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    Appendino “gay cancro? Lo sono l'odio e l'ignoranza”

    (ANSA) – TORINO, 06 OTT – “Anno 2021 e i cancri da estirpare
    rimangono l’odio e l’ignoranza”. Così, su Twitter, la sindaca di
    Torino Chiara Appendino commenta la vicenda della coppia gay
    vittima di minacce e insulti omofobi nel condominio in cui abita
    in Barriera di Milano. La prima cittadina riprende, per
    respingere con fermezza, alcune delle parole usate contro la
    coppia definita, tra l’altro, “il cancro del palazzo”. (ANSA).   

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    Strappo della Lega sul fisco, scontro Draghi-Salvini

    E’ strappo della Lega sulla riforma del fisco. A ventiquattro ore dalla chiusura dei seggi per le comunali, all’indomani di una sconfitta inattesa, Matteo Salvini sceglie di sfidare il premier Mario Draghi. E a Giancarlo Giorgetti, Massimo Garavaglia, Erika Stefani fa disertare il Consiglio dei ministri che dà il via libera a una delle riforme più attese del governo, vergando dure critiche di merito, per aver scelto di insistere sulla riforma del catasto, e di metodo, per aver chiesto una “fiducia al buio”. E’ un “gesto serio”, dichiara Draghi. E aggiunge che sta a Salvini “spiegarlo”, perché la delega rispecchia principi “condivisi” dalla Lega, che aveva a sua disposizione “sufficienti elementi per valutare”. Il leader leghista lo smentisce: “Il testo non rispetta gli accordi”. Mai la lontananza era stata così grande: per la prima volta nel governo c’è chi sospetta davvero che Salvini si prepari a uscirne, anche se in serata trapelano contatti per un incontro tra il premier e il leghista per “superare le incomprensioni”.    Si consuma tutto nello spazio di due ore. Alle 14 i ministri arrivano a Palazzo Chigi per la cabina di regia sulla delega che disegna la riforma del fisco. Per la Lega, dato che alla luce di quel che accadrà non passa inosservato, non c’è Giorgetti ma Garavaglia. Il ministro del Turismo ascolta l’illustrazione di Franco poi dice di avere “il dovere” di informare il segretario, per approfondire il testo, e lascia la riunione. Giorgetti, raccontano, avrebbe informato Draghi dell’intenzione di disertare poi il Cdm. I colleghi vedono Stefani arrivare a Palazzo Chigi per il Consiglio, pochi minuti prima della riunione, poi sparire. Alla base del dissenso c’è la riforma del catasto, spiegano, ma anche il fatto che le bozze siano state inviate ai ministri “mezz’ora prima della cabina di regia”: “Non possiamo lavorare senza aver visto le carte. Nulla contro Draghi ma o ce le consegna per tempo oppure dovrà fare da solo: non sarebbe serio e corretto votare sulla fiducia”, trapela da fonti leghiste. Andrea Orlando, a nome del Pd, solleva in Cdm il problema politico che l’assenza della Lega sulla riforma apre.    Forza Italia sostiene con convinzione il testo, sottolineando che “non alzerà le tasse”, come garantito da Draghi. Ma Mariastella Gelmini ed Elena Bonetti di Iv, che sottolinea l’impostazione “non ideologica” del provvedimento, pongono l’accento sulla responsabilità di tutti, senza rimarcare divisioni che pure ci sono.    “Ne prendo atto”, sono le poche parole con cui Draghi – che non fa trasparire irritazione – commenta lo strappo in Cdm, mentre tra ministri e sottosegretari ci si interroga sulla reale portata del gesto di Salvini. Il premier poi, in conferenza stampa con Franco prima di partire per un vertice europeo, mette in fila alcuni principi: “L’impegno che il governo prende oggi è che” con la riforma del catasto, che rinvia la revisione delle rendite al 2026, “nessuno pagherà di più o di meno” e ogni decreto delegato su Irpef, Iva, Irap “avrà un sistema che non intende aumentare il gettito ma diminuirlo”. E non solo “non è l’ultima parola”, perché il Parlamento ha già dato le sue linee guida e avrà voce in capitolo, ma la stessa Lega era stata informata ampiamente. Un chiarimento potrebbe esserci, con un incontro tra Draghi e Salvini, nei prossimi giorni. Ma intanto la riforma passa: nell’esperienza “diversa” della maggioranza Draghi, sottolinea il premier, “l’azione di governo” prosegue senza interruzioni “nonostante le diversità di vedute”. Se per Salvini ci siano altre implicazioni politiche, aggiunge, deve dirlo lui. Ma difficile dire se dal voto delle amministrative, osserva, il governo esca “rafforzato o indebolito”.    A stretto giro il leader leghista replica con una conferenza stampa alla Camera, in cui dice di fidarsi di Draghi, ma non della delega: “Non è l’oroscopo, non è possibile avere mezz’ora di tempo per analizzare il futuro degli italiani. Nel testo non c’è quanto pattuito”, afferma, smentendo le affermazioni del premier. Mentre Giorgia Meloni plaude, i ministri leghisti tacciono, pesa il silenzio di Giorgetti. Quello di Salvini è un gesto “gravissimo”, dicono quasi all’unisono Enrico Letta, che convoca un vertice d’urgenza al Nazareno, e Giuseppe Conte. Il sostegno di Fi alla riforma fa sperare a qualcuno nel centrosinistra che la Lega tolga il disturbo dal governo. Altri interpretano il gesto come una partita tutta interna alla Lega, un modo di Salvini per rimarcare la sua leadership. Di sicuro, la linea di lotta e di governo viene reputata dai più insostenibile. E irrita quasi tutti. Quali le implicazioni, si vedrà nei prossimi giorni. Draghi intanto va avanti con l’agenda e convoca per giovedì la prima cabina di regia sul Pnrr. Il messaggio è chiaro: finché il governo dura, le riforme non possono essere fermate da distinguo.   

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    Letta: 'Strappo di Salvini gravissimo e irresponsabile'

    Lo strappo di Salvini “è gravissimo e irresponsabile. La riforma fiscale è fondamentale per avere i soldi del Pnrr”. Lo dice in un’intervista al ‘Corriere della Sera’ il segretario del Pd Enrico Letta, secondo il quale ora sta al leader del Carroccio chiarire la sua posizione, “ma c’è un nesso evidente tra il disastro elettorale della Lega e il tentativo di far saltare il banco. Salvini ha detto cose di una gravità enorme sul premier, gli ha dato del bugiardo e chiede agli italiani di scegliere tra lui e Draghi. Noi difendiamo il premier e penso anche gli italiani”.    Letta comunque pensa ancora che il voto rafforzi l’esecutivo e che il Pd erediterà il testimone da Draghi “perché è il motore di questo governo. Ma non è oggi che mi candido a premier. La vittoria ai ballottaggi, che non è scontata, sarà un primo passo. Il Pd ha bisogno di tempo e lo dimostra la Calabria.    Ringrazio Amalia Bruni per la straordinaria campagna, ma al Sud è evidente che abbiamo un problema”. Salvini e Meloni, sostiene Letta, “sono un problema per l’Italia, lo ha detto anche Berlusconi. Sono una anomalia per le loro ambiguità sul passato e per certi collegamenti con l’estero. Evitare che il potere vada a loro è un problema di tutti gli italiani”. Letta spera che la sconfitta alle amministrative “provochi a destra un cambio radicale. Spero che qualcuno trovi il coraggio di far nascere un centrodestra europeista che possa contrapporsi a noi in modo sano, senza che a ogni elezione debba scattare l’allarme per la salvezza del Paese”. Il leader del Pd non sa “se sia Giorgetti la persona che può far evolvere le cose, ma io vedo una destra incattivita, che soffia sul fuoco dei sentimenti del Paese”.    Rispetto alla possibile alleanza con i 5 Stelle invece Letta dice di avere grande stima di Conte per la scelta coraggiosa di mettere la sua enorme popolarità al servizio del percorso di trasformazione del 5 Stelle, “ma le elezioni Politiche si terranno nel 2023 e se pure la convergenza è naturale, serve il tempo per fare le scelte giuste”.    

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    Salvini, nella delega non c'era quanto pattuito

    “Non voto la Delega fiscale perché non contiene quello che era negli accordi. I ministri della Lega non possono averla in mano alle 13.30 per una riunione alle 14. Non è l’oroscopo, non è possibile avere mezz’ora di tempo per analizzare il futuro degli italiani. C’è qualcosa da cambiare nella modalità operativa”. Lo ha dichiarato il leader della Lega Matteo Salvini, in una conferenza stampa a Montecitorio, dopo che il premier Mario Draghi ha detto di attendersi da lui una spiegazione sull’assenza dei ministri del Carroccio al Cdm sulla delega fiscale.
    “I nostri ministri mi dicevamo che nei corridoio tutti gli altri ministri dicevano ‘avete ragione’. Poi dentro per ipocrisia si china il capo e si alza la manina. Noi non chiniamo il capo quando ci sono di mezzo la casa e il risparmio degli italiani”. Lo ha dichiarato il leader della Lega in una conferenza stampa, parlando dell’assenza della Lega nel Cdm sulla Delega fiscale. “C’è un’ipotesi di aumento di tasse che la Lega non avalla”, ha aggiunto.”Non è una crisi di governo. C’è un governo che deve chiarire che non è il momento di aumentare le tasse. Nessuno strappo, semplicemente chiarezza. In questo momento aumentare di un euro una tassa per un italiano non va bene”. Lo ha dichiarato il leader della Lega Matteo Salvini, in una conferenza stampa a Montecitorio, definendo “tutto vago” il contenuto della Delega fiscale.”La riforma del catasto va bene quando parla di emersione degli immobili fantasma, affinché un milione di immobili inesistenti diventino esistenti, questo è corretto, ma c’è un punto che lascia trasparire un aumento, Confedilizia ha parlato di salasso, è quando per valutare un immobile si passa dai vani ai metri quadri: l’aumento medio previsto quando ci provo Renzi con un blitz del genere era del 40% a famiglia”, ha detto Salvini.
    “Penso che sia uno strappo di cui la Lega si assume la responsabilità, sarà Draghi a decidere” se serva una verifica di maggioranza “noi siamo a sostegno del governo. E’ insopportabile avere una forza politica che sta dentro e fuori”. Lo ha detto il segretario del Pd, Enrico Letta, a “Di Martedì”, su La7
    L’assenza della Lega al Cdm sulla delega fiscale “è un fatto molto grave”. Lo ha detto il leader del M5s Giuseppe Conte, questa sera a Olbia per un tour elettorale in vista delle amministrative del 10 e 11 ottobre in Sardegna. “Lo stiamo dicendo da settimane, la Lega deve dire cosa vuole fare da grande – ha aggiunto l’ex premier -. Il Paese sta attraversando un periodo complesso e francamente questi atteggiamenti non sono comprensibili. Temo purtroppo che siano dettati anche dai risultati della tornata elettorale”.”Credo che Salvini faccia bene a non votare una delega in bianco, anche perché nel Parlamento il centrosinistra è molto più forte nei numeri e tende a prevalere e da parte del governo Draghi mi pare ci sia una certa inclinazione..”. L’ha detto la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni parlando della posizione della Lega sulla delega fiscale, durante la registrazione di ‘Porta a porta’, in onda stasera su Rai 1.
    “Ha perfettamente ragione il presidente Draghi: non ci sarà alcun aumento delle tasse sulla casa. Nella delega fiscale approvata oggi dal Consiglio dei ministri c’è soltanto un’operazione di trasparenza, di informazione e di riforma del catasto. Così in una nota Renato Brunetta, ministro per la Pubblica amministrazione. “Una revisione che durerà fino al 2026 e che non cambierà l’imposizione fiscale su case e terreni. Con Forza Italia al governo la casa degli italiani non si tocca, né ora né mai”.

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    Sei capoluoghi al centrosinistra, 3 al centrodestra

    Sei, tra capoluoghi di regione e di provincia al voto, vanno al centrosinistra, 3 al centrodestra, altri nove al ballottaggio. Al secondo turno i candidati del centrodestra sono in vantaggio in cinque Comuni, mentre quelli del centrosinistra sono avanti in quattro. Confermati tre sindaci uscenti (Milano, Grosseto e Pordenone), altri 5 si giocano il bis al ballottaggio, a Trieste, Isernia e Benevento sono del centrodestra, a Varese e Caserta sono del centrosinistra. Nessuna delle città che hanno già eletto il simbolo cambia colore politico. Lo faranno di certo, invece, Roma e Torino, governate negli ultimi cinque anni da sindaci del Movimento Cinque Stelle. E’ questo, in sintesi, l’esito del primo turno delle elezioni Comunali del 3-4 ottobre, mentre nell’unica Regione andata alle urne ha vinto il centrodestra con Mario Occhiuto. Mancano ancora i dati di Cosenza dove lo spoglio comincerà dopo la conclusione dello scrutinio per le Regionali.
    Ecco la geografia del voto:
    CENTROSINISTRA: vince al primo turno a Milano con Beppe Sala, a Bologna con Matteo Lepore in alleanza con M5s, a Napoli con Gaetano Manfredi sempre con i Cinque Stelle, a Rimini con Sadegholvaad Jamil, a Ravenna, in alleanza con M5s, con Michele De Pascale, a Salerno con l’uscente Enzo Napoli.
    CENTRODESTRA: incassa la vittoria al primo turno a Novara con Alessandro Canelli, a Pordenone con l’uscente Alessandro Ciriani e a Grosseto con il bis di Antonfrancesco Vivarelli Colonna.
    BALLOTTAGGI: si deciderà al secondo turno a Roma dove il candidato del centrodestra Enrico Michetti parte in vantaggio sull’ex ministro Dem Roberto Gualtieri; a Torino dove il candidato del centrosinistra Stefano Lo Russo è davanti allo sfidante di Torino Bellissima e del centrodestra, Paolo Damilano; a Trieste dove l’uscente Roberto Dipiazza parte in vantaggio rispetto al candidato del centrosinistra Francesco Russo; a Varese dove l’uscente Davide Galimberti (centrosinistra insieme a M5s) parte in vantaggio sul leghista Bianchi; a Savona dove il candidato del centrosinistra Marco Russo è davanti allo sfidante del centrodestra Angelo Schirru; a Latina dove Vincenzo Zaccheo del centrodestra è davanti al candidato di centrosinistra, il sindaco uscente Damiano Coletta; a Isernia dove il candidato di centrodestra (senza Fdi) Gabriele Melogli è avanti di un soffio al candidato di centrosinistra con M5s Pietro Castrataro; a Caserta dove l’uscente Carlo Marino (centrosinistra) parte davanti al candidato di centrodestra Gianpiero Zinzi. Si deciderà al secondo turno anche a Benevento dove il centristra Clemente Mastella cerca il bis ed è in vantaggio sul candidato di centrosinistra Luigi Perifano.
    ROMA – La lista che a Roma che ha preso più voti è quella unica del candidato sindaco Carlo Calenda che, con il 19% dei consensi, precede FdI a sostegno del candidato a sindaco Enrico Michetti (17,4%). Al terzo posto c’è quella del Pd con il 16,3% che ha appoggiato il candidato del centrosinistra Roberto Gualtieri. Questo il quadro delle preferenze nella Capitale, quando sono state scrutinate il 98,89% delle sezioni. A differenza del leader di Azione che ha corso per il Campidoglio con una sola lista a suo sostegno, ‘Calenda sindaco’ accorpando lì tutte le preferenze, gli altri tre principali candidati avevano diverse liste al seguito, sia dei partiti, sia civiche. Il M5s, che ha sostenuto la sindaca Virginia Raggi, registra un crollo dal 2016 e si attesta sull’11%, circa un terzo dei consensi rispetto a quel 35% di cinque anni fa. La prima cittadina, che risulta quarta con il 19,08% dei voti (dopo Calenda che ne ha incassati il 19,8%), ha otto punti percentuali in più rispetto alla lista del Movimento: solo la sua civica guadagna il 4,29% delle preferenze. Inoltre la candidata Raggi registra 1,4% dei consensi in più rispetto al totale delle liste che la sostengono, indice di un voto disgiunto a suo favore. Fenomeno che invece appare più ridotto per Carlo Calenda che supera la sua civica ‘solo’ dello 0,75%. Il partito di via Bellerio, invece, si ferma a quota 5,93%, quasi un terzo rispetto al risultato di Fratelli d’Italia. La Lega rispetto al 2,7% delle comunali del 2016 è sicuramente in crescita, ma resta ben lontana dai risultati – diversi – delle europee del 2019, quando in città era schizzata al 25,7%. Il Pd, con il 16,3% dei voti in città, è al terzo posto dopo Calenda e FdI, poco meno delle ultime comunali quando aveva incassato il 17,2%. Tra le altre liste a sostegno di Gualtieri spicca anche la sua civica con il 5,4% dei voti, seguita dalla “sinistra civica ecologista” con il 2%. Forza Italia insieme all’Udc prende il 3,59: nel 2016 aveva incassato da sola il 4,23%.
    TORINO – Il Pd primo partito, l’ascesa delle liste civiche e il crollo del Movimento 5 Stelle, che dei 24 consiglieri dell’amministrazione uscente ne vedrà tornare in Sala Rossa soltanto uno o due, oltre alla candidata sindaca Valentina Sganga. E’ questo il quadro che emerge dall’analisi dei risultati del primo turno delle elezioni amministrative torinesi, che vedono il candidato del centrosinistra Stefano Lo Russo con il 43,86% dei voti davanti allo sfidante di Torino Bellissima e del centrodestra, Paolo Damilano, con il 38,9%. Proprio il risultato della ‘creatura’ dell’imprenditore e uno dei dati politici più evidenti di queste elezioni. La sua lista civica è la prima forza del centrodestra, con l’11,86% dei consensi. Si fermano al 10,47% Fratelli d’Italia e al 9,84% la Lega, risultati al di sotto delle aspettative dei mesi scorsi, mentre Forza Italia si deve accontentare di un 5,3%.
    Tanto civismo anche nel centrosinistra, dove il Pd è il primo partito della città, col 28,56% dei voti, seguito con quasi il 5% dalla Lista Civica Lo Russo Sindaco, il progetto ideato da Mario Giaccone che mette insieme il mondo civico ed esponenti politici di diversi partiti della coalizione. Crolla invece la maggioranza uscente, con la candidata sindaca Valentina Sganga al 9.01% e il Movimento 5 Stelle che scende dal 30% del 2016 all’8%, fermato anche nelle periferie che lo avevano premiato 5 anni fa, dove ha prevalso la candidatura di Damilano.
    BOLOGNA – Il Pd perde qualche punto percentuale rispetto alle regionali emiliano-romagnole di venti mesi fa, ma tiene nella sua città simbolo. A Bologna, con il 36,5%, nonostante la concorrenza interna delle liste civiche che sostenevano Lepore, rimane saldamente il primo partito. Anche se ha guadagnato un punto rispetto alle comunali del 2016 (quando la coalizione era molto più stretta), per i meccanismi elettorali non avrà più, però, la maggioranza assoluta in consiglio comunale. Nell’area del centrosinistra Coalizione civica mantiene le proprie posizioni (7,32%) ma non sfonda, perdendo oltre un punto rispetto alla lista omologa che si era presentata alle regionali con Bonaccini. Crolla, invece, il Movimento 5 Stelle che scende al 3,37%: si assicura comunque un seggio nel prossimo consiglio. Nel centrodestra è invece evidente il travaso di voti fra Lega e Fratelli d’Italia. Il Carroccio perde terreno rispetto a cinque anni fa e più che dimezza i voti in confronto alle regionali (dall’18,45 al 7,74%). Progressiva e continua invece la crescita di Fratelli d’Italia: era al 2,4% nel 2016 arriva al 12,63%, con la golden share dell’opposizione. Una crescita che va in parallelo con quella nazionale, ma che è dovuta anche al passaggio da Forza Italia a FdI del gruppo che fa riferimento a Galeazzo Bignami. Buon risultato, ma fuori dal consiglio comunale per Potere al Popolo (2,49%) che ha raccolto i voti dell’ala sinistra ostile a Lepore. Infine da segnalare il risultato del Movimento ‘3V’, dichiaratamente no-vax che ha preso l’1,63%, quasi 2.500 voti.
    NAPOLI – E’ il Pd il primo partito a Napoli in queste elezioni comunali. Il dato è pressochè definitivo: mancano all’appello ancora 2 sezioni su 884 ma i risultati sono ampiamente consolidati. Al Partito democratico vanno il 12,2% dei voti, in crescita rispetto alle ultime Comunali del 2016 (11,64%) ma con consensi quasi dimezzati rispetto alle Europee del 2019 quando ottenne il 23,29%. Seconda è la lista Manfredi sindaco direttamente riconducibile al candidato eletto primo cittadino: 9,89% e non ci sono raffronti su precedenti elezioni. Al terzo posto il Movimento 5 Stelle con il 9,74%: in leggero aumento rispetto alle precedenti Comunali (9,66%) ma in fortissimo calo sulle Europee quando ottenne addirittura il 39,86%. Quarta, e prima dello schieramento a sostegno di Catello Maresca, è Forza Italia con il 6,63%. Cala rispetto a comunali (9,61) ed Europee (9,14). Nella coalizione di Manfredi buon risultato degli Azzurri per Manfredi, lista promossa da Stanislao Lanzotti, ex coordinatore cittadino e capogruppo di Fi. Ottiene il 5,44 mentre la lista ritenuta riconducibile al governatore campano, De Luca, Napoli Libera è al 4,6%. Per quanto riguarda Fratelli d’Italia arriva al 4,4%, stesso risultato delle Europee ma in crescita sulle Comunali quando ottenne l’1,2. In questa tornata sono dispersi su altri candidati i voti che nella precedente consultazione erano andate ad almeno tre liste che si richiamavano al sindaco uscente Luigi de Magistris e che ottennero complessivamente il 25%. Assente, perchè esclusa a causa di irregolarità documentali, la lista della Lega. Alle ultime Europee ebbe il 12,3% dei consensi.
    TRIESTE – Lo scrutinio delle schede elettorali a Trieste, conclusosi a tarda notte, conferma le proiezioni fatte ieri dopo lo spoglio di un terzo delle sezioni, che ruotano intorno ad alcuni punti cardine. Si ribaltano le posizioni di forza nel centrodestra: FdI scavalca l’intera coalizione di centrodestra ponendosi come primo partito con il 15,53% (alle precedenti comunali aveva riscosso il 4,33%). Ed è solo quarta Forza Italia precipitata dal 14,47 del 2016 all’8,48%. Tiene invece la Lega, anche se ha dovuto subire l’impressionante sorpasso dei Fratelli d’Italia ed ora nella coalizione di centrodestra figura al terzo posto (dopo FdI appunto e Lista Dipiazza).. Ma si registra anche l’ottima performance del Pd che è primo partito in città con il 16,51%; il grande exploit dell’ingresso dei no vax la cui lista 3V guidata da Ugo Rossi si attesta al 4,59%; il crollo del M5S: Alessandra Richetti si ferma al quarto posto con il 3,43% dei voti (2.847) quando nel 2016 il M5S aveva preso con Paolo Menis il 19,16 con 18.500 voti e alle ultime regionali 13.800. Ottimo risultato anche per la nuova lista di sinistra Adesso Trieste guidata dal giovane Riccardo Laterza che si colloca al terzo posto con l’8,87%, dietro le due coalizioni dei big. Dunque nella città dove l’affluenza si è fermata al 46% si va al ballottaggio, come ci si aspettava, tra il sindaco di centrodestra uscente, Roberto Dipiazza, che mira al quarto mandato, ed ha avuto 38.954 voti, pari al 46,92 per cento, e il candidato di centrosinistra, Francesco Russo che ha ottenuto 26.275 voti, pari al 31,65 per cento. Il distacco tra i due è ampio ma eventuali apparentamenti potrebbero almeno ridurlo sensibilmente. Oggi si riunisce Adesso Trieste per decidere se appoggiare ed eventualmente in che modo, il candidato di centrosinistra, sarebbe già sulla carta una sensibile rimonta. Scompaiono invece i vari “cespugli”, che non accederanno in Consiglio comunale e che hanno ottenuto una manciata di voti.

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    Michetti scelto da over 54, giovani per Gualtieri-Raggi

    La preferenza per il candidato del centrodestra a Roma Enrico Michetti prevale in modo più marcato tra gli over-54, mentre i giovani hanno optato principalmente per il candidato del centrosinistra Roberto Gualtieri e per la sindaca Virginia Raggi, molti laureati invece hanno scelto Carlo Calenda. E’ la fotografia del voto nella Capitale che emerge dallo speciale Amministrative SWG.    Secondo l’analisi in questione, che si è occupata anche dell’autocollocazione politica degli elettori di Carlo Calenda, il suo elettorato “è politicamente trasversale, ma con una forte concentrazione nel centrosinistra”. Prendendo in considerazione solo i due candidati arrivati al ballottaggio, di centrodestra e di centrosinistra, alla domanda per quale motivo ha scelto di votare per Michetti o per Gualtieri, in entrambi i casi la maggior parte degli interpellati ha risposto “perchè è sostenuto dal partito che voto”. La rilevazione CATI-CAMI-CAWI è su un campione rappresentativo di 1.200 elettori residenti a Roma con dati riponderati sulla base dei numeri reali del Viminale.Il sindaco rieletto di Milano Giuseppe Sala, nel corso del primo mandato, ha conquistato il voto delle donne. E’ quanto emerge dallo speciale amministrative SWG che evidenzia come anche il voto dei giovani converge su Sala in misura molto più ampia di 5 anni fa. Due terzi dei laureati hanno scelto Sala, si spiega, mentre Bernardo ha ottenuto il risultato migliore tra “i meno scolarizzati”. La rilevazione CATI-CAMI-CAWI è stata condotta su un campione rappresentativo di 2.000 elettori residenti a Milano. I numeri sono stati riponderati sulla base dei dati reali del Viminale.A Torino i più giovani hanno scelto soprattutto il candidato di centrosinistra Stefano Lo Russo, ma quasi due su tre non hanno espresso il voto, mentre l’uomo del centrodestra Paolo Damilano, in vantaggio tra gli adulti dai 35 ai 54 anni. E’ quanto emerge dallo speciale Amministrative SWG. L’analisi evidenzia un’elevata astensione tra gli operai torinesi, ma tra chi ha votato prevale nettamente Damilano. Coloro che si sono trasferiti nel capoluogo piemontese più di recente risultano meno motivati a votare e più orientati verso il centrosinistra. La rilevazione CATI-CAMI-CAWI è stata condotta su un campione rappresentativo di 2.000 elettori residenti a Torino. I numeri sono stati riponderati sulla base dei dati reali del Viminale.

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    Catasto, 'Le tasse non aumenteranno'. Ecco le novità

    Il governo dopo mesi di preparazione approva la delega fiscale che porterà a un sistema “più efficiente e meno distorsivo”. Si tratta, ha spiegato Daniele Franco in conferenza stampa accanto al premier Mario Draghi, di ridisegnare un sistema vecchio di 50 anni, partendo dal lavoro già svolto dalle Camere con le quali bisognerà continuare una collaborazione “essenziale”.I dieci articoli della delega intervengono ad ampio raggio sull’attuale sistema, compresa la riforma della riscossione con la fusione delle due agenzie e la semplificazioni delle addizionali che diventeranno sovraimposte. Si punta a una revisione non solo dell’Irpef, concentrando l’azione sui “giovani” e “secondi percettori del reddito” per incentivare l’accesso al mercato del lavoro, ma anche di tutto il sistema del prelievo sul reddito di impresa in cui si inserirà anche il “graduale” superamento dell’Irap, pur assicurando le risorse alla sanità. Si tratterà quindi di trovare all’incirca 15 miliardi solo per questa voce, o in alternativa, come ha precisato Franco, “assorbendola in altre imposte”. Anche l’Ires sarà rivista in un processo che porterà a modificare aliquote e base imponibile per avvicinare il prelievo “progressivo” a quello dei redditi da capitale che a loro volta dovrebbero arrivare, a fine percorso, ad avere una aliquota uniformata. L’obiettivo è quello di completare il “sistema duale” con la distinzione tra redditi da lavoro e redditi da capitale, mettendo mano anche alle imposte sostitutive (le commissioni hanno esplicitamente richiesto di lasciare fuori la flat tax). Ogni capitolo della delega potrebbe potenzialmente diventare esplosivo per la maggioranza, anche se finora è scoppiata solo la ‘bomba’ del catasto: il timore del centrodestra – Lega in testa che non ha votato il testo in Cdm – e dei proprietari di casa rappresentati da Confedilizia, è che una revisione del catasto porti a un aumento delle tasse sul mattone. Su questo si è speso in prima persona Mario Draghi che è stato tassativo ed ha assicurato che nulla cambierà per i cittadini: “Il contribuente medio non si accorgerà di nulla per quanto riguarda il catasto, resterà tutto come prima”. Il governo, almeno per il momento, lo esclude, tanto che Fi ha dato il suo voto “convinto” alla delega. Il testo prevede che i nuovi criteri per la classificazione degli immobili (valori patrimoniali accanto alle rendite, aggiornamento periodico, regole ad hoc per quelli storico-artistici) saranno rilasciati solo a partire dal 1 gennaio 2026 e che in ogni caso non andranno utilizzati “per la determinazione della base imponibile dei tributi”. Ci si concentrerà piuttosto, nella prima fase, sugli strumenti a disposizione di Comuni e Agenzia delle Entrate per l’emersione di immobili e terreni fantasma. Una volta scattata questa nuova fotografia, tra cinque anni, toccherà al governo e alla maggioranza che ci saranno decidere poi se e come utilizzarla.

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    Conte: in M5s finita stagione del 'soli a tutti i costi'

    “E’ finita nel M5s la stagione in cui si andava a tutti costi orgogliosamente da soli. C’è già stata una svolta: il Movimento è disposto a costruire un percorso comune, non lo disdegna più come invece in quella fase più antica della sua storia”. Lo ha detto Giuseppe Conte a Carbonia per un mini tour elettorale in vista delle comunali del 10 e 11 ottobre in Sardegna.
    “I progetti vincenti sono quelli che creano un campo largo, un progetto serio, articolato e solido che coinvolge le forze progressiste – ha ribadito – il fatto che si lavori anche qui in Sardegna in questa direzione è in linea con una traiettoria politica nazionale”. 
    Conte ha rivendicato la scelta di sostenere Virginia Raggi a Roma. “Non è stato un errore candidare Raggi – ha sottolineato – perché a nostro avviso ha fatto bene come sindaca anche se, obiettivamente, ha avuto tante difficoltà sin dalla partenza e ha avuto anche tanti attacchi, anche se nessuno vuole nascondersi dietro questo”. “Se non siamo stati premiati non possiamo scaricare solo sugli attacchi, ma – ha aggiunto – secondo me, se il nuovo sindaco avrà la possibilità di gestire Roma e farla correre lo si deve ai risultati raggiunti e ai conti rimessi in ordine”.
    “Grazie Virginia Raggi, per tutto quello che hai fatto. Hai dato prova di essere una grande risorsa per il MoVimento 5 Stelle e rimarrai una figura preziosa per la nostra comunità. Il tuo impegno e i tuoi risultati sul campo sono un prezioso bagaglio da mettere a disposizione di tutti gli amministratori del MoVimento. Dobbiamo fare tesoro di queste esperienze di governo locale, valorizzando le competenze, a partire dalle tue. Varie volte siamo caduti, ma la vera forza si dimostra risollevandosi e conquistando nuovi traguardi. A te questa forza non manca, insieme ci rialzeremo”. Così su Facebook il ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
    Per il M5s “emerge soprattutto con chiarezza la necessità, l’obbligo, di lavorare ad un forte radicamento territoriale fin troppo sottovalutato finora. E per questo va respinta qualsiasi tentazione di andare al voto subito se vogliamo costruire davvero un nuovo corso per il Movimento, per il quale ci vogliono le persone giuste e i tempi necessari”. Così Vincenzo Spadafora in un post dove aggiunge: “spero che ci sia presto occasione per confrontarsi all’interno dei gruppi parlamentari e dei nuovi organismi previsti dallo statuto del M5S, la cui nomina non è più rinviabile, perché è vero che il nuovo corso è appena iniziato ma questi primi segnali non vanno sottovalutati”.