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    Il Centrodestra teme il 'cappotto', duello Salvini-Michetti

    La prudenza è sempre d’obbligo: i sondaggi possono sempre sbagliare e gli indecisi sono ancora tantissimi. Tuttavia, alla vigilia di questa tornata elettorale, tra Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia regna la grande paura che il fronte “giallorosso”, seppure spesso diviso al primo turno, possa vincere e addirittura fare ‘cappotto’ nelle sfide che contano, quelle delle grandi città che vanno al voto il 3 e il 4 ottobre. E nel centrodestra si respira un clima pessimo tra polemiche sui candidati, spesso oscurati dai leader nazionali, e l’eterna sfida tra Lega e Fratelli d’Italia per la leadership della coalizione.Segnali di ottimismo solo a Trieste, parzialmente a Torino e alle regionali in Calabria. Non a caso, proprio Matteo Salvini e Antonio Tajani, hanno scelto questa Regione per chiudere, venerdì sera, la loro lunga campagna elettorale. Detto questo, il voto difficilmente provocherà un terremoto politico: malgrado le forti tensioni interne alla coalizione, e anche dentro i singoli partiti – si pensi alla Lega – il centrodestra sarà costretto a far rientrare ogni dissapore, a rinviare ogni resa dei conti, per combattere in maniera unitaria, e quindi sperare di vincere, la madre di tutte le battaglie di questa fase politica, quella per l’elezione del Presidente della Repubblica. Sarà quello, sì, l’esame di maturità che dovrà promuovere chi, chissà se nel 2022 o nel 2023, si candiderà a vincere le elezioni e insediarsi a Palazzo Chigi. Per ora è una lotta all’ultimo voto, all’insegna del “tutti contro tutti”. Da settimane si sono registrati divisioni sulla qualità dei candidati, a Milano come a Roma. Attacchi e distinguo continui su più fronti contro l’aspirante successore di Virginia Raggi, Enrico Michetti. Persino il “federatore” Silvio Berlusconi, su twitter, pur esortando i romani a voltare pagine rispetto alle ultime amministrazioni “sbagliate e inefficienti che hanno costretto questa città ad un crescente degrado”, nello stesso messaggio non ha dedicato nemmeno un minimo cenno al candidato sindaco del centrodestra. E non aiutano Michetti neppure le parole del numero due della Lega, Giancarlo Giorgetti secondo cui, al suo posto sarebbe stato molto meglio candidare Giudo Bertolaso. Un’oggettiva presa di distanza che allarga il fossato che s’è creato ormai da tempo all’interno di quello che una volta veniva definito il “fronte sovranista”, l’asse Lega-FdI. Un’ eventuale flop di quello che Giorgia Meloni chiamò “il Mr. Wolf, l’uomo giusto per Roma”, sarebbe ovviamente addebitato tutto a Fratelli d’Italia. Di contro, la Lega teme fortemente che l’attivismo del partito di Meloni contro il governo e in particolare contro il Green pass, possa portare a un clamoroso sorpasso di FdI sul Carroccio, soprattutto nel Nord, roccaforte storica del partito di Matteo Salvini. Trema anche Forza Italia. Malgrado i sondaggi delle settimane scorse la davano in ripresa al livello nazionale e la possibile tenuta in Calabria, le ultime fuoriuscite di suoi dirigenti di peso in Lombardia, a favore della Lega, non promettono niente di buono per il partito azzurro.

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    Morisi: Fedez prende in giro Salvini, 'eroe contemporaneo'

     L’occasione per Fedez era ghiotta: il caso di Luca Morisi, ideatore della campagna social della Lega di Matteo Salvini indagato dalla Procura in Veneto per cessione di stupefacenti. “Amici circensi, se vi avanza un naso rosso con elastichino da prestare a Salvini contattatemi in privato” esordisce il rapper milanese in una storia su Instagram. “Questa è la storia di un eroe contemporaneo, un uomo che ha sacrificato la sua intera vita a contrastare la piaga sociale delle droghe, un uomo che andava in giro a citofonare a casa della gente ‘scusi lei spaccia?’ o che commentava la sentenza Cucchi ‘la droga fa male’ . Oggi scopre di avere avuto al suo fianco un drogato ma che magicamente non diventa ‘un drogato’, uno di quelli tipo scarto della società, ma che diventa un amico da aiutare a rialzarsi…Lo sentite anche voi?’, conclude con un ‘poppopporopo’.    

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    Letta spera nelle Comunali e guarda al 2023

    Da corsa a ostacoli per Enrico Letta la prima prova di voto da segretario sembra prefigurarsi, se le aspettative dem sono rispettate, come una strada in discesa. In nome dell’unità in campagna elettorale il dibattito interno al partito è rimasto sottotraccia. Dopo il voto, però, i distinguo avranno modo di riaffiorare sia in vista della partita del Quirinale sia delle plitiche. Uno dei temi che già affora è il rapporto fra il Pd e il presidente del consiglio, Mario Draghi: se la coincidenza fra l’agenda del governo e quella dem mette quasi tutti d’accordo, fa discutere il ruolo che l’attuale premier potrebbe essere chiamato a giocare in futuro. In tutto questo, per questioni di equilibri, di alleanze e pure di calendario, torna a serpeggiare la parola congresso. Enrico Letta intende arrivare al 2023 con il Pd nelle vesti di perno del governo Draghi e di federatore di un centrosinistra che dialoghi con il M5s, in vista di una contesa alle urne con lo schieramento di Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Alla luce di un voto amministrativo che, nelle previsioni, dovrebbe rinsaldare il ruolo di segretario al Nazareno, il dibattito interno al partito potrà aprirsi sulle alleanze, visto che l’avvicinamento alla squadra guidata da Giuseppe Conte non convince tutti i dem. L’ex capogruppo al Senato, Andrea Marcucci, battitore libero della corrente di ex renziani Base Riformista, ha già evocato la parola congresso e potrebbe tornare ad auspicare che venga anticipato alla primavera o all’autunno 2022. Per il Nazareno, parlare adesso dell’assise è lunare, ma alcune fonti parlamentari Pd non escludono che possa essere lo stesso Letta, dopo la partita del Quirinale, a chiamare il congresso, affinché si svolga prima dell’estate 2022. Sulla scelta della data pesa anche il calendario: la scadenza naturale sarebbe marzo 2023, che però è anche tempo di elezioni politiche e soprattutto di liste. Anche il dibattito sul ruolo di Draghi nel 2023 si sta facendo largo nel Pd – ma in generale nella politica italiana – alla luce della possibilità che il suo nome possa restare in campo, specie se il voto non dovesse dare chiare indicazioni sui rapporti di forza fra gli schieramenti. Dal Pd c’è “una spinta al governo ad andare avanti fino a scadenza naturale”, ha ribadito Letta dopo l’endorsement a Draghi del presidente di Confindustria Carlo Bonomi. Ma fra i dem c’è chi ha cominciato coi distinguo tra chi chiede di non sovrapporre l’agenda del governo Draghi a quella del Pd e che vorrebbe “draghizzare” il Pd. Un dibattito che al Nazareno è considerato “surreale”. Il primo test dopo il 3 e 4 ottobre resta il Colle. Ed è proprio a quello che pare orientato lo sguardo di Matteo Renzi, che in questa tornata sembra aver preferito il basso profilo. Le amministrative potrebbero aprire una riflessione anche in Italia Viva, specie sulla possibilità di trovare ‘compagni’ di viaggio nelle forze estranee ai due schieramenti di centrodestra e centrosinistra, come +Europa e Azione: a Roma, i renziani già appoggiano Carlo Calenda nella corsa al Campidoglio. Le amministrative, però, potrebbero cambiare gli equilibri esterni e interni ai partiti. In caso di frenata dei Cinque Stelle, in Iv c’è chi auspica un raffreddamento dell’attenzione del Pd verso il Movimento, con il conseguente allargamento degli spazi per il dialogo con le aree renziane e limitrofe.

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    La Cei: 'Il referendum sull'eutanasia suscita grave inquietudine'

    La Cei esprime “grave inquietudine” per “la prospettiva di un referendum per depenalizzare l’omicidio del consenziente. Autorevoli giuristi – ha detto il cardinale presidente Gualtiero Bassetti aprendo il Consiglio episcopale permanente – hanno messo in evidenza serie problematiche di compatibilità costituzionale nel quesito per il quale sono state raccolte le firme e nelle conseguenze che un’eventuale abrogazione determinerebbe nell’ordinamento”. La Cei sottolinea che “è necessario ribadire che non vi è espressione di compassione nell’aiutare a morire” ed è “una contraddizione stridente” con la solidarietà vissuta per il Covid.
    Con l’eutanasia prevale “una concezione antropologica e nichilista in cui non trovano più spazio né la speranza né le relazioni interpersonali. C’è una contraddizione stridente tra la mobilitazione solidale, che ha visto un Paese intero attivarsi contro un virus portatore di morte, e un’iniziativa che, a prescindere dalle intenzioni dei singoli firmatari della richiesta referendaria, propone una soluzione che rappresenta una sconfitta dell’umano. Chi soffre – ha sottolineato il Presidente della Cei, card. Gualtiero Bassetti – va accompagnato e aiutato a ritrovare ragioni di vita; occorre chiedere l’applicazione della legge sulle cure palliative e la terapia del dolore”.   

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    Conte rischia guerra M5s e punta a blindarsi con Pd

    C’è forse un motivo per cui Giuseppe Conte non si candiderà nel seggio di Roberto Gualtieri se il candidato dem dovesse spuntarla a Roma: quello di evitare l’accusa di lucrare per interesse personale sulle sconfitte dei candidati del Movimento. E sempre per questo pare che l’ex premier sceglierà la natia Puglia per farsi eleggere in Parlamento, nella prossima legislatura. Potrà così salire con più serenità su un palco con Enrico Letta a benedire Roberto Gualtieri, in un’eventuale iniziativa comune per il secondo turno nella corsa al Campidoglio.
    I bagni di folla raccolti da Giuseppe Conte nel suo primo tour elettorale da leader M5s fanno comunque sperare in un risultato alle urne migliore del previsto, ma i big sono ben consapevoli che non è tutto oro quel che luccica. E soprattutto timorosi che si avveri la massima ‘piazze piene, urne vuote’.
    Eppure l’auspicata rimonta di Virginia Raggi scaccia il fantasma di una faglia nel Movimento, che potrebbe affossare il futuro di Giuseppe Conte. Mentre un risultato negativo a Roma potrebbe aprire una faglia interna, facendo assurgere la sindaca uscente come la nuova paladina dell’ala movimentista 5 Stelle. L’insistenza di Conte nello svincolare il nuovo corso M5s dal risultato elettorale (“non sono un test”, ripete quotidianamente), mette in luce la sua vera urgenza: conquistare la leadership dell’alleanza di centrosinistra, in vista delle elezioni vere, quelle politiche. E quindi si gioca la competizione per la candidatura alla premiership. Una contesa su cui Conte è costretto a guardarsi le spalle dal fuoco amico. Da una truppa che arriccia il naso e ironizza sull’ inaspettato successo di piazza del presidente.
    ‘La gente va a farsi i selfie con l’ex premier, ma Conte non sposterà un voto’, dice un parlamentare scettico che racconta di quanto i vecchi eletti siano infastiditi dalle continue sottolineature di Conte sul nuovo corso M5s: ‘Questa sua smania di rinnegare i modi e le battaglie del vecchio Movimento inizia a far girare le scatole a tutti’. Sul fronte interno, d’altra parte, finita la campagna elettorale, nel rapporto con Raggi potrebbe riemergere quell’antica diffidenza sopita per “ragion di stato”. Anche per questo la scelta di Conte per la chiusura della campagna è caduta sulle due piazze, Roma e Napoli, in cui spera di ottenere i risultati migliori e dove si potrebbe scrivere anche il suo futuro politico.
    Napoli potrebbe rivelarsi, infatti, l’unico esperimento davvero riuscito dell’alleanza Pd-M5s e dove il Movimento potrebbe essere primo partito mentre a Roma, una rimonta della candidata 5 Stelle potrebbe togliergli qualche castagna dal fuoco. E’ la strategia win-win: se Raggi supera Gualtieri, il M5s e quindi Conte hanno vinto. Se arriva al ballottaggio Roberto Gualtieri, Conte può rivendicare l’alleanza con il Pd . Non sembra invece aver dato i frutti sperati il tentativo di Giuseppe Conte di abbracciare il nord produttivo.
    A Milano la sola chance è di far entrare in giunta Layla Pavone che ‘non è la sua candidata ma del Fatto Quotidiano’, dicono i maligni. Torino viene considerata persa: ma anche Valentina Sganga, si spiega nel movimento, “non è ‘contiana’ e non è sostenuta da Chiara Appendino né da Laura Castelli”, le vere potenze del Movimento in Piemonte.
    Anche a Bologna, si racconta, ‘il Movimento non c’è più. A Bologna c’è solo Max Bugani’: il quale, però, è tra i pochi ad aver scommesso sull’alleanza con il Pd. Alleanza che verrà rilanciata da Conte dopo le elezioni, come unica via per la riscossa a dispetto della fronda interna che lo osteggerà comunque vada.

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    Centrodestra, Berlusconi: 'Forza Italia essenziale per vincere e governare'

    “Forza Italia dobbiamo esserne convinti è insostituibile ed è essenziale per un centrodestra capace di vincere e di governare”. Lo ha detto l’ex premier Silvio Berlusconi, nel corso di una telefonata al convegno ‘Forza Milano’ promosso dal partito per le amministrative a sostegno del candidato del centrodestra, Luca Bernardo. “Solo con Forza Italia forte nei numeri e nelle idee il centrodestra può aspirare alla guida oggi dei maggiori Comuni italiani – ha concluso – e domani dell’intero Paese dopo il 2023”.
    “Milano ha bisogno di una svolta, di tornare ad essere accogliente e solidale, di raccogliere le sfide delle altre città europee non solo in centro nelle zone di lusso ma anche nei quartieri”, ha detto Berlusconi. “Milano può essere ben altro che questo, siamo la città più importante d’Italia, per cultura, ricerca scientifica, per attività artistiche, abbiamo il diritto e il dovere di cambiare. – ha aggiunto – Per questo abbiamo scelto non un politico di professione ma Luca Bernardo, una persona che ha saputo unire nel suo lavoro concretezza, umanità e capacita organizzativa e autentico amore per il prossimo e in particolare per i bambini”.
    “Questo tema del leader del centrodestra è un tema che appassiona voi, noi siamo una coalizione fatta di partiti diversi, ciascuno è il leader del suo partito. Dopo di che le regole nel centrodestra dicono che quando arrivano le elezioni politiche quello che arriva primo ha diritto a esprimere il candidato premier da sottoporre al Presidente della Repubblica”, ha detto, rispondendo ai giornalisti, la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, a Bologna per un incontro elettorale in vista delle prossime elezioni comunali d’ottobre. “Attualmente – ha proseguito – la Lega è considerata il primo partito ma è anche difficile immaginare che ci sia uno che governa tutti, perché noi siamo opposizione gli altri sono al Governo. Interpretate questo tema della leadership in una maniera monolitica che non è molto realistica”.

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    Ideatore campagna social della Lega indagato per droga

    Luca Morisi, ideatore della campagna social della Lega guidata da Matteo Salvini, risulta indagato dalla Procura in Veneto per cessione di stupefacenti. E’ quanto riportano alcuni giornali. Dopo una perquisizione, nella sua abitazione di Verona sarebbero state trovate alcune dosi. Morisi aveva lasciato l’incarico di capo della comunicazione social del leader della Lega alcuni giorni fa “per questioni famigliari”.
    Luca Morisi chiede scusa al partito, al suo segretario e ai suoi familiari dopo le notizie apparse sulla stampa su di lui. A riferirlo, la Lega in una nota. “Non ho commesso alcun reato, ma la vicenda personale che mi riguarda rappresenta una grave caduta come uomo – scrive Morisi – Chiedo innanzitutto scusa per la mia debolezza e i miei errori a Matteo Salvini e a tutta la comunità della Lega a cui ho dedicato gli ultimi anni del mio impegno lavorativo, a mio padre e ai miei famigliari, al mio amico di sempre Andrea Paganella a fianco del quale ho avviato la mia attività professionale, a tutte le persone che mi vogliono bene e a me stesso”. E aggiunge: “Ho rassegnato il primo settembre le dimissioni dai miei ruoli all’interno della Lega: è un momento molto doloroso della mia vita, rivela fragilità esistenziali irrisolte a cui ho la necessità di dedicare tutto il tempo possibile nel prossimo futuro, contando sul sostegno e sull’affetto delle persone che mi sono più vicine”.    

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    Richard Gere testimone contro Salvini al processo Open Arms

     “Richard Gere testimonierà contro di me nel processo Open Arms il prossimo 23 ottobre a Palermo”: a rivelarlo è stato Matteo Salvini, oggi pomeriggio ad Assisi. “Lo conosco come attore, ma non capisco che tipo di lezione possa venire a dare a me, all’Italiane agli italiani sulle nostre regole e le nostre leggi” ha aggiunto il leader della Lega parlando dell’attore. “Se qualcuno pensa di trasformare il processo in uno spettacolo e vuole vedersi Richard Gere va al cinema, non in tribunale”, ha sottolineato ancora Salvini.