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    Mattarella e i suoi gesti, tributo al capo dello Stato

    Sergio Mattarella è diventato una figura iconica così come lo sono stati i suoi gesti nel corso del settennato.
    Dall’esultanza di Wembley per la vittoria dell’Italia agli Europei al “Giovanni, pure io non vado dal barbiere” pronunciato in pieno lockdown, a margine di un discorso alla Nazione.
    I gesti del Presidente della Repubblica uscente sono al centro del tributo realizzato dalla giovane graphic designer Aurora Ferretti (25 anni) del gruppo The Skill.
    Lo studio di comunicazione ha già firmato in precedenza il quadro “Icon President” oltre ad aver realizzato il documentario sulla prima zona rossa d’Italia “I bambini di Vo’”, opere consegnata nelle mani dello stesso Mattarella.
    Questa nuova realizzazione grafica verrà riprodotta in 100 cartoline celebrative numerate che saranno inviate a figure di rilievo delle istituzioni e dell’economia italiana.

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    Quirinale: a Roma per l'elezione, il regalo di Natale della 12enne Giulia

    “Vorrei andare a Roma nei giorni dell’elezione del presidente della Repubblica”. È il singolare desiderio espresso per Natale da Giulia, una dodicenne di Genova, e i suoi genitori sono stati ben felici di accontentarla.
    “Salta qualche giorno di scuola ma ne vale la pena, la politica è la sua passione”, spiega la mamma, che da lunedì la accompagna da un ingresso all’altro di Montecitorio nella speranza di incrociare i suoi parlamentari preferiti.
    “Mi piace lo stile di Letta, di Orlando e di Serracchiani” racconta la ragazzina, piumino nero, cappellino e zainetto rosa, e nello smartphone una collezione di selfie, fra gli altri con Pierluigi Bersani, Luigi Di Maio, Giuseppe Conte, Mario Monti, Liliana Segre e Pier Ferdinando Casini.
    “Da grande voglio fare la politica – dice sicura Giulia -. Non sono assolutamente delusa dalla politica, anzi mi fa arrabbiare chi dice che fa tutto schifo”. “Devi studiare e impegnarti”, le ha raccomandato il dem Luigi Zanda.
    “Al Quirinale mi piacerebbe una fra Belloni e Cartabia. Un bis di Mattarella sarebbe ottimo ma non so se è possibile”, l’auspicio della ragazzina che domenica tornerà a casa: “Speriamo che eleggano prima il presidente”.   

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    Bonino: “Casellati? Io voto Cartabia”

    “Casellati per il Colle? Sono d’accordo con chi dice che questa rosa di tre è un paravento, quindi…”. È il parere della senatrice di +Europa Emma Bonino, che con ironia ha previsto per la terza votazione “una vittoria della cugina di bianca scheda”. “Sento parlare di conclavi a pane acqua e cicoria… È il metodo che è tutto sbagliato, non ci sono candidature pubbliche, manco ci si dovesse candidare a un ruolo infamante, non c’è un dibattito pubblico. La metodologia è carbonara, questo porta a degenerazioni insopportabili – ha aggiunto Bonino arrivando alla Camera-. È l’ora di una donna? Dopo tanti elogi improvvisamente non ce n’è.    Io voto Cartabia, può piacere o non piacere ma è una persona competente, soprattutto sui temi che mi stanno più a cuore, la costituzione, la malagiustizia, queste bazzecole”. 

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    Quirinale, in Transatlantico tornano gli ex a dare consigli

     Come nelle migliori tradizioni il Transatlantico torna a popolarsi anche di ex parlamentari, e tra essi alcuni che sono stati decisivi in alcuni passaggi della politica italiana, come Domenico Scilipoti o Nuccio Cusumano.    E’ consuetudine che nei passaggi politici importanti, come i voti di fiducia o le elezioni presidenziali, in Transatlantico si palesino anche ex parlamentari, spesso fermati dagli attuali per ascoltare i loro pareri. Oggi si sono visti alcuni ex che hanno visto diverse altre elezioni presidenziali come Angelo Sanza o Mario Tassone. Nel grande salone che precede l’ingresso in Aula, oggi si è visto anche Nuccio Cusumano, che il 24 gennaio 2008 in Senato lasciò l’Udeur tentando inutilmente di salvare il governo Prodi, venendo aggredito a suo di sputi dal suo compagno di partito Tommaso Barbato. A dispensare consigli ai grandi elettori del centrodestra anche Domenico Scilipoti, il “responsabile” per antonomasia, che salvò il governo Berlusconi nel dicembre 2010. Nei programmi di Scilipoti, illustrati a diversi parlamentari, un nuovo partito che riunisca le tre religioni abramitiche.    

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    Salvini: “Casellati? Non ha bisogno di essere candidata”

    “Casellati? È la seconda carica dello Stato, non ha bisogno di essere candidata…. Pera, Moratti e Nordio sono nomi all’altezza. Spero che Conte e Letta non si fermino ai no”. Lo dice Matteo Salvini prima di andare nei suoi uffici a Montecitorio. “Il mio tentativo è quello di dialogare” conclude il leader della Lega. “Casellati non fa parte di rose politiche, è lì, è la seconda carica dello Strato, è donna, è stata eletta dalla maggioranza dei senatori, non ha bisogno che la sponsorizzi io o altri. Se uno la chiama penso sia a disposizione”, ha aggiuntoSalvini. “Il nuovo premier non lo troviamo a Campo de Fiori…Stiamo lavorando già a un Presidente della Repubblica e io ho un’idea. Qualora Draghi lasciasse il governo avremmo settimane di confusione, sarebbe un problema per l’Italia, con la crisi economica, sanitaria…”. Così il leader della Lega, Matteo Salvini, arrivando alla Camera.
    “A parte che se perdo tre chili male non mi fa, ma il mio tentativo è dialogare, ma per farlo bisogna essere in due. Se mi siedo a un tavolo e mi dicono, ‘sono pronto a dialogare ma qualunque nome tu mi faccia è no’, allora si capisce che è un dialogo un po’ particolare. Noi dei nomi li abbiamo fatti. E ne potremmo farne altri dieci all’altezza, speriamo che ce ne sia uno di questi nomi che vada bene, dopo 30 anni uno non di sinistra”. Così il leader della Lega, Matteo Salvini.

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    Linea Conte si rafforza,ma alta tensione su nomi

    Resta la tensione dentro il M5s sulla linea da seguire per l’elezione del Capo dello Stato dopo che il presidente ha aperto nella direzione del dialogo con il centrodestra per l’individuazione di un nome per il Colle, “autorevole” e che sbarri la strada di Draghi verso la Presidenza, in modo da assicurare la stabilità del governo “nell’interesse nazionale”. Se torna il sereno sul fronte del no ai veti incrociati, ora i 5 Stelle si interrogano sul possibile candidato che potrebbe uscire dal cilindro del confronto con Salvini e la sua coalizione. E il nome che più divide sarebbe quello della presidente del Senato, Casellati, un nome che potrebbe uscire dal fronte salviniano qualora sfumassero i nomi della sua rosa. Una parte del Movimento considera positivamente il fatto che sia una figura istituzionale, seconda carica dello Stato, rispondente cioè all’identikit tracciato dai 5 stelle per poter convergere su un nome di centrodestra. Ma è invece visto come il fumo negli occhi da un’altra parte del Movimento che ricorda la questione sorta attorno alla sua figura per i voli di stato e sulla questione dei vitalizi. “Come Movimento non la potremmo mai votare” è la previsione che azzarda qualcuno.    Intanto c’è chi guarda con speranza alla crescita dei voti per il presidente uscente Sergio Mattarella: “sono aumentare le schede su Mattarella e sicuramente lì dentro c’è qualcuno del Movimento” ,dice un parlamentare lamentandosi del fatto che i grandi elettori 5 Stelle venogno tenuti all’oscuro della trattativa vera. Come quella che si è riaperta con gli alleati di centro-sinistra smorzando gli attriti che si erano verificati dopo che erano filtrate notizie sulla cabina di regia che Conte aveva riunito ieri fino a tarda notte.    Un tavolo dove sarebbe andata in scena la contrapposizione di linea tra l’ex premier e il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. La linea di Conte resta quella del dialogo aperto anche con il centrodestra per la ricerca di un nome condiviso dagli schieramenti, partendo dall’assunto della necessità di mantenere la continuità dell’azione di governo in un momento molto delicato per il paese. Per Di Maio, invece, proprio nell’ottica di una ampia convergenza tra le forze politiche era necessario non precludere alcuna strada, neppure quella che potrebbe portare il premier al Colle. Anche per evitare il rischio di isolare il Movimento nel caso in cui il punto di caduta dovesse essere sul nome di Draghi. Sullo sfondo restano i dubbi sulla linea del posizionamento politico dei 5s ora saldamente ancorato nel centrosinistra. La linea del dialogo con il centrodestra, rivendicata dall’ex premier, interroga alcuni sul rischio di mettere a repentaglio l’asse con i progressisti. Asse che tuttavia è stato rinsaldato nella nuova riunione tra Conte, Letta e Speranza dove, insieme, i tre leader hanno deciso di andare al confronto ad oltranza senza presentare una rosa da contrapporre all’altro schieramento proprio per agevolare una soluzione condivisa. “Giuseppe Conte rappresenta al meglio gli interessi degli italiani. Siamo con te, presidente!” esulta la vice di Conte Paola Taverna.

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    Le “spine” delle rose nelle tattiche dei leader

    Il metodo di ricorrere ad una rosa di nomi da sottoporre alla controparte per favorire il confronto ha una consolidata tradizione nella storia dell’elezione dei Presidenti della Repubblica. Il più delle volte non è da tale lista che esce il nome che alla fine sarà il candidato che si imporrà, per motivi diversi. In alcuni casi per i franchi tiratori che affondano le decisioni dei leader, in altri perché la stessa rosa proposta nasconde un retro pensiero e vuole preservare il vero candidato in “pectore” del proponente. 
    Il caso più recente non è di buon auspicio. Nel 2013, il 17 aprile, il segretario del Pd Pierluigi Bersani propose a Silvio Berlusconi una rosa di tre nomi, composta da Franco Marini, Giuliano Amato, Massimo D’Alema. Pur preferendo i secondi due il Cavaliere, su suggerimento di Gianni Letta, optò per il primo, nel timore che dopo una spaccatura del Pd nel voto, i Dem puntassero a Sergio Mattarella o Romano Prodi. Marini, il giorno dopo, fu affossato dai franchi tiratori e, come temeva Berlusconi, i Democrats lanciarono Prodi, impallinato anch’egli dagli ormai leggendari 101 il 19 aprile. Il puzzle si risolse con tutti i partiti i processione al Quirinale a chiedere a Napolitano il bis.
    Si ricorse alla rosa di nomi anche nel 1992, in una delle elezioni presidenziali più drammatiche della Storia della Repubblica, per l’attentato di Capaci contro Falcone, nel corso delle votazioni. Il segretario della Dc Arnaldo Forlani propose ai propri gruppi parlamentari una rosa di tre nomi, Andreotti, Martinazzoli, Scalfaro, destinati ad elidersi, tanto che il candidato scelto fu lo stesso Forlani. Questi fu però affossato, il 16 maggio, da 70 franchi tiratori del proprio partito. Dopo una ripetuta serie di sedute a suon di schede bianche lo stesso Forlani ritirò la propria candidatura. Nei giorni successivi furono gli altri partiti a proporre rose di candidati anche con nomi di esponenti Dc (Leopoldo Elia, Tina Anselmi ecc) senza che si giungesse a nulla. il 23 maggio, dopo la strage di Capaci, tutti i partiti dell’allora arco costituzionale si accordarono su una candidatura istituzionale, quella del presidente della Camera Oscar Luigi Scalfaro, che Marco Pannella aveva candidato sin dall’inizio. Lunedì 25 Scalfaro su eletto con 672 voti e 105 franchi tiratori.
    La rosa fu invece una sorta di cortina fumogena nel 1987, quando si giunse all’elezione di Francesco Cossiga. Il 16 giugno la segreteria della Dc decise di proporre agli alleati del quadripartito una rosa che ”Avanti” il giorno dopo pubblicò: Cossiga, Fanfani, Forlani, Zaccagnini, Andreotti, Colombo, Scalfaro, Elia. Gli altri giornali, invece, restringono a tre il numero dei ”papabili”, indicando Cossiga come favorito e Fanfani e Forlani. In realtà il segretario De Mita puntava a Cossiga e, lavorando di sponda anche con il Pci, riuscì a portare sull’allora presidente del Senato anche il Psi. Cossiga venne eletto al primo scrutinio il 25 giugno con 752 voti su 977. 
    Nel dicembre 1971, non ruscendo ad eleggere il presidente con i voti della maggioranza, la Dc contattò il Pci chiedendo che fosse Botteghe Oscure a fare una rosa di candidati Democristiani dai quali Piazza del Gesù avrebbe scelto il candidato. La trattativa si arenò e al 23 scrutinio salì al Quirinale Giovanni Leone al 23mo scrutinio con 518 voti sui 1008 grandi elettori.