostanziosa è composta da 620 milioni di euro in sovvenzioni per l’assistenza diretta al bilancio dell’Autorità Palestinese, che daranno ossigeno alla pubblica amministrazione e faranno sì che Ramallah possa continuare a fornire servizi alla popolazione. La “maggior parte” dei versamenti, si legge nella nota della Commissione europea, “sarà legata ai progressi dell’Autorità palestinese in merito a riforme chiave in materia di sostenibilità fiscale, governance democratica, sviluppo del settore privato e infrastrutture e servizi pubblici”.Il dialogo di alto livello Ue-Palestina a Lussemburgo, 14/04/25Il secondo pilastro prevede sovvenzioni per 576 milioni di euro a sostegno di progetti sul campo – infrastrutture energetiche e per l’acqua su tutti – per promuovere la riprese economica in Cisgiordania, a Gerusalemme Est e a Gaza. In quest’ultima, “non appena la situazione sul campo lo consentirà”. In questo capitolo di spesa la Commissione ha inserito anche lo stanziamento di 82 milioni all’anno per l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi (Unrwa). C’è infine l’impegno della Banca europea per gli investimenti (Bei), la cui presidente Nadia Calviño è presente oggi al vertice con i ministri degli Esteri dell’Ue e il premier palestinese, a finanziare con prestiti fino a 400 milioni di euro il settore privato palestinese.Secondo la strategia della Commissione europea, concordata con l’Autorità Palestinese in una lettera d’intenti siglata lo scorso luglio, questo programma pluriennale contribuirà “alla costruzione di uno stato sostenibile in tutti i territori palestinesi”. Da ciò consegue l’idea che, finché Ramallah non dimostrerà di riuscire a dotarsi di una solida impalcatura per governare nei propri territori, lo Stato di Palestina continuerà a essere rimandato nel tempo.Viceversa, in ordine di tempo, sono stati Spagna, Slovenia e Irlanda gli ultimi tre Paesi Ue a voler lanciare un forte messaggio politico in supporto all’Autorità Palestinese. Si sono aggiunti a Bulgaria, Cipro, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Svezia e Ungheria, che già riconoscevano la Palestina secondo i confini del 1967 (Cisgiordania, striscia di Gaza e Gerusalemme est). Per farlo, l’Ue avrebbe prima bisogno del riconoscimento formale di tutti gli altri. Ma il tema finora non è nemmeno mai stato messo in agenda alle riunioni del Consiglio dell’Ue.Il primo ministro dell’Autorità Palestinese, Mohammad Mustafa, al dialogo di alto livello Ue-Palestina, 14/04/25La Commissione europea lo mette per iscritto: la dicitura Ue-Palestina “non deve essere interpretata come un riconoscimento di uno Stato di Palestina e non pregiudica le posizioni individuali degli Stati membri su questo tema”. Bruxelles si smarca dallo spinoso problema, riportato nel dibattito solo una settimana fa dall’annuncio di Emmanuel Macron, che in visita in Egitto ha affermato che la Francia potrebbe finalmente riconoscere lo Stato palestinese entro l’estate.Il punto è che, per promuovere di fatto la soluzione dei due Stati, l‘assistenza economica e il supporto diplomatico a Ramallah non bastano. C’è bisogno, appunto, di due Stati. Perché, altrimenti, le costanti aggressioni israeliane alle comunità palestinesi e le rivendicazioni territoriali di Tel Aviv non si configureranno mai come violazioni della sovranità di uno Stato. Il paradosso è che l’Ue, come sottolineato dalla Commissione europea, continua a essere “il maggiore fornitore di assistenza esterna ai palestinesi“, con uno stanziamento di risorse di circa 1,36 miliardi di euro per il triennio 2021-2024, che ora verrà incrementato. Ma contemporaneamente, dei circa 50 Paesi in tutto il mondo che ancora non riconoscono la Palestina come Stato, 15 sono proprio Paesi membri dell’Ue. LEGGI TUTTO