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    Morto teologo Hans Kung, negò infallibilità papale

    Hanno fatto epoca le sue celebri dispute teologiche, in particolare con il Papa emerito Joseph Ratzinger, antico compagno di studi, che lo hanno fatto diventare una star ‘sui generis’ del mondo accademico cattolico, una sorta di “teologo ribelle”. Osannato da molti, combattuto da altri, è scomparso oggi, all’età di 93 anni, Hans Kung, svizzero di nascita e residente a Tubinga, in Germania, la città nella cui università ha insegnato per decenni e dove aveva stabilito anche la sua fondazione, Weltethos (Etica Mondiale), che ha dato l’annuncio della scomparsa. Presbitero, saggista e soprattutto teologo che facilmente si potrebbe definire progressista e riformista, sostenitore di una maggiore attuazione del Concilio Vaticano II, a sua volta avversato dai fronti tradizionalisti che lo bollavano come “relativista”, Kung esprimeva un pensiero teologico più in sintonia con un’ampia area cattolica tedesca che ora, negli anni del pontificato di papa Francesco, è venuta fortemente in luce: come dimostrano anche le recenti proteste contro il divieto alla benedizione delle unioni gay. Il suo cavallo di battaglia è stata la critica al dogma dell’infallibilità papale, su cui nel 1975 venne richiamato dalla Congregazione per la dottrina della fede, che poi, in seguito all’inasprirsi dei toni della contestazione, il 18 dicembre 1979 gli revocò la ‘missio canonica’ (l’autorizzazione all’insegnamento della teologia cattolica).
    Küng continuò comunque ad essere sacerdote e conservò la cattedra presso il suo Istituto a Tubinga, che fu però separato dalla facoltà cattolica. Le critiche di Kung si sono rivolte dapprima contro il pontificato di Giovanni Paolo II, in cui peraltro il card. Ratzinger era il custode dell’ortodossia come prefetto dell’ex Sant’Uffizio. Innumerevoli i motivi di contrasto, in particolare sulla “restaurazione dello status quo ante Concilium, a impedire le riforme, al rifiuto del dialogo intra-ecclesiastico e al dominio assoluto di Roma”: “Giovanni Paolo II predica i diritti degli uomini all’esterno ma li ha negati all’interno, cioè ai vescovi, ai teologi e soprattutto alle donne”, diceva. Dal 1996 Kung aveva lasciato l’insegnamento per raggiunti limiti di età, rimanendo però fra i principali critici dell’autorità papale (che riteneva un’invenzione umana) e del culto mariano. Ha sempre continuato la sua battaglia affinché la Chiesa, sulla base del Concilio, si aprisse all’ammissione delle donne a ogni ministero, favorisse la partecipazione dei laici, incentivasse il dialogo ecumenico e interreligioso e si aprisse al mondo, abbandonando l’esclusivismo teologico e l’eurocentrismo.
    Nel 2000, la dichiarazione Dominus Iesus sull’unicità salvifica di Cristo e della Chiesa, promossa proprio da Ratzinger, fu bollata da Kung come un misto di “megalomania e arretratezza vaticana”. Negli anni di Benedetto XVI (che pure lo ricevette a Castel Gandolfo il 24 settembre 2005), le posizioni di Kung lo hanno portato spesso al centro di querelle internazionali che lo opponevano al Papa tedesco. Distanze teologiche e dottrinali a parte, Kung non ha risparmiato al pontificato di Benedetto XVI anche accuse aspre e severe: più volte ha indicato Ratzinger come responsabile dei silenzi della Chiesa sulla piaga della pedofilia; quindi ha attaccato l’ex compagno di studi per la sua gestione del Vaticano, simile a una corte medievale, e bocciato il provvedimento con cui Benedetto XVI consentiva il rientro degli anglicani nella Chiesa cattolica, definendolo una “tragedia”. Nel 2013, Kung ha dichiarato di sentirsi molto più in sintonia con papa Francesco: con l’elezione di Bergoglio “è rinata la mia speranza nella Chiesa”, spiegava in un libro di memorie. Nel volume, Kung scriveva di non aspettarsi che “si realizzasse il sogno di un nuovo risveglio della Chiesa, come fu sotto Giovanni XXIII” e rivelava anche l’invio di una sua lettera personale a Francesco con l’invito ad avere “coraggio” nell’intraprendere le riforme e a non lasciarsi abbattere dalle “forze contrarie”. Missiva alla quale era seguita una risposta altrettanto personale di Francesco. Negli ultimi tempi, Kung aveva fatto parlare di sé per la sua apertura nei confronti del suicidio assistito. E sulla sua morte, oggi dal Vaticano è venuto il commento della Pontificia Accademia per la Vita, che ha twittato: “Scompare davvero una grande figura nella teologia dell’ultimo secolo, le cui idee e analisi devono fare sempre riflettere la Chiesa, le Chiese, la società, la cultura”.
       

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    Salvini, a Draghi proposte su numero accessi a teatri e bar

    “Riaperture in sicurezza, dove i dati lo consentono, e nuovi protocolli per rivedere il numero di accessi in teatri e impianti sportivi, senza dimenticare palestre, bar, ristoranti e negozi: un nuovo protocollo è già stato chiesto per aumentate il pubblico all’Arena di Verona. La Lega c’è e presto ribadirò le nostre proposte concrete e ragionevoli al Presidente del Consiglio Mario Draghi. La stella polare resta il supremo interesse degli italiani”. Lo dice il leader della Lega Matteo Salvini.
    Le proposte dei governatori della Lega  
     Via libera a cinema e teatri con il contingentamento, ristoranti aperti a cena nelle Regioni con dati da zona gialla, locali con saracinesca alzata fino alle 18 anche in zona arancione ma a patto di avere tavoli distanziati e all’esterno e sport ‘one to one’. Sono queste, secondo quanto si apprende da fonti leghiste, alcune delle proposte che i governatori della Lega stanno valutando, con l’obiettivo di negoziare col governo un allentamento delle restrizioni. “Per la Lega – spiegano le stesse fonti – è il momento della programmazione a lungo termine: stop ai divieti e regole certe da far rispettare a tutti 
    L’Italia a 2 colori. Si valutano le aperture in base ai dati 
    L’Italia intanto è su due binari, con 10 regioni (Veneto, Marche, Lazio, Abruzzo, Liguria, Basilicata, Sicilia, Molise, Sardegna, Umbria) e le province autonome di Trento e Bolzano in arancione e nove in rosso (Lombardia, Toscana, Emilia Romagna, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Puglia, Valle d’Aosta e Campania), ma senza escludere l’ipotesi di un allentamento delle misure in quei territori dove i dati dell’epidemia migliorano.
    La cabina di regia non è stata al momento convocata, ma è sulla base dei dati elaborati settimanalmente dall’Iss, Direzione generale Prevenzione e Regioni che verranno eventualmente valutati la situazione sulla diffusione del contagio, eventuali misure e i tempi necessari. E se le cifre saranno confortanti, per l’apertura graduale del Paese sarà imprescindibile infilare una serie di passaggi e – se ci sarà – il provvedimento dovrebbe comunque essere contenuto in una delibera che dovrà poi avere l’ok definitivo dal Consiglio dei Ministri. L’obiettivo è programmare date e stabilire se e chi potrà alzare le serrande dopo il 20 aprile. Prima però il premier Mario Draghi avrà una serie di colloqui e appuntamenti istituzionali: giovedì prossimo ci sarà l’incontro con le Regioni, con il tema del Recovery all’ordine del giorno.
    I governatori, che vedranno anche il ministro Mariastella Gelmini alla Conferenza Stato-Regioni, chiedono di “fornire prospettive a quei settori chiusi valutando aperture subito dopo il 20 aprile, nel caso di un miglioramento dei dati epidemiologici, per poi permettere da maggio la ripartenza di attività in stand-by da troppo tempo, come le palestre”. La proposta, dalla metà del mese, oltre a bare ristoranti è riferita anche per i parrucchieri in zona rossa e i musei. Oltre al leader della Lega, Matteo Salvini, a spingere per le ripartenze in alcuni territori prima della fine del mese è anche Forza Italia. “Pensiamo che già dopo Pasqua si possa iniziare a ragionare, con tutte le precauzioni del caso, in merito a mirati interventi”, spiega il capogruppo di FI alla Camera, Roberto Occhiuto, il quale spera che “già nella settimana tra il 12 e il 18 aprile ci possa essere un primo tagliando di verifica”. Stesso auspicio del presidente della Lombardia, Attilio Fontana.
       

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    Renzi, mia moglie con Covid dopo vaccino ma vaccinarsi serve

    “La mia Pasqua? E’ diventato positivo mio figlio di 18 anni poi Agnese che però ora è pronta per il rientro a scuola. Si può prendere il covid anche dopo il vaccino ma il consiglio è: vaccinatevi, vaccinatevi perché il vaccino anche se non protegge definitvimante serve”. Lo ha detto il leader Iv Matteo Renzi a L’Aria che tira su La 7, spiegando che la moglie si era vaccinata in quanto professoressa con Astrazeneca mentre lui non lo è. “Io e mio figlio grande abbiamo passato Pasqua in albergo a Firenze e siamo andati a salutarli dalla strada”, ha aggiunto.
       

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    Le dichiarazioni di Draghi a Tripoli

    Le dichiarazioni del premier, Mario Draghi
    Grazie al Primo ministro. Questa è la mia prima visita all’estero da quando ho avuto l’onore di essere stato nominato Presidente del consiglio del governo italiano. Essa stessa è la dimostrazione dell’importanza di un legame storico tra i due Paesi. Ma voglio anche notare che questo è un momento unico per la Libia.
    Il Governo da Lei presieduto è un governo di unità nazionale, riconosciuto e legittimato dal Parlamento, ed è un governo che sta procedendo alla riconciliazione nazionale. In questo senso il momento è unico per ricostruire quella che è stata un’antica amicizia e una vicinanza che non ha mai conosciuto pause, pensate che l’ambasciata italiana è stata l’unica aperta durante tutto il conflitto, durante tutti questi lunghissimi anni di conflitto e di pericolo. E bisogna dar conto e dar credito del coraggio dei diplomatici che sono rimasti nell’ambasciata. Dicevo è un momento unico per ricostruire, per guardare al futuro e per muoversi con celerità e con decisione. Il prerequisito per poter procedere con coraggio e con decisione è che il cessate il fuoco continui e sia strettamente osservato.
    La sicurezza dei siti è indubbiamente un requisito essenziale per poter poi procedere con la collaborazione. Al riguardo mi sono state date rassicurazioni importanti. È stato, devo dire, un incontro straordinariamente soddisfacente, caloroso e ricco di contenuti. Abbiamo parlato della nostra cooperazione in campo progettuale, con precisi riferimenti alle infrastrutture civili, in campo energetico, in campo sanitario, in campo culturale. L’Italia darà nuovo impulso all’istituto di cultura italiana all’estero e aumenterà le borse di studio per gli studenti libici che studiano italiano. C’è la volontà di rilanciare l’interscambio culturale ed economico libico. In altre parole si vuole fare di questa partnership una guida per il futuro nella piena sovranità della Libia. Anche in campo migratorio. Esprimiamo soddisfazione per quello che la Libia fa per i salvataggi. Nello stesso tempo aiutiamo e assistiamo la Libia. Il problema non è solo geopolitico, è anche umanitario. Da questo punto di vista l’Italia forse l’unico Paese che continua a tenere attivi i corridoi umanitari. Il problema delle immigrazioni per la Libia non nasce solo sulle coste libiche ma si sviluppa anche sui confini meridionali. L’UE è stata investita del compito di aiutare il governo libico anche in quella sede. I progetti sono stati molti. C’è un desiderio di cominciare. Le commissioni miste in campo finanziario, anche per il recupero dei crediti storici e recenti, sono state riavviate. C’è voglia di fare, c’è voglia di futuro, voglia di ripartire e in fretta.

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    Incontro Letta-Renzi, sostegno a Draghi ma divisi su M5s

    Il segretario Pd Enrico Letta ha incontrato stamattina, a quanto si apprende, il leader Iv Matteo Renzi. Il faccia a faccia tra Enrico Letta e Matteo Renzi è durato 40 minuti nella sede Arel: I due, spiegano fonti del Nazareno, hanno fatto un’analisi a tutto campo e convenuto sul fatto che in questo momento lo sforzo prioritario debba essere sul sostegno alla campagna vaccinale del governo e alle azioni di sostegno economiche. I due hanno poi ragionato sulle prospettive future trovando, spiegano ancora dal Nazareno, alcuni punti di accordo e altri disaccordo, in particolare c’è una divergenza profonda sul rapprto con Conte e M5s, rapporto che Letta considera essenziale per costruire in prospettiva un’alternativa vincente a Fdi e Lega.
    L’incontro, secondo fonti del Nazareno, è stato “franco e cordiale” e ha anche toccato il tema delle elezioni amministrative di ottobre. Letta si è limitato ad ascoltare alcune idee di Renzi su un tema, quello delle amministrative di autunno, sul quale aprile sarà per il Pd un mese importante per impostare alcune soluzioni. “Non so quanto dulcis ma non è un problema che mi abbia visto dopo altri …il Pd ha detto che è stato un incontro franco e cordiale, io dico molto franco e molto cordiale, sono d’accordo”. Lo ha detto il leader Iv Matteo Renzi a L’Aria che tira su La 7.
    Nelle città, “io al posto del Pd non farei l’accordo” con il M5s. Lo ha detto Matteo Renzi a L’Aria che tira su La 7. Su Roma, “tra Calenda e Raggi a occhi chiusi voto per Calenda”. Poi c’è il tema della questione di genere: “A Milano c’è Sala e bene, a Roma vedo solo uomini candidati, a napoli idem. Allora io chiederei ad un sindaco molto bravo Isabella Conti di fare il sindaco a bologna, se vogliamo parlare di contenuti”.
       

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    Mattarella ha ricevuto la seconda dose di vaccino

    Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è recato questa mattina all’Istituto Spallanzani, dove gli è stata somministrata la seconda dose di vaccino anti-covid. E’ quanto si legge in una nota del Colle.
    “Oggi lo Spallanzani ha accolto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella per la seconda dose del vaccino anti-Covid. Il presidente, molto attento ed informato, ci ha incoraggiato ad andare avanti sia nelle vaccinazioni che nella ricerca sulle terapie innovative”. Così il direttore sanitario dello Spallanzani Francesco Vaia.   

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    Draghi in Libia, obiettivo ritorno leadership Italia

    La prima visita all’estero del presidente del Consiglio Mario Draghi sarà in Libia. E’ già in questo dato che emerge l’obiettivo della missione del premier nella Tripoli che torna a “vedere” la stabilità politica: riaffermare una leadership italiana oscurata, negli ultimi mesi, dall’egemonia turca in Tripolitania e da quella russa in Cirenaica.
    Ed è un ruolo, quello italiano, che può contare anche sulla sponda della nuova amministrazione americana, tornata – dopo l’era Trump – a guardare all’Europa e al Mediterraneo con rinnovato interesse. Ma nel menù del bilaterale tra Draghi e il Primo Ministro Abdulhamid Dabaiba ci potrebbe essere anche una serie di memorandum d’intesa, a partire da quella sulla cooperazione sanitaria nella lotta al Covid.
    La visita di Draghi, spiegano fonti vicine al dossier, “ha innanzitutto un valore simbolico”. La Libia, sia pur a fatica, è tornata a rimettersi in carreggiata in direzione delle elezioni politiche da tenersi il prossimo dicembre. Ha un primo ministro riconosciuto in Tripolitania e Cirenaica e votato con un cospicuo consenso politico.
    E per l’Italia dopo un periodo di “assenza”, tornano ad aprirsi spiragli diplomatici (come l’apertuta del consolato a Bengasi), economici e anche sulla cooperazione sui migranti.
    Sono questi i tre dossier che Draghi esaminerà con Dabaiba nell’incontro che si terrà in mattinata a Tripoli e che sarà seguito da una dichiarazione congiunta. Il premier, che sempre a Tripoli vedrà il presidente del Consiglio presidenziale Mohamed Younis Ahmed al-Menfi, rientrerà a Roma nel pomeriggio.
    Draghi si recherà in Libia con una delegazione snella, e sarà accompagnato dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio. E il capo del governo italiano è tra i primi leader europei a vedere Dabaiba. Che, sempre domani ma nel pomeriggio, avrà un bilaterale con il suo omologo Kyriakos Mītsotakīs. Mentre nel giorno di Pasqua, ad incontrare Dabaiba, è stato il presidente del Consiglio Ue Charles Michel.
    Un’intesa sulla cooperazione sanitaria, raccontano fonti vicine al dossier libico, sarà firmata domani tra Roma e Tripoli. E’ un primo trampolino per fornire alla Libia assistenza sanitaria nella lotta al Covid, sul quale si sta concentrando lo stesso Dabaiba, ricevendo in queste ore 100mila dosi di Sputnik. Del resto, nell’era della pandemia globale, la diplomazia sanitaria è destinata ad avere un ruolo cruciale. Ma, nella missione di Draghi, non c’è solo l’emergenza Covid. C’è un pacchetto di investimenti sul quale Roma può puntare. “Riaprire al più presto a investitori e ditte italiane”, è, non a caso, la richiesta giunta da Dabeiba. E, tra i progetti da recuperare, c’è quello del raddoppio della cosiddetta “autostrada della pace”; frutto del Trattato d’amicizia Italia- LIbia siglato da Silvio Berlusconi e Muammar Gheddafi nel 2008. L’ammodernamento dell’antica “via Balbia”, nella nuova Libia che punta a rafforzare l’unità, ha anche un valore simbolico.
    Tra i canali “economici” italo-libici c’è poi quello energetico. La presenza dell’Eni in Libia è è un pilastro strategico sia per Tripoli sia per Roma e, negli ultimi mesi, ha visto emergere al suo fianco la concorrenza anche diplomatica della Turchia. Una concorrenza che si estende a tutto il Mediterraneo Orientale. L’orizzonte della cooperazione è comunque teoricamente esteso. Nella mattina di Pasquetta, ad esempio, una delegazione di Enav, guidata dall’Ad Paolo Simioni, ha incontrato il Ministro dei Trasporti libico Muhammad Salem Al-Shahoubi e il Presidente della Libyan Civil Aviation Authority Mustafa Benammar per pianificare gli interventi necessari al rilancio dell’aviazione civile del paese nordafricano e favorire il ripristino dei collegamenti diretti con l’Italia e l’Europa. E poi c’è il dossier migranti. Con l’intesa in Ue sulla redistribuzione degli arrivi che latita da mesi, per Roma, tocca anche fare da soli. E, in questo senso, il governo potrebbe puntare a favorire lo stop ai flussi sin dal Fezzan, la regione desertica che occupa il Sud della Libia. Una regione dove, tradizionalmente, è la Francia ad esercitare la sua influenza diplomatica.   

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    Giornalisti intercettati, Prc l'inchiesta è del 2017, ministro Minniti

    “L’inchiesta che ha portato ad intercettare giornalisti e avvocati, attuata dalla procura di Trapani è partita nel 2017, su pressione del “Servizio Centrale Operativo”, alle dipendenze del Ministero dell’Interno. Allora al Viminale c’era il Pd di Marco Minniti e non Salvini. Un ministro che urlava al “rischio per la democrazia” causato dai richiedenti asilo, che firmava accordi con il governo libico con cui si finanziavano i lager per migranti, che combatteva con ogni mezzo necessario il lavoro delle ong.” Lo dichiarano Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione Comunista e Stefano Galieni, responsabile immigrazione Prc-S.E..
    “L’inchiesta ha permesso di intercettare giornalisti che, senza ipotesi di reato a carico, si sono visti depositare le proprie intercettazioni, (30 mila pagine), che hanno messo a rischio le proprie fonti che comprovavano i crimini commessi dalle milizie. Si è posto un freno non solo al diritto di informare ma anche ai vincoli di riservatezza che legano avvocati e assistiti, le cui conversazioni, non inerenti ad alcuna indagine, sono oggi agli atti. Come Rifondazione Comunista, lo ribadiamo: se si è antirazzisti e se non si vuole essere complici delle stragi in mare, non si può avere nulla a che fare con un simile ex ministro e col partito che ne rivendica il ruolo. Tutta la nostra solidarietà e appoggio a chi, malgrado il silenzio complice di centro destra e sedicente centro sinistra, continua a stare dalla parte degli ultimi”, concludono. 
    Nei giorni scorsi l’Ordine Nazionale dei Giornalisti si è espresso sulla vicenda delle intercettazioni dei cronisti impegnati a documentare l’immigrazione tra Italia e Libia. “Siamo di fronte allo sfregio del segreto professionale – afferma il presidente nazionale Carlo Verna – la vicenda relativa all’inchiesta della Procura di Trapani sulle Ong, leggendo le cronache appare di estrema gravità e merita una mobilitazione non solo della categoria che l’Ordine dei giornalisti promuoverà. Emblematica l’intercettazione di una giornalista che parla con l’avvocata. Dove arriverà questo Paese, alle cimici nei confessionali? E’ un fatto che riguarda la qualità della democrazia. Ci appelleremo al Presidente della Repubblica, che oltre ad essere il supremo garante della Costituzione è anche il numero uno del Csm, e alla Ministra della Giustizia. Per fortuna nostra e delle istituzioni si chiamano Sergio Mattarella e Marta Cartabia”.
    “Andrea Palladino, cronista di sicura affidabilità e professionalità, sulle pagine del quotidiano ‘Domani’ ha rivelato come, nell’ambito di una inchiesta sulle Ong condotta dagli inquirenti di Trapani, sarebbero state intercettate le conversazioni di diversi giornalisti. Chi e perché ha disposto tali misure? Si volevano scoprire le fonti, violando il segreto professionale? A che titolo sono state trascritte le intercettazioni relative ai colloqui tra la cronista Nancy Porsia e la sua legale Alessandra Ballerini? Perché, particolare ancora più inquietante, sono stati trascritti brani relativi alle indagini su Giulio Regeni?”. Se lo chiede in una nota la Federazione nazionale della stampa. “Non spetta a noi emettere sentenze – continua il sindacato dei giornalisti – ma riteniamo opportuno che le autorità di garanzia chiedano chiarimenti e li rendano pubblici. La Federazione nazionale della stampa italiana fornirà alle colleghe e ai colleghi ogni supporto – conclude la nota -e sosterrà tutte le iniziative che intenderanno promuovere”.