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    Sci: impianti lombardi pronti a ripartire, non siamo burattini

    (ANSA) – BRESCIA, 14 FEB – Preoccupati e arrabbiati: è questo il sentimento che accomuna gli operatori della montagna della Lombardia che, pronti ad aprire domani, si trovano con il dubbio che arrivi un nuovo stop. “Abbiamo venduto quasi 4mila ski pass in vista della riapertura di domani, ma ora abbiamo bloccato la vendita online perché non sappiamo cosa succederà. Siamo preoccupati”. Lo ha detto all’ANSA Michele Bertolini, direttore di Adamello Sky, del Consorzio Pontedilegno-Tonale in Vallecamonica, nel Bresciano.    “Siamo in attesa, abbiamo allestito tutto, investito soldi e se non si dovesse riaprire per molti potrebbe essere la mazzata finale. Sarebbe stato meglio saperlo una settimana prima se l’idea era già questa”, ha detto Bertolini che ha poi aggiunto: “Abbiamo assunto ieri i dipendenti di biglietteria che rischiamo di dover già licenziare domani. Sembra uno scherzo di carnevale”.    “Non è possibile venire a sapere alla domenica pomeriggio che per il lunedì mattina è tutto cambiato – aggiunge Michela Calvi dell’hotel Stelvio di Bormio -. Non se ne può più con la politica dell’apri chiudi, apri chiudi. Ci sentiamo presi in giro. Noi imprenditori del turismo non siamo burattini. Siamo allo stremo delle forze e tanti rischiano il fallimento delle loro aziende”. (ANSA).   

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    Governo: Fratoianni, proposto a SI di non votare fiducia

    “Ci aspettavamo di meglio di un ‘governo dei migliori’ con così tanta destra, con la sinistra stretta ai margini seppur rappresentata da persone che stimiamo. Per questo ho proposto a Sinistra Italiana di non accordare la fiducia a questo governo”. Lo scrive su Facebook il segretario nazionale di SI, Nicola Fratoianni, spiegando di attendere “le decisioni dei compagni e delle compagne dell’assemblea” del partito.
    “Non è il governo dei migliori. Non è quello giusto per il futuro del Paese. La genesi di questo governo, con la manovra di Renzi per fermare le politiche redistributive, purtroppo pesa anche sulla sua composizione – spiega Fratoianni nel suo post -. Avevamo tracciato un percorso di sperimentazione politica con Giuseppe Conte: un dialogo tra sud e nord, un confronto non facile tra forze produttive e mondo del lavoro, un incontro tra chi ha bisogno di protezione e chi può offrirla durante questa crisi durissima, cioè le istituzioni e la politica intesa come servizio. Hanno voluto fermare questa sperimentazione per riavvolgere il nastro, riproporre alcuni dogmi, alcuni tecnici tra quelli più lontani dalla transizione ecologica di cui abbiamo bisogno, accompagnati dai campioni della diseguaglianza e della discriminazione”.
    Il segretario di SI chiarisce che quella di proporre all’assemblea di non votare la fiducia al governo Draghi è “una scelta nel merito, non pregiudiziale, che guarda al dopo Draghi. Il fronte progressista deve imparare in Italia a dialogare tra diversi, dandosi l’opportunità di ricostruire un progetto politico che riprenda il cammino interrotto. A cominciare dalle città che andranno al voto molto presto. Ma soprattutto – conclude Fratoianni – da un lavoro comune nella società, intorno alle tante battaglie che possiamo fare insieme, per la giustizia ecologica e sociale: noi ci siamo e ci saremo per tutto questo”.   

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    Poche ministre e zero Dem, nel Pd esplode il caso

    Dal Conte Bis al governo Draghi, il numero di donne non aumenta, mentre quello delle rappresentanti Dem passa da una a zero. E nel Pd esplode un caso di genere, con accuse tutt’altro che velate al segretario Nicola Zingaretti. La gestione della crisi da parte dei Dem è stata “machista”, è convinta Marianna Madia, che sette anni fa di questi tempi giurava nel governo Renzi, l’unico per metà a tinte rosa. La percentuale di donne nei governi Letta, Gentiloni e nelle due esperienze di Conte, oscillava fra il 27% e il 32%, identica a quella della squadra di Mario Draghi, dove ci sono 8 ministre su 23, 3 con portafoglio. Questa volta, però, quando la musica si è fermata, nessuna Dem si è ritrovata in poltrona. “È una ferita – constata in una nota proveniente dal Nazareno Cecilia D’Elia, portavoce della conferenza delle donne democratiche, che dovrebbe riunirsi a inizio settimana -. Una novità per il partito: al restringersi delle postazioni, le donne sono venute meno”.
    Secondo Laura Boldrini, “le correnti schiacciano il protagonismo femminile”. “Qualcosa non torna. Bisognerà pensarci bene. Non tanto e non solo tra le donne del Pd. Ma nei suoi organismi decisionali”, il commento di Titti Di Salvo. “Ma non ci sono più scuse nemmeno per le dem” nota Debora Serracchiani, parlando di una “dura lezione: nessuno spazio ci sarà dato per gentile concessione. Quando si tratta di ruoli di potere vero, non funzionano le quote di genere come riserva indiana o gli articoli dello statuto come specchietto per la democraticità interna. Il Pd è un partito per donne? Per me, dovrà esserlo”. Appena varato il governo, Zingaretti ha promesso di “fare di tutto” per riequilibrare il rapporto di genere nella fase di identificazione di sottosegretari e viceministri.
    E dal canto suo il segretario rivendica di aver sollevato il tema della parità nelle consultazioni con Draghi e poi nella Direzione nazionale del partito. È stato Draghi del resto, fanno notare in ambienti Dem, a scegliere i ministri, e la Direzione del partito ha votato all’unanimità l’ordine del giorno che dava “fiducia” al governo da lui presieduto. Fonti parlamentari dell’area vicina al segretario, riconoscendo che lo stesso Zingaretti ha ammesso il problema, osservano che in queste ore c’è chi sembra utilizzare in modo strumentale la polemica per aprire un fronte interno e rompere l’unità, puntando nei prossimi mesi alla sfida congressuale. Fra chi usa toni critici ci sono Matteo Orfini e ancor più Antonio Decaro. “Un grande rammarico: nemmeno una donna tra i ministri indicati dal mio partito. Forse le donne del Pd dovranno organizzarsi in una corrente se vorranno contare qualcosa nel partito”, dice il sindaco di Bari, da tempo fra i più attivi nel chiedere un congresso. Una questione che tornerà a galla nelle prossime settimane.   

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    Al giuramento vincono sobrietà e norme Covid

    FOTO di Massimo Percossi, Giuseppe Lami, Alessandro Di Meo, Fabio Frustaci, Ettore Ferrari
    Sobrio, essenziale e inevitabilmente ligio alla paura del Covid. Il governo di Mario Draghi entra in carica e il giuramento dei suoi 23 ministri, al Quirinale, si adegua alla pandemia. Anche nella forma. Del resto, misurato per eccellenza è il premier stesso che non tradisce emozione quando giura, scandisce i tre paragrafi della formula di rito e all’ultimo rivolge lo sguardo al presidente Mattarella. Undici secondi e via. Niente spettacolo nemmeno dopo, alla cerimonia della campanella con il predecessore Conte, anticipata dall’amuchina con cui entrambi si disinfettano le mani. Per il nuovo capo del governo l’unica svista è davanti al picchetto d’onore, nel cortile di Palazzo Chigi, quando non si ferma davanti al Tricolore e alla bandiera europea.
    Ma un attimo dopo ha già rimediato. Solenne come sempre ma più controllata è la cerimonia al Colle. Prima novità, il dress code: nel salone delle Feste domina la mascherina, per tutti la Ffp2, oltre al tampone d’obbligo prima di entrare. Sparisce così la mimica più o meno volontaria. Mancano pure gli occhiolini, come fu tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio nel governo precedente. Il coronavirus si impone su ogni dettaglio, compresa la penna per firmare. Sostituita al volo da un messo a ogni ministro. Bandite inoltre le strette di mano con il premier e il capo dello Stato. Grande assente è la stampa, specie l’ala dei fotografi spesso la più rumorosa per i clic. Lo spazio sembra allargarsi. Nella sala di fronte a Mattarella, ci sono 23 sedie distanziate e in più file. Una per ogni ministro, arrivati al Colle senza parenti. Vietati pure quelli. Mancano così le foto del passato, dei quasi ministri accompagnati da mogli, mariti, figli o fidanzati.
    Unica stranezza, Vittorio Colao che entra al Colle con zaino e trolley (probabilmente atterrato da Londra). Ridotta all’osso anche la commozione. A tradirla per un attimo è Mariastella Gelmini. Prima delle otto donne a giurare, inizia a recitare la formula di rito, proclama la fedeltà alla Repubblica ma si stoppa. Défaillance della memoria o solo l’ansia del momento. Nei colori dell’outfit trionfano il nero e il blu scuro. Tranne per le cravatte rosse di Andrea Orlando e Roberto Speranza, quella che vira al bordeaux di Draghi, il completo grigio di Roberto Cingolani e il gilet blu notte di Patrizio Bianchi. Elegantissima Mara Carfagna in blu e tacchi a spillo. Fra le colleghe prevale il nero, solo Erika Stefani spariglia con una giacca a motivi bianchi e neri mentre la ministra più giovane, Fabiana Dadone (37 anni compiuti ieri) ‘stacca’ il nero con un top con sfumature rosa. Il galateo dell’era Covid si rompe nella foto di rito: in posa per il tempo di un clic, Mattarella e il governo si tolgono la mascherina.
    Basta stare a distanza, garantita da un palchetto a tre livelli. Ma soprattutto sfugge al rigore il saluto al premier uscente. Accompagnato dalla compagna Olivia Paladino, Conte incassa un lungo e fragoroso applauso di funzionari e dipendenti di Palazzo Chigi, mentre il portavoce Rocco Casalino non nasconde gli occhi rossi. Uscendo, Conte ringrazia anche un gruppetto di persone che lo acclama. E ai cronisti ammette: “E’ stata una grande esperienza”, confermando però che bisogna “sempre” guardare avanti. “Mai rammarichi”, aggiunge.

     

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    Governo Draghi, il film della giornata in immagini

    FOTO di Massimo Percossi, Giuseppe Lami, Alessandro Di Meo, Fabio Frustaci, Ettore Ferrari
    Nel primo governo che entra in carica e giura in piena pandemia, spariscono le strette di mano. Per tutti i 23 ministri del governo di Mario Draghi non ci sono stati scambi di mani con il premier e il capo dello Stato subito dopo il giuramento al Quirinale. Assolutamente vietati dal nuovo ‘galateo’ del virus. Sostituiti, quindi, da rapidi cenni del capo rivolti alle autorità quasi a mò di inchino (il più marcato quello di Giancarlo Giorgetti) e qualcuno anche una mano vicina al cuore, inclinando contemporaneamente la testa come saluto.
    Passaggio della campanella con “amuchina” per il premier uscente Giuseppe Conte e il presidente del Consiglio Mario Draghi. Il passaggio fisico della campanella, nonostante il Covid, è avvenuto ma prima Conte e Draghi hanno provveduto a disinfettarsi le mani. Subito dopo il passaggio foto di rito con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio uscente Riccardo Fraccaro e il suo successore Roberto Garofoli ma, sempre a causa della pandemia, nessuna stretta di mano tra Conte e Draghi. Un applauso finale ha salutato Conte prima che il presidente uscente lasciasse il salone d’onore. 
    Senza mascherine, a distanza e alternati su tre livelli su un palchetto allestito ad hoc nel salone dei Corazzieri del Quirinale. Così sono stati immortalati i 23 ministri del nuovo governo Draghi nella foto di rito scattata al Colle, insieme al capo dello Stato, Sergio Mattarella. 
    Una penna per ognuno dei 23 ministri del governo Draghi: la cerimonia del giuramento si adegua alle norme anti Covid e così per evitare il rischio contagi, la squadra del neopremier ha firmato usando ciascuno una penna diversa, cambiata di volta in volta dai messi nel salone delle Feste del Quirinale. Unico a firmare con la sinistra Lorenzo Guerini, riconfermato alla Difesa. A tenere la maggiore distanza dalla scrivania, il ministro della Salute Roberto Speranza.

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    M5s, ortodossi all'attacco. Grillo: 'Oggi si deve scegliere, o di qua o di là'

    Restano agitate le acque dentro a M5s dopo l’ok all’ingresso nella compagine del nuovo governo Draghi. Ad andare all’attacco è Barbara Lezzi che chiede che si torni a votare e in caso contrario sottolinea che il voto alla fiducia “deve essere” un no. Beppe Grillo intanto richiama il movimento a una “transizione cerebrale”.
    “Questa mattina ho inviato, insieme ad alcuni colleghi, una mail al Capo Politico, al Comitato di garanzia e al Garante per segnalare che la previsione del quesito posta nella consultazione dell’11/02/21 non ha trovato riscontro nella formazione del nuovo Governo. Non c’è il super-ministero che avrebbe dovuto prevedere la fusione tra il Mise e il Ministero dell’Ambiente oggetto del quesito. Chiediamo che venga immediatamente indetta nuova consultazione. E’ evidente che, in assenza di riscontro, al fine di rispettare la maggioranza degli iscritti, il voto alla fiducia deve essere No”. Lo scrive su Fb la senatrice M5S Barbara Lezzi.

    Questa mattina ho inviato, insieme ad alcuni colleghi, una mail al Capo Politico, al Comitato di garanzia e al Garante…
    Pubblicato da Barbara Lezzi su Sabato 13 febbraio 2021

    “13 febbraio 2021. Vi ricorderete questa data. Perché da oggi si deve scegliere. O di qua, o di là. Scegliere le idee del secolo che è finito nel 1999 oppure quelle del secolo che finirà nel 2099. Se il 2099 è un’astrazione, allora prova così. Metti lo smartphone in modalità aereo e vola con la fantasia. Chiudi gli occhi. Visualizza il tuo nipotino. Visualizzalo nonno. Coi capelli bianchi, la prostata così così. Commuoviti”. Così Beppe Grillo sul blog. “Se hai capito questo, è perché hai sentito. Perché per capire col cervello bisogna prima sentire col cuore. E’ di una transizione cerebrale di cui abbiamo bisogno”, aggiunge. “Ecco, se sei capace di commuoverti per il futuro, allora sei un “ragazzo del ’99”. O una “ragazza del ’99”. Del 2099. Ma se non riesci a spegnere lo smartphone, non riesci a volare, non riesci a commuoverti per il futuro, allora sei un “ragazzo del 1999”. Forse sei studente alla Bocconi. Puoi essere giovane negli anni. Ma potresti essere vecchio nei pensieri. I “ragazzi del 1999″, infatti, credono ancora che spostare avanti e indietro sempre più soldi crei più prosperità. Pensano che tutta la ricchezza creata e quella distrutta vadano sommate insieme. E chiamano questo Pil. E chiamano il Pil benessere”, si legge nnel post del Garante del M5S. “Se invece riesci a commuoverti per il futuro, allora sei un “ragazzo del 2099”. Allora credi che il benessere non voglia dire produrre di più, ma vivere meglio. Credi che le persone contino più delle cose, nel cielo vuoi più rondini e meno satelliti, nei parchi vuoi più lucciole e meno display, conclude. 

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    A Città della Pieve fiducia in Draghi: 'Non si discute'

    Si fidano del presidente del Consiglio Mario Draghi, ma qualche perplessità sulla composizione del Governo la nutrono gli abitanti di Città della Pieve, il paese umbro scelto dal neo premier quale suo “buen ritiro”.
    “Draghi non si discute”, spiega all’ANSA un’anziana in attesa di entrare in farmacia. “Ma – aggiunge – due, tre ministri non li avrei riconfermati”. “Ora – dice ancora l’anziana che racconta di conoscere Serena, la moglie del presidente del Consiglio – spero che le cose possano cambiare in meglio, con Draghi sarà possibile a mio avviso”.
    Il sindaco di Città della Pieve, Fausto Risini, oggi è stato impegnato soprattutto a coordinare gli uomini impegnati a ripulire le strade dalla neve caduta sul territorio, ma trova il tempo per commentare la squadra di Governo. “Draghi è riuscito a trovare un equilibrio tra tutte le forze politiche e questo è già molto – sottolinea -, forse ci si poteva attendere qualche novità in più, ma va bene così. Noi ci fidiamo del nostro concittadino”. “Nei prossimi giorni, quando avrà espletato tutte le formalità, proverò a fargli una telefonata – annuncia Risini – per augurargli di cuore buon lavoro e ricordagli che la Pieve è sempre al suo fianco”.
    Ma tra le strade innevate si incontra anche chi rimpiange l’uscente Giuseppe Conte, come nel caso di una signora sulla quarantina. “Stava facendo grandi cose – sostiene -, purtroppo non gli abbiamo dato tempo di portarle a termine. Comunque Draghi è partito bene, è stato abbastanza equilibrato”.   

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    Gli auguri dei leader europei a Draghi

    Gli auguri di tutti i leader europei a Mario Draghi che ha giurato oggi da presidente del Consiglio. “Auguro a Mario Draghi ogni bene! Italia e Germania collaborano per un’Europa forte e unita e per un multilateralismo che offra ai nostri giovani un futuro migliore”. E’ il commento della cancelliera tedesca Angela Merkel, come riferisce un tweet della portavoce del governo tedesco Martina Fietz. 
    “I miei migliori auguri a Mario Draghi! Insieme, Italia e Francia hanno tanto da fare per costruire un’Europa più forte, più solidale e un nuovo multilateralismo, per offrire ai nostri giovani un futuro migliore”, scrive su Twitter il presidente francese Emmanuel Macron.
    “Congratulazioni a Mario Draghi, non vedo l’ora di lavorare a stretto contatto con te nel 2021 quando ospiteremo il G7, voi il G20 e insieme la COP26”, scrive su Twitter il premier britannico Boris Johnson. 
    “Auguri al Presidente del Consiglio Mario Draghi. Confidiamo che il nuovo governo italiano affronterà le sfide che il suo Paese e tutti gli Stati europei abbiamo davanti a noi. Italia e Spagna continueranno a lavorare insieme per la ripresa e il futuro dell’Europa”, scrive su Twitter il premier spagnolo Pedro Sanchez.
     “La sua esperienza sarà una risorsa straordinaria non solo per l’Italia, ma per tutta Europa, soprattutto in un momento così difficile. Pronta a lavorare presto insieme per la comune ripresa e per una Ue ambiziosa”. Così su Twitter la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen si congratula con il premier Mario Draghi che ha giurato oggi.
    “Congratulazioni e non vedo l’ora di lavorare di nuovo con Mario Draghi per la ripresa e il futuro dell’Europa!”. Lo scrive su Twitter il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, che in italiano aggiunge: “Congratulazioni al Presidente del Consiglio Mario Draghi per la formazione del nuovo governo in Italia”. Il post si conclude con l’hashtag #WhateverItTakes.