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    A Bruxelles il primo vertice UE-Egitto, pronto un prestito da 4 miliardi per il Cairo

    Bruxelles – L’Unione europea ha individuato nell’Egitto di Abdel Fattah al-Sisi il partner più fidato nella regione del Mediterraneo. “Il nostro partenariato è più forte che mai”, ha affermato Ursula von der Leyen, che insieme al presidente del Consiglio europeo Antonio Costa ha ospitato ieri a Bruxelles il leader egiziano. Al-sisi torna al Cairo con un prestito agevolato di 4 miliardi di euro, sovvenzioni per 75 milioni di euro e l’associazione dell’Egitto al programma UE di ricerca Horizon.I tre accordi sono stati siglati in occasione del primo vertice UE-Egitto. Sono i risultati del partenariato strategico firmato nel marzo 2024, un accordo di cooperazione monstre da 7,4 miliardi di euro, il più sostanzioso mai siglato da Bruxelles. Il prestito di 4 miliardi annunciato ieri è in realtà la seconda tranche dei 5 miliardi previsti di assistenza macrofinanziaria. Un sostegno al bilancio che – come denunciato da una parte del Parlamento europeo qualche mese fa – non prevederebbe alcuna condizionalità su eventuali progressi da compiere in materia di diritti umani e standard democratici. La prima tranche da 1 miliardo era stata approvata ed erogata con urgenza già nel dicembre dello scorso anno.Al-Sisi, Costa e von der Leyen assistono alla firma degli accordi in occasione del summit UE-Egitto, 22/10/25I due partner hanno definito in un protocollo d’intesa le riforme necessarie per la stabilità economica del Paese nordafricano, che si articolano su tre pilastri: promuovere la stabilità e la resilienza macroeconomica, migliorare il contesto imprenditoriale e rafforzare la competitività dell’Egitto, sostenendo al contempo la transizione verde del paese.Inoltre, l’UE garantirà al Cairo 75 milioni di euro in sovvenzioni per sostenere “iniziative chiave volte ad affrontare le sfide socioeconomiche e a promuovere la crescita inclusiva a livello locale”. Iniziative che riguardano l’accesso ai servizi di base di qualità – sanità, istruzione, acqua, servizi igienico-sanitari – e il rafforzamento delle reti di sicurezza sociale, in particolare per le donne e i giovani.Il terzo accordo formalizza l’associazione dell’Egitto a Horizon, il programma di ricerca dell’Ue. Bruxelles ha parallelamente annunciato altre operazioni di sostegno finanziario: 110,5 milioni di euro per promuovere lo sviluppo sostenibile, l’istruzione e le competenze, e il via libera ai principali progetti sulla gestione della migrazione finanziati con un pacchetto da 200 milioni di euro. Progetti per un’intensificazione della protezione delle frontiere, la cooperazione nella lotta ai trafficanti, l’aumento dei rimpatri e il sistema d’accoglienza del Paese nordafricano. E parallelamente dovrebbero agevolare percorsi di migrazione regolare.Costa ha sottolineato “l’impegno incrollabile e gli instancabili sforzi di mediazione” profusi da al-Sisi per raggiungere l’accordo per il cessate il fuoco a Gaza. Ed ha offerto al presidente egiziano il contributo dell’UE, “pronta ad aiutare, come ha fatto in passato, nella ripresa, nella ricostruzione e nel sostegno alle riforme”.

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    Costa accoglie Zelensky al Consiglio Europeo. “Il futuro membro dell’Unione” soddisfatto delle nuove sanzioni

    Bruxelles – L’amicizia tra Unione Europea e Ucraina si fonda anche sulle sanzioni alla Russia e sui soldi per Kyiv. Il presidente del Consiglio Europeo, Antonio Costa, nel punto stampa prima dell’incontro dei leader, ricorda che l’Unione Europea “supporterà l’Ucraina per tutto il tempo necessario e a qualsiasi costo”. Accanto a lui sorride il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, arrivato oggi, 23 ottobre, a Bruxelles per prendere parte al Consiglio Europeo.Al di là delle parole di Costa a sostegno di Kyiv, arrivano anche segnali concreti. Questa mattina i leader europei hanno approvato il diciannovesimo pacchetto di sanzioni contro Mosca. “Sia le sanzioni europee che quelle statunitensi sono fondamentali per la nostra causa”, conferma Zelensky di fronte ai giornalisti. Il pacchetto di misure punitive riduce ancora una volta la possibilità di forniture di gas e GNL russo sul suolo europeo e, come ricordato da Costa, prenderà di mira “la flotta ombra russa, così come il settore bancario ed energetico di Mosca”. Il punto del Consiglio Europeo ancora da chiarire è però come i 27 riusciranno ad utilizzare gli asset russi bloccati per finanziare la spesa pubblica di Kyiv.In queste ore i leader stanno cercando una modalità legale per utilizzare i 180 miliardi russi bloccati in Belgio. Gli asset di Mosca, congelati dal 2022 sono bloccati nell’istituto finanziario belga Euroclear. Muoverli da lì per destinarli allo sforzo bellico ucraino spaventa alcuni capi di Stato, impauriti dalle possibili ripercussioni legali.Costa ha ricordato come in questa giornata verrà presa “la decisione politica per assicurare i bisogni finanziari all’Ucraina nei prossimi due anni”. Decisione che però non sarà semplicissima da ottenere, visto che il Primo ministro belga Bart De Wever ha confermato che “fino a quando non ci saranno garanzie sulla neutralizzazione del rischio e un accordo per una possibile risposta comunitaria alle conseguenze legali, il Belgio non darà il consenso all’utilizzo di questi fondi”.Bart De Wever, Primo ministro (Copyright: European Union)“Il futuro membro dell’Unione”, come Costa ha definito Zelensky, incassa le promesse dell’Unione Europea sperando in novità in giornata. Alle domande sulla fornitura dei missili americani a lungo raggio Tomahawk, risponde: “È una decisione di Trump” e smorza anche il negativo colloquio avuto con il presidente americano la settimana scorsa. L’obiettivo per tutti rimane quello di un cessate il fuoco. Zelensky lo reputa anche oggi “possibile” e Costa lo definisce utile per evitare “l’aumento dei bombardamenti russi contro i civili ci fa essere ancora più convinti della necessità del sostengo a Kyiv”. A livello di cronaca, solo ieri un drone russo ha colpito un asilo, uccidendo un ragazzo di 12 anni e una neonata.

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    Allargamento, la commissaria Ue Kos: “Si aprano i negoziati con Ucraina e Moldova entro novembre”

    Bruxelles – L’Ue potrebbe aprire a breve i negoziati di adesione con Ucraina e Moldova. Ne è convinta Marta Kos, commissaria all’Allargamento nel von der Leyen bis. Parlando oggi (20 ottobre) coi giornalisti in Lussemburgo, dov’era in corso un Consiglio Affari esteri, Kos ha notato che “la Commissione ha completato l’esame di tutta la legislazione” di Kiev e Chișinău e che “entro novembre, il Consiglio avrà la possibilità di avviare tutti e sei i cluster negoziali” con entrambi i Paesi candidati.A quel punto, ha specificato la commissaria, “tutto sarà pronto, dopo aver completato questo processo, per accelerare le riforme“. Sono mesi che i vertici comunitari lodano i progressi compiuti da entrambi gli Stati sulla strada dell’adesione al club a dodici stelle. Rimane ancora del lavoro da fare, certo: “Dobbiamo porre rimedio alla corruzione e rafforzare le istituzioni e, soprattutto, lo Stato di diritto“, concede Kos (memore, ad esempio, del passo falso compiuto da Volodymyr Zelensky sulle agenzie anti-corruzione ucraine). Ma la direzione è chiara, così come la rapidità con cui le due cancellerie stanno macinando riforme su riforme – e vincendo elezioni su elezioni – per entrare in Ue il prima possibile.Il primo ministro ungherese Viktor Orbán (foto: European Council)D’altro canto, da questo lato della barricata il problema rimane sempre lo stesso. E ha un nome e un cognome: Viktor Orbán. Da tempo il primo ministro ungherese si è messo di traverso sull’avvicinamento dell’Ucraina all’Unione, adducendo come giustificazione il timore che Kiev “porterebbe la guerra in Europa” (sic). Per anni, i Ventisette sono rimasti bloccati dall’ostruzionismo di Budapest (che ha trovato una solida sponda a Bratislava e, potenzialmente, una nuova a Praga quando il nazional-populista Andrej Babiš formerà un governo). Essendo le pratiche di Kiev e Chișinău accoppiate informalmente, l’opposizione di Orbán blocca entrambe.Ma ora a Bruxelles la musica sembra in procinto di cambiare. Il presidente del Consiglio europeo, António Costa, sta esplorando misure innovative per evitare di ricorrere all’unanimità per l’apertura di ogni cluster negoziale ed aggirare così il veto dell’autoritario premier magiaro. A rigor di trattati, questa opzione non sarebbe prevista. Ma anche al Berlaymont la misura è talmente colma nei confronti di Orbán che la Commissione ha dato di fatto il suo placet a questo escamotage politico-legale dalle implicazioni ancora poco chiare.Kos ha confermato che l’esecutivo comunitario sta vagliando “tutte le possibilità” per dare il disco verde all’avvio dei negoziati. Secondo la commissaria, “Ucraina e Moldova hanno dato risultati positivi” e, visto che si dovrebbe trattare di un processo basato sul merito, non c’è motivo per rallentarlo oltre. Del resto, continua, “l’Ungheria non si è opposta al riconoscimento dello status di candidato” a Kiev e dunque, dice, è legittimo aspettarsi che sosterrà anche l’apertura dei cluster. Se Budapest nutre “preoccupazioni riguardo alla minoranza in Ucraina, possiamo affrontare la questione”, aggiunge, sottolineando tuttavia che i rappresentanti della minoranza ungherese nel Paese “non hanno espresso nemmeno una lamentela” quando li ha incontrati di recente.Dopo la riforma del 2020, l’adesione di un Paese terzo all’Ue può avvenire in seguito alla chiusura di 33 capitoli negoziali (ciascuno affronta un aspetto specifico dell’acquis communautaire, vale a dire delle norme europee) suddivisi in sei cluster tematici. Per l’apertura di ciascun cluster è prevista l’unanimità degli Stati membri, così come è necessario un voto unanime per la decisione finale di ammettere il Paese candidato nel club a dodici stelle. Un meccanismo farraginoso, come riconosciuto anche dall’Alta rappresentante Kaja Kallas: “Ci sono ostacoli nel nostro processo decisionale e ci stiamo lavorando”, ha confermato al termine della riunione odierna in Lussemburgo.

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    I leader dei Paesi occidentali e arabi in vetrina a Sharm el-Sheikh per celebrare l’accordo a Gaza

    Bruxelles – Gli occhi del mondo puntati su Gaza. E poi in Egitto, a Sharm el-Sheikh. Passando per la Knesset, a Gerusalemme. Sono le tappe principali di una giornata storica, cominciata con il rilascio da parte di Hamas dei 20 ostaggi israeliani ancora in vita, proseguita con il discorso del presidente USA, Donald Trump, al Parlamento israeliano e che si chiuderà con il summit per la pace nella famosa località turistica sul mar Rosso. Al vertice, oltre ai leader di 27 Paesi arabi e occidentali che sgomitano per avere un ruolo nel futuro della Striscia, parteciperà il presidente dell’Autorità palestinese Mahmūd Abbās. Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, non si recherà in Egitto.Questa mattina, in due tranche – a distanza di circa due ore l’una dall’altra – Hamas ha riconsegnato all’esercito israeliano i 20 ostaggi ancora detenuti, punto cruciale dell’accordo siglato la scorsa settimana. Nel pomeriggio, è prevista la restituzione delle salme dei 28 ostaggi deceduti. In cambio, Israele ha rilasciato nella giornata di oggi circa 250 prigionieri palestinesi e 1.700 detenuti di Gaza, incarcerati dopo il 7 ottobre. Nel frattempo, gli aiuti umanitari dovrebbero finalmente raggiungere la popolazione in quantità massiccia: già nella giornata di ieri, secondo il ministero della Sanità di Gaza sono entrati nella Striscia 173 camion carichi di aiuti.Donald Trump alla Knesset, il Parlamento di Israele, 13/10/25. (Photo by SAUL LOEB / POOL / AFP)Il protagonista assoluto non può che essere Trump, osannato da tutti i leader occidentali ed arabi come il fautore di una pace che sembrava irraggiungibile. Il tycoon ha pianificato una coreografia perfetta: atterrato in mattinata a Tel Aviv, ha incontrato le famiglie degli ostaggi liberati prima di ricevere l’ovazione del Parlamento di Israele. Alla Knesset, il presidente ha affermato che Israele “ha vinto tutto ciò che si poteva vincere con la forza delle armi” e che è ora il tempo di tradurre le “vittorie contro i terroristi” in pace e prosperità per tutta la regione.Al summit di Sharm el-Sheikh, dove verrà celebrato l’accordo sulla prima fase del piano in 20 punti per Gaza, Trump e il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi hanno invitato 27 leader di Paesi arabi ed occidentali. Dal vecchio continente, sono atterrati in Egitto il primo ministro britannico Keir Starmer, il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Friedrich Merz, la premier italiana Giorgia Meloni. Hanno confermato la propria presenza anche lo spagnolo Pedro Sanchez, il greco Kyriakos Mitsotakis, l’ungherese Viktor Orban e il cipriota Nikos Christodoulides. A Bruxelles, l’invito è stato recapitato al presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa.Prima di partire per il summit, Costa ha ribadito la volontà dell’Ue a contribuire ai processi di governance transitoria, ripresa e ricostruzione per garantire il successo del “giorno dopo”. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha scritto in un post su X che il ritorno degli ostaggi israeliani “significa che si può voltare pagina” e ha sottolineato che “l’Europa sostiene pienamente il piano di pace mediato da Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia”.Emmanuel Macron, Mahmud Abbas e Keir Starmer a Sharm el-Sheikh, 13/10/25  (Photo by Suzanne Plunkett / POOL / AFP)Per la Commissione europea, “voltare pagina” potrebbe significare rimettere nel cassetto le proposte di sospensione di alcuni benefici commerciali a Israele e di sanzioni politiche contro due ministri del governo di Netanyahu. “Se cambia il contesto, questo potrebbe eventualmente portare ad una modifica delle proposte“, ha ammesso la portavoce capo dell’esecutivo Ue, Paula Pinho. “Ma non siamo ancora arrivati a quel punto”, ha specificato, rimandando un primo confronto al Consiglio Ue Affari esteri della prossima settimana.L’Alta rappresentante per gli Affari esteri, Kaja Kallas, ha pagato il suo tributo a Trump, che “ha reso possibile questa svolta”. Kallas ha annunciato che il 15 ottobre riprenderà la missione civile EUBAM Rafah, che faciliterà il passaggio in entrata e in uscita al valico di frontiera di Rafah, tra Gaza e l’Egitto. L’Ue sta inoltre lavorando ad una possibile espansione del mandato della missione EUPOL COPPS, attraverso cui aiuta nella formazione del personale di polizia dell’Autorità Palestinese.Bruxelles è finora rimasta ai margini del piano ideato da Trump e dall’ex premier britannico Tony Blair. Eppure, i suoi leader lo hanno sostenuto dal primo momento, rivendicando immediatamente il diritto di avere voce in capitolo visti gli sforzi profusi a sostegno dell’Autorità palestinese – l’Ue ha messo a bilancio 1,6 miliardi per il periodo 2025-2027 – e per portare aiuti umanitari alla popolazione di Gaza. Anouar El Anouni, portavoce dell’esecutivo Ue per gli Affari esteri, ha ammesso oggi che forse nei 20 punti stilati da Washington “ci piacerebbe vedere un ruolo maggiore affidato all’Autorità palestinese e un calendario più chiaro verso l’orizzonte politico dello Stato palestinese”.Nella seconda fase del piano che verrà firmato e celebrato oggi nel summit di Sharm el-Sheikh, le perplessità non mancano. In primis la questione di chi formerà le International Stabilisation Forces, la presenza militare internazionale prevista in un primo tempo nella Striscia. In secondo luogo, il futuro di Hamas, che non sembra disposta ad accettare una completa smilitarizzazione. Infine, la spinosa questione della governance temporanea della Striscia, sul cui Consiglio direttivo guidato da Trump si stanno convogliando le mire di tutti i governi occidentali.Per non parlare di quello che manca, per esempio qualsiasi accenno alle responsabilità del governo israeliano, la cui guerra contro Hamas ha ucciso almeno 67 mila palestinesi e raso al suolo la quasi totalità della Striscia di Gaza, comprese le sue infrastrutture critiche. Se l’Unione europea sta escogitando da mesi un piano per finanziare la ricostruzione dell’Ucraina con le risorse immobilizzate della Banca Centrale Russa, nessuno ha finora messo sul tavolo l’idea che Tel Aviv sostenga i costi mastodontici per restituire un futuro alla Striscia. “È sicuramente una domanda interessante sulla quale non ho alcun commento da fare in questa fase“, ha glissato la capo-portavoce della Commissione europea.

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    Un attacco russo ha colpito la delegazione Ue a Kiev. Bruxelles promette nuove sanzioni

    Bruxelles – Nell’attacco missilistico condotto questa notte dalla Russia su Kiev è stata colpita anche la sede della delegazione Ue in Ucraina. Immediate le condanne dei vertici comunitari, secondo i quali il Cremlino non dimostra alcun reale interesse per la pace. Intanto le trattative internazionali procedono a rilento, mentre i Ventisette discutono di garanzie di sicurezza e nuove sanzioni contro Mosca.Durante la notte tra il 27 e il 28 agosto, l’ennesimo bombardamento russo sulla capitale ucraina ha coinvolto la sede della delegazione dell’Unione europea, danneggiandola gravemente secondo le informazioni fornite dai funzionari che vi lavoravano. Stando ai rapporti locali, il raid avrebbe ucciso una decina di persone e ne avrebbe ferite una trentina, danneggiando una serie di edifici inclusa anche la sede del British Council, l’istituto di promozione della lingua inglese all’estero.Secondo Katarina Mathernova, ambasciatrice Ue a Kiev, il palazzo della delegazione sarebbe stato “gravemente danneggiato dall’onda d’urto” provocata dal bombardamento di un edificio civile nelle vicinanze. “Questa è la vera risposta di Mosca agli sforzi di pace“, ha aggiunto. Al momento attuale non risultano vittime tra il personale della delegazione.L’attacco russo su Kiev del 28 agosto 2025 (foto: delegazione Ue in Ucraina)Non si è fatta attendere la condanna di Bruxelles e la solidarietà delle istituzioni comunitarie verso le vittime civili e lo staff della delegazione. “Sono sconvolto dall’ennesima notte di attacchi missilistici contro l’Ucraina”, ha scritto su X il presidente del Consiglio europeo, António Costa, sottolineando che “l’Ue non si lascerà intimidire” dalle bombe della Federazione. “L’aggressione della Russia non fa che rafforzare la nostra determinazione a sostenere l’Ucraina e il suo popolo”, ha aggiunto.Per la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, “la Russia deve cessare immediatamente i suoi attacchi indiscriminati contro le infrastrutture civili e partecipare ai negoziati“, accettando la mediazione offerta dal presidente statunitense Donald Trump. Durante un punto stampa in tarda mattinata, la timoniera del Berlaymont si è detta “oltraggiata dall’attacco” in cui, ha spiegato, “due missili hanno colpito entro una distanza di 50 metri dalla delegazione nell’arco di 20 secondi”. Alle sue spalle, uno schermo proiettava le immagini della struttura colpita dall’attacco.“La Russia non si fermerà di fronte a niente pur di terrorizzare l’Ucraina“, ha rincarato, “incluso prendere di mira l’Ue”. E ha promesso di continuare a “mantenere la massima pressione” su Mosca rafforzando il regime sanzionatorio di Bruxelles e portando avanti “il lavoro sugli asset russi immobilizzati per contribuire alla difesa e alla ricostruzione dell’Ucraina”. Per il momento – riferiscono i portavoce della Commissione – il focus è sugli extraprofitti generati dai beni russi congelati più che sui beni stessi, il cui valore si aggira intorno ai 210 miliardi di euro nella giurisdizione dell’Unione, tuttavia le discussioni sul tema continuano.I’m outraged by the missile and drone attack on Kyiv, killing men, women and children.And damaging our EU diplomatic mission.My thoughts go to our brave staff.Russia’s strikes on Kyiv will only strengthen Europe’s unity and Ukraine’s defiance ↓ https://t.co/VzuBWIPxzH— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) August 28, 2025Contestualmente, von der Leyen ha annunciato che domani inizierà un tour in “sette Stati membri che stanno rafforzando e proteggendo i nostri confini esterni con la Russia e la Bielorussia“: nell’ordine della visita, che durerà fino a lunedì, toccherà Lettonia, Finlandia, Estonia, Polonia, Bulgaria, Lituania e Romania (Sofia e Bucarest sono in prima linea sul fianco orientale della Nato anche se non condividono direttamente una frontiera con Mosca e Minsk). L’obiettivo è “esprimere la piena solidarietà dell’Ue e condividere i progressi che stiamo facendo nella creazione di una forte industria europea della difesa“, ha spiegato.Come confermato dalla portavoce della Commissione per gli affari esteri, Anitta Hipper, l’Alta rappresentante Kaja Kallas ha convocato per “oggi stesso” il chargé d’affaires della Federazione a Bruxelles per protestare l’accaduto. Il capo della diplomazia a dodici stelle ha redarguito Mosca: “Mentre il mondo cerca una via per la pace, la Russia risponde coi missili“, ha dichiarato, ingiungendo al Cremlino di “fermare le uccisioni e negoziare” la cessazione delle ostilità.Anche la commissaria all’Allargamento Marta Kos ha condannato “fermamente questi attacchi brutali“, definendoli “un chiaro segnale che la Russia rifiuta la pace e sceglie il terrore“. “La nostra piena solidarietà va al personale dell’Ue, alle loro famiglie e a tutti gli ucraini che subiscono questa aggressione“, ha concluso.Il ministro degli Esteri ucraino Andrij Sybiha ha invocato “non solo la condanna dell’Ue, ma anche quella mondiale” per quella che definisce una “violazione diretta della Convenzione di Vienna“, nella quale viene sancita la sicurezza dei corpi diplomatici e l’inviolabilità di ambasciate e missioni internazionali.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Sulla stessa linea, Volodymyr Zelensky ha dichiarato di aspettarsi “una risposta da parte di tutti coloro che nel mondo hanno invocato la pace, ma che ora più spesso rimangono in silenzio”, puntando il dito in particolare contro l’Ungheria di Viktor Orbán, il più filorusso tra gli Stati Ue che da tempo si mette di traverso sia sulle sanzioni a Mosca sia sugli aiuti a Kiev, per non parlare del veto contro l’adesione di quest’ultima al club europeo.Stasera, i titolari della Difesa dei Ventisette si riuniranno a Copenaghen per avviare una riunione informale che si protrarrà nella giornata di domani, mentre sabato sarà il turno dei responsabili degli Esteri. Sul tavolo soprattutto la questione delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina – su cui i membri della coalizione dei volenterosi stanno discutendo intensamente in queste settimane – e quella del 19esimo pacchetto di misure restrittive contro il Cremlino, che la Commissione vorrebbe presentare a inizio settembre.Dopo aver incontrato Trump in Alaska, lo scorso 15 agosto, il presidente russo Vladimir Putin ha puntato i piedi per rallentare i progressi diplomatici verso una soluzione negoziale della guerra in corso da oltre tre anni e mezzo, reiterando i dubbi già manifestati diverse volte sulla legittimità di Zelensky (il suo mandato è tecnicamente scaduto nel maggio 2024, ma non si possono convocare elezioni finché è in vigore la legge marziale) e bollando come irricevibile la presenza di truppe Nato in Ucraina, uno degli elementi centrali della cosiddetta “forza di rassicurazione” europea che gli alleati di Kiev stanno cercando di definire in una frenetica girandola di riunioni sulle due sponde dell’Atlantico.

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    S&D, Verdi e laSinistra all’Ue: “A Gaza è genocidio, è tempo di agire”

    Bruxelles – Violazione dei diritti umani a Gaza, “è tempo di agire”. I gruppi parlamentari socialista (S&D), Verdi e laSinistra esortano Commissione europea e Consiglio europea a prendere provvedimenti, una volta per tutte e come si deve. In una lettera indirizza ai presidenti delle due istituzioni (Ursula von der Leyen e Antonio Costa) e all’Alta rappresentante (Kaja Kallas), le tre formazioni parlamentari, che insieme rappresentano un terzo dell’Aula, dicono ‘basta’. “E’ evidente che si sta commettendo un genocidio a Gaza, con la Commissione e il Consiglio che finora hanno fallito nel rispondere con urgenza e fare ciò che i nostri trattati e i nostri valori richiedono“, denunciano e lamentano i presidenti dei gruppi, Iratxe Garcia Perez (S&D), Bas Eickhout e Terry Reintke (Verdi), Manon Aubry e Martin Schierdewan (laSinistra).I gruppi parlamentari contestano l’inazione dell’Ue anche di fronte alle dichiarate intenzioni israeliane di conquistare la striscia di Gaza, di fronte alle quali l’Unione europea non ha praticamente reagito. Nelle richieste avanzate ai ‘top jobs‘ dell’Ue viene quindi, non a caso, inserita la necessità di “riaffermare l’impegno per una soluzione a due Stati, con passi politici concreti”. Si attendono Commissione e Consiglio al varco, vale a dire alla riunione dell’Assemblea generale dell’Onu di settembre. E’ qui che socialisti, verdi e sinistra radicale vorrebbero vedere cambi di passo veri.It’s time for urgent action to end the massacre in Gaza.Presidents of @TheProgressives, @GreensEFA & @Left_EU today write to @vonderleyen, @eucopresident & @kajakallas:– Suspend the EU-Israel Association Agreement– Enforce a comprehensive arms embargo– Guarantee humanitarian… pic.twitter.com/tGIudRkqa1— S&D Group (@TheProgressives) August 5, 2025Per iniziare a dare un segnale vero si chiede la sospensione immediata e completa dell’accordo di associazione Ue-Israele, al pari dello stop della partecipazione di imprese israeliane al programma Horizon Europe per la ricerca. Richieste però di difficile realizzazione, visto che in entrambi i casi sono gli Stati membri a doversi esprimere, e sulla linea dura contro lo Stato ebraico i 27 sono divisi.Ciononostante si continua a fare pressione. “L’Unione europea deve assumersi responsabilità e agire ora”, insistono i leader di socialisti, verdi e sinistra radicale. Per questo si chiede di mandare più segnali alla leadership israeliana, a partire dal “ripristini del pieno finanziamento dell’Unrwa”, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi. E’ l’Unione europea che si fa sentire, dopo il silenzio di un’altra parte dell’Unione europea.

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    Ue-Cina, von der Leyen invoca pragmatismo: “Riequilibrio commerciale per contrastare i dazi globali”

    Bruxelles – Un summit convocato con aspettative limitate, compresso da due a un solo giorno, e concluso con l’impressione che l’Unione europea e la Cina siano tenute legate solamente dalla necessità di non farsi nuovi nemici nel sempre più precario equilibrio internazionale. I vertici Ue ripartono da Pechino con in tasca una dichiarazione congiunta sull’impegno per il clima e l’intesa per un meccanismo che faciliti l’export di terre rare dalla Cina. Sui dossier principali, la guerra in Ucraina e gli attriti commerciali, nessun significativo passo avanti.“Le nostre relazioni sono a un punto di svolta. È importante ascoltarsi a vicenda e trovare soluzioni pragmatiche“, ha esordito la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in conferenza stampa a margine del 25esimo summit Ue-Cina, con cui Bruxelles e Pechino hanno celebrato i 50 anni di relazioni diplomatiche. L’Ue tira dritto sulla strategia di de-risking nei confronti del gigante asiatico: “Difendiamo i nostri interessi, nel contempo rimaniamo impegnati a favore di un dialogo franco, rispettoso e aperto”, ha spiegato la presidente dell’esecutivo comunitario. Nessuna illusione su una convergenza di vedute, ma la consapevolezza – come sottolineato dal presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa – che “il modo in cui interagiamo e cooperiamo è importante per il mondo”.I presidenti di Cina e Russia, Xi Jinping e Vladimir Putin, tra i generali durante la parata miliare a Mosca per le celebrazioni della grande vittoria [foto: imagoeconomica]A partire dal posizionamento nei confronti della guerra d’aggressione russa in Ucraina. “In qualità di membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la Cina ha un ruolo fondamentale“, hanno insistito i leader Ue, che da tre anni chiedono a Pechino di fare pressioni su Mosca per mettere fine al conflitto. O quanto meno di non sostenerla attivamente. “In tempo di guerra, le tecnologie a duplice uso sono spesso utilizzate come strumenti di guerra, abbiamo chiesto alla Cina di prestare attenzione”, ha dichiarato Costa. Di fronte alla negligenza di Pechino, che fa orecchie da mercante dall’inizio del conflitto, l’Ue ha già incluso diverse aziende cinesi nei pacchetti di sanzioni comminati alla Russia e ai suoi alleati.C’è poi il nodo commercio. Nel 2024 le relazioni commerciali bilaterali hanno raggiunto un valore di 730 miliardi di euro. Ma è cresciuto progressivamente anche il deficit dell’Ue nei confronti della Cina, che tocca ora i 305 miliardi. L’analisi di Bruxelles è nota: distorsioni sistemiche, barriere commerciali e la sovra-capacità produttiva di Pechino “aggravano le condizioni di disparità”. Von der Leyen ha attaccato: “A differenza di altri mercati importanti, l’Ue mantiene il suo mercato aperto alla Cina. Tuttavia, questa apertura non è ricambiata”. L’altro mercato è un riferimento agli Stati Uniti di Trump, ben presenti sullo sfondo – e nelle menti – dei leader impegnati al vertice. Tant’è che von der Leyen ha affermato chiaramente che “la necessità di riequilibrare le nostre relazioni è ancora più urgente a causa dell’aumento globale dei dazi“.Sulla destra la delegazione Ue con Ursula von der Leyen, Antonio Costa e Kaja Kallas, sulla sinistra il presidente cinese Xi Jinping e il suo team durante i lavori del summit Ue-Cina a PechinoBruxelles ha visto diversi contenziosi con Pechino negli ultimi anni: i dazi sui veicoli elettrici e l’esclusione delle imprese cinesi dagli appalti pubblici per dispositivi medici ne sono due esempi. D’altra parte, la Cina ha imposto misure di difesa commerciale “ingiustificate e di ritorsione” sei confronti del brandy, della carne suina e di prodotti lattiero-caseari provenienti dall’Ue.Sulla reciprocità e l’accesso al mercato cinese alle aziende europee, “abbiamo convenuto di lavorare a soluzioni concrete”, ha annunciato la leader Ue. Quanto alla sovra-capacità nell’economia cinese – oltre che nei veicoli elettrici, anche nell’acciaio, nelle batterie, nei pannelli solari – “la leadership cinese ha espresso la volontà di sostenere maggiormente i consumi e meno la produzione“.L’ultimo punto, l’unico in cui von der Leyen ha strappato a Xi Jinping qualcosa in più rispetto a una generico impegno, riguarda il controllo statale sulle esportazioni di terre rare dalla Cina, che secondo Bruxelles starebbe rallentando le catene di approvvigionamento globali. Le due parti hanno raggiunto un’intesa su un nuovo “meccanismo di approvvigionamento per l’esportazione potenziato”, che dovrebbe risolvere rapidamente eventuali colli di bottiglia.Nessuna dichiarazione congiunta a corredo del vertice, salvo per un impegno scritto per l’azione contro i cambiamenti climatici, nella quale Bruxelles e Pechino hanno affermato di voler “guidare gli sforzi globali per ridurre le emissioni di gas a effetto serra“, e in cui l’Ue ha incoraggiato la Cina a proporre un piano ambizioso per la riduzione delle emissioni fino al 2035 e ad aumentare i propri contributi finanziari internazionali, “in linea con le sue dimensioni e la sua responsabilità globale”.

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    “Cambiamo insieme il Wto”. L’invito dell’Ue al Giappone (in senso anti-Trump)

    Bruxelles – “Possiamo cambiare le regole dell’Organizzazione mondiale per il commercio (Wto), così da rispondere alle sfide di oggi e di domani”. E’ la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a offrire il senso politico, che poi è geo-strategico, del summit Ue-Giappone ospitato dal partner asiatico. La dichiarazione finale serve a ribadire la volontà di una maggiore cooperazione bilaterale, ma il documento è anche un manifesto dichiaratamente anti-Trump.Contro le iniziative anti-commerciali dell’attuale amministrazione degli Stati Uniti, recita il documento, “riaffermiamo l’importanza della cooperazione Ue-Giappone per sostenere il sistema commerciale multilaterale libero e basato su regole con l’Organizzazione mondiale del commercio (Omc, o Wto) al suo centro“. Ed è qui che arriva la specifica di von der Leyen, che fa leva sul ruolo politico del Giappone in veste di membro dell’Accordo globale e progressivo per il partenariato transpacifico (CPTPP), l’area di libero scambio che comprende Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Peru, Singapore e Vietnam.La Bce: “Con la Cina nel Wto meno democrazia nel mondo in nome del commercio, ma l’Ue ha le sue colpe”“Insieme, l’Ue e i paesi aderenti al CPTPP possono guidare una riforma significativa dell’Organizzazione mondiale del commercio, in modo che le regole del commercio globale riflettano le sfide odierne e i rischi futuri”, insiste von der Leyen. E’ questa la chiamata alle armi per un nuovo ordine globale che sia chiaro, certo, e prevedibile, ora più  che mai.La riforma del Wto è un obiettivo strategico per l’Unione europea, fissato nell’agenda politica a dodici stelle ormai da anni, e con cui, da più tempo ancora, ragiona sempre con Tokyo. Ora è il momento di rilanciare il processo, come conferma anche il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa: “Siamo uniti nel difendere un ordine economico prevedibile e basato su regole“. E’ questo un passaggio chiave, che è un messaggio contro l’approccio dell’America di Trump, a cui l’Ue risponde con una presa di distanze. E non finisce qui, perché, spiega ancora Costa, “in un mondo di crescente incertezza, stiamo anche intensificando gli sforzi congiunti per rafforzare la sicurezza e la resilienza economica”. Da sinistra: il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, il primo ministro del Giappone, Shigeru Ishiba, e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen [Tokyo, 23 luglio 2025]Ue e Giappone sono decisi ad approfondire le relazioni bilaterali già esistenti, che riguardano commercio, materie prime, e soprattutto difesa. E’ previsto per il prossimo anno il primo dialogo sulla difesa Ue-Giappone, oltre al lancio di una piattaforma industriale del settore. La base di aziende del comparto di entrambe le parti sarà dunque rilanciata, perché, questo il sentore comune, una maggiore sicurezza nippo-europea contribuisce ad una maggiore stabilità della regione dell’indo-pacifico cara al Giappone come all’Europa.“Relazioni forti e stabili trar Unione europea e Giappone sono essenziali per mantenere e rafforzare un ordine internazionale libero e aperto basato sulle regole e sullo stato di diritto”, sottolinea il primo ministro giapponese, Shigeru Ishiba. Una visione che vale soprattutto per gli aspetti economico-commerciali. “Siamo d’accordo a lavorare insieme per mantenere e rafforzare il sistema basato sulle regole”, che passa attraverso “il multilateralismo con il Wto al centro” di questo ordine. La sfida a Trump è dunque lanciata, mentre viene rilanciata l’agenda di riforma dell’organizzazione mondiale per il commercio.