La Palestina e l’Azerbaijan vogliono entrare nei Brics
Bruxelles – La famiglia dei Brics, il gruppo delle cosiddette economie emergenti che si dipingono collettivamente come contrappeso all’egemonia occidentale a livello globale, potrebbe presto allargarsi ancora dopo aver più che raddoppiato la propria membership a inizio anno. Tra i nuovi ingressi, che saranno probabilmente annunciati in autunno, ci potrebbero essere la Palestina e l’Azerbaijan. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa turca Anadolu, l’ambasciatore palestinese a Mosca, Abdel Hafiz Nofal, ha dichiarato che Ramallah ufficializzerà la propria richiesta di entrare nel blocco dei Brics dopo aver partecipato al prossimo summit, in calendario per ottobre a Kazan, circa 870 chilometri a est della capitale russa. I Brics sono un gruppo di Paesi, considerati emergenti nell’economia globale (anche se il concetto di “economia emergente” è ad oggi controverso), nato nel 2009 con quattro membri: Brasile, Russia, India e Cina. Nel 2011 si è aggiunto il Sudafrica (da qui l’acronimo Brics, dall’unione delle iniziali dei Paesi – Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) e a gennaio 2024 sono entrati anche Egitto, Emirati arabi uniti, Etiopia ed Iran – il che ha portato il blocco a rappresentare ora oltre il 37 per cento del Pil mondiale (l’Ue, per avere una prospettiva, vale circa il 14,5 per cento). La Palestina ha fatto richiesta per partecipare all’organizzazione nell’agosto 2023, insieme ad altri 21 Paesi (inclusi i quattro che sono poi effettivamente entrati). Dal primo gennaio di quest’anno, la presidenza di turno del gruppo (che dura un anno) è stata assunta dalla Federazione russa. “Il presidente russo Vladimir Putin ha promesso che ci sarà una sessione interamente dedicata alla Palestina”, ha precisato l’ambasciatore Nofal, sottolineando che l’invito rivolto al presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas lunedì (26 agosto) “significa che nonostante tutti i crimini, le uccisioni e la distruzione nella Striscia di Gaza, il nostro messaggio è che la Palestina vuole vivere e svilupparsi“. Mosca si è ripetutamente mostrata vicina, almeno a parole, alla causa palestinese fin dall’avvio dell’offensiva israeliana nella Striscia, e rappresenta pertanto uno dei “protettori” internazionali più naturali per Ramallah. Lo Stato di Palestina è stato formalmente dichiarato dall’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) nel 1988, ma è stato ammesso all’Assemblea generale delle Nazioni unite in qualità di osservatore solo nel 2012. Ad oggi, sono 145 su 193 gli Stati membri dell’Onu che lo riconoscono ufficialmente, di cui solo dodici Paesi Ue (Bulgaria, Cechia, Cipro, Irlanda, Malta, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e Ungheria). Mancano all’appello la quasi totalità delle nazioni occidentali. Oltre alla Palestina, anche l’Azerbaijan ha espresso l’intenzione di unirsi al blocco delle economie emergenti lo scorso 20 agosto, in occasione di una visita del presidente russo nel Paese. I legami tra Baku e Mosca si sono intensificati negli ultimi anni: ad esempio, una “dichiarazione sull’interazione alleata” per una maggiore cooperazione bilaterale è stata siglata appena due giorni prima dell’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, nel febbraio 2022. L’avvicinamento tra la Federazione russa e la repubblica del Caucaso meridionale è stata anche speculare al progressivo allontanamento dell’Armenia da Mosca, soprattutto in seguito alla mancata risposta del Cremlino all’acuirsi della crisi tra Yerevan e Baku nell’exclave armena del Nagorno-Karabakh, riconquistata dagli azeri nel settembre dello scorso anno. L’Armenia fa ancora formalmente parte di un trattato di sicurezza collettivo stipulato da diverse ex repubbliche sovietiche (Russia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan), ma nel corso del 2024 si è progressivamente distanziata da Mosca e ha annunciato l’intenzione di abbandonare l’alleanza militare. Nonostante i crescenti legami con la Russia di Putin, l’Azerbaijan è diventato recentemente uno dei principali partner energetici dell’Unione europea, cui fornisce gas naturale e petrolio proprio per sopperire alla mancanza di idrocarburi a seguito della guerra in Ucraina. E, nonostante il Paese sia guidato dal presidente Ilham Aliyev in maniera autoritaria e abbia fatto la propria ricchezza proprio sulla vendita di combustibili fossili, Baku ospiterà la prossima conferenza Onu sul clima, la Cop 29, a novembre. LEGGI TUTTO