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    Gb: principe George compie 7 anni, diffuse due foto

    In occasione del suo settimo compleanno, due foto del principe George sono state oggi diffuse Kensington Palace, precisando i suoi genitori, i duchi di Cambridge, sono “felici” di condividerle.    Si tratta di due fotografie scattate da sua madre, in cui il futuro re guarda alla fotocamera sorridendo. Risalgono all’inizio di luglio e , secondo Bbc News online, è probabile che le foto siano state scattate nella loro casa di Norfolk.    Il principe George, pronipote della regina Elisabetta, sarà il 43/mo monarca da quando Guglielmo il Conquistatore ottenne la corona d’Inghilterra nel 1066 se, come previsto, salirà al trono dopo suo nonno, il Principe di Galles, e poi suo padre, il Duca di Cambridge. (ANSA).   

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    Fase 3: Faraone (Iv), 'Riaprire confini a coppie binazionali'

    “Il Governo valuti l’opportunità di riaprire i confini a tutte quelle coppie binazionali che hanno una relazione duratura e debitamente provata, nei cui confronti l’emergenza epidemiologica e le conseguenti restrizioni hanno determinato una separazione de facto”. Lo chiede Davide Faraone, Presidente dei senatori di Italia Viva, depositario di una interrogazione scritta al Ministro delle infrastrutture e i Trasporti, Paola De Micheli. “Le misure restrittive del Coronavirus – spiega – imposte in tutto il mondo hanno interessato non solo le imprese e i viaggi di piacere, ma hanno anche separato famiglie e fidanzati. Passare attraverso una crisi sanitaria, una crisi finanziaria, una pandemia, un momento mentalmente impegnativo come questo senza essere in grado di vedere il proprio partner è straziante. Alcuni Paesi hanno già adottato misure finalizzate a consentire il ricongiungimento delle coppie transfrontaliere: tra questi, l’Olanda che ha deciso di allentare il divieto di ingresso alle condizioni per l’ingresso di persone care da paesi terzi che intrattengono relazioni interurbane con qualcuno dei Paesi Bassi, a partire dal 27 luglio, la Danimarca ha aperto i confini ai partner residenti nei Paesi scandinavi o in Germania, mentre la Repubblica Ceca ha adottato un puntuale protocollo per far rientrare nel Paese i partner legati a cittadini cechi da una relazione duratura, documentalmente provata. Centinaia e migliaia di coppie hanno il diritto di potersi sostenere in questi tempi difficili e sono pronte a prendersi le proprie responsabilità, seguendo tutte le misure necessarie, come quarantena, test, protezioni. Riteniamo giusto promuovere opportuni accordi tra le compagnie aeree e le autorità indipendenti competenti nel settore al fine di elaborare protocolli organizzativi e sanitari, nel rispetto delle vigenti norme igieniche e di sicurezza, che consentano il ricongiungimento di coppie transfrontaliere legate da una relazione stabile e adeguatamente provata, impossibilitate a riunirsi in questi mesi a causa dell’emergenza epidemiologica da Covid-19. Chissà cosa ne pensa il governo?”, conclude. 

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    Da Maastricht a Nizza, i vertici che hanno fatto la storia dell'Unione

     “La più importante decisione economica dall’introduzione dell’euro”: in questa frase, twittata dal commissario Ue all’economia Paolo Gentiloni all’alba di martedì, è racchiusa la portata di quanto avvenuto al vertice straordinario di Bruxelles. Da dove è giunto il via libera alla prima significativa operazione di condivisione del debito a livello Ue, una tappa storica nel cammino dell’Ue avviato con il trattato di Maastricht.
    Ecco i più importanti summit che dal ’92 hanno segnato questo percorso.
    – Maastricht ’92. L’omonimo Trattato viene approvato dai leader dei 15 Paesi partner nel vertice che si svolge in dicembre nella cittadina olandese. Rappresenta l’atto di nascita dell’Unione, fino ad allora Cee, e l’inizio del cammino che nel 2002 porterà l’euro nelle tasche dei cittadini di molti Paesi europei. Il Regno Unito, la Svezia e la Danimarca ottengono la cosiddetta clausola dell’opting out, ovvero la possibilità di non adottare la moneta unica anche avendone i requisiti.
    – Bruxelles ’98. Il 3 maggio il Consiglio Europeo decide che l’Italia e altri dieci Paesi rispettano i parametri fissati dal Trattato di Maastricht per adottare l’euro.
    – Nizza 2000. Alla fine di una maratona durata quattro giorni e quattro notti, dal 7 all’11 dicembre, i capi di Stato e di governo dell’Unione riescono a trovare un’intesa sul Trattato che prenderà il nome della città francese. L’accordo stabilisce le riforme delle istituzioni europee e dei sistemi di voto in vista dell’ingresso nell’Unione di un nuovo cospicuo gruppo di Paesi candidati. Va in scena una battaglia che vede il gruppo dei ‘piccoli’ Paesi, capitanati da Belgio e Portogallo, confrontarsi con i grandi. Con Nizza viene introdotto il meccanismo delle cooperazioni rafforzate.
    – Lisbona 2007. A dicembre si firma nella capitale lusitana il Trattato che chiude una tormentata stagione iniziata nel 2003 per varare una Costituzione europea. Iniziativa naufragata in seguito ai ‘no’ giunti dai referendum svoltisi in Francia e Olanda. A Lisbona si cerca di andare oltre questo fallimento varando riforme importanti tra cui l’ampliamento sostanziale dei poteri di co-decisione del Parlamento europeo e la nascita della presidenza permanente del Consiglio Europeo.

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    Conte, ora più forte per le riforme. Vede Mattarella

    Duecentonove miliardi. E la “responsabilità” di “far ripartire il Paese con forza, cambiarne il volto”. Dopo una maratona negoziale lunga cinque giorni e una ultima lunga notte di scontri e trattative, Giuseppe Conte torna a Roma convinto di aver incassato una vittoria pesante. “Il governo è forte, ora si rafforza la sua azione”, esulta all’alba. E’ il premier a essere più forte e poter guardare con più tranquillità ai prossimi mesi, dicono i suoi, allontanando lo spettro di fibrillazioni e possibili crisi. Subito dopo l’atterraggio Conte va al Quirinale, per un faccia a faccia con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
    Per un Paese che affronta un enorme calo del Pil, si creano ora “condizioni proficue” per “predisporre rapidamente”, è l’auspicio e lo sprone del capo dello Stato, “un concreto ed efficace programma di interventi”. Conte si prepara a riferire alle Camere, convinto di aver “difeso la dignità dell’Italia e il ruolo delle istituzioni europee”. Promette che sull’uso dei fondi coinvolgerà le opposizioni. Rilancia l’incontro finora mai avvenuto per discutere il Piano di rilancio e ringrazia quegli esponenti del centrodestra che “hanno capito la posta in gioco”.
    Mette così a nudo i distinguo tra Silvio Berlusconi che promuove un “buon compromesso”, Giorgia Meloni che ha “tifato Italia” ma ora dice che si poteva fare di più, e Matteo Salvini che evoca la troika, un “superMes”, una “grossa fregatura”. Il leghista è in difficoltà, commentano dalle fila di una maggioranza esultante. 
    Ma dalla maggioranza trapela già qualche dubbio sulla scelta del premier di annunciare una “task force operativa” per preparare il programma delle riforme. E se Conte spera di avere sminato, con il risultato europeo, un Mes che dice non essere il suo “obiettivo”, tra i giallorossi la calma è apparente, il Mes resta un tema pronto a riemergere presto. Non passa perciò inosservata una frase pronunciata da Davide Casaleggio, che solo due settimane fa aveva incontrato il premier: “Dobbiamo recuperare risorse da tutte le fonti disponibili, anche per la sanità”, dice in un’intervista. Un’apertura al Mes? Casaleggio non lo cita apertamente, ma c’è chi nella maggioranza ipotizza che sia un modo per sminare il campo al presidente del Consiglio aprendo a questa ipotesi.
    Intanto i Cinque stelle vanno all’attacco di quella parte dell’opposizione che ha criticato e continua a criticare l’intesa europea. E a Matteo Salvini l’ex alleato di governo, Luigi Di Maio non la manda a dire. “Lasciatemi dire – attacca da Fb – che certe affermazioni di alcune forze politiche d’opposizione, e dei rispettivi leader, mi sembrano surreali”. “Non riesco a credere che per alimentare una perenne campagna elettorale qualcuno arrivi a screditare sempre e comunque l’azione di questo esecutivo, anche davanti alla realtà dei fatti. Più volte ho sentito parlare di responsabilità. È successo tutt’altro. Ne prendiamo atto, del resto parliamo della stessa persona che circa un anno fa decise di far cadere il governo solo per un capriccio personale”. 

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    Recovery Fund: Debito in comune, una svolta targata Merkel

    Da paladina del no alla condivisione dei rischi, a madrina della prima forma di mutualizzazione del debito in Europa. La parabola della cancelliera Angela Merkel, arrivata quest’anno al suo ultimo mandato, si chiude con un colpo di scena destinato a cambiare per sempre il futuro dell’Unione europea. Dopo lo storico accordo sul Recovery fund i 27 si troveranno ad avere un debito in comune, che dovranno gestire per i prossimi 40 anni, e dei programmi di sviluppo su cui tutti i governi vigileranno. E’ il primo passo verso un bilancio e una politica economica comuni, una prospettiva a cui la granitica opposizione della Merkel non dava alcuna chance. Fino allo scoppio della pandemia.
    Sembra passato un secolo e invece era solo qualche mese fa che la Merkel respingeva al mittente qualunque discorso che contenesse la parola Coronabond o eurobond. Nel primo vertice della pandemia, il 26 marzo, era ancora alleata dei frugali nel contrastare l’idea di mettere in comune i rischi sovrani per salvare l’economia europea dalla crisi che si stava avvicinando. Ma qualcosa stava per cambiare. I continui richiami di tutti alla solidarietà necessaria, la gaffe con l’Italia (“Accogliamo i pazienti, siamo già solidali”, aveva detto la sua portavoce), cominciavano a far sentire la cancelliera dal lato sbagliato della storia. E quando vide che in calce alla lettera con cui l’Italia e altri nove chiedevano i Coronabond c’era anche la firma di Macron, decise di scendere in campo e mediare tra Nord e Sud per il bene dell’Unione.
    La proposta di Recovery fund, una forma ibrida di messa in comune di risorse per creare un unico debito, venne dalla Francia ma convinse la Germania fin da subito. “Non sono eurobond”, ripetevano i tedeschi, anche per portare dalla loro parte austriaci e olandesi che non erano pronti a cedere all’idea di un debito comune. Servì quindi un altro passaggio intermedio: il Mes pandemico. La Merkel appoggiò la richiesta dei nordici di dare solidarietà ai Paesi più colpiti prima di tutto attraverso il Mes, e poi, una volta approvato, tornò alla carica sul Recovery fund. Ormai, a giugno, i segnali della crisi economica si erano fatti evidenti, con le stime che descrivevano per l’Europa la recessione più profonda dal Dopoguerra. Con un’incertezza ancora altissima a pesare sulla ripresa.
    La sua uscita di scena dalla Ue, nella sua ultima presidenza di turno partita a luglio, rischiava di essere ricordata come il semestre più buio della storia dell’Unione. Bisognava cambiare traiettoria, per non lasciare il progetto europeo in balia dei veti incrociati dei diversi schieramenti che oggi faticano a capirsi. La cancelliera si è quindi gettata nel negoziato con tutto il suo carisma, accomodando le richieste dei Mediterranei e quelle dei frugali, trattando con l’ungherese Orban ma senza cedere sulla difesa dello stato di diritto. Quattro giorni e quattro notti, nel vertice più lungo della storia europea che l’ha consacrata per sempre madrina del debito comune.   

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    Omofobia: tempi più rapidi per l'esame del ddl. Opposizioni protestano

    Esame più rapido per il ddl sull’omofobia. Tutti ammissibili i 1.017 emendamenti al testo unificato, ma si va verso ad un loro contingentamento. Infatti la presidente della commissione Francesca Businarolo ha chiesto ai gruppi di segnalare entro le 16 cinque emendamenti per ciascuno dei 9 articoli del testo, per consentire alla Commissione giustizia di poter portare il testo in Aula entro il 27, come ha deciso la Capigruppo. Le opposizioni hanno protestato.
    “Lo abbiamo già detto, lo ribadiamo: la pdl Zan imbavaglia il Parlamento. Indegno colpo di mano della maggioranza alla Camera: imposto, infatti, il limite di 10 emendamenti a gruppo per ogni articolo. Si riempiono la bocca di democrazia e poi discriminano le opposizioni scavalcando i regolamenti parlamentari. Per fortuna che il relatore Zan diceva di non voler imbavagliare nessuno…Se il buongiorno si vede dal mattino, possiamo prepararci tutti alla galera. Vergogna!!!, dice il senatore della Lega Simone Pillon.
    Intanto dentro a Forza Italia emerge un piccolo gruppo di deputati contrari alla legge sull’omofobia, rispetto alla quale il partito ha invece dato segnali di apertura. I contrari sono guidati da Antonio Palmieri, deputato che tradizionalmente ha seguito nelle precedenti legislature le tematiche di questa natura. Palmieri e altri quattro deputati hanno infatti presentato cinque emendamenti soppressivi di vari punti della legge, mentre i deputati della Commissione giustizia di Fi ne hanno presentati di migliorativi. E’ quanto emerge dalla lettura del fascicolo degli emendamenti che l’Ansa ha potuto visionare.
    Gli emendamenti di Palmieri (uno soppressivo del primo articolo, tre soppressivi dei tre commi del primo articolo, ed un altro emendamento soppressivo dell’articolo 6) sono Andrea Orsini, Andrea Mandelli, Luca Squeri e Luigi Casciello.   

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    In Sardegna si prepara il ritorno delle province, da 4 a sei

    (ANSA) – CAGLIARI, 21 LUG – Cambia la cartina geopolitica della Sardegna: da quattro a sei Province, da una a due città metropolitane. Le istanze sono arrivate direttamente dai territori: la Gallura avrà il suo ente intermedio e così pure l’Ogliastra e il Sulcis-Iglesiente. La sorpresa è l’istituzione della Città Metropolitana di Sassari che andrà a comprendere tutti i 66 Comuni dell’attuale Provincia. E’ tutto scritto nel testo unificato che oggi ha iniziato il suo iter legislativo in commissione Autonomia del Consiglio regionale. La Regione ha infatti competenza primaria in materia di enti locali e la legge fa sintesi di quattro proposte di maggioranza e opposizione: Psd’Az, Pd e Lega per la Gallura, Pd per l’Ogliastra, Lega e Udc Cambiamo! per il Sulcis-Iglesiente e sempre Udc Cambiamo! per la seconda città metropolitana. Il presidente della Regione Christian Solinas e il centrodestra che lo sostiene puntano a portare il testo in Aula il 3 agosto e, considerata la trasversalità politica delle richieste, non dovrebbero esserci difficoltà. Secondo la nuova architettura istituzionale la città metropolitana di Cagliari ha 17 Comuni, il Sud Sardegna 84, il Sulcis-Iglesiente 23, Oristano resta a 87, Nuoro passa a 51, l’Ogliastra 23, la Gallura 26 e la Città Metropolitana di Sassari 66. Ancora da definire il capoluogo del Sud Sardegna che non potrà più essere Carbonia: Sanluri potrebbe essere la soluzione, anche a compensazione del fatto che il Medio Campidano è l’unico ente intermedio regionale non ripristinato.    Anche se prima del passaggio in Aula, in commissione ci sarà quella dei sindaci Campidanesi che, forse fuori tempo massimo, chiederanno di essere protagonisti del nuovo cambiamento.    (ANSA).