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    Camera ardente al Congresso per Ruth Bader Ginsburg, è la prima donna

    Ruth Bader Ginsburg, morta nei giorni scorsi, avrà una camera ardente anche a Capitol Hill, un onore raro per un giudice della corte suprema e un tributo finora mai concesso ad una donna.    Lo ha annunciato la speaker della Camera Nancy Pelosi. La cerimonia è prevista per venerdì e sarà accessibile solo su invito a causa della pandemia. L’ultimo cui era stato concesso tale onore è stato William Howard Taft, l’unico a servire come presidente (1909-1913) e capo della corte suprema (1921-1930).    In passato ai giudici del massimo organo giudiziario americano, dopo la loro morte, è sempre riservata una camera ardente di un giorno nella Great Hall della corte suprema. Per la Ginsburg i giorni saranno due (mercoledì e giovedì), anche questo un privilegio raro. 

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    Dl Agosto: in Aula Senato il 5 ottobre, probabile fiducia

    “Sul decreto Agosto la commissione Bilancio (del Senato, ndr) concluderà i lavori entro il primo ottobre e il provvedimento andrà in Aula, probabilmente con la fiducia, il 5 ottobre. Su questo c’è l’impegno di tutti, votato all’unanimità”. A dirlo è il capogruppo del Pd al Senato Andrea Marcucci al termine della conferenza dei capigruppo.
    Far slittare dal 2021 al 2022 l’introduzione del canone unico, vale a dire del canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria che è destinato a sostituire tra l’altro la Tosap e altri tributi minori legati alla pubblicità e alle affissioni. Lo chiede un emendamento a prima firma Alan Ferrari, fra le proposte ‘segnalate’ in vista dell’esame del dl agosto.Dietrofront su una delle misure che riguardano i licenziamenti collettivi e individuali. Il M5S con un emendamento al dl agosto a prima firma della presidente della commissione Lavoro del Senato, Susy Matrisciano, e che risulta fra le proposte ‘segnalate’ chiede di cancellare la norma che consente ai datori di lavoro che quest’anno abbiano licenziato per “giustificato motivo” di fare marcia indietro a patto che sia chiesta “contestualmente” la cig. La misura prevista dal dl, e che la proposta di modifica dei 5S vuole abrogare, prevede che il rapporto di lavoro sia “ripristinato senza soluzione di continuità, senza oneri né sanzioni per il datore di lavoro”.
       

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    Conte, non in bilico ieri e non inamovibile oggi. Voto bella prova di democrazia dell'Italia

     “I commentatori sino all’altro giorno mi descrivevano in bilico, ma io non mi sono mai sentito in biblico. Oggi mi descrivono inamovibile, ma non mi sento inamovibile”. Lo dice il premier Giuseppe Conte in un punto stampa a margine del Welfare Index pmi 2021. “Sono contento della squadra di governo: soddisfatto perché è coesa, tutti i ministri hanno sin qui lavorato con grande impegno e coesione. Non mi sembra che il Pd ponga il tema del rimpasto ma pone un problema di rilancio dell’azione anche alla luce della sfida del Recovery. Io non avverto assolutamente l’esigenza di un rimpasto”.”E’ stato un bell’esercizio di democrazia, c’e’ stata una grande partecipazione da parte di tutta la comunita’ nazionale”. Lo dice il premier parlando, con una tv portoghese nei pressi di Palazzo Chigi, della tornata elettorale ai tempi del Covid.”Ma tu lo vedi il numero di contagi? Eh lo devi leggere…”. Risponde cosi’ Conte a un passante che, mentre il premier fa rientro a Palazzo Chigi, gli chiede se e’ giunto il momento di levarsi la mascherina. E quando il passante gli dice che, secondo alcuni medici, il Covid non esiste, Conte replica: “ma quale non esiste?Ma guardate i numeri, ma siamo seri, pure i morti non esistono? Non diciamo stupidaggini”.

    “Per quanto riguarda i decreti sicurezza: li portiamo al più presto in Cdm. Abbiamo già concordato un testo di modifica perché vogliamo assicurare ai cittadini italiani la sicurezza, non per ragionare per slogan ‘porto aperto, porto chiuso’. Vogliamo allargare il raggio della sicurezza e della protezione dei cittadini e allargare la protezione dei migranti”.”Le risorse finanziarie sono un problema successivo. Prima bisogna elaborare un piano per rafforzare la sanità, dopodiché andremo a vedere quanto costa questo piano. Sì Mes e no Mes è una questione pregiudiziale su cui non mi pronuncio. Se e quando si porrà il problema lo risolveremo in Parlamento in trasparenza”. Lo dice il premier Giuseppe Conte in un punto stampa con i cronisti.”Dobbiamo essere più ambiziosi. Le risorse del Recovery Fund ci consentiranno di reinventare una nuova normalità, e in questa condizione la sostenibilità ambientale e il tener conto delle ricadute sociali delle iniziative d’impresa deve far parte del nostro dna. Non c’è crescita che sia affidata solo al Pil senza sviluppo ambientale e sostenibile. La nostra competitività non sarà solo in termini di crescita del Pil ma di crescita del benessere esistenziale”. Lo dice il premier Giuseppe Conte.

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    Regionali, Di Battista duro: 'La più grande sconfitta per M5s'

    Tensione nel Movimento Cinque Stelle dopo l’esito del voto di domenica e lunedì. Alessandro Di Battista va all’attacco mentre il presidente della Camera Roberto Fico chiede gli stati generali permanenti del movimento.
    La critica di Dibba – “Se c’è una cosa sgradevole nelle elezioni è che poi sembra che abbiano vinto tutti. Così evidentemente non è e bisogna affrontare la realtà con onestà e lucidità”. E’ la premessa con cui Alessandro Di Battista analizza il voto di ieri definendo quello delle Regionali “la più grande sconfitta del Movimento”. Citando i dati degli scrutini (con la Campania in testa fino al Veneto dove nei prossimi anni i 5 stelle non potranno nemmeno fare opposizione) Di Battista contesta chi parla oggi – davanti a questa “debacle” – di alleanze: “Non è questo il tema – avverte – il tema è l’innegabile crisi identitaria del M5s” e di quel “sogno cui hanno creduto in tanti ma in cui oggi non credono più” facendo così “mancare le ragione per votare i 5s”, “indebolendoci” e facendo sì che “con queste percentuali, tra due anni e mezzo sarà più facile la restaurazione”. Bene il 70% dei sì al referendum – ha detto in un altro passaggio – “successo di Fraccaro e del gruppo parlamentare dei 5Stelle” oltre che del MoVimento al governo. “Tuttavia quel 70% non può essere considerato solo un successo dei 5 Stelle. Bisogna essere cauti altrimenti rischiamo di commettere un errore”. Il “risultato bellissimo” viene dal sì di tante persone che magari “non apprezzano il Movimento, che lo detestano” mossi al voto favorevole dalla voglia di “giustizia sociale”, di “risparmio” o di riforme come quella elettorale. Ma, scandisce Di Battista, “questo eccesso di esultanza è fuorviante e non giusta”.
    Fico, Stati Generali permanenti – Gli Stati Generali del M5s “non siano una giornata spot, servono stati generali permanenti”. Lo ha detto il presidente della Camera ed esponente del M5s Roberto Fico.
    “Gli stati generali prima arrivano e meglio è”, ha detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio nel corso di una diretta Fb.
       

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    Referendum: la road map delle riforme

    Il “si riformista” al referendum come è stato battezzato dal Pd e da M5s dovrebbe aprire la strada ad una serie di riforme costituzionali e ad una legge elettorale pensate per “compensare” il taglio dei parlamentari. Alcune di queste leggi hanno già compiuto dei passi in Parlamento mentre di altre si è solo parlato nel dibattito politico. Sulla tempistica è difficile dare dei termini precisi poiché la maggioranza deve decidere se aprire un confronto con le opposizioni, ed anche perché all’interno della stessa maggioranza ci sono dei dissensi forti. Ad esempio la legge elettorale proporzionale con soglia al 5%, il Germanicum, non avrebbe i numeri in Aula già alla Camera.
    Ecco la possibile road map delle riforme.
    – COLLEGI: con la vittoria del sì entra in vigore il taglio dei parlamentari nonché la leggina ponte che applica l’attuale Rosatellum bis (37% collegi uninominali, 63% proporzionale) alle nuove dimensioni delle due Camere. Il governo ha 60 giorni di tempo per disegnare i collegi.
    – VOTO AI 18ENNI: è stata già approvata dalla Camera e dal Senato la riforma che permette ai 18enni di votare anche per l’elezione del Senato. Manca la doppia lettura conforme dei due rami del Parlamento che potrebbe avvenire entro il 2020 dato che la riforma ora non può essere cambiata da esse, ma solo approvata o respinta.
    – LEGGE FORNARO: prende il nome dal capogruppo di Leu alla Camera, Federico Fornaro, che è il primo firmatario. Prevede che la legge elettorale del Senato non sia più a base regionale: in tal modo è più probabile che le due Assemblee abbiano la stessa maggioranza. La legge, inoltre, a fronte del taglio dei parlamentari, taglia anche di un terzo il numero dei delegati regionali che votano per l’elezione del Presidente della Repubblica: non più 3 per Regione ma 2, uno di maggioranza ed uno di opposizione. I tempi di approvazione sono più lunghi, almeno il giugno 2021.
    – LEGGE ELETTORALE: il testo base del Germanicum, un proporzionale con soglia al 5% e listini bloccati, è stato assunto come testo base in Commissione alla Camera, ma con Leu e Iv astenuti. Leu contesta la soglia alla tedesca, mai esistita così alta in Italia, e Iv solleva dubbi addirittura sull’impianto proporzionale, a meno che sia accompagnato da altre riforme costituzionali. M5s chiede invece l’introduzione delle preferenze. Il centrodestra è ostile e chiede un sistema maggioritario. Alla luce del fatto che la legislatura sembra allungarsi al 2023, i tempi di approvazione possono andare anche oltre il 2021.
    – SFIDUCIA COSTRUTTIVA: ne parlò prima del lockdown il ministro Federico D’Incà, è stata rilanciata da Iv come riforma che compensi un sistema elettorale proporzionale ed è stata fatta propria dal Pd. Potrebbe comunque viaggiare con tempi più celeri del Germanicum se il centrodestra accettasse di sostenerla.
    – BICAMERALISMO DIFFERENZIATO: è stato rilanciato dal Pd il 12 settembre, anche se Luigi Di Maio in alcune interviste ha difeso l’attuale bicameralismo perfetto. E in effetti la parificazione dell’elettorato attivo di Camera e Senato e l’omologazione dei due sistemi elettorali vanno più nella direzione conservativa di Di Maio.   

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    Santa Sede: “L'eutanasia è un crimine, complice chi legifera”

    “La Chiesa ritiene di dover ribadire come insegnamento definitivo che l’eutanasia è un crimine contro la vita umana perché, con tale atto, l’uomo sceglie di causare direttamente la morte di un altro essere umano innocente”. Lo afferma la Congregazione vaticana per la Dottrina della fede nella Lettera “Samaritanus bonus”. “Coloro che approvano leggi sull’eutanasia e il suicidio assistito – aggiunge – si rendono, pertanto, complici del grave peccato che altri eseguiranno. Costoro sono altresì colpevoli di scandalo perché tali leggi contribuiscono a deformare la coscienza, anche dei fedeli”.
    L’eutanasia, spiega l’ex Sant’Uffizio, “è un atto intrinsecamente malvagio, in qualsiasi occasione o circostanza”. “Tale dottrina è fondata sulla legge naturale e sulla Parola di Dio scritta, è trasmessa dalla Tradizione della Chiesa ed insegnata dal Magistero ordinario e universale”, ribadisce, e “qualsiasi cooperazione formale o materiale immediata ad un tale atto è un peccato grave contro la vita umana”. “Dunque, l’eutanasia è un atto omicida che nessun fine può legittimare e che non tollera alcuna forma di complicità o collaborazione, attiva o passiva”, aggiunge.
    “Inguaribile non vuol dire incurabile” – “Inguaribile non è mai sinonimo di ‘incurabile'”. E’ il concetto posto a premessa del documento “Samaritanus bonus. Lettera sulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita”, approvato dal Papa il 25 giugno scorso e pubblicato oggi, con cui la Congregazione vaticana per la Dottrina della Fede – dinanzi alle iniziative legislative in vari Paesi sull’argomento – ribadisce i principi dottrinali e magisteriali contro l’eutanasia e il suicidio assistito, considerando che “il valore inviolabile della vita è una verità basilare della legge morale naturale ed un fondamento essenziale dell’ordine giuridico”. Secondo l’ex Sant’Uffizio, un ostacolo “che oscura la percezione della sacralità della vita umana è una erronea comprensione dalla ‘compassione’ . Davanti a una sofferenza qualificata come ‘insopportabile’, si giustifica la fine della vita del paziente in nome della ‘compassione’. Per non soffrire è meglio morire: è l’eutanasia cosiddetta ‘compassionevole’. Sarebbe compassionevole aiutare il paziente a morire attraverso l’eutanasia o il suicidio assistito. In realtà, la compassione umana non consiste nel provocare la morte, ma nell’accogliere il malato, nel sostenerlo dentro le difficoltà, nell’offrirgli affetto, attenzione e i mezzi per alleviare la sofferenza”. Ecco, quindi che, “la Chiesa, nella missione di trasmettere ai fedeli la grazia del Redentore e la santa legge di Dio, già percepibile nei dettami della legge morale naturale, sente il dovere di intervenire in tale sede per escludere ancora una volta ogni ambiguità circa l’insegnamento del Magistero sull’eutanasia e il suicidio assistito, anche in quei contesti dove le leggi nazionali hanno legittimato tali pratiche”. 

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    Fine vita: S.Sede, gravemente ingiusto legalizzare eutanasia

    (ANSA) – CITTÀ DEL VATICANO, 22 SET – “Sono gravemente ingiuste, pertanto, le leggi che legalizzano l’eutanasia o quelle che giustificano il suicidio e l’aiuto allo stesso, per il falso diritto di scegliere una morte definita impropriamente degna soltanto perché scelta”. Così la Congregazione vaticana per la Dottrina della Fede nella Lettera “Samaritanus bonus” sulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita. “Tali leggi colpiscono il fondamento dell’ordine giuridico: il diritto alla vita, che sostiene ogni altro diritto, compreso l’esercizio della libertà umana”, aggiunge il Dicastero della Santa Sede. (ANSA).   

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    Conte guarda alle riforme ma il Pd spinge, rebus rimpasto

    Il sospiro di sollievo per il “3 a 3” alle Regionali, dalle parti di Palazzo Chigi, non è scevro d’ombre. La tornata elettorale, di fatto, rafforza doppiamente Giuseppe Conte, sostenitore convinto del Sì al referendum e promotore, finora invano, di un’alleanza organica Pd-M5s che, forse, avrebbe potuto cambiare le sorti in qualche Comune e nelle Marche. Ma per Conte si apre una nuova stagione da “mediatore”.
    Il Pd post-Regionali aumenterà la sua pressione lasciando da parte, probabilmente, la prudenza di questo primo anno di governo. Di certo i Dem vorranno battere cassa su argomenti chiave come i dl sicurezza o il Mes. Con un ulteriore nodo che potrebbe finire, magari non subito, sul tavolo di Palazzo Chigi, quello del rimpasto. Il premier, per ora, fa filtrare solo la sua “piena soddisfazione” per la regolarità delle votazioni nonostante l’emergenza Covid. E per il fatto che, anche nel tempo della pandemia, “gli italiani hanno dato prova di attaccamento alla democrazia”. Conte passa il suo lunedì elettorale a Palazzo Chigi, lavorando su dossier sui quali, già nei prossimi giorni, il premier vuole dare un’accelerazione: il piano Cashless e le linee guida del Recovery Plan.
    E nel pomeriggio, quando la vittoria del Sì e quelle in Toscana e Puglia sono ormai in cassaforte, telefona al segretario Nicola Zingaretti. L’agenda del governo, però, è destinata a cambiare sensibilmente. Il Pd tornerà alla carica sul Mes mentre già arriva la richiesta di accelerare sulle modifiche ai decreti sicurezza, tema scottante dalle parti di un M5s che, al di là della vittoria referendaria, torna a leccarsi le ferite dopo l’ennesima debacle sui territori. Un Movimento “balcanizzato” che si avvia agli Stati Generali, vero spartiacque per le future alleanze con il Pd. Su un punto l’ala governista (ormai arricchitasi anche della presenza di Luigi Di Maio), il capo del governo, e i Dem sembrano d’accordo: già nelle prossime settimane si dovrà lavorare ad alleanze non raffazzonate sulle Comunali 2021. Non sarà facile e tra il dire e il fare c’è di mezzo il congresso pentastellato e la mozione Alessandro Di Battista, contraria a qualsiasi tipo di apparentamento. Per il Movimento, tuttavia, il rischio è di finire schiacciato da un lato dalla poca chiarezza sul suo futuro e dall’altro dal pressing del Pd. Un Pd rafforzato nel governo, che rivendica di aver dimostrato nelle urne di non essere “subalterno” al M5S.
    Il Nazareno, nel post-voto, “blinda” Nicola Zingaretti: perde forza, infatti, in questa fase, la sfida di Stefano Bonaccini, cui una parte della minoranza già lavorava. E si allontana, conseguentemente, anche il congresso. Nel Pd tutti dicono che Iv si è dimostrata irrilevante, anche se per i renziani la prima prova del voto è andata bene. E – sottolineano in Iv – nel governo non abbasseranno la voce.
    Dal quartier generale Dem, poi, assicurano che tra le richieste di Zingaretti il rimpasto non c’è. Ma, fuori taccuino, tra gli esponenti Pd il tema circola eccome. Agli atti resta la richiesta di chi, come Andrea Orlando, alla vigilia del voto auspicava un “tagliando” al governo. “Molti di noi pensano che serva un rimpasto per rafforzare il governo”, spiega un sottosegretario ed esponente Dem. Come si configurerebbe questo rimpasto è tutto da vedere. Nel Pd si esclude che Zingaretti voglia prendere il posto di Luciana Lamorgese al Viminale, anche perché la scelta di un tecnico all’Interno fu una decisione mirata dello stesso segretario.
    Si tratterebbe, si ragiona tra i Dem, più che altro di sostituire le figure M5S più “deboli”. Non sarà semplice, perché il passo tra un rimpasto e nuove consultazioni al Colle con successiva fiducia è breve. E Conte, finora, sul cambio di squadra si è mostrato più che prudente. E il Movimento? Attende che la richiesta venga formalizzata dal Pd. Un rimpasto, dalle parti dei pentastellati, non sarebbe il peggiore dei mali, soprattutto se servisse a sostituire uno o più esponenti “interni” sui quali crescono i mlaumori nei gruppi. Ma il rischio per Di Maio & Co è che, una volta mossa una casella, quella stessa casella vada al Pd.