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    Draghi lima squadra governo e staff Chigi – TEMPO REALE

    Al lavoro sul discorso programmatico in vista della fiducia – mercoledì in Senato, giovedì alla Camera – Mario Draghi mette a punto staff di Palazzo Chigi e squadra di sottogoverno. L’imminente nomina di viceministri e sottosegretari porta nuova agitazione tra le forze politiche, che dovranno però tenere conto della volontà del premier di scegliere ancora profili tecnici per caselle chiave nella gestione della macchina di governo.
    Capo di gabinetto sarà Antonio Funiciello, 45 anni, laureato in Filosofia all’Università Federico II di Napoli e grande esperto di comunicazione. Per i tipi di Rizzoli, nel 2019 Funiciello ha scritto “Il metodo Machiavelli”, un saggio che a partire dalla sua personale esperienza di chief of staff del premier Paolo Gentiloni racconta tratti e caratteristiche del “leader e dei suoi consiglieri”. Verso la conferma Roberto Chieppa, Segretario generale di Palazzo Chigi nell’ultimo governo Conte.
    Delicate alcune scelte, che facilmente slitteranno alla settimana successiva alla fiducia, come quella del sottosegretario all’editoria. Pd e M5s lo chiedono per sè, mentre non si esclude un ruolo tecnico di alto profilo. Certamente tecnici saranno anche altri nomi, anche se Draghi pensa di dare spazi ai partiti con deleghe specifiche.
    Resta alta la tensione nel Pd sull’assenza di donne nella squadra di governo, con l’intenzione del sottosegretario Nicola Zingaretti di dare loro ampio spazio nei ruoli di viceministro e sottosegretari. Nel mirino del centrodestra ancora la scelta del ministro Speranza di tenere ancora in stop la ragione sciistica.
    Matteo Salvini è sul piede di guerra anche con la ministra Lamorgese sull’ìmmigrazione. Quanto al M5s – dove il fondatore di Rousseau Davide Casaleggio continua a sostenere la possibile astensione al governo Draghi – da registrare oggi la posizione di Giuseppe Brescia, presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera. “Staremo nella maggioranza con spirito critico.
    Dovremo difendere i risultati e le conquiste di questi due anni di governo”, avverte garantendo che i cinque stelle faranno pesare in Parlamento la loro forza numerica.   

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    M5s: blog Stelle, domani voto su Statuto e governance

    Dalle 12 di domani martedì 16 febbraio fino alla stessa ora di mercoledì 17, l’assemblea degli iscritti M5s è chiamata in seconda convocazione sulla piattaforma Rousseau a votare per la modifica dello Statuto M5s e quindi anche la parte relativa alla nuova governance collegiale.
    In questa seconda convocazione la votazione è valida qualunque sia il numero dei partecipanti e l’esito è rimesso alla maggioranza dei voti espressi.   

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    Crisanti: 'Nei guai, lockdown come a Codogno'.

    Allarme varianti in tutta Europa, altri Paesi Ue chiudono. Piuttosto che pensare a sciare e mangiare fuori, anche in Italia dovremmo decidere un lockdown come è stato un anno fa a Codogno. Ormai le zone rosse non bastano più. Anche il virologo Andrea Crisanti, come il consigliere del ministro Speranza Walter Ricciardi, ritiene che il governo debba stringere ancora le misure per la lotta al Covid e ne parla in una intervista a La Stampa.
        ‘Gli impianti di sci non riaprono? E vorrei vedere! Il 20% dei contagiati presenta la variante inglese e la percentuale è destinata ad aumentare. Bisognava fare il lockdown a dicembre, prevenendo tutto questo, mentre ora siamo nei guai. Come se ne esce? Con un lockdown duro subito per evitare che la variante inglese diventi prevalente e per impedire che abbia effetti devastanti come in Inghilterra, Portogallo e Israele’, risponde Crisanti.
        Niente sci, zone gialle e neanche arancioni, per il virologo che ha collaborato con il Veneto di Zaia all’inizio dell’epidemia. ‘Va chiuso tutto e va lanciato un programma nazionale di monitoraggio delle varianti’. ‘Dove si trovano le varianti brasiliana e sudafricana servono lockdown stile Codogno, non le zone rosse che sono troppo morbide’. Gli sviluppi, aggiunge, dipenderanno dalla dinamica del contagio, ‘ma se va come all’estero ci sarà un’impennata importante a fine febbraio’.
        D’altra parte, all’estero sono molto prudenti. ‘La Germania continua il lockdown, la Francia pure, l’Inghilterra anche, solo noi pensiamo a sciare e a mangiar fuori. Tutti vogliamo una vita normale, ma non si realizza se non si controlla la pandemia’.
        ‘Il rischio attuale – afferma Crisanti – è la diffusione della variante inglese, che se non si ferma subito aumenterà di molto la circolazione del virus e di conseguenza il rischio ulteriore di altre varianti, tra cui alcune che potrebbero resistere ai vaccini’.
        Quanto al nuovo governo e alla conferma di Speranza, Crisanti risponde: ‘Credo sia stato giusto confermare Speranza, perché conosce le carte. Però conta molto chi lo consiglia e lì forse qualcosa va cambiato. Non può rimanere tutto com’è’. Non si riferisce a Ricciardi, che ha posizioni simili alle sue? ‘Ne sono contento, ma non basta – risponde Crisanti – Mi riferisco ai tecnici del ministero e al Cts, che sono più ascoltati di lui. Le politiche adottate fin qui sono state sempre di rincorsa al virus, mentre è venuto il momento di anticiparlo’. 

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    Governo e 'nodo' sci. Centrodestra, ora si cambi – TEMPO REALE

    La prima settimana di lavoro per il premier Mario Draghi si apre all’insegna delle polemiche sulla chiusura degli impianti sciistici. Una scelta, fanno sapere da palazzo Chigi, messa nero su bianco dal ministro della Salute Roberto Speranza, ma condivisa dall’intero esecutivo.
    La decisione, sottolineano le stesse fonti, rimanda ad una circolare del ministero in cui si evidenzia come la “preoccupazione per la diffusione del Covid e delle altre varianti abbia portato anche Francia e Germania ad adottare misure analoghe”. La “grana” dello sci rischia di innalzare le polemiche non solo all’interno dell’esecutivo, ma anche tra le forze della maggioranza. A chiedere “un cambio di metodo” ad esempio è il centrodestra che ritrova l’unità nel condannare la decisione di chiudere gli impianti “all’ultimo momento”. Matteo Salvini invita a mettere fine agli “allarmismi”, dice di avere “piena fiducia” nei ministri, ma chiede che si “cambi qualche tecnico. La comunità scientifica è piena di persone in gamba”. L’ex ministro dell’Interno invoca “maggiore condivisione” e promette poi un cambio di passo sulle politiche migratorie: “Ora che la Lega è in maggioranza dovranno cambiare”. Sul piede di guerra anche Forza Italia.
    Antonio Tajani invita il governo ad “ascoltare il grido di dolore delle imprese adottando tutte le misure necessarie per risarcire un settore sull’orlo del collasso”. Il vice presidente di Fi torna anche a chiedere di sostituire il commissario all’emergenza Domenico Arcuri con Guido Bertolaso. Una bocciatura alle prime “mosse” dell’esecutivo arriva anche da Giorgia Meloni. La leader di Fratelli D’Italia alle 18 ha convocato la direzione del partito e nella sua relazione proporrà di votare no alla fiducia al nuovo governo. Il presidente del Consiglio è atteso a metà settimana in Parlamento (mercoledì in Senato e giovedì alla Camera) per chiedere il voto di fiducia, ma difficilmente prima di allora la squadra dell’esecutivo sarà completata con la nomina dei sottosegretari. Una partita attesa delle forze politiche, che non mancheranno di chiedere una rappresentanza adeguata anche nei ruoli di sottogoverno.

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    Sci: impianti lombardi pronti a ripartire, non siamo burattini

    (ANSA) – BRESCIA, 14 FEB – Preoccupati e arrabbiati: è questo il sentimento che accomuna gli operatori della montagna della Lombardia che, pronti ad aprire domani, si trovano con il dubbio che arrivi un nuovo stop. “Abbiamo venduto quasi 4mila ski pass in vista della riapertura di domani, ma ora abbiamo bloccato la vendita online perché non sappiamo cosa succederà. Siamo preoccupati”. Lo ha detto all’ANSA Michele Bertolini, direttore di Adamello Sky, del Consorzio Pontedilegno-Tonale in Vallecamonica, nel Bresciano.    “Siamo in attesa, abbiamo allestito tutto, investito soldi e se non si dovesse riaprire per molti potrebbe essere la mazzata finale. Sarebbe stato meglio saperlo una settimana prima se l’idea era già questa”, ha detto Bertolini che ha poi aggiunto: “Abbiamo assunto ieri i dipendenti di biglietteria che rischiamo di dover già licenziare domani. Sembra uno scherzo di carnevale”.    “Non è possibile venire a sapere alla domenica pomeriggio che per il lunedì mattina è tutto cambiato – aggiunge Michela Calvi dell’hotel Stelvio di Bormio -. Non se ne può più con la politica dell’apri chiudi, apri chiudi. Ci sentiamo presi in giro. Noi imprenditori del turismo non siamo burattini. Siamo allo stremo delle forze e tanti rischiano il fallimento delle loro aziende”. (ANSA).   

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    Governo: Fratoianni, proposto a SI di non votare fiducia

    “Ci aspettavamo di meglio di un ‘governo dei migliori’ con così tanta destra, con la sinistra stretta ai margini seppur rappresentata da persone che stimiamo. Per questo ho proposto a Sinistra Italiana di non accordare la fiducia a questo governo”. Lo scrive su Facebook il segretario nazionale di SI, Nicola Fratoianni, spiegando di attendere “le decisioni dei compagni e delle compagne dell’assemblea” del partito.
    “Non è il governo dei migliori. Non è quello giusto per il futuro del Paese. La genesi di questo governo, con la manovra di Renzi per fermare le politiche redistributive, purtroppo pesa anche sulla sua composizione – spiega Fratoianni nel suo post -. Avevamo tracciato un percorso di sperimentazione politica con Giuseppe Conte: un dialogo tra sud e nord, un confronto non facile tra forze produttive e mondo del lavoro, un incontro tra chi ha bisogno di protezione e chi può offrirla durante questa crisi durissima, cioè le istituzioni e la politica intesa come servizio. Hanno voluto fermare questa sperimentazione per riavvolgere il nastro, riproporre alcuni dogmi, alcuni tecnici tra quelli più lontani dalla transizione ecologica di cui abbiamo bisogno, accompagnati dai campioni della diseguaglianza e della discriminazione”.
    Il segretario di SI chiarisce che quella di proporre all’assemblea di non votare la fiducia al governo Draghi è “una scelta nel merito, non pregiudiziale, che guarda al dopo Draghi. Il fronte progressista deve imparare in Italia a dialogare tra diversi, dandosi l’opportunità di ricostruire un progetto politico che riprenda il cammino interrotto. A cominciare dalle città che andranno al voto molto presto. Ma soprattutto – conclude Fratoianni – da un lavoro comune nella società, intorno alle tante battaglie che possiamo fare insieme, per la giustizia ecologica e sociale: noi ci siamo e ci saremo per tutto questo”.   

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    Poche ministre e zero Dem, nel Pd esplode il caso

    Dal Conte Bis al governo Draghi, il numero di donne non aumenta, mentre quello delle rappresentanti Dem passa da una a zero. E nel Pd esplode un caso di genere, con accuse tutt’altro che velate al segretario Nicola Zingaretti. La gestione della crisi da parte dei Dem è stata “machista”, è convinta Marianna Madia, che sette anni fa di questi tempi giurava nel governo Renzi, l’unico per metà a tinte rosa. La percentuale di donne nei governi Letta, Gentiloni e nelle due esperienze di Conte, oscillava fra il 27% e il 32%, identica a quella della squadra di Mario Draghi, dove ci sono 8 ministre su 23, 3 con portafoglio. Questa volta, però, quando la musica si è fermata, nessuna Dem si è ritrovata in poltrona. “È una ferita – constata in una nota proveniente dal Nazareno Cecilia D’Elia, portavoce della conferenza delle donne democratiche, che dovrebbe riunirsi a inizio settimana -. Una novità per il partito: al restringersi delle postazioni, le donne sono venute meno”.
    Secondo Laura Boldrini, “le correnti schiacciano il protagonismo femminile”. “Qualcosa non torna. Bisognerà pensarci bene. Non tanto e non solo tra le donne del Pd. Ma nei suoi organismi decisionali”, il commento di Titti Di Salvo. “Ma non ci sono più scuse nemmeno per le dem” nota Debora Serracchiani, parlando di una “dura lezione: nessuno spazio ci sarà dato per gentile concessione. Quando si tratta di ruoli di potere vero, non funzionano le quote di genere come riserva indiana o gli articoli dello statuto come specchietto per la democraticità interna. Il Pd è un partito per donne? Per me, dovrà esserlo”. Appena varato il governo, Zingaretti ha promesso di “fare di tutto” per riequilibrare il rapporto di genere nella fase di identificazione di sottosegretari e viceministri.
    E dal canto suo il segretario rivendica di aver sollevato il tema della parità nelle consultazioni con Draghi e poi nella Direzione nazionale del partito. È stato Draghi del resto, fanno notare in ambienti Dem, a scegliere i ministri, e la Direzione del partito ha votato all’unanimità l’ordine del giorno che dava “fiducia” al governo da lui presieduto. Fonti parlamentari dell’area vicina al segretario, riconoscendo che lo stesso Zingaretti ha ammesso il problema, osservano che in queste ore c’è chi sembra utilizzare in modo strumentale la polemica per aprire un fronte interno e rompere l’unità, puntando nei prossimi mesi alla sfida congressuale. Fra chi usa toni critici ci sono Matteo Orfini e ancor più Antonio Decaro. “Un grande rammarico: nemmeno una donna tra i ministri indicati dal mio partito. Forse le donne del Pd dovranno organizzarsi in una corrente se vorranno contare qualcosa nel partito”, dice il sindaco di Bari, da tempo fra i più attivi nel chiedere un congresso. Una questione che tornerà a galla nelle prossime settimane.   

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    Al giuramento vincono sobrietà e norme Covid

    FOTO di Massimo Percossi, Giuseppe Lami, Alessandro Di Meo, Fabio Frustaci, Ettore Ferrari
    Sobrio, essenziale e inevitabilmente ligio alla paura del Covid. Il governo di Mario Draghi entra in carica e il giuramento dei suoi 23 ministri, al Quirinale, si adegua alla pandemia. Anche nella forma. Del resto, misurato per eccellenza è il premier stesso che non tradisce emozione quando giura, scandisce i tre paragrafi della formula di rito e all’ultimo rivolge lo sguardo al presidente Mattarella. Undici secondi e via. Niente spettacolo nemmeno dopo, alla cerimonia della campanella con il predecessore Conte, anticipata dall’amuchina con cui entrambi si disinfettano le mani. Per il nuovo capo del governo l’unica svista è davanti al picchetto d’onore, nel cortile di Palazzo Chigi, quando non si ferma davanti al Tricolore e alla bandiera europea.
    Ma un attimo dopo ha già rimediato. Solenne come sempre ma più controllata è la cerimonia al Colle. Prima novità, il dress code: nel salone delle Feste domina la mascherina, per tutti la Ffp2, oltre al tampone d’obbligo prima di entrare. Sparisce così la mimica più o meno volontaria. Mancano pure gli occhiolini, come fu tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio nel governo precedente. Il coronavirus si impone su ogni dettaglio, compresa la penna per firmare. Sostituita al volo da un messo a ogni ministro. Bandite inoltre le strette di mano con il premier e il capo dello Stato. Grande assente è la stampa, specie l’ala dei fotografi spesso la più rumorosa per i clic. Lo spazio sembra allargarsi. Nella sala di fronte a Mattarella, ci sono 23 sedie distanziate e in più file. Una per ogni ministro, arrivati al Colle senza parenti. Vietati pure quelli. Mancano così le foto del passato, dei quasi ministri accompagnati da mogli, mariti, figli o fidanzati.
    Unica stranezza, Vittorio Colao che entra al Colle con zaino e trolley (probabilmente atterrato da Londra). Ridotta all’osso anche la commozione. A tradirla per un attimo è Mariastella Gelmini. Prima delle otto donne a giurare, inizia a recitare la formula di rito, proclama la fedeltà alla Repubblica ma si stoppa. Défaillance della memoria o solo l’ansia del momento. Nei colori dell’outfit trionfano il nero e il blu scuro. Tranne per le cravatte rosse di Andrea Orlando e Roberto Speranza, quella che vira al bordeaux di Draghi, il completo grigio di Roberto Cingolani e il gilet blu notte di Patrizio Bianchi. Elegantissima Mara Carfagna in blu e tacchi a spillo. Fra le colleghe prevale il nero, solo Erika Stefani spariglia con una giacca a motivi bianchi e neri mentre la ministra più giovane, Fabiana Dadone (37 anni compiuti ieri) ‘stacca’ il nero con un top con sfumature rosa. Il galateo dell’era Covid si rompe nella foto di rito: in posa per il tempo di un clic, Mattarella e il governo si tolgono la mascherina.
    Basta stare a distanza, garantita da un palchetto a tre livelli. Ma soprattutto sfugge al rigore il saluto al premier uscente. Accompagnato dalla compagna Olivia Paladino, Conte incassa un lungo e fragoroso applauso di funzionari e dipendenti di Palazzo Chigi, mentre il portavoce Rocco Casalino non nasconde gli occhi rossi. Uscendo, Conte ringrazia anche un gruppetto di persone che lo acclama. E ai cronisti ammette: “E’ stata una grande esperienza”, confermando però che bisogna “sempre” guardare avanti. “Mai rammarichi”, aggiunge.