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    Giustizia, Renzi: 'Sto riflettendo se firmare il referendum'

    Mossa del leader di Italia Viva Matteo Renzi sul fronte giustizia. “Dal 1992 – ha detto a SkyTg24 – l’Italia è oggetto di uno scontro tra Politica e Magistratura. La mia idea è che questa Guerra dei Trent’anni deve finire; i politici fanno le leggi senza invasione di campo dei magistrati, e i magistrati fanno i processi senza invasione di campo dei politici. I referendum aiutano? Forse sì, ci sto riflettendo e nei prossimi giorni deciderò”. “Ci sono due cantieri aperti – ha aggiunto – quello del ministro Cartabia e quello dei referendum che sono stati pensati non dalla Lega ma dai radicali, storici promulgatori di battaglie”. 
     “Siamo a un passo – ha detto riguardo al ddl Zan – dal traguardo. Migliaia di ragazzi omosessuali o transessuali che potrebbero avere finalmente una tutela. Al Senato i numeri sono ballerini. Se vuoi fare l’influencer dici ‘noi andiamo dritti e se la legge non passa pace’. Se non passa quei ragazzi rimangono senza tutele. Ma se allarghi la base parlamentare la legge passa. La Lega chiede di cambiare due punti, se puoi approvarla insieme è meglio”. “Il modello è la nazionale – ha proseguito – i giocatori delle varie squadre in campionato se le danno di santa ragione, ma quando stanno in nazionale corrono tutti dalla stessa parte. In politica i partiti se le danno di santa ragione ma quando si parla di riforme, di diritti di tutti, le si votano insieme, poi si torna ad accapigliarsi”.   

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    Alta tensione e spinte scissioniste, M5S di nuovo a bivio

    Il bivio, l’ennesimo, all’orizzonte. Con l’opzione scissione tornata improvvisamente d’attualità. Il Movimento 5 Stelle si avvia ad un nuovo, duro, redde rationem in un’assemblea congiunta dei gruppi di Camera e Senato convocata, in via straordinaria, domenica pomeriggio. Un’assemblea dove saranno presenti tutti e 4 i ministri del Movimento: sono loro i principali imputati di un’intesa sulla giustizia che, tra i Cinque Stelle, continua a non piacere. E il convitato di pietra sarà Giuseppe Conte. E’ lui, in queste ore, a muovere le fila dei tanti che si sono scagliati contro l’intesa sul testo Cartabia. Un testo che, comunque vada la riunione, difficilmente sarà votato da tutti i parlamentari del Movimento. Dopo un’ondata di attacchi sui social, la trincea dei “contras” al testo Cartabia è tornata al silenzio. Le ore che precedono la riunione sono, soprattutto, ore di contatti discreti tra i “big” per cercare di tenere le fila di un gruppo parlamentare ormai lacerato. La nuova crisi interna sul fronte giustizia riporta in auge chi punta, al più presto, alla leadership di Conte. E galvanizza chi, nel Movimento, pensa che una diarchia tra l’ex premier e Beppe Grillo non sia possibile.
    La telefonata tra il Garante a Mario Draghi non è mai stata confermata a Palazzo Chigi ma, dopo la rivelazione de ilfattoquotidiano.it, diverse fonti del Movimento dicono che c’è stata. Con una duplice conseguenza: da un lato l’impronta di Grillo riporta il Garante nel mirino di chi vuole liberarsi dalla sua presenza; dall’altro blinda un’intesa che, se avesse avuto solo il marchio dei 4 ministri del M5S, sarebbe stata ancora più fragile. All’assemblea toccherà a Luigi Di Maio, Stefano Patuanelli, Fabiana Dadone e Federico D’Incà provare a sfoderare una convincente tesi difensiva, di fronte ad una truppa di parlamentari che da tempo contesta ai membri del governo di essere spesso all’oscuro dei provvedimenti.

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    Riforma della prescrizione, il presidente dell' Anm 'perplesso'

    “Ci sono aspetti dei disegni di riforma che suscitano perplessità”: il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia, intervenuto oggi al Congresso di Magistratura Democratica, a Firenze, esprime i propri dubbi sulla riforma della giustizia della ministra Marta Cartabia, contenuta negli emendamenti al ddl penale approvati giovedì in Consiglio dei ministri. Il numero uno dell’Anm si riferisce in particolare agli effetti della prescrizione processuale e all’impatto sulla società civile: “occorrerà discutere”, afferma risoluto, precisando però che l’Associazione nel suo complesso non ne ha ancora discusso.
    La riforma prevede, tra l’altro, che nel processo di appello si introduca il termine massimo di due anni (tre in caso di reati gravi), oltre il quale si dichiarerebbe l’improcedibilità (e non la prescrizione). A questo riguardo, Santalucia cita con preoccupazione le condizioni organizzative degli uffici giudiziari, delle Corti di appello.
    “Molte Corti territoriali – evidenzia – versano in sofferenza organizzativa, bisogna chiedersi se saranno capaci di rispettare la stringente tempistica processuale”. E non solo: ci sono risvolti che impattano sulla società. Per il presidente di Anm, infatti, “bisogna interrogarsi sulla comprensibilità sociale di una eventuale risposta di improcedibilità con vittime che avvertano ancora forte la ferita recata dal reato. Reato che la prescrizione non ha estinto, che magari è stato commesso non molto tempo prima, il cui ricordo sociale ben può essere ancora vivido e che potrebbe ancora essere ricondotto nell’area dell’obbligatorietà dell’azione penale”.
    Dal canto suo, il vicepresidente del Csm David Ermini, intervenendo sempre al congresso nazionale di Magistratura democratica, sostiene di confidare sul fatto che le forze politiche “responsabilmente convergano su soluzioni condivise e nel solo interesse generale di un sistema giudiziario efficace e giusto” e fa notare che “la sede naturale per riforme condivise” è “il Parlamento anziché un percorso referendario che, in ragione della sua natura necessariamente abrogativa, potrebbe condurre esclusivamente a esiti parziali e, come tali, asistematici”.
    Sulla riforma, il Guardasigilli Cartabia spiega oggi in una lunga intervista al Corsera, che questa “conserva l’impianto della prescrizione in primo grado della legge Bonafede” ma tuttavia “non si poteva evitare di correggere gli effetti problematici” di quel testo. 

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    Minacce dell'Isis, da Draghi a Letta solidarietà a Di Maio

    Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, esprime pieno sostegno e profonda solidarietà al Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. “La conferenza anti Daesh da lui presieduta è stata un successo. Il Governo resta impegnato nel contrasto al terrorismo”, sottolinea Draghi.
    “Il Partito Democratico esprime solidarietà al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, oggetto di intimidazioni e minacce intollerabili da parte dell’Isis. A lui va la mia personale vicinanza e quella dell’intera comunità democratica unita nella lotta al terrorismo e alla violenza jihadista”. Lo dichiara il segretario del Partito Democratico, Enrico Letta. “L’impegno centrale del nostro Paese nella lotta al terrorismo dell’Isis è un punto saldo e indiscutibile. Solidarietà al ministro Luigi Di Maio per le minacce subite”. Lo scrive su Twitter il presidente della Camera Roberto Fico.
    Solidarietà a Luigi Di Maio è stata espressa anche dal leader della Lega Matteo Salvini, dalla presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni e dal ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta.
    Secondo le notizie riportate da Repubblica sui canali digitali di propaganda jihadista è “apparso un lungo testo di al-Naba, la rivista ufficiale dell’Isis” in cui viene preso in rassegna il discorso pronunciato da Di Maio al vertice anti-Daesh di Roma, organizzato da Italia e Stati Uniti. Nel testo si ripete che “lo Stato islamico prenderà Roma”, secondo il quotidiano, che aggiunge come per i nostri servizi non ci sarebbero però “segnali preoccupanti per la sicurezza”.
    “Non saranno le minacce a fermare l’azione dell’Italia nella lotta al terrorismo. E lo stiamo dimostrando con i fatti”. Lo scrive su Facebook il ministro degli Esteri Lugi Di Maio, commentando le notizie sulle minacce dell’Isis contro la città di Roma e nei suoi confronti. “Il nostro – ha aggiunto – è un grande Paese, forte e coeso, e la vicinanza che mi avete dimostrato oggi ne è l’ennesima testimonianza. Andiamo avanti uniti”.
     “Stiamo lavorando con grande determinazione per tutelare la sicurezza dei nostri cittadini, fermare i flussi migratori irregolari e bloccare i trafficanti di esseri umani”.

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    Giustizia: Ermini, confido partiti convergano sulle riforme

     “Ho piena fiducia nella sensibilità istituzionale della ministra Cartabia, nella sua competenza, nelle sue capacità di dialogo e sintesi. Confido che le forze politiche, tutte le forze politiche in Parlamento, abbiano la consapevolezza che la strada delle riforme è strada a questo punto obbligata, e non solo per l’accesso ai fondi del Recovery ma per gli equilibri delle stesse istituzioni, e responsabilmente convergano su soluzioni condivise e nel solo interesse generale di un sistema giudiziario efficace e giusto”. “Separazione dei poteri, autonomia e indipendenza della magistratura sono valori e principi miliari e irrinunciabili, che vanno sottratti alle tensioni politiche e mediatiche. In questo senso sono convinto che la sede naturale per riforme condivise sia il Parlamento anziché un percorso referendario che, in ragione della sua natura necessariamente abrogativa, potrebbe condurre esclusivamente a esiti parziali e, come tali, asistematici”. Così il vicepresidente del Csm David Ermini intervenendo al congresso nazionale di Magistratura democratica in corso a Firenze.”Alcune delle proposte riformatrici hanno un denominatore comune: la separazione. Una prima separazione è quella del pubblico ministero dalla giurisdizione, propugnata con il dichiarato fine di rendere il giudice più indipendente, ma, a me pare, senza sufficiente considerazione degli inevitabili sviluppi successivi. Non ci si può non chiedere di quale indipendenza dalla politica e dal Governo potrebbe godere il pubblico ministero, e quindi di quanta indipendenza potrebbe beneficiare la stessa giurisdizione penale, che opera per necessità su impulso del pubblico ministero”.”Sono sempre più quelli che oggi revocano in dubbio la legittimazione dei magistrati, dell’Associazione, a prendere la parola nel dibattito pubblico sulla giustizia. Se si esprime una critica, qualche dubbio, un punto di vista in apparente controtendenza con quel che appare il pensiero dominante, si è accusati di essere e muoversi come “casta”. Una “casta” animata dal desiderio di conservare privilegi, che non si fa scrupolo, per contrastare le riforme invise. Viviamo un tempo complicato, che deve indurci a sperimentare, il valore dell’unità”. Così al Congresso di Magistratura Democratica il presidente Anm Giuseppe Santalucia.   

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    Giustizia: Cartabia, certezze sui tempi e rispetto garanzie

     “Sono state settimane di continui colloqui. Il fatto però che il Consiglio dei ministri abbia approvato il progetto all’unanimità è stato un traguardo importante. Raggiunto nell’ultimo miglio, anche grazie alla determinata guida del premier che lo ha sostenuto con convinzione”. Così il ministro della Giustizia, Marta Cartabia, ha parlato della riforma della giustizia penale in un’intervista al ‘Corriere della Sera’.    “La giustizia da anni è il tema più divisivo in Italia, e le forze politiche dell’attuale maggioranza hanno sensibilità opposte e molto infiammate – ha aggiunto – che si sia riusciti ad approdare a un testo condiviso e comunque incisivo rende il traguardo ancora più significativo”.    Il ministro ha poi spiegato che il passaggio più complicato è stato “indubbiamente la prescrizione, com’era facile prevedere – ha spiegato – E questo testo riflette l’apporto di tutti. Le resistenze residue emerse nel Consiglio dei ministri sono nate da esigenze politiche e non da considerazioni sul merito”.    La riforma a cui ha dato il via libera il Consiglio dei ministri “conserva l’impianto della prescrizione in primo grado della legge Bonafede: chi l’aveva allora proposta potrebbe ritenersi soddisfatto. È stato confermato il valore di quell’intervento per arginare il fenomeno delle troppe prescrizioni; un processo che finisce nel nulla è davvero un fallimento dello Stato, su questo io sono la prima ad essere d’accordo, come ben sa Alfonso Bonafede che in queste settimane ha avuto un’interlocuzione costante con il ministero”.    Tuttavia, secondo il ministro Cartabia, “non si poteva evitare di correggere gli effetti problematici di quella riforma. Per questo abbiamo stabilito tempi certi e predeterminati per la conclusione dei giudizi di appello e Cassazione. Giudizi lunghi recano un duplice danno: frustrano la domanda di giustizia delle vittime e ledono le garanzie degli imputati. La riforma proposta vuole rimediare ad entrambi questi problemi. Non è un banale compromesso politico, è ispirata al bilanciamento tra quelle due esigenze: fare giustizia, nel rispetto delle garanzie – ha concluso – questo è ciò che ci chiede la Costituzione: bilanciamento fra principi, proporzionalità tra valori, equilibro tra esigenze in conflitto”.   

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    Santalucia, magistrati accusati di essere casta, serve unità

    (ANSA) – ROMA, 10 LUG – “Sono sempre più quelli che oggi
    revocano in dubbio la legittimazione dei magistrati,
    dell’Associazione, a prendere la parola nel dibattito pubblico
    sulla giustizia. Se si esprime una critica, qualche dubbio, un
    punto di vista in apparente controtendenza con quel che appare
    il pensiero dominante, si è accusati di essere e muoversi come
    “casta”. Una “casta” animata dal desiderio di conservare
    privilegi, che non si fa scrupolo, per contrastare le riforme
    invise. Viviamo un tempo complicato, che deve indurci a
    sperimentare, il valore dell’unità”. Così al Congresso di
    Magistratura Democratica il presidente Anm Giuseppe Santalucia.   
    (ANSA).   

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    Tensione Conte-Grillo sulla giustizia, scontro nel M5s

    E’ una polveriera il Movimento 5 stelle, il giorno dopo il via libera in Consiglio dei ministri alla riforma della giustizia. Tornano a spirare venti di scissione, perché riemerge con forza la contrapposizione tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte. Insorgono i parlamentari, che annunciano barricate in Aula. Alessandro Di Battista e Alfonso Bonafede guidano un fronte di attacco contro i ministri M5s.    Conte si fa baluardo della battaglia identitaria sulla prescrizione e attacca il governo: “Torna un’anomalia italiana”, è lapidario. Ma per l’intesa si è speso Grillo: ha parlato con Draghi, ha sentito ministri per convincerli a votare a favore in Cdm. E in un Movimento già allo sbando per la mancanza di una leadership, si attira le ire di chi questa volta non voleva cedere e adesso dice apertamente che è il momento di uscire dalla maggioranza. In questo clima, si fa più difficile il via libera in Parlamento alla riforma approvata dal governo: non solo M5s annuncia di voler cambiare il testo, anche FI e Iv preparano proposte speculari e contrarie, con un impianto più garantista. E i tempi rischiano di allungarsi non poco.    Il giorno dopo il Cdm che dà il via libera alla riforma, emerge un dettaglio importante: il premier Mario Draghi giovedì ha sentito Grillo, con cui tiene rapporti fin dalla formazione del governo. Non poteva permettere, il premier, che una riforma cruciale per il Recovery plan passasse con l’astensione del partito più numeroso in Parlamento. E Grillo lo rassicura: si spenderà con i ministri perché la proposta di mediazione avanzata da Cartabia, con una prescrizione più lunga per i reati come la corruzione, dopo essere stata respinta più volte al mittente nelle ore che precedono il Cdm, venga alla fine accolta. Ma è questo il passaggio che spiazza e irrita le truppe parlamentari del M5s, a partire dai “contiani”. La proposta sulla corruzione era stata respinta e si era optato per la linea dell’astensione: perché cambiare idea in Cdm?, chiede più d’uno nelle chat interne. Poco piace l’intervento di Grillo, anche se fonti M5s si affrettano a precisare che “nessuno ha dettato la linea ai ministri”. Lo stesso Conte è stato costantemente informato, sottolineano fonti ministeriali irritate per gli attacchi ai membri del governo. Ma nel Movimento è già “tutti contro tutti”.    L’ex premier decide di rompere il silenzio degli ultimi giorni e, a un convegno dei giovani imprenditori di Confindustria, va giù dritto. Assicura di non essere “contro Draghi”, di non voler far cadere il governo, di non volerlo destabilizzare. Dice di “apprezzare” il lavoro della ministra Cartabia. Ma poi attacca: “Mi dispiace, ma io non canterei vittoria, sulla prescrizione siamo ritornati a una anomalia italiana che era nel passato e lo sarà nel futuro”, afferma. Nel merito spiega che altre mediazioni erano state offerte (ad esempio sconti di pena per eccessiva durata dei processi) e invece si è scelta la tagliola dell’improcedibilità dopo due anni in appello e uno in Cassazione, che non rispetta i principi dello stato di diritto. Bisogna “trovare soluzioni per mettersi in linea con l’Europa”, sibila, preannunciando “legittimi” tentativi di modifica in Parlamento. E’ un “dovere verso gli elettori M5s”.    Il Movimento “si è calato le braghe” e i ministri sono stati “incapaci e impavidi”, dichiara dal Sud America Di Battista.    “Timorosi e ossequiosi”, li definisce Alfonso Bonafede. “Che schifezza”, dice l’ex sottosegretario Vittorio Ferraresi, annunciando “lotta” in Parlamento. Sul blog si difende la linea: gli altri partiti volevano smantellare la prescrizione e invece i ministri hanno tenuto il punto: ora “difenderemo la linea in Parlamento”, anche con emendamenti. Ma tra i deputati semplici c’è chi, come Giulia Sarti, invoca l’uscita dal governo. Per sedare la rivolta, i ministri Di Maio, Patuanelli, D’Incà e Dadone domenica riuniranno deputati e senatori. Ma trapela l’irritazione per essere diventati bersaglio con tale durezza.    Hanno assunto una decisione, afferma un “governista”, mentre intorno regnava l’incertezza. Per mettere ordine nel caos ci vorrebbe quell’intesa sulla leadership (i 7 mediatori tornano a riunirsi in giornata) che ora si fa un po’ più difficile. Conte – osserva uno dei sette – con la sua uscita chiede di far presto, ma non facilita il lavoro perché il patto con Grillo era che nessuno dei due parlasse in pubblico fino alla fine della trattativa. E invece l’ex premier torna a ribadire le sue condizioni: nessuna diarchia, “restino alcuni principi o non ci sto”, dichiara. Se la distinzione di poteri tra presidente e garante non sarà chiara, si aprirà insomma la via alla scissione.    Sul fronte giustizia intanto la commissione guidata dal barricadero Cinque stelle Perantoni dovrebbe riunirsi mercoledì, ma non è detto che il termine per i subemendamenti all’emendamento di 18 articoli con le proposte del governo venga fissato in tempi brevi. Vorrebbe dire non approvare il testo in tempo per portarlo in Aula il 23 luglio: tutto sarebbe rinviato a settembre (con il rischio poi di incappare nella sessione di bilancio a ottobre). Matteo Renzi sminuisce i problemi: “Macché Vietnam parlamentare, M5s è morto e senza più la riforma Bonafede mi sento meglio”. Ma Iv, come Fi, già annuncia proposte di modifica: “Si può correggere qualcosa, accogliere le richieste dei sindaci” su temi come l’abuso di ufficio, dice Antonio Tajani. E i Cinque stelle si irritano ancora di più.