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    Quirinale, 'Il governo rimuova gli impedimenti del super green pass'

    Il governo dovrà “garantire ogni forma di collaborazione per permettere a tutti i 1.009 delegati di partecipare al voto, in raccordo con le altre istituzioni, il Presidente della Camera dei deputati e il Presidente del Senato della Repubblica, rimuovendo ogni forma di impedimento, se del caso anche attraverso un intervento di carattere normativo”. Lo prevedono due ordini del giorno approvati dall’Aula della Camera al Dl Green pass approvati quasi all’unanimità: 349 sì, 4 no e 20 astenuti (i deputati di Alternativa).

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    'Troppi i casi di femminicidio' Cartabia: 'E' una vera barbarie

    “Dobbiamo ancora perfezionare il recepimento, ed è necessario farlo il prima possibile, della direttiva sul whistleblowing, prezioso strumento di contrasto alla corruzione, in parte già presente nel nostro sistema grazie agli interventi normativi varati nel 2012 e nel 2017”. Lo ha detto la ministra Marta Cartabia in Aula al Senato, nella sua relazione sull’amministrazione della Giustizia, sottolineando che la corruzione richiede “attenzione” e richiamando le parole sul tema del capo dello Stato.”Abbiamo l’impegno di ridurre del 40% il tempo medio di durata dei procedimenti del civile; e del 25% per il penale entro un arco temporale di cinque anni. Questo è stato il punto di accordo dopo settimane di trattative con Bruxelles. Ad oggi, possiamo senza dubbio dire di aver conseguito – e invero superato – gli obiettivi previsti per il 31 dicembre 2021, che annoveravano l’approvazione delle leggi di delega in materia di processo civile e di processo penale; gli interventi in tema di insolvenza e l’avvio del reclutamento per l’Ufficio per il Processo”.”Sono certa che nelle prossime settimane potremo progredire nella scrittura anche di questo atteso capitolo di riforma, che il Pnrr ci impegna ad approvare entro il 2022. La Camera ha già calendarizzato la discussione in aula e quella scadenza dovrà essere rispettata.Per parte mia continuerò, come ho fatto nei mesi scorsi e come ben sanno tutti coloro con cui ho avuto interlocuzioni sul tema, a dare la mia massima disponibilità per accelerare il corso di questa riforma e per sollecitarne l’esame da parte dei competenti organi del Governo”.Lo ha detto la ministra della Giustizia al Senato parlando della riforma “fondamentale” del Csm.Il primo e più grave tra tutti i problemi delle carceri “continua ad essere il sovraffollamento: ad oggi su 50.832 posti regolamentari, di cui 47.418 effettivi, i detenuti sono 54.329, con una percentuale di sovraffollamento del 114%. È una condizione che esaspera i rapporti tra detenuti e rende assi più gravoso il lavoro degli operatori penitenziari, a partire da quello della polizia penitenziaria, troppo spesso vittima di aggressioni”, ha sottolineato la ministra della Giustizia.”Troppi i casi di violenza sulle donne, troppi i femminicidi, troppe le violenze sui bambini, troppi i drammi che originano in ambito domestico di cui abbiamo notizia quotidianamente. ‘Una vera barbarie’, ha giustamente detto qualcuno di voi”. E’ uno dei passaggi dell’intervento della ministra della Giustizia Marta Cartabia al Senato.

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    Ruby ter: processo Berlusconi rinviato al 16 febbraio

    I giudici del caso Ruby ter, dopo aver interloquito con la difesa di Silvio Berlusconi, hanno deciso di rinviare il processo al 16 febbraio, tra quasi un mese, dopo aver avuto rassicurazioni dal legale dell’ex premier, Federico Cecconi, che in due udienze, il 16 e il 23 febbraio, riuscirà a completare l’esame dei propri testimoni. A chiedere il rinvio era stata la difesa del Cavaliere, facendo riferimento alla situazione pandemica, che crea difficoltà nel citare i testi, e facendo presente anche che la prossima settimana sono previste le sedute per l’elezione del presidente della Repubblica.

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    Ruby ter: difesa Cav, rinvio processo per elezione Quirinale

    (ANSA) – MILANO, 19 GEN – La difesa di Silvio Berlusconi nel
    processo milanese sul caso Ruby ter ha chiesto ai giudici di
    valutare “l’opportunità” di rinviare l’udienza prevista per
    mercoledì prossimo, 26 gennaio, perché “il 25 iniziano le prime
    sedute per l’elezione del presidente della Repubblica e lo dico
    a prescindere del fatto che il dottor Berlusconi possa essere
    ufficialmente candidato, ma è una ragione di opportunità”.   
    Lo ha spiegato in aula l’avvocato Federico Cecconi. La difesa
    ha fatto presente che il processo potrebbe essere rinviato “a
    fine febbraio” anche per la “situazione pandemica in atto”.   
    (ANSA).   

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    Quirinale, la corsa al Colle

    Nulla è stato deciso, nulla è definitivo, ma sul Colle non è più tempo di pretattica. L’affondo di Matteo Salvini di ieri pare abbia provocato l’effetto sperato: Silvio Berlusconi, dopo settimane di intenso lavoro alla caccia dei voti, per la prima volta pare stia seriamente valutando di far cadere la sua candidatura. Nelle stesse ore Mario Draghi si riprende prepotentemente la ribalta tornando a tessere la sua tela: in mattinata il premier vede Sergio Mattarella, quindi Roberto Fico e Marta Cartabia.Tutti elementi che fanno capire come ormai si sia entrati nel rush finale, un’accelerazione in cui tutti stanno parlando con tutti per capire qual è la fuga giusta, la ruota buona da seguire per centrare il traguardo.
    A tenere banco, a 6 giorni dalla prima chiama, resta lo psicodramma interno al centrodestra: il Cavaliere prenderà la decisione finale nelle prossime 48 ore, in vista del vertice dei leader che si terrà probabilmente giovedì sera. Ma al momento pare che si sia reso conto di non avere i voti sufficienti. Un passaggio che se confermato rappresenta un “reset” che riapre i giochi verso uno scenario pieno di incognite sul cosiddetto piano B. Come in un ipotetico “Gioco dell’Oca”, tutto tornerebbe alla casella di partenza, con il centrodestra ad avere il pallino in mano, l’opportunità, ma anche il rischio conseguente, di dover dare le carte per primo. A sancire pubblicamente il fallimento della cosiddetta “operazione Scoiattolo”, è proprio uno dei suoi protagonisti: la raccolta dei voti, rivela Vittorio Sgarbi a “Un Giorno da Pecora”, “si è oggettivamente fermata”. “Ieri Silvio era abbastanza triste. Ci devono essere delle inquietudini di natura psicologica, non degli elettori, ma nel candidato, perché è rimasto a Milano. Credo – prosegue Sgarbi – che questa, come dire, pausa dipenda dal fatto che starà pensando se c’è una via d’uscita onorevole, con un nome che sia gradito a lui, forse Mattarella”. Parole che stizziscono Forza Italia. “Vittorio non è il portavoce di Forza Italia ma risponde a se stesso, sicuramente non parla a nome del Cavaliere”, replica a brutto muso il coordinatore nazionale Antonio Tajani. E più tardi, sempre dal partito azzurro trapela che Berlusconi non ha deciso e che è ottimista.
    “Non deluderò chi mi ha dato fiducia”, sarebbe il messaggio ai suoi. Solo il tempo dirà se si tratta di un modo per calmare le acque all’interno del partito o se in effetti esista ancora uno spiraglio reale per andare avanti. Ad ogni modo, più che di un passo indietro, meglio parlare di un eventuale passo di lato, visto che la scelta di non correre in prima persona non significherebbe assolutamente che Berlusconi non farà pesare il suo peso politico nella scelta del prossimo capo dello Stato. Tutt’altro. E chissà se a quel punto lancerà lui la candidatura Draghi, a oggi vista non benissimo da Matteo Salvini, se farà un nome interno alla coalizione, o se alla fine proporrà la rielezione di Mattarella. Comunque che qualcosa si sia messo in moto lo conferma anche Giorgia Meloni, pronta a fare sino in fondo la sua parte. “Se anche Berlusconi scegliesse di non concorrere e dovesse rinunciare – spiega a Porta a Porta – penso che comunque il centrodestra abbia diritto e dovere di avanzare una proposta e anche FdI intende fare la sua parte. Noi contiamo il 6% ma non vuol dire che non abbiamo nostre proposte da fare, io ce l’ho in testa”.

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    Pass traghetti, Sicilia e Calabria sfidano il governo

     Niente super pass per attraversare lo stretto di Messina, basterà un tampone negativo: Sicilia e Calabria sfidano il governo con un’ordinanza che viola il decreto in vigore dalla vigilia di Natale in base al quale può salire sui mezzi di trasporto, compresi “navi e traghetti adibiti a servizio di trasporto interregionale”, solo chi è vaccinato o guarito dal Covid. Una forzatura che arriva con le Regioni sempre più in pressing per modificare le regole anti Covid, a partire dai parametri di conteggio dei ricoveri in ospedale per evitare il passaggio nella zona con più restrizioni: Friuli Venezia Giulia, Piemonte e la stessa Sicilia hanno infatti già parametri da zona arancione mentre Abruzzo, Calabria, Lazio, Liguria, Marche, Toscana e provincia di Trento rischiano di sforarli entro venerdì. Sembra invece rientrato l’allarme per la Valle d’Aosta, che ha chiesto comunque una deroga al governo per evitare di finire in zona rossa se dovessero risalire le terapie intensive.    Le ordinanza firmate dal governatore siciliano Nello Musumeci e da quello della Calabria Roberto Occhiuto stabiliscono che per passare dalla Sicilia alla Calabria basterà avere il green pass base e non quello rafforzato, anche se bisognerà restare nella propria auto o all’aperto e indossare la Ffp2. “Poniamo fine ad un’assurda ingiustizia ai danni dei siciliani – dice Musumeci – una norma discriminatoria del governo. Con l’ordinanza si garantisce e salvaguardia la continuità territoriale”. Nelle prossime ore si capirà se il governo impugnerà i due provvedimenti, come ha già fatto con quella della Campania che posticipava la riapertura delle scuole.    Un confronto tra tutti i governatori ci sarà nelle prossime ore: la Conferenza delle Regioni si riunirà per approvare il protocollo sullo sport che ha avuto il via libera dal Cts ma è chiaro che sul tavolo ci saranno le richieste avanzate in questi giorni: la cancellazione del sistema dei colori, una revisione del sistema con il quale vengono conteggiati i ricoveri in ospedale, distinguendo tra ricoverati per covid e pazienti che entrano per altri motivi e risultano positivi al virus (alcune regioni hanno già cominciato a farlo in autonomia, anche se non influisce sui dati riportati nel bollettino), la modifica delle regole della quarantena. Su questo fronte l’ultima proposta è quella del presidente della Liguria Giovanni Toti: dopo 3 giorni senza sintomi si può terminare l’isolamento.
    Tra le richieste delle Regioni ci sarebbe anche quella di far rimanere in servizio i sanitari positivi, un escamotage per ovviare alla mancanza di personale. Richiesta rispedita al mittente dai medici. “E’ una proposta irresponsabile” dice Filippo Anelli della Fnomceo e aggiunge: “se venisse attuata, tanto varrebbe abolire l’obbligo di vaccinazione”. Anche il maggior sindacato dei medici, l’Anaao Assomed la definisce “sciagurata”: “Provocherebbe danni alla salute, trasformando i reparti ospedalieri in cluster di contagio, non possiamo proprio consentirlo”.    Le proposte dovranno poi essere discusse con il governo, con il ministro della Salute Roberto Speranza che ha già aperto al confronto sulle modifiche anche se ha invitato tutti a rimanere con “i piedi per terra”. In concreto significa che ci sono dei margini di intervento sia sulle regole per la quarantena sia sul metodo di conteggio dei casi negli ospedali ma non verrà cancellato il sistema delle fasce. E comunque il tutto non avverrà prima di fine mese.
    Nelle prossime ore, invece, arriverà il Dpcm che individua quelle attività “necessarie al soddisfacimento di esigenze essenziali e primarie della persona” alle quali si potrà accedere senza il pass: i negozi che vendono generi alimentari, compresi i mercati e gli ambulanti, farmacie, parafarmacie, studi medici e veterinari, laboratori di analisi, negozi di ottica e per acquistare pellet o legna per il riscaldamento. Esclusi dal pass sarà anche tutto il settore dei carburanti, le edicole e i negozi di beni essenziali all’interno dei centri commerciali. Resta invece l’obbligo del pass per le librerie e per i tabaccai. Una scelta criticata dalla Federazione italiana tabaccai. “Ogni giorno entrano in tabaccheria 13 milioni di persone – sottolinea il presidente Giovanni Risso – Tutti ricordano che siamo rimasti aperti anche durante il lockdown, perché servizi essenziali per i cittadini, anche per pagamenti. Imporre ora il green pass sarebbe una complicazione ulteriore per la vita dei cittadini e per gli stessi esercenti”.   

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    Covid: Camera conferma fiducia al decreto, 408 sì

    La Camera conferma la fiducia al governo sul decreto legge green pass con 408 voti a favore, 48 contrari ed un astenuto. 
    Si passa ora all’esame degli ordini del giorno al testo, che saranno votati in mattinata. A seguire, la votazione finale.
    Il provvedimento disciplina tra l’altro il green pass rafforzato.   

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    Quirinale: Su voto positivi tutto fermo, sfuma ipotesi decreto

    Mentre, con l’elezione dei delegati regionali in Toscana ed Emilia Romagna e di Cecilia D’Elia (Pd) a deputato si costituisce il plenum dei Grandi elettori, a meno di una settimana dal 24 gennaio ferve ancora il dibattito su se e come far votare chi di loro sia contagiato o in quarantena. Il tema, si apprende, potrebbe essere stato trattato nell’incontro tra il presidente del Consiglio Mario Draghi ed il presidente di Camera , Roberto Fico. Anche alla luce della spinta della Lega per un intervento del governo in materia, anche un possibile decreto. Niente di tutto questa ci sarà si spiega in ambienti parlamenatri della maggioranza perchè con il principio dell’autodichia la materia spetta solo ed unicamente alle Camere. Ed eventualmente – si aggiunge – dovranno essere sempre Palazzo Madama e Montecitorio a decidere cosa fare. E al momento non ci sono novità.
    Mentre a Montecitorio è ormai finito l’allestimento della grande tensostruttura con stufe che copre il cortile d’onore (ci staranno i grandi elettori in attesa del loro turno per entrare in Aula a votare) e sono stati individuati nel corridoio delle commissioni gli spazi per le troupe televisive, sul tema non ci sono ancora decisioni. A tutti i deputati arriva una lettera con cui gli Uffici della Camera già comunicano loro che dal 24 gennaio voteranno divisi in 13 fasce orarie, ciascuna di dodici minuti per gruppi di cinquanta.
    La questione è stata dibattuta per ore nella notte di lunedì dai capigruppo della Camera, per essere riproposta oggi nella stessa sede a Palazzo Madama. E, mentre il numero dei parlamentari contagiati si assesterebbe oggi a 35 (26 deputati e 9 senatori) sul tema le posizioni rimangono sostanzialmente le stesse. Il centrodestra, con Forza Italia in testa reclama l’applicazione anche per i parlamentari della circolare del ministero della Salute relativa agli spostamenti dei contagiati.
    IV, in una posizione analoga con quella della Lega, chiede un ‘Covid hotel’ prossimo alla Camera da cui far partire un percorso protetto per gli eventuali contagiati che arrivi in Aula o comunque dentro Montecitorio, oltre ad estendere la possibilità di spostamento per i deputati oltre i 300 km previsti dalla Circolare. Ma Pd, M5S e Leu non ci stanno. Un no secco al voto ‘a domicilio’ arriva da Debora Serracchiani (Pd).
    Visto che sinora la Camera ha applicato per analogia all’Aula le regole valide per luogo di lavoro, sostiene la capogruppo dem, sarebbe pericoloso dire che i parlamentari e la Camera possono beneficiare di regole straordinarie; inoltre, ritiene che i positivi non debbano entrare a Montecitorio per garantire la sicurezza di tutti. Insomma, no a dei ‘Djokovic della politica’ di cui già si parla sui social richiamandosi alla vicenda del numero uno del tennis espulso dall’Australia, è il suo ragionamento.
    Roberto Fico, che in quanto presidente del Parlamento in seduta comune è il ‘dominus’ della votazione, ha sentito tutti. Ha chiarito che, siccome qualsiasi forma di voto a domicilio deroga a numerosi principi base del voto parlamentare, come l’immunità di sede, la segretezza e la pubblicità, oltre a determinare una possibile discriminazione tra parlamentari affetti da Covid e quelli bloccati da altre tipologie di impedimento, si potrebbe procedere a modifiche della situazione attuale solo con un consenso politico unanime in capigruppo e in seguito ad un parere della Giunta del Regolamento. Diversamente, procedere a modifiche non è possibile. E l’unanimità pare proprio dura da raggiungere.