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    'Ndrangheta: senatore Fi Siclari condannato, 5 anni e 4 mesi

    (ANSA) – CATANZARO, 28 SET – Cinque anni e 4 mesi di
    reclusione sono stati inflitti dal gup Maria Rosa Barbieri al
    senatore di Forza Italia Marco Siclari, accusato di scambio
    elettorale politico mafioso nel processo “Eyphemos” contro le
    cosche di Sant’Eufemia d’Aspromonte. La sentenza è stata più
    pesante della richiesta del pm Giulia Pantano, 4 anni. Secondo
    le indagini, coordinate anche dal procuratore Giovanni
    Bombardieri e dall’aggiunto Gaetano Paci, Siclari sarebbe stato
    appoggiato dalla cosca Alvaro alle politiche del 2018.   
    Nel febbraio 2020, il gip aveva disposto i domiciliari per
    Siclari ma la Giunta per le autorizzazioni non ha mai deciso.   
    Siclari, è scritto nel capo di imputazione, “accettava a mezzo
    dell’intermediario Giuseppe Antonio Galletta, la promessa di
    procurare voti da parte di Domenico Laurendi, appartenente al
    locale di ‘ndrangheta di Santa Eufemia della famiglia mafiosa
    Alvaro”. In cambio, due mesi dopo le elezioni, secondo la Dda,
    il senatore si sarebbe interessato per far ottenere il
    trasferimento a Messina a una dipendente delle Poste, figlia di
    Natale Lupoi, ritenuto affiliato alla ‘ndrangheta e condannato
    oggi, nello stesso processo, a 19 anni e 4 mesi di carcere.
    Nel processo, che si è celebrato con la formula del rito
    abbreviato, sono stati giudicati colpevoli anche il presunto
    boss Domenico Laurendi, detto “Rocchellina” (20 anni) e il boss
    Cosimo Alvaro (17 anni e 9 mesi). Complessivamente Gli imputati
    condannati sono stati 21 e quelli assolti tre.
    Nell’operazione “Eyphemos” era stata arrestato anche il sindaco
    di Sant’Eufemia d’Aspromonte e consigliere regionale di Fratelli
    d’Italia Domenico Creazzo che ha scelto il rito ordinario ed è
    sotto processo davanti al Tribunale di Palmi. (ANSA).   

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    Elezioni comunali a Savona, i candidati

    A Savona, alle elezioni amministrative del 3 e 4 ottobre si preannuncia uno scontro al ballottaggio tra i due principali schieramenti di centrodestra e di centrosinistra: l’avvocato Marco Russo sostenuto dal centrosinistra e l’ex primario dell’Ospedale San Paolo Angelo Schirru, per il centrodestra, a contendersi al secondo turno la poltrona di Palazzo Sisto. Il centrodestra, che ha governato la città in questo mandato, viene accusato dagli avversari “delle pessime condizioni in cui versa la città”, il centrosinistra ha invece per Schirru la colpa “del buco di bilancio che la giunta attuale ha dovuto recuperare con ripercussioni sul presente”. Non corre la sindaco uscente uscente Ilaria Caprioglio, che aveva vinto cinque anni fa sostenuta da una maggioranza di centrodestra.
    E’ stata “messa da parte” dagli stessi partiti che la votarono e che le hanno preferito dapprima l’ex funzionario degli industriali Dario Amoretti, uscito di scena dopo poco, e poi Schirru. Ha così deciso di non ripresentarsi. I candidati sindaco sono in totale cinque. Marco Russo ha con sè il Partito Democratico, la lista civica Patto per Savona, Sinistra per Savona, RiformiAmo Savona; Angelo Schirru ha il sostegno di ‘Toti per Savona’, Lega, lista civica Schirru sindaco, Forza Italia insieme a Unione di Centro. Ci sono poi Luca Aschei (lista civica Andare Oltre), Manuel Meles (Movimento Cinque Stelle e lista civica ConTe per Savona, Francesco Versace (Savona Popolare). Russo, 55 anni, savonese, moglie e 3 figli, è stato impegnato nello scoutismo e nel volontariato, è stato presidente Acli provinciale e presidente del forum del terzo settore. Ha presentato il suo progetto chiamato “Patto per Savona” a fine 2020 ed è sceso in campo in autonomia. Nei mesi successivi è riuscito a raccogliere il sostegno del centrosinistra. Schirru, 69 anni, di Narbolia (Oristano), è in Liguria da quando aveva 5 anni. Sposato, 3 figli anche lui, è ex primario del San Paolo di Savona.
    Non pensava di candidarsi ma ha accettato la proposta offerta dalla coalizione di centrodestra. I leitmotiv della campagna elettorale sono “decoro” e “pulizia” della città, presenti in tutti i programmi dei candidati in corsa per Palazzo Sisto. Russo vuole una città “giusta, dinamica e attrattiva” e per arrivare a questi obiettivi è “necessario riportare i quartieri al centro”, “rilanciare il commercio con i distretti urbani del commercio” e “mettere a sistema porto, ospedale e turismo”. Anche per Schirru i punti chiave sono “una città più pulita, più sicura, più attrattiva”. Fondamentale per l’ex primario il sostegno alle attività economiche. Meles (consigliere comunale uscente) vuole lavorare in discontinuità con le amministrazioni precedenti. Uno dei temi che gli sta più a cuore è il verde pubblico. Aschei (sociologo) pone al centro del suo programma il turismo e la cultura. Il suo motto è “Il porto è nella città, la città non è del porto”. Il modello Nizza per rivoluzionare la viabilità cittadina e il turismo come volano dell’economia e dell’occupazione. Versace (ex primario di Reumatologia dell’ospedale San Paolo di Savona) si concentra su “una buona sanità e l’assistenza sociale” per permettere ai cittadini di “raggiungere il benessere psicofisico”.

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    Draghi, il governo candiderà Roma per Expo 2030

    Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha comunicato che il governo candiderà Roma Capitale ad ospitare l’Esposizione Universale del 2030, in una lettera inviata ai candidati a Sindaco di Roma Capitale. “Si tratta senz’altro di una grande opportunità per lo sviluppo della città”, scrive il Presidente Draghi nella sua lettera, ringraziando i candidati “per la dimostrazione di unità a favore della nostra Capitale”. 
    Ospitare l’Expo 2030 a Roma “significherebbe ripartenza per tutta l’Italia, con nuove e notevoli opportunità di lavoro e di rilancio economico”. Lo ha scritto su Facebook il ministro degli Esteri Luigi Di Maio dopo l’annuncio del presidente del Consiglio Mario Draghi. “Questo è il punto di inizio di un nuovo percorso. È un’altra sfida green, di sviluppo urbano e di crescita economica per la nostra Capitale, e c’è tanto da fare. Saranno mesi intensi e bisognerà dare il massimo per coronare questa candidatura”, ha sottolineato Di Maio, invitando tutte le istituzioni a lavorare “insieme”.
    “Daje!!! Roma è ufficialmente candidata ad ospitare l’Expo del 2030. Si tratta di uno dei più importanti eventi internazionali. Per Roma si tratta di un particolare motivo di orgoglio perché supera il racconto di una città dove non si possono fare le cose, anzi è la dimostrazione che a Roma si può fare tutto e anche meglio. Ringrazio Draghi e Di Maio”. Così la sindaca Virginia Raggi in un post su Fb. 
    “Oggi inizia ufficialmente un percorso impegnativo ed entusiasmante: dobbiamo battere le candidature di Mosca e Busan -continua Raggi nel post- Ora dobbiamo fare squadra. Ringrazio il presidente del Consiglio Mario Draghi e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio che hanno creduto nella solidità della candidatura di Roma”. “Si tratta di un progetto partito due anni fa che si è sempre più consolidato grazie al contributo di tutti gli attori istituzionali e privati -aggiunge la sindaca di Roma- Ringrazio, in particolare, Unindustria Roma che ci ha sostenuto così come la Camera di Commercio di Roma. Si tratta di una vittoria di squadra”.
    “Per l’Italia e per Roma” l’Expo 2030 è “una seconda occasione che non possiamo perdere. Nei prossimi giorni vi presenterò il progetto con il quale vogliamo aggiudicarci l’edizione dell’Expo 2030”, scrive la Raggi ricordando “l’Expo del 1942, un’edizione che non si svolse mai a causa della seconda guerra mondiale”.

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    Morisi, Salvini: 'Non mi pento della citofonata di Bologna'

    Non si placa a polemica dopo la notizia dell’indagine a carico dell’ex guru dei social della Lega, Luca Morisi, iscritto nel registro degli indagati dopo che tre giovani lo avrebbero indicano come colui che avrebbe ceduto loro droga liquida. Morisi ha lasciato ogni ruolo nel partito ma si è difeso: “Non ho commesso alcun reato” pur ammettendo: “sono caduto come uomo”.
    “Mi dispiace, non per me, ma quando prendono come capri espiatori e vittime sacrificali altre persone. Io non faccio politica così. Io non godo dei problemi degli avversari. Li voglio sconfiggere lealmente sui progetti”, ha detto il leader della Lega, Matteo Salvini, a margine di un sopralluogo all’ex Macello di Milano, a proposito della vicenda che vede coinvolto il suo ex responsabile dei social. “Io ho le spalle larghe e non sono un complottista ma il fatto che a reti unificate e a partiti unificati l’unico avversario siano Salvini e la Lega mi dice che siamo sulla strada giusta” ha aggiunto.
    “Sono spiaciuto della schifezza mediatica che condanna le persone prima che sia un giudice, un tribunale a farlo”, ha detto ancora il leader del Carroccio. Salvini ha replicato a cneh a chi gli chiedeva se si fosse pentito della citofonata fatta ad un presunto spacciatore al quartiere Pilastro di Bologna nel 2020, quando chiese “Scusi lei spaccia?”. “No, perché hanno arrestato degli spacciatori. Lì c’erano degli spacciatori che sono stati arrestati. Non andiamo a caso. Diciamo che sono stato ministro dell’Interno e qualche contatto con le forze dell’ordine ce l’ho”, ha replicato a chi gli chiedeva se fosse pentito di quell’episodio.
    “Per me chi vende droga, vende morte. Su questo spero che nessuno abbia dubbi, chi consuma droga sbaglia e va aiutato e curato. Ma tirare in ballo il discorso politico, che non c’entra nulla con il partito, perché lui (Luca Morisi, ndr) risponderà a se stesso e alla sua coscienza…. E’ un attacco gratuito alla Lega a 5 giorni dal voto”, ha detto ancora Salvini parlando dell’inchiesta sul Luca Morisi, ospite di ‘Oggi è un altro giorno’ su Rai 1.
    Intanto si moltiplicano le prese di posizione di quanti lo accusano di avere un garantismo a giorni alterni. “Leggo che Salvini si lamenta oggi del “mostro sbattuto in prima pagina”. Mi domando stupita: ma se ne accorge solo adesso? Non si ricorda quando la Bestia di Luca Morisi massacrava le nostre vite ogni giorno? Nella vicenda della mia famiglia non girava droga, ma solo tanto odio, l’odio che ricevevamo dalla macchina della propaganda social di Lega e Cinque Stelle. Noi rimaniamo garantisti sempre. Ma speriamo che questa vicenda serva a tutti loro per cambiare stile”, scrive Maria Elena Boschi. “Come il M5S dei tempi andati, oggi anche la Lega si scontra con la realtà, con le contraddizioni del populismo”. Lo afferma il senatore Pd Andrea Marcucci.
    “Perdono (Morisi, ndr) perchè mi piace pensare che abbia capito e che ora condivida la disperazione che portiamo sulle spalle. Lo perdono. Si. Però Stefano lo hanno ammazzato”. Parole amare quelle di Ilaria Cucchi in un post su Facebook a proposito dell’indagine che vede coinvolto Luca Morisi. “Ora so che tutte le durissime prese di posizione di Matteo Salvini contro Stefano Cucchi e la mia famiglia hanno un volto: Luca Morisi, indagato dalla Procura di Verona per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti -scrive la sorella di Stefano Cucchi- Così almeno leggo sui giornali. Leggo delle sue pubbliche scuse a Salvini ed al partito: “Ho delle fragilità irrisolte”. Così si giustifica. Quanta gratuita sofferenza ci ha inflitto oltre al dolore per Stefano. Eppure io lo perdono. Però Stefano lo hanno ammazzato”.

       

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    Londra a secco di benzina tra panico e razionamenti

     Per il governo Tory britannico è un fenomeno passeggero, alimentato anche dall’allarmismo. Ma la crisi che si è abbattuta sulla catena di distribuzione della benzina – e di un certo numero di prodotti alimentari – appare ancora tutta da superare nel Regno Unito. Lo confermano le code e i cartelli da ‘tutto esaurito’ che continuano a comparire su e giù per l’isola: fra gli scaffali di molti supermercati semivuoti nei reparti del ‘fresco’ e le non poche pompe di carburante a secco o indotte (nel caso della catena Asda) a razionare l’erogazione a non più di 30 sterline.    Il consiglio dei ministri, riunitosi per una seduta ad hoc convocata da Boris Johnson, ha escluso al momento la necessità di dover ricorrere – con una mossa simbolicamente da ultima spiaggia – ai riservisti dell’esercito per far affluire i carburanti dai depositi alle stazioni di servizio e fronteggiare la mancata copertura dei posti lasciati scoperti nel Regno da circa 100.000 autisti dopo la ripresa post pandemia: un contraccolpo verificatosi anche in vari Paesi Ue, ma che Oltremanica è stato aggravato dalle parallele conseguenze e dagli intralci del post Brexit su una parte di forza lavoro straniera proveniente in passato dal continente.    “Attualmente i militari non servono, anche se come ogni governo responsabile stiamo predisponendo ogni misura che dovesse essere imposta da ulteriori future necessità”, ha tagliato corto a margine della riunione un portavoce di Downing Street.     In aggiunta a queste iniziative tampone è arrivato poi un accordo fra l’esecutivo e i colossi BP, Shell, Esso ed altri per snellire i passaggi del carburante verso le stazioni di servizio. Secondo il refrain ripetuto dai ministri delle Attività Produttive e dell’Agricoltura, Kwasi Kwarteng e George Eustice, del resto, nel Regno una vera penuria di idrocarburi non c’é. Poiché i depositi e le raffinerie britanniche sono in effetti tuttora “piene”. Mentre gli intoppi sulla distribuzione, “in via di soluzione” nelle parole di Eustice, sarebbero stati “interamente controllabili” fin dall’inizio se le organizzazioni di categoria (alla ricerca d’aiuti governativi) e i media non avessero alimentato “l’allarme” inducendo i consumatori “più ansiosi” a un accaparramento fuori dall’ordinario dei rifornimenti.    

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    Il Centrodestra teme il 'cappotto', duello Salvini-Michetti

    La prudenza è sempre d’obbligo: i sondaggi possono sempre sbagliare e gli indecisi sono ancora tantissimi. Tuttavia, alla vigilia di questa tornata elettorale, tra Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia regna la grande paura che il fronte “giallorosso”, seppure spesso diviso al primo turno, possa vincere e addirittura fare ‘cappotto’ nelle sfide che contano, quelle delle grandi città che vanno al voto il 3 e il 4 ottobre. E nel centrodestra si respira un clima pessimo tra polemiche sui candidati, spesso oscurati dai leader nazionali, e l’eterna sfida tra Lega e Fratelli d’Italia per la leadership della coalizione.Segnali di ottimismo solo a Trieste, parzialmente a Torino e alle regionali in Calabria. Non a caso, proprio Matteo Salvini e Antonio Tajani, hanno scelto questa Regione per chiudere, venerdì sera, la loro lunga campagna elettorale. Detto questo, il voto difficilmente provocherà un terremoto politico: malgrado le forti tensioni interne alla coalizione, e anche dentro i singoli partiti – si pensi alla Lega – il centrodestra sarà costretto a far rientrare ogni dissapore, a rinviare ogni resa dei conti, per combattere in maniera unitaria, e quindi sperare di vincere, la madre di tutte le battaglie di questa fase politica, quella per l’elezione del Presidente della Repubblica. Sarà quello, sì, l’esame di maturità che dovrà promuovere chi, chissà se nel 2022 o nel 2023, si candiderà a vincere le elezioni e insediarsi a Palazzo Chigi. Per ora è una lotta all’ultimo voto, all’insegna del “tutti contro tutti”. Da settimane si sono registrati divisioni sulla qualità dei candidati, a Milano come a Roma. Attacchi e distinguo continui su più fronti contro l’aspirante successore di Virginia Raggi, Enrico Michetti. Persino il “federatore” Silvio Berlusconi, su twitter, pur esortando i romani a voltare pagine rispetto alle ultime amministrazioni “sbagliate e inefficienti che hanno costretto questa città ad un crescente degrado”, nello stesso messaggio non ha dedicato nemmeno un minimo cenno al candidato sindaco del centrodestra. E non aiutano Michetti neppure le parole del numero due della Lega, Giancarlo Giorgetti secondo cui, al suo posto sarebbe stato molto meglio candidare Giudo Bertolaso. Un’oggettiva presa di distanza che allarga il fossato che s’è creato ormai da tempo all’interno di quello che una volta veniva definito il “fronte sovranista”, l’asse Lega-FdI. Un’ eventuale flop di quello che Giorgia Meloni chiamò “il Mr. Wolf, l’uomo giusto per Roma”, sarebbe ovviamente addebitato tutto a Fratelli d’Italia. Di contro, la Lega teme fortemente che l’attivismo del partito di Meloni contro il governo e in particolare contro il Green pass, possa portare a un clamoroso sorpasso di FdI sul Carroccio, soprattutto nel Nord, roccaforte storica del partito di Matteo Salvini. Trema anche Forza Italia. Malgrado i sondaggi delle settimane scorse la davano in ripresa al livello nazionale e la possibile tenuta in Calabria, le ultime fuoriuscite di suoi dirigenti di peso in Lombardia, a favore della Lega, non promettono niente di buono per il partito azzurro.

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    Morisi: Fedez prende in giro Salvini, 'eroe contemporaneo'

     L’occasione per Fedez era ghiotta: il caso di Luca Morisi, ideatore della campagna social della Lega di Matteo Salvini indagato dalla Procura in Veneto per cessione di stupefacenti. “Amici circensi, se vi avanza un naso rosso con elastichino da prestare a Salvini contattatemi in privato” esordisce il rapper milanese in una storia su Instagram. “Questa è la storia di un eroe contemporaneo, un uomo che ha sacrificato la sua intera vita a contrastare la piaga sociale delle droghe, un uomo che andava in giro a citofonare a casa della gente ‘scusi lei spaccia?’ o che commentava la sentenza Cucchi ‘la droga fa male’ . Oggi scopre di avere avuto al suo fianco un drogato ma che magicamente non diventa ‘un drogato’, uno di quelli tipo scarto della società, ma che diventa un amico da aiutare a rialzarsi…Lo sentite anche voi?’, conclude con un ‘poppopporopo’.    

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    Letta spera nelle Comunali e guarda al 2023

    Da corsa a ostacoli per Enrico Letta la prima prova di voto da segretario sembra prefigurarsi, se le aspettative dem sono rispettate, come una strada in discesa. In nome dell’unità in campagna elettorale il dibattito interno al partito è rimasto sottotraccia. Dopo il voto, però, i distinguo avranno modo di riaffiorare sia in vista della partita del Quirinale sia delle plitiche. Uno dei temi che già affora è il rapporto fra il Pd e il presidente del consiglio, Mario Draghi: se la coincidenza fra l’agenda del governo e quella dem mette quasi tutti d’accordo, fa discutere il ruolo che l’attuale premier potrebbe essere chiamato a giocare in futuro. In tutto questo, per questioni di equilibri, di alleanze e pure di calendario, torna a serpeggiare la parola congresso. Enrico Letta intende arrivare al 2023 con il Pd nelle vesti di perno del governo Draghi e di federatore di un centrosinistra che dialoghi con il M5s, in vista di una contesa alle urne con lo schieramento di Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Alla luce di un voto amministrativo che, nelle previsioni, dovrebbe rinsaldare il ruolo di segretario al Nazareno, il dibattito interno al partito potrà aprirsi sulle alleanze, visto che l’avvicinamento alla squadra guidata da Giuseppe Conte non convince tutti i dem. L’ex capogruppo al Senato, Andrea Marcucci, battitore libero della corrente di ex renziani Base Riformista, ha già evocato la parola congresso e potrebbe tornare ad auspicare che venga anticipato alla primavera o all’autunno 2022. Per il Nazareno, parlare adesso dell’assise è lunare, ma alcune fonti parlamentari Pd non escludono che possa essere lo stesso Letta, dopo la partita del Quirinale, a chiamare il congresso, affinché si svolga prima dell’estate 2022. Sulla scelta della data pesa anche il calendario: la scadenza naturale sarebbe marzo 2023, che però è anche tempo di elezioni politiche e soprattutto di liste. Anche il dibattito sul ruolo di Draghi nel 2023 si sta facendo largo nel Pd – ma in generale nella politica italiana – alla luce della possibilità che il suo nome possa restare in campo, specie se il voto non dovesse dare chiare indicazioni sui rapporti di forza fra gli schieramenti. Dal Pd c’è “una spinta al governo ad andare avanti fino a scadenza naturale”, ha ribadito Letta dopo l’endorsement a Draghi del presidente di Confindustria Carlo Bonomi. Ma fra i dem c’è chi ha cominciato coi distinguo tra chi chiede di non sovrapporre l’agenda del governo Draghi a quella del Pd e che vorrebbe “draghizzare” il Pd. Un dibattito che al Nazareno è considerato “surreale”. Il primo test dopo il 3 e 4 ottobre resta il Colle. Ed è proprio a quello che pare orientato lo sguardo di Matteo Renzi, che in questa tornata sembra aver preferito il basso profilo. Le amministrative potrebbero aprire una riflessione anche in Italia Viva, specie sulla possibilità di trovare ‘compagni’ di viaggio nelle forze estranee ai due schieramenti di centrodestra e centrosinistra, come +Europa e Azione: a Roma, i renziani già appoggiano Carlo Calenda nella corsa al Campidoglio. Le amministrative, però, potrebbero cambiare gli equilibri esterni e interni ai partiti. In caso di frenata dei Cinque Stelle, in Iv c’è chi auspica un raffreddamento dell’attenzione del Pd verso il Movimento, con il conseguente allargamento degli spazi per il dialogo con le aree renziane e limitrofe.