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    Silvio Berlusconi ricoverato al San Raffaele per accertamenti

    Silvio Berlusconi è di nuovo ricoverato all’ospedale San Raffaele di Milano da ieri pomeriggio. Dopo una visita di controllo, fanno sapere Fonti di Forza Italia, si è deciso di sottoporre l’ex premier ad alcuni accertamenti. Berlusconi, che ha trascorso la Pasqua nella casa di sua figlia Marina in Provenza, ha raggiunto l’ospedale in elicottero.
    Domani è in programma la sentenza per la parte toscana del processo Ruby ter, che vede imputato a Siena il leader di Forza Italia per corruzione in atti giudiziari insieme a Danilo Mariani, pianista di Arcore. Ma tutto potrebbe slittare proprio a causa del nuovo ricovero, come già accaduto il 14 gennaio scorso, per la precedente udienza: i legali dell’ex premier potrebbero richiedere il rinvio per legittimo impedimento. Gli avvocati Federico Cecconi e Enrico De Martino avevano annunciato la volontà dell’ex premier di una deposizione spontanea in aula. Quello di domani potrebbe essere il quinto slittamento della sentenza: il primo il 21 maggio dello scorso anno per l’impedimento dei legali di raggiugere Siena a causa delle restrizioni agli spostamenti tra regioni per il Covid, il secondo l’1 ottobre a causa della positività al coronavirus di Berlusconi, il terzo il 25 novembre alla luce della volontà dell’ex premier di deporre in aula, il quarto il 14 gennaio di quest’anno per gli accertamenti di salute all’ospedale di Monaco. Il Cavaliere era stato ricoverato anche lo scorso 24 marzo. A darne la notizia era stato il suo avvocato Federico Cecconi, che parlò di un adeguamento della terapia per l’ex presidente del Consiglio. Berlusconi a Siena è accusato di aver pagato Mariani per indurlo a falsa testimonianza sul caso Olgettine. Il pm Valentina Magnini ha chiesto l’ex premier una condanna a 4 anni e 2 mesi di reclusione.

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    Draghi, Global Health Summit per rafforzare sicurezza sanità

    Il Global Health Summit sarà “un evento speciale del G20 organizzato in collaborazione con la commissione Ue. Discuteremo di come migliorare la sicurezza sanitaria, come rafforzare i nostri sistemi sanitaria e come migliorare la nostra capacità di affrontare le future crisi in uno spirito di solidarietà”. Lo afferma il premier Mario Draghi in un tweet diffuso da Palazzo Chigi. Sul sito del governo, inoltre, si legge: “Il Summit rappresenta un’opportunità per condividere le esperienze maturate dalla pandemia di Covid-19 ed elaborare e approvare una “dichiarazione di Roma”.
    “I contenuti della dichiarazione potranno costituire un punto di riferimento per rafforzare la cooperazione multilaterale e le azioni congiunte per prevenire future crisi sanitarie mondiali. Il Summit si baserà: sul Coronavirus Global Response, la maratona di donazioni che lo scorso anno ha raccolto quasi 16 miliardi di euro da donatori di tutto il mondo per l’accesso universale a trattamenti, test e vaccini contro il coronavirus; sull’attuale lavoro delle istituzioni e dei quadri multilaterali, in particolare l’Organizzazione mondiale della sanità e i regolamenti sanitari internazionali; su altre iniziative e processi sanitari, compresi quelli che si svolgono nell’ambito del G20 e del G7”, si legge sul sito di Palazzo Chigi. La presidenza del Consiglio, in occasione della Giornata Mondiale della Salute, inoltre twitta: “Oggi è il #WorldHealthDay. Abbiamo appreso dalla pandemia la necessità di farci trovare preparati e di costruire una risposta comune per garantire a tutti la sicurezza sanitaria. Questo è l’obiettivo principale del #GlobalHealthSummit”.

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    Recovery: domani alle 17 Stato-Regioni con Draghi

     La conferenza unificata Stato-Regioni-Comuni-Province con la presenza del presidente del Consiglio Mario Draghi con all’ordine del giorno il Recovery Plan si terrà domani, giovedì 8 aprile, alle ore 17, secondo quanto si apprende da fonti di governo.    Per l’esecutivo saranno presenti anche il ministro dell’Economia Daniele Franco e quello degli Affari regionali e della Autonomie Mariastella Gelmini.     
    Il 26 e il 27 aprile si terranno nell’Aula della Camera le comunicazioni del presidente del Consiglio Mario Draghi sul Pnrr. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo di Montecitorio Nel Pnrr “per la parte infrastrutturale e di trasporti che comprenderà circa 50 miliardi dei quasi 200 del piano complessivo, abbiamo già inviato a Bruxelles delle proposte, abbiamo ricevuto un primo feedback, in modo tal da poter avviare le opere immediatamente e rapidamente”. Lo ha detto il ministro delle infrastrutture e mobilità sostenibili Enrico Giovannini a Rainews24.

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    Covid: Di Maio, serve un decreto per le piccole imprese

     Ora “abbiamo bisogno di un nuovo scostamento di bilancio e un decreto per le piccole imprese. Un provvedimento dedicato alle piccole imprese come ristoratori e commercianti, anche ambulanti, le persone che hanno pagato lo scotto più alto”. Lo ha detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio a Radio anch’io. “Le violenze vanno sempre condannate” – ha proseguito il ministro –  “ma i lavoratori che hanno manifestato pacificamente vanno sempre ascoltati”. 
    In Libia – ha aggiunto – “anche per affrontare i temi legati alla tutela dei diritti umani finalmente abbiamo un interlocutore istituzionale che rappresenta tutto il paese, siamo un interlocutore privilegiato del nuovo governo libico” e questo permetterà di affrontare tutti i temi, “anche quello dei diritti umani che non è secondo a nessuno” ed è “legato alla stabilità della regione”. 

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    Morto teologo Hans Kung, negò infallibilità papale

    Hanno fatto epoca le sue celebri dispute teologiche, in particolare con il Papa emerito Joseph Ratzinger, antico compagno di studi, che lo hanno fatto diventare una star ‘sui generis’ del mondo accademico cattolico, una sorta di “teologo ribelle”. Osannato da molti, combattuto da altri, è scomparso oggi, all’età di 93 anni, Hans Kung, svizzero di nascita e residente a Tubinga, in Germania, la città nella cui università ha insegnato per decenni e dove aveva stabilito anche la sua fondazione, Weltethos (Etica Mondiale), che ha dato l’annuncio della scomparsa. Presbitero, saggista e soprattutto teologo che facilmente si potrebbe definire progressista e riformista, sostenitore di una maggiore attuazione del Concilio Vaticano II, a sua volta avversato dai fronti tradizionalisti che lo bollavano come “relativista”, Kung esprimeva un pensiero teologico più in sintonia con un’ampia area cattolica tedesca che ora, negli anni del pontificato di papa Francesco, è venuta fortemente in luce: come dimostrano anche le recenti proteste contro il divieto alla benedizione delle unioni gay. Il suo cavallo di battaglia è stata la critica al dogma dell’infallibilità papale, su cui nel 1975 venne richiamato dalla Congregazione per la dottrina della fede, che poi, in seguito all’inasprirsi dei toni della contestazione, il 18 dicembre 1979 gli revocò la ‘missio canonica’ (l’autorizzazione all’insegnamento della teologia cattolica).
    Küng continuò comunque ad essere sacerdote e conservò la cattedra presso il suo Istituto a Tubinga, che fu però separato dalla facoltà cattolica. Le critiche di Kung si sono rivolte dapprima contro il pontificato di Giovanni Paolo II, in cui peraltro il card. Ratzinger era il custode dell’ortodossia come prefetto dell’ex Sant’Uffizio. Innumerevoli i motivi di contrasto, in particolare sulla “restaurazione dello status quo ante Concilium, a impedire le riforme, al rifiuto del dialogo intra-ecclesiastico e al dominio assoluto di Roma”: “Giovanni Paolo II predica i diritti degli uomini all’esterno ma li ha negati all’interno, cioè ai vescovi, ai teologi e soprattutto alle donne”, diceva. Dal 1996 Kung aveva lasciato l’insegnamento per raggiunti limiti di età, rimanendo però fra i principali critici dell’autorità papale (che riteneva un’invenzione umana) e del culto mariano. Ha sempre continuato la sua battaglia affinché la Chiesa, sulla base del Concilio, si aprisse all’ammissione delle donne a ogni ministero, favorisse la partecipazione dei laici, incentivasse il dialogo ecumenico e interreligioso e si aprisse al mondo, abbandonando l’esclusivismo teologico e l’eurocentrismo.
    Nel 2000, la dichiarazione Dominus Iesus sull’unicità salvifica di Cristo e della Chiesa, promossa proprio da Ratzinger, fu bollata da Kung come un misto di “megalomania e arretratezza vaticana”. Negli anni di Benedetto XVI (che pure lo ricevette a Castel Gandolfo il 24 settembre 2005), le posizioni di Kung lo hanno portato spesso al centro di querelle internazionali che lo opponevano al Papa tedesco. Distanze teologiche e dottrinali a parte, Kung non ha risparmiato al pontificato di Benedetto XVI anche accuse aspre e severe: più volte ha indicato Ratzinger come responsabile dei silenzi della Chiesa sulla piaga della pedofilia; quindi ha attaccato l’ex compagno di studi per la sua gestione del Vaticano, simile a una corte medievale, e bocciato il provvedimento con cui Benedetto XVI consentiva il rientro degli anglicani nella Chiesa cattolica, definendolo una “tragedia”. Nel 2013, Kung ha dichiarato di sentirsi molto più in sintonia con papa Francesco: con l’elezione di Bergoglio “è rinata la mia speranza nella Chiesa”, spiegava in un libro di memorie. Nel volume, Kung scriveva di non aspettarsi che “si realizzasse il sogno di un nuovo risveglio della Chiesa, come fu sotto Giovanni XXIII” e rivelava anche l’invio di una sua lettera personale a Francesco con l’invito ad avere “coraggio” nell’intraprendere le riforme e a non lasciarsi abbattere dalle “forze contrarie”. Missiva alla quale era seguita una risposta altrettanto personale di Francesco. Negli ultimi tempi, Kung aveva fatto parlare di sé per la sua apertura nei confronti del suicidio assistito. E sulla sua morte, oggi dal Vaticano è venuto il commento della Pontificia Accademia per la Vita, che ha twittato: “Scompare davvero una grande figura nella teologia dell’ultimo secolo, le cui idee e analisi devono fare sempre riflettere la Chiesa, le Chiese, la società, la cultura”.
       

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    Salvini, a Draghi proposte su numero accessi a teatri e bar

    “Riaperture in sicurezza, dove i dati lo consentono, e nuovi protocolli per rivedere il numero di accessi in teatri e impianti sportivi, senza dimenticare palestre, bar, ristoranti e negozi: un nuovo protocollo è già stato chiesto per aumentate il pubblico all’Arena di Verona. La Lega c’è e presto ribadirò le nostre proposte concrete e ragionevoli al Presidente del Consiglio Mario Draghi. La stella polare resta il supremo interesse degli italiani”. Lo dice il leader della Lega Matteo Salvini.
    Le proposte dei governatori della Lega  
     Via libera a cinema e teatri con il contingentamento, ristoranti aperti a cena nelle Regioni con dati da zona gialla, locali con saracinesca alzata fino alle 18 anche in zona arancione ma a patto di avere tavoli distanziati e all’esterno e sport ‘one to one’. Sono queste, secondo quanto si apprende da fonti leghiste, alcune delle proposte che i governatori della Lega stanno valutando, con l’obiettivo di negoziare col governo un allentamento delle restrizioni. “Per la Lega – spiegano le stesse fonti – è il momento della programmazione a lungo termine: stop ai divieti e regole certe da far rispettare a tutti 
    L’Italia a 2 colori. Si valutano le aperture in base ai dati 
    L’Italia intanto è su due binari, con 10 regioni (Veneto, Marche, Lazio, Abruzzo, Liguria, Basilicata, Sicilia, Molise, Sardegna, Umbria) e le province autonome di Trento e Bolzano in arancione e nove in rosso (Lombardia, Toscana, Emilia Romagna, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Puglia, Valle d’Aosta e Campania), ma senza escludere l’ipotesi di un allentamento delle misure in quei territori dove i dati dell’epidemia migliorano.
    La cabina di regia non è stata al momento convocata, ma è sulla base dei dati elaborati settimanalmente dall’Iss, Direzione generale Prevenzione e Regioni che verranno eventualmente valutati la situazione sulla diffusione del contagio, eventuali misure e i tempi necessari. E se le cifre saranno confortanti, per l’apertura graduale del Paese sarà imprescindibile infilare una serie di passaggi e – se ci sarà – il provvedimento dovrebbe comunque essere contenuto in una delibera che dovrà poi avere l’ok definitivo dal Consiglio dei Ministri. L’obiettivo è programmare date e stabilire se e chi potrà alzare le serrande dopo il 20 aprile. Prima però il premier Mario Draghi avrà una serie di colloqui e appuntamenti istituzionali: giovedì prossimo ci sarà l’incontro con le Regioni, con il tema del Recovery all’ordine del giorno.
    I governatori, che vedranno anche il ministro Mariastella Gelmini alla Conferenza Stato-Regioni, chiedono di “fornire prospettive a quei settori chiusi valutando aperture subito dopo il 20 aprile, nel caso di un miglioramento dei dati epidemiologici, per poi permettere da maggio la ripartenza di attività in stand-by da troppo tempo, come le palestre”. La proposta, dalla metà del mese, oltre a bare ristoranti è riferita anche per i parrucchieri in zona rossa e i musei. Oltre al leader della Lega, Matteo Salvini, a spingere per le ripartenze in alcuni territori prima della fine del mese è anche Forza Italia. “Pensiamo che già dopo Pasqua si possa iniziare a ragionare, con tutte le precauzioni del caso, in merito a mirati interventi”, spiega il capogruppo di FI alla Camera, Roberto Occhiuto, il quale spera che “già nella settimana tra il 12 e il 18 aprile ci possa essere un primo tagliando di verifica”. Stesso auspicio del presidente della Lombardia, Attilio Fontana.
       

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    Renzi, mia moglie con Covid dopo vaccino ma vaccinarsi serve

    “La mia Pasqua? E’ diventato positivo mio figlio di 18 anni poi Agnese che però ora è pronta per il rientro a scuola. Si può prendere il covid anche dopo il vaccino ma il consiglio è: vaccinatevi, vaccinatevi perché il vaccino anche se non protegge definitvimante serve”. Lo ha detto il leader Iv Matteo Renzi a L’Aria che tira su La 7, spiegando che la moglie si era vaccinata in quanto professoressa con Astrazeneca mentre lui non lo è. “Io e mio figlio grande abbiamo passato Pasqua in albergo a Firenze e siamo andati a salutarli dalla strada”, ha aggiunto.
       

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    Le dichiarazioni di Draghi a Tripoli

    Le dichiarazioni del premier, Mario Draghi
    Grazie al Primo ministro. Questa è la mia prima visita all’estero da quando ho avuto l’onore di essere stato nominato Presidente del consiglio del governo italiano. Essa stessa è la dimostrazione dell’importanza di un legame storico tra i due Paesi. Ma voglio anche notare che questo è un momento unico per la Libia.
    Il Governo da Lei presieduto è un governo di unità nazionale, riconosciuto e legittimato dal Parlamento, ed è un governo che sta procedendo alla riconciliazione nazionale. In questo senso il momento è unico per ricostruire quella che è stata un’antica amicizia e una vicinanza che non ha mai conosciuto pause, pensate che l’ambasciata italiana è stata l’unica aperta durante tutto il conflitto, durante tutti questi lunghissimi anni di conflitto e di pericolo. E bisogna dar conto e dar credito del coraggio dei diplomatici che sono rimasti nell’ambasciata. Dicevo è un momento unico per ricostruire, per guardare al futuro e per muoversi con celerità e con decisione. Il prerequisito per poter procedere con coraggio e con decisione è che il cessate il fuoco continui e sia strettamente osservato.
    La sicurezza dei siti è indubbiamente un requisito essenziale per poter poi procedere con la collaborazione. Al riguardo mi sono state date rassicurazioni importanti. È stato, devo dire, un incontro straordinariamente soddisfacente, caloroso e ricco di contenuti. Abbiamo parlato della nostra cooperazione in campo progettuale, con precisi riferimenti alle infrastrutture civili, in campo energetico, in campo sanitario, in campo culturale. L’Italia darà nuovo impulso all’istituto di cultura italiana all’estero e aumenterà le borse di studio per gli studenti libici che studiano italiano. C’è la volontà di rilanciare l’interscambio culturale ed economico libico. In altre parole si vuole fare di questa partnership una guida per il futuro nella piena sovranità della Libia. Anche in campo migratorio. Esprimiamo soddisfazione per quello che la Libia fa per i salvataggi. Nello stesso tempo aiutiamo e assistiamo la Libia. Il problema non è solo geopolitico, è anche umanitario. Da questo punto di vista l’Italia forse l’unico Paese che continua a tenere attivi i corridoi umanitari. Il problema delle immigrazioni per la Libia non nasce solo sulle coste libiche ma si sviluppa anche sui confini meridionali. L’UE è stata investita del compito di aiutare il governo libico anche in quella sede. I progetti sono stati molti. C’è un desiderio di cominciare. Le commissioni miste in campo finanziario, anche per il recupero dei crediti storici e recenti, sono state riavviate. C’è voglia di fare, c’è voglia di futuro, voglia di ripartire e in fretta.