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    Referendum: Amato, impegno per assicurare voto popolare

    “Dobbiamo impegnarci al massimo per consentire, il più possibile, il voto popolare”. Lo ha ricordato il neopresidente della Corte costituzionale Giuliano Amato nel suo saluto agli assistenti di studio, durante la riunione di ieri. Lo riporta un tweet della Corte costituzionale e il riferimento è ai referendum sulla cui ammissibilità la Consulta si pronuncerà il 15 febbraio.
    “È banale dirlo ma i referendum sono una cosa molto seria e perciò bisogna evitare di cercare ad ogni costo il pelo nell’uovo per buttarli nel cestino”: è un altro passaggio del breve saluto rivolto ieri dal presidente della Corte costituzionale agli assistenti di studio durante la riunione settimanale in vista delle prossime udienze. “Davanti ai quesiti referendari ci si può porre in due modi – ha osservato il presidente Amato -: o cercare qualunque pelo nell’uovo per buttarli nel cestino oppure cercare di vedere se ci sono ragionevoli argomenti per dichiarare ammissibili referendum che pure hanno qualche difetto. Noi dobbiamo lavorare al massimo in questa seconda direzione, perché il nostro punto di partenza è consentire, il più possibile, il voto popolare”. 

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    Dl green pass: Ok del Senato con 139 sì, passa alla Camera

    Con 139 voti favorevoli, 16 contrari e 2 astenuti il decreto per la proroga dello stato di emergenza nazionale, per il contenimento della diffusione dell’epidemia e sul green pass è stato approvato dall’Aula del Senato. Il provvedimento, che deve essere approvato definitivamente entro il 22 febbraio, passa alla Camera. 
    “Sono molto felice che il Senato abbia approvato l’emendamento, a mia prima firma, che consente l’utilizzo dei mezzi di trasporto da e per le Isole del territorio italiano semplicemente con il Green pass base anziché con il Green pass rafforzato come sin qui avvenuto. Diamo una risposta concreta ai cittadini delle isole che in queste settimane avevano giustamente segnalato una stortura che limitava in maniera eccessiva la libertà di spostamento. Si trattava di una questione estremamente rilevante, sulla quale il Parlamento ha ritenuto di superare il parere contrario del governo”. Così il senatore del M5s Pietro Lorefice. 
    Grazie a un emendamento a mia prima firma, approvato questa sera in aula al Senato, le norme sullo smart working applicate ai lavoratori fragili vengono prorogate dal 28 febbraio fino al 31 marzo di quest’anno. Ciò significa che per questi lavoratori sarà possibile continuare a fruire dello Smart working o, ove non possibile, della malattia. Dal 1 aprile sarà poi possibile per specifiche categorie di lavoratori individuate con apposito decreto ministeriale, continuare a fruire dello Smart working. Era assolutamente corretto e doveroso dare una risposta ai lavoratori più fragili, sostenere persone particolarmente esposte ai pericoli della pandemia e che hanno il diritto di lavorare nella massima sicurezza. E’ un impegno che il MoVimento 5 Stelle si era preso ed ha portato fino in fondo”. Lo afferma in una nota la senatrice del Movimento 5 Stelle ed ex ministra del Lavoro Nunzia Catalfo.   

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    Sprint di Draghi sulla giustizia, 5S e Lega sulle barricate

    Il governo vuole chiudere sulla riforma della giustizia. Per la mattina è previsto il cdm che avrà sul tavolo il nuovo pacchetto di proposte messo a punto da Marta Cartabia e sul quale molti sono ancora i dubbi di alcune forze di maggioranza, soprattutto del M5s e della Lega.
    Non ci dovrebbe essere una cabina di regia. Ma fonti dell’Esecutivo assicurano che le proposte saranno illustrate nei dettagli dal premier Draghi e dalla responsabile del dicastero della Giustizia.
    Proposte – rimacano – caratterizzate da un forte equilibrio. Con tre piani distinti: i magistrati eletti, per i quali non si transige sul ritorno indietro; i cosiddetti ‘tecnici’ cioè i pm che lasciano la toga per ricoprire cariche non elettive (un esempio recente è il prefetto Luciana Lamorgese scelta per il Viminale) e i magistrati prestati al servizio dello Stato nell’apparato pubblico. Si tratta, dunque, di esigenze diverse da garantire e soprattutto prevedendo periodi di ‘decantazione’ o “raffreddamento” per chi, assolto l’incarico pubblico o politico, possa successivamente tornare alla magistratura, si spiega ancora in ambienti dell’Esecutivo. In attesa di dettagli e chiarimenti, resta lo scontento di fondo di alcuni partiti.
    5 Stelle e Lega sono in tensione per la nuova proposta che rimodella le cosiddette ‘porte girevoli’ che fino ad ora hanno consentito ai magistrati di tornare al loro posto in tribunale, dopo un’avventura politica (da candidati, eletti o non eletti). Il tema – insieme al sistema con cui vengono eletti i componenti dell’organo di autogoverno della magistratura – rischia di diventare un pomo della discordia serio all’interno della maggioranza “Una volta che un magistrato decide di entrare in politica non può più ritornare a vestire la toga”, scandisce la responsabile Giustizia della Lega, Giulia Bongiorno. Il partito di Salvini martella chiedendo una riforma che “non investa singoli segmenti, ma che incida profondamente e in modo incisivo su tutto il sistema”. E insiste anche per marcare il terreno su un tema che, dopo il caro bollette, è molto sentito, vista la battaglia fatta con i referendum promossi insieme ai Radicali e su cui il 15 febbraio la Consulta dovrà esprimersi.
    Vanno oltre i pentastellati, che bocciano l’ipotesi di un distinguo per i pm che assumono ruoli tecnici, ad esempio entrando in governi o giunte senza essersi candidati. “Sono norme ad personam e ne abbiamo già avute abbastanza in passato”, taglia corto la pentastellata Giulia Sarti. Considerazione che non vede d’accordo il governo: “nessuna norma ad personam”, ribattono fonti accreditate dell’Esecutivo. Non fa sconti nemmeno Forza Italia, nonostante il sì all’impostazione di base della riforma: “I nostri ministri non potranno votare se non ci sarà un testo scritto che potrà essere esaminato e studiato in maniera approfondita”, insiste Antonio Tajani da Bruxelles in vista del Consiglio di ministri di domani.
    Una bozza scritta era in effetti stata chiesta dai partiti – in primis FI e Azione – dopo gli incontri avuti nei giorni scorsi con la Guardasigilli. E finora mai ricevuta, riferiscono più fonti. Era un modo per valutare, nero su bianco, gli orientamenti del governo rispetto al Csm, uno dei pilastri della riforma della giustizia che ha già modificato il processo penale e civile e che l’Italia si è impegnata ad approvare per ottenere i fondi del Recovery. Una riforma sollecitata da tempo anche per combattere il potere delle ‘correnti’ politiche interne alla magistratura, specie dopo gli scandali degli ultimi anni. Su questa base si articolerà la discussione in cdm. Sul tavolo, il pacchetto di emendamenti alla riforma che l’esecutivo proporrà al Parlamento. Del resto mercoledì prossimo la commissione Giustizia dovrebbe avviare il voto proprio sulle modifiche. In ballo oltre alle porte girevoli, c’è il sistema di elezione del Csm tra uno maggioritario binominale, senza nessuna lista e uno proporzionale. 

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    Da Ursula al campo largo, Comunali laboratorio alleanze

    Le elezioni amministrative di primavera si impongono nell’agenda dei partiti, con il centrodestra che ufficialmente ancora non sta affrontando la scelta dei candidati sindaci, visto che le divisioni emerse per l’elezione del Presidente della Repubblica ancora non sono state assorbite. Il centrosinistra invece spinge sull’acceleratore, con una prima riunione della segreteria del Pd dedicata alle elezioni comunali, nelle quali Enrico Letta punta a un campo addirittura “larghissimo”, coinvolgendo cioè Italia Viva, senza disdegnare esperimenti a livello locale, in primis a Palermo, e tenendosi pronti a un piano B nel caso di implosione di M5s.
    In questi giorni i leader del centrodestra non si stanno neanche parlando al telefono, dopo le parole di fuoco scambiatisi per i postumi dell’elezione del Capo dello Stato. Per ora degli annunciati incontri per scegliere i candidati sindaci non c’è traccia. Tuttavia dai territori arriva una richiesta di unità che difficilmente potrà essere ignorata. Tre le tipologie di riflessioni a secondo delle situazioni: laddove il centrodestra esprime il sindaco uscente che ha fatto un solo mandato, dai territori arriva il messaggio “squadra che ha vinto non si cambia” (es. Genova, Verona, L’Aquila); sotto traccia la querelle riguardante il vicesindaco che, se ci sarà un bis del sindaco, sarà il candidato in pectore dopo cinque anni.
    Difficilmente le tensioni (ad esempio a Genova per lo scontro tra il governatore Toti e la Lega) metteranno in discussione tale assetto. Diverso il caso in cui il sindaco di centrodestra abbia fatto due mandati (es Catanzaro) e la coalizione abbia chance di successo; in tali situazioni c’è un braccio di ferro per la scelta del successore, e il puzzle sarà risolto solo da un tavolo nazionale, come avvenne per le amministrative del 2021. Si guarda invece al civismo nelle situazioni in cui il centrosinistra è più forte.
    Nel centrosinistra l’annuncio mercoledì del candidato sindaco di Genova, Ariel Dello Strologo, fa da paradigma per le altre città. Attorno a lui una alleanza amplissima che comprende Pd, M5s e sinistra a cui si lavora per aggregare Iv, Azione e +Europa, dato il profilo riformista del candidato. Alla riunione della segreteria del Pd, Enrico Letta ha detto di voler replicare quel modello, pur con alcune specificità locali: per esempio a Carrara, dove il sindaco è di M5s, il Pd presenterà un candidato. Ma laddove si correrà separati si cercherà l’accordo al secondo turno.
    Un caso a sé è Palermo, dove potrebbe nascere una “coalizione Ursula”. Approfittando nelle divisioni nel centrodestra, il segretario del Pd in Sicilia, Anthony Barbagallo, ha ripetutamente incontrato Gianfranco Micciché, plenipotenziario di Fi. Ma, si è detto oggi in segreteria, a livello nazionale si punta a moltiplicare il modello Genova. Anche perché mercoledì sera da Bruno Vespa Matteo Renzi ha detto che un campo riformista sarebbe “casa sua”, perché M5s ormai è ininfluente.
    La disponibilità di Iv va dunque verificata e perseguita. Il piano B, temuto in casa Dem, riguarda una spaccatura di M5s. Certo, se si traducesse in una scissione di Conte e di un suo partito, si lavorerebbe per tenerlo dentro il campo progressista. Il timore è una unità formale nel M5s che porti tensioni sui territori tali da dirottare molti elettori sull’astensione.   

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    M5s: incontro Grillo-Di Maio

    Lungo incontro questo pomeriggio tra Beppe Grillo e Luigi Di Maio per fare il punto sui 5 stelle. Al termine del lungo colloquio bocche cucite sui contenuti. Virginia Raggi ha da poco lasciato gli uffici di Luca Amato, il notaio a cui spesso il Movimento 5 stelle ha fatto riferimento per certificare i propri atti. L’ex sindaca di Roma è salita a bordo dell’auto di scorta senza dire nulla alla ventina di giornalisti che da ore si spostano fra hotel e studi legali di Roma per provare a rintracciare gli incontri programmati da Beppe Grillo con i big del M5s.    

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    Liberation conferma, Luc Montagnier è morto

    E’ morto a Neuilly-sur-Seine, alle porte di Parigi, il professor Luc Montagnier, premio Nobel per i suoi studi sull’Aids, diventato negli ultimi anni un riferimento dei no vax. La notizia circolava da ieri sera sui social. Oggi l’ha confermata il quotidiano Liberation: Montagnier aveva 89 anni.
    Le fonti citate da Liberation sono il certificato di decesso del professore, morto martedì scorso all’Ospedale americano di Neuilly, depositato in Comune. E la testimonianza della dottoressa Béatrice Milbert, con la quale avrebbe dovuto organizzare una tavola rotonda a Ginevra nel gennaio 2021, che ha confermato il decesso. Ieri sera ad annunciare la morte di Montagnier era stato il sito di France Soir, una testata dove trovano grande spazio le tesi e i temi cari alla galassia no vax. Nessun altro media aveva confermato. Oggi era stato anche il controverso professor Didier Raoult, il “padre” della clorochina, con la quale curava i suoi pazienti di Covid-19 a Marsiglia, a confermare il decesso. 
    “Questa volta il cuore ha ceduto”: lo ha riferito il medico Gérard Guillaume, considerato tra i più fedeli collaboratori di Luc Montagnier, interpellato dall’ANSA a Parigi. Alla domanda sulle cause del decesso del professore francese Premo Nobel per la medicina, se fosse morto per Covid-19, Guillaume si è limitato a rispondere: “Non spetta a me dare informazioni, spetta alla famiglia decidere se esprimersi o meno. Io posso dire che se n’è andato in pace, con dignità, accanto ai propri cari. Era molto anziano, malato da tempo, fragile. Questa volta il cuore ha ceduto”. 
     Dopo il sito francese France Soir anche il professore francese, Didier Raoult, oggi ha annunciato la morte del virologo che negli ultimi tempi aveva abbracciato posizioni no-vax. “Luc Montagnier è morto. Perdiamo un uomo la cui originalità, l’indipendenza e le scoperte sull’Rna hanno permesso la creazione del laboratorio che ha isolato e identificato il virus dell’Aids”: scrive sul suo profilo Twitter il controverso professore dell’ospedale di Marsiglia, Didier Raoult, che nei primi tempi della pandemia divenne popolarissimo per le sue ricette alternative nella cura del coronavirus a base di idrossiclorochina.
    Queste scoperte, prosegue Raoult, sono valse a Montagnier “la gloria, il Premio Nobel nonché l’inaudita ostilità dei suoi colleghi. L’attenzione portata alle sue ultime ipotesi fu sproporzionata”, continua Raoult. Sui social si moltiplicano i messaggi di cordoglio, ma finora nessuna fonte ufficiale né altri media francesi e internazionali hanno confermato la morte del noto virologo, che secondo France Soir – sito di informazione considerato controverso in Francia – sarebbe morto martedì 8 febbraio “all’ospedale americano di Neuilly-sur-Seine”. 

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    Covid: convoglio camionisti no-vax dalla California a Washington

    Fa scuola anche in Usa “Freedom convoy”, la protesta dei camionisti canadesi contro l’obbligo di vaccino che ha paralizzato Ottawa ed altre citta’ del Paese, oltre al ponte commerciale piu’ trafficato con gli Usa.Negli Stati Uniti e’ stato organizzato il “People’s Convoy”, un convoglio di mezzi pesanti che si radunera’ il 4 marzo in California per dirigersi poi verso la capitale americana. Lo scrive Politico.La mobilitazione, sostenuta da influencers di estrema destra e politici conservatori, compreso Donald Trump, ha guadagnato l’attenzione dei gruppi estremisti e suprematisti.Online stanno gia’ circolando diversi messaggi criptati con consigli sulla logistica, il fundraising ed altro supporto tecnico per bloccare varie citta’.    

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    Ielo primo testimone in processo Palamara-Fava a Perugia

    (ANSA) – PERUGIA, 10 FEB – Sarà il procuratore aggiunto di
    Roma Paolo Ielo il primo testimone, citato dall’accusa, a essere
    sentito dal tribunale di Perugia (il 16 febbraio) nel processo
    che vede imputati l’ex magistrato romano Stefano Rocco Fava e
    l’ex consigliere del Csm Luca Palamara per rivelazione di
    segreto d’ufficio. E’ quanto scaturito dall’udienza di oggi.   
    Una quarantina i testimoni indicati dalla Procura del
    capoluogo umbro, dalle difese degli imputati e dalle parti
    civili. Ammessi dal collegio al termine dell’esame delle
    eccezioni preliminari. Tra questi, appunto, anche Ielo che nel
    procedimento si è costituito parte civile, rappresentato
    dall’avvocato Filippo Dinacci, nei confronti del solo Fava.   
    Il tribunale ha anche rigettato l’eccezione di nullità del
    decreto che dispone il giudizio proposta dalle difese. Ha quindi
    dichiarato aperto il dibattimento e valutato le richieste
    istruttorie delle parti.   
    Ammessa, tra l’altro, una intercettazione eseguita con il
    trojan il 16 maggio del 2019 tra Palamara e Fava. Secondo la
    difesa di quest’ultimo dal colloquio emerge “la prova decisiva
    che dimostra la sua innocenza”.   
    Al termine dell’udienza Palamara e Fava hanno reso delle
    dichiarazioni spontanee per ribadire la loro estraneità alle
    accuse. (ANSA).