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    Ben and Jerry's, 'niente gelati in Cisgiordania occupata'

     La società statunitense di gelati ‘Ben and Jerry’s’ cesserà prossimamente la distribuzione dei propri prodotti nei ‘Territori palestinesi occupati’. I rapporti con la società israeliana che ha mantenuto finora la licenza giungeranno a termine alla fine dell’anno prossimo. Queste decisioni, ha spiegato in un comunicato, sono “in ossequio ai nostri valori”, legate ad una serie di “preoccupazioni” raccolte fra i suoi fan ed i suoi partner. “Noi utilizziamo le nostra attività commerciali – spiega la Ben and Jerry’s – per fare un mondo migliore”. Fra gli obiettivi che menziona vi sono “la difesa dei diritti umani, il sostegno alla giustizia sociale ed economica per comunità marginalizzate storicamente, nonchè la protezione del sistema naturale della terra. Usiamo il gelato per cambiare il mondo”. Immediata, su Facebook, la reazione dell’ex premier Benyamin Netanyahu. “Adesso – ha scritto – sappiamo bene quale gelato non acquistare”. Il messaggio è corredato da una bandiera israeliana e da un braccio muscoloso.

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    Incognita emendamenti, arriva il giorno della verità per il ddl Zan

    Dopo il fumo delle parole dei giorni scorsi, da oggi sul ddl Zan si comincerà a vedere l’arrosto dei fatti, cioè gli atti parlamentari che dovrebbero concretizzare quanto detto fino ad oggi. Alle 12 scade il temine per presentare gli emendamenti per modificare il testo, e questi consentiranno innanzitutto di vedere se c’è una reale volontà di mediazione da parte di chi la ha invocata, come Lega e Iv. Una mediazione che richiede un minimo di fiducia reciproca, che al momento non sembra esistere, visto le accuse reciproche registrate anche in giornata, con Enrico Letta che ha definito “omofobo” Matteo Salvini.
    Il leader di Iv Matteo Renzi, ha affermato che a suo giudizio “un compromesso è possibile sugli articoli 1, 4, e 7”, vale a dire quelli che, rispettivamente, introducono il concetto di identità di genere, che trattano la libertà di espressione e che riguardano l’insegnamento anti-discriminazione nelle scuole.
    Secondo Renzi “un accordo è a portata di mano”, perché ” la Lega, dopo mesi di ostruzionismo, ora si dice disponibile”. In tal senso il leader di Iv dice di “non capire perché Letta si sia messo di traverso”. E a rivendicare l’invito al “dialogo” è stato anche Salvini.
    Tuttavia Iv e Lega non hanno chiarito i contenuti delle loro proposte sui tre articoli indicati da Renzi. La proposta del presidente della commissione Giustizia, il leghista Andrea Ostellari, giudicata da Iv “un passo avanti” e respinta dal Pd, non è stata fatta propria dalla Lega, che anzi ha ribadito di voler puntare a introdurre una semplice aggravante comune per i reati di odio omo-transfobico, punto su cui Pd, M5s e Leu non accederanno mai.
    Sicuramente, emendamenti arriveranno da Julia Unterberger, capogruppo delle Autonomie: “personalmente voterei subito il ddl così come è, ma prendo atto che la destra non lo vota e per favorire un compromesso presenterò un emendamento sugli articoli 1, 4 e 7” per “favorire un compromesso”. Anche il socialista Riccardo Nencini ne presenterà uno sull’articolo 4 perché la sua formulazione “è scivolosa”: il timore è che qualche Pm possa distorcerne l’applicazione, perseguendo semplici opinioni.
    L’articolo 4, introdotto alla Camera su richiesta di Fi in commissione Affari costituzionali, è ora quello più a rischio. In ogni caso al momento di votare gli emendamenti, indipendentemente da chi li avrà presentati, si arriverà ai nodi politici: Iv sarà disposta a votare insieme al centrodestra e a spostare quindi il proprio baricentro verso destra? In caso di esito incerto il Pd dirà sì, per esempio proprio sull’articolo 4, ad un emendamento che sia comunque accettabile e non renda incoerente il testo? Nodi che non si presenteranno martedì, visto che mancano ancora diversi interventi in discussione generale e che per i prossimi giorni l’Aula dovrà prima votare alcuni decreti. In casa Dem la fiducia verso la Lega è nulla: “Chi è omofobo in Europa non può essere un credibile interlocutore in Italia”, ha detto Enrico Letta ricordando che la Lega al Parlamento europeo ha votato in favore dell’Ungheria di Orban e della sua legge anti Lgbt. “non si può essere omofobi in Europa e poi voler dialogare con noi: è incompatibile”.

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    Renzi: “Firmo i referendum sulla giustizia, penso a Tortora”

    Il leader di Italia viva Matteo Renzi firmerà i referendum sulla giustizia promossi dalla Lega e dal Partito radicale mercoledì 21 luglio alle 11.30, nella sede dei Radicali a Roma. “Quando penso al referendum sulla giustizia, non penso a Salvini ma a Enzo Tortora”. L’ha detto il leader di Italia viva, Matteo Renzi alla presentazione del suo libro “Controcorrente” a Castenedolo, in provincia di Brescia. 
    “È una guerra che dura da 30 anni, quella tra magistratura e politica, da Tangentopoli a oggi – ha aggiunto Renzi – C’è una contrapposizione che arriva all’estremo con Bonafede, un dj più che un ministro. Ecco, va detto che non mi faccio tantissimi nuovi amici con questo libro, se mi querelano rinuncio all’immunità. Da boy-scout di provincia mi hanno fatto diventare un gangster internazionale. Tra le varie vicende quella che più mi fa arrabbiare è quella di Open: è lo stesso procuratore che ha arrestato i miei genitori, portato a processo mio cognato, indagato me, manca la mia nonna che ha 101 anni. Di fronte a questo andazzo della giustizia, domattina vado e firmo i referendum sulla giustizia”. 
       

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    Salvini: “Farò il vaccino nei prossimi giorni, demenziale obbligare 15enni”

    Finora Matteo Salvini, leader della Lega, non si è vaccinato: “Io lo farò nei prossimi giorni.La metà dei miei coetanei non si è ancora vaccinata. Quindi io rispetto la fila come tutti gli altri. Io la prima dose l’avrei potuta avere se non fossi stato in tribunale, un lunedì mattina a Cuneo. Purtroppo passo parecchie delle mie giornate nei tribunali e il vaccino non è un legittimo impedimento, quindi ho dovuto rinviare”.
    Salvini, poi ribadisce la contrarietà all’obbligo per gli adolescenti: “Mi sembra giusto mettere in sicurezza genitori e nonni, mi sembra demenziale minacciare, obbligare, costringere e multare i 15enni e i 18enni. Chi parla di Green Pass già per quest’estate per i nostri figli fa un danno enorme ai nostri figli e al sistema Italia, perché nessun ventenne avrà la seconda dose ben che vada prima dell’autunno. Quindi se tu impedisci ai nostri ragazzi di andare a divertirsi quest’estate fai un danno al paese”. 
       

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    Meloni strappa, “regole saltate va fatta una valutazione”

    “Oggi la candidatura di Roberto Occhiuto alla presidenza della Calabria è frutto di una delle regole che sono saltate e quindi la valutazione va fatta”. Così la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni riferendosi al candidato del centrodestra per le elezioni regionali in Calabria. L’ha detto in una conferenza stampa a Roma. E ha ribadito: “Su questo stiamo discutendo al nostro interno”.
    “Oggi se saltano le regole, la valutazione va fatta su quale sia il candidato più competitivo. Sono valutazioni che stiamo ancora facendo”, ha aggiunto Meloni. Rispondendo a una domanda sul ticket tra Mario Occhiuto e Nino Spirlì, ha detto: “Stiamo discutendo al nostro interno e noi non facciamo scelte di partito che vengano prima del bene dei cittadini, partiamo sempre da quello che serva ai cittadini”.
    E sul centrodestra ha dichiarato “continuo a crederci ma voglio capire se ci credono anche gli altri, perché troppe cose sono accadute che mi fanno temere”  parlando dei rapporti nella coalizione dopo le nomine dei consiglieri Rai. “Non capisco cosa stia accadendo e che si lavori per farci perdere la pazienza e favorire l’attuale maggioranza”, ha aggiunto.
    “I componenti del consiglio di amministrazione Rai votati – ha precisato – sono stati scelti di partiti e non del governo. Sono loro che si devono assumere la responsabilità di una roba senza precedenti”. 
    Durante la conferenza stampa la presidente di Fratelli d’Italia ha presentare l’adesione di Lucio Malan, ex senatore di Forza Italia al partito. Attualmente al Senato ha il ruolo di vicepresidente vicario del gruppo. Malan ha aderito a FI nel 1996, è al Senato nel 2001. Nel 2013 è stato eletto senatore questore con il Popolo delle libertà.
    “Sono molto fiera della sua esperienza, serietà e compatibilità con le battaglie di Fratelli d’Italia” ha detto Meloni sottolineando che sua adesione “dimostra che siamo in grado di attrarre classe dirigente” ed è un esempio dei parlamentari che “vedono in noi il loro naturale approdo”. 

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    La Riforma Cartabia, nodi e numeri in campo

    Ridurre del 25% entro i prossimi cinque anni i i tempi della durata del processo penale in Italia, abbattendo soprattutto l’imbuto della fase di appello che dura mediamente 850 giorni contro uno standard europeo di 104 giorni. La sfida è portare tutte le 29 corti di appello a rispettare un limite di due anni, oggi sforato da 10 uffici. Corre su queste cifre e obiettivi ‘macro’ – fissati dal Pnrr cui è subordinato lo stanziamento dei fondi del Recovery plan, circa 191,5 miliardi di euro – la scommessa sulla riforma della giustizia penale della ministra Marta Cartabia approvata dal Cdm lo scorso 8 luglio. Il provvedimento è atteso in aula il 23 luglio.
    PRESCRIZIONE PROCESSUALE – E’ il punto più divisivo, aggredisce la riforma Bonafede del 2019 che aveva congelato la prescrizione. Si prevede che durante il primo grado decorra regolarmente, mentre in appello ci sono due anni per celebrare il processo, un anno per il giudizio di Cassazione. Se il timing non viene rispettato il processo si ferma, diventa “improcedibile”. Possibile prevedere l’allungamento dei tempi di un ulteriore anno in appello, e di altri sei mesi in Cassazione. Dovrebbero anche essere fatti salvi i diritti delle vittime dei reati di proseguire la causa per il risarcimento dei danni davanti al giudice civile, anche nel caso di processi ‘fermati’ dalla nuova tempistica. Questo ‘nodo’ è il più difficile da digerire per i Cinquestelle e la loro “lotta all’impunità”. Secondo l’Associazione nazionale magistrati, sono 150mila i processi che in appello finirebbero nella ‘tagliola’ per il contingentamento dei tempi.
    REATI PUNITI CON L’ERGASTOLO – Restano imprescrittibili. Non è da escludere che per la corruzione si possano allungare i tempi, se si cerca una mediazione con M5s. La cosa potrebbe non piacere a Lega, Fi e Iv.
    GIUSTIZIA RIPARATIVA – Sfoltire, drasticamente, i fascicoli penali. Con ampia apertura alle sanzioni alternative, in base allo studio elaborato dalla commissione presieduta dall’ex presidente della Consulta Giorgio Lattanzi. Avanti tutta con l’istituto della ‘messa alla prova’ che contempla la possibilità per l’indagato – per reati fino a 6 anni di reclusione – di chiedere subito al giudice nella fase delle indagini preliminari di essere impiegato in lavori socialmente utili non retribuiti. Il processo viene sospeso e, se l’indagato svolge correttamente il lavoro, arriva Il proscioglimento per prescrizione. Si pensa di allargare questa ‘chance’ a molti reati di scarso allarme sociale. Si punta sui riti alternativi come i patteggiamenti. Ampliamento della giustizia ‘pecuniaria’: convertibili in ‘multe’ le condanne fino a 12 mesi.
    PENE DETENTIVE, MENO CARCERE – Per condanne fino ai 4 anni di reclusione, il giudice può decidere per gli arresti domiciliari oppure per la semilibertà con rientro serale in cella, secondo la valutazione che viene fatta dell’imputato, che potrà comunque ottenere il lavoro esterno. Le valutazioni saranno fatte caso per caso, senza automatismi.
    FILTRI DEFLATTIVI – Introdotta la inappellabilità per alcuni reati minori, l’inammissibilità degli appelli privi di specifiche motivazioni e viene ampliata la non punibilità per fatti di lieve entità.
    RIFORMA ORDINAMENTO PENITENZIARIO – E’ un impegno che ha preso la ministra Cartabia dopo la visita del 14 luglio a Santa Maria Capua Vetere, luogo del pestaggio dei detenuti avvenuto il 6 aprile 2020. Presto nuove assunzioni per la polizia penitenziaria e la costruzione di 8 nuovi padiglioni con i fondi comunitari. Più formazione per il personale aiuterà a far sì che la pena sia finalizzata al recupero sociale del detenuto come prevede la Costituzione e non sia fine a se stessa. Mai più violenze.
    UFFICIO DEL PROCESSO – Lo staff del magistrato è l’arma – alla voce ‘risorse umane’ – per velocizzare del 25% il processo penale e del 40% quello civile. Il Pnrr ha stanziato 2,3 miliardi di euro per l’assunzione a tempo determinato nei prossimi 5 anni di 21.910 persone, pari ai due terzi dell’attuale organico degli ausiliari dei magistrati oggi in servizio. Si tratta di 5.410 unità di personale tecnico-amministrativo e di 16.500 laureati in Giurisprudenza, Economia e Scienze Politiche.    

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    Battesimo di fuoco per Conte, nodo Giustizia con Draghi

    Battesimo di fuoco per Giuseppe Conte nella sua nuova veste di leader in pectore del Movimento cinque stelle. Alle 11 a palazzo Chigi dovrà affrontare Mario Draghi che proprio con l’M5s vuole chiudere il ciclo di incontri con le forze di maggioranza il cui piatto forte è stato la riforma della Giustizia. Una riforma che il premier ritiene fondamentale in chiave Recovery e che vorrebbe chiudere prima della pausa estiva. L’incontro tra Draghi e Conte è stato convocato alla vigilia della scadenza dei termini per i subemendamenti al disegno di legge sul processo penale: quella riforma Cartabia indigesta a buona parte dei Cinque stelle, su cui però il premier non sembra affatto intenzionato a fare retromarcia Le dichiarazioni battagliere di ieri con le quali Conte ha lanciato il nuovo Statuto grillino fanno prevedere scintille ma l’avvocato del popolo in queste ore deve fare i conti con le fibrillazioni interne del Movimento e prendere le misure tra l’ala governista che non vuole lo scontro sulla riforma Cartabia e quella più battagliera che chiede a gran voce che la riforma Bonafede della prescrizione non sia stravolta.
    Le acque sono agitate a tal punto che dentro il Movimento in molti si interrogano già sul dopo e cioè cosa accadrebbe se il governo decidesse alla fine di mettere la fiducia sul provvedimento. Certo, Conte nella sua diretta facebook ha citato solo due provvedimenti, e forse non a caso: la riforma della Giustizia e il reddito di cittadinanza. Probabilmente su queste due strade si potrà aprire un perimetro di dialogo tra Draghi e Conte. Infatti se nel governo non si nasconde il timore che aprire una trattativa sul testo Cartabia potrebbe scoperchiare il vaso di Pandora (anche altre forze politiche potrebbero avanzare modifiche con un’inevitabile e pericoloso slittamento dei tempi), sul reddito di cittadinanza appare già chiaro che gli ostacoli sono decisamente superabili. Una piccola mano a Conte è stata data da Enrico Letta che ha aperto alla possibilità di aggiustamenti al testo Cartabia. Un’apertura basata sul realismo visto che il segretario Dem ha puntato forte sulla leadership dell’ex premier e le amministrative si avvicinano.
    “Sono sicuro che domani sarà una giornata positiva in cui si troveranno le giuste soluzioni. Sono convinto che ci sarà la possibilità di trovarle”. Così il segretario del Pd, Enrico Letta a proposito dell’incontro tra il premier Mario Draghi e il leader in pecore del M5s, Giuseppe Conte sulla riforma della giustizia. L’ha detto arrivando alla festa dell’unità di Roma.

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    Settimana cruciale per ddl Zan, Lega-Iv contro Letta

    Invocano il dialogo fino all’ultimo secondo. Ma continuano a battagliare attaccando Enrico Letta e la parte più intransigente del Pd, specie dopo che il segretario dem ha rifiutato di incontrare il leader della Lega. A tenere alto lo scontro sul disegno di legge Zan sono i due Matteo, da un lato Salvini e dall’altro Renzi. Entrambi ripetono il mantra della mediazione ancora possibile per modificare il testo. E’ necessaria anche dopo le richieste della Santa sede – ricorda la Lega – o per “rispetto del Parlamento” di cui mancherebbe il segretario Dem, denuncia il senatore Andrea Ostellari. Oppure come sollecita Italia viva, per arrivare a un patto che, una volta cambiati alcuni articoli, possa approvare la legge a breve nonostante il necessario ritorno alla Camera per l’ok definitivo. Ma il tempo scorre e alla vigilia della settimana decisiva per il provvedimento contro l’omotransfobia al Senato, non c’è aria di tregua.
    Il Pd respinge le accuse come “propaganda” e tira dritto. La discussione ricomincia in Aula martedì pomeriggio, a mezzogiorno scade il termine per presentare gli emendamenti. Sul provvedimento incombe il rischio di un rinvio dell’esame a settembre: sempre più concreto, per via dei decreti legge in arrivo a partire da mercoledì e della pausa agostana di Palazzo Madama. Pesa inoltre il voto segreto, che potrebbe essere chiesto già sugli emendamenti. Dopo la discussione, li proporrà il centrodestra (la Lega in testa), ne annuncia uno il senatore del Partito socialista, Riccardo Nencini (sull’articolo 4, la cosiddetta ‘clausola salva-idee’ perché “la libertà di espressione va difesa”, spiega) e altri verranno dai senatori delle Autonomie più scettici.
    Italia viva annuncia che non ne presenterà, perché con “ottimismo” confida ancora in un’intesa. Lo dice Laura Garavini, numero due al Senato, forte del fatto che “sempre più colleghi nel Pd si stanno rendendo conto dei rischi sul ddl e spingono per modifiche e per un accordo blindato. E’ quanto mi risulta sia emerso nella riunione dei senatori Dem di giovedì scorso”. Ufficialmente riscontri dal Nazareno non ce ne sono. Non a caso Renzi bolla il suo ex partito come “il vero partito no Zan”, altro che “l’ostruzionismo fatto per mesi della Lega”, dice alla Stampa.