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    IL PUNTO DELLE 12 – Mosca chiama 16mila volontari da Medio Oriente

    Mentre piovono i primi missili anche su zone occidentali dell’Ucraina e il fronte di guerra si allarga, l’Europa stanzia altri 500 milioni di euro per il sostegno militare a Kiev, come detto dall’Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera Josep Borrell, entrando al vertice di Versailles, dove sono riuniti per la seconda giornata i leader europei e si continua a ragionare, anche, dell’ingresso dell’Ucraina nell’Unione. Mosca, che ha chiesto un consiglio di sicurezza dell’Onu, rinforza i confini occidentali della Russia contro la Nato, ma non ne prevede la chiusura, specifica il Cremlino, e sostiene che ci siano 16mila volontari da vari Paesi del Medio Oriente pronti a essere arruolati per combattere nel Donbass. Ancora il Cremlino riferisce che “non ci sono le condizioni per il default della Russia”.
     Il giorno dopo il nulla di fatto del vertice in Turchia tra i ministri degli Esteri russo e ucraino, la tensione cresce.”Nessuno esclude” un incontro tra il presidente russo Vladimir Putin e quello ucraino Volodymyr Zelensky, i quali “si dovrebbero incontrare per ottenere qualche risultato”, afferma sempre il Cremlino, citato dalla Tass. Ma i morti aumentano. I profughi, quantificano le Nazioni Unite, sono ormai due milioni e mezzo da quando la Russia ha invaso il Paese confinante, il 24 febbraio. Il patriarca di Mosca Kirill torna a difendere la guerra di Vladimir Putin.    La notte, hanno riferito media ucraini, ha portato primi raid sulla città di Lutsk, nel nord-ovest e gli attacchi russi hanno colpito obiettivi civili, tra cui un asilo nido, per la prima volta a Dnipro, nell’Ucraina centrale, mentre le truppe di Mosca si avvicinano a Kiev. Sempre le autorità ucraine hanno denunciato che un raid ha colpito l’istituto di fisica e tecnologia di Kharkiv, sede di reattore nucleare sperimentale. A Mariupol, sotto assedio, il vicesindaco ha riferito che oltre 1.200 corpi sono stati rimossi dalle strade e saranno sepolti in fosse comuni.
    Da Mosca invece arriva l’accusa agli Usa di svolgere “attività biologiche militari in Ucraina”, con la richiesta di convocare oggi il Consiglio di sicurezza dell’Onu. Il ministro della Difesa Serghei Shoigu ha fatto sapere che lo stato maggiore militare è al lavoro per rinforzare la difesa dei “confini occidentali della Russia” con il ridispiegamento di unità militari e con armi avanzate, come contromisura al rafforzamento delle Nato dei suoi confini orientali, aggiungendo che il presidente Putin ha chiesto un rapporto in merito. Lo stesso Shoigu ha parlato dell’attivazione di 16mila volontari, soprattutto dal Medio Oriente per il Donbass: “Stiamo ricevendo – ha dichiarato – un numero colossale di richieste da volontari di vario tipo da vari Paesi che vogliono andare nelle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk per unirsi a quello che chiamano un movimento di liberazione”.
     Il capo religioso degli ortodossi russi, il patriarca Kirill, torna ad appoggiare la politica di Putin: “Sono fermamente convinto che i suoi promotori non siano i popoli di Russia e Ucraina”, ha detto, sostenendo che “anno dopo anno, mese dopo mese, gli Stati membri della Nato hanno rafforzato la loro presenza militare, ignorando le preoccupazioni della Russia”.
        Dal carcere il leader dell’opposizione russa Alexey Navalny invita a scendere in piazza e protestare contro la guerra ogni fine settimana a partire dal prossimo. La sua addetta stampa, Kira Yarmysh, ha reso noto la Tass, è stata inserita dal ministero dell’Interno nella lista dei ricercati.    

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    M5s: votano 34.040 iscritti, non raggiunto il quorum

    Non è stato raggiunto il quorum costitutivo per validare in prima convocazione il voto sul nuovo statuto M5s. Hanno votato 34.040 iscritti, comunica il M5s sul blog.Si procederà, quindi, con l’assemblea in seconda convocazione dalle 8 alle 22 di venerdì 11 marzo 2022.    

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    Allarme Draghi 'crescita rallenta'. Asse con Parigi

     La crescita rallenta, le materie prime potrebbero mancare, la guerra con Vladimir Putin non sarà breve e, comunque, della Russia si dovrà fare a meno a lungo. Al vertice dei leader europei a Versailles Mario Draghi porta innanzitutto i numeri di uno scenario non più ipotizzabile ma prevedibile. Numeri che rischiano di disegnare, per l’Europa e per l’Italia, il tunnel della recessione. Per questo, “la risposta europea dovrà essere convinta e rapida così come lo è stata quella con la Russia”, ha avvertito il premier italiano prima del summit francese. Ed è proprio con Emmanuel Macron – con cui Draghi ha avuto un faccia a faccia prima della riunione europea – che Roma fa ancora asse. Puntando innanzitutto sulla messa in campo di debito comune per affrontare il periodo di guerra.    Il premier è atterrato a Parigi dopo aver riunito, in mattinata, il Consiglio dei ministri. E proprio ai membri del suo governo, secondo indiscrezioni, Draghi non avrebbe escluso il rischio di una recessione. L’ipotesi tuttavia, è seccamente smentita da Palazzo Chigi e dallo stesso presidente del Consiglio. Nel punto stampa pre-vertice Draghi ha sottolineato infatti come “l’Italia non è in recessione”. Ma ha mostrato anche un certo realismo. “C’è stato un rallentamento della crescita, dobbiamo sostenere il potere d’acquisto delle famiglie. Ciò che dobbiamo fare è affrontare subito queste strozzature, queste mancanze di materie prime”, ha spiegato Draghi. E non c’è solo il nodo energetico. Agro-alimentare, carta, acciaio, ceramica, sono alcuni dei prodotti a rischio.    L’azione, secondo Palazzo Chigi, deve essere rapida. Lo strumento da usare, da qui a fine marzo, sarà oggetto di un serrato negoziato in Ue. E l’ipotesi di un fondo Sure – fatto esclusivamente di prestiti e molto più agevole da usare rispetto al Next Generation Ue – di certo non potrebbe dispiacere a Roma.    Il problema, ha sottolineato Draghi, non è solo italiano. Non a caso il premier, prima del vertice europeo, ha avuto un lungo colloquio con Macron. La Spagna di Pedro Sanchez è sulla stessa linea. E chissà se nel breve percorso fatto con Olaf Scholz dalla photo-family nel cortile di Versailles all’ingresso della Reggia, Draghi non abbia provato a smussare la posizione di Berlino. Il premier, tuttavia, vuole evitare qualsiasi narrativa che vede Italia e Francia contro i falchi europei. “Siamo pienamente allineati nelle sanzioni contro la Russia e nel sostenere le nostre economie e le nostre imprese, le nostre famiglie”, ha puntualizzato il capo del governo.    Del resto anche in Italia la scelta compiuta da Usa e Gran Bretagna si fa strada. “Dobbiamo arrivare allo stop a petrolio e gas russi”, ha sottolineato il leader Pd Enrico Letta. (ANSA).   

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    Fine vita, primo ok Camera. Ma al Senato numeri risicati

    A tre anni e mezzo dalla prima ordinanza della Corte costituzionale del novembre 2018 che sollecitava il Parlamento a varare una legge sul suicidio assistito, la norma compie il primo passo con l’approvazione da parte della Camera, dove i tentativi del centrodestra di affossare la legge a colpi di voti segreti non hanno sortito effetto. La maggioranza giallo-rossa che sostiene la legge ha retto, e alla fine i sì sono stati 253 e i no 117, con un astenuto, l’azzurro Simone Baldelli. Anzi, in favore del provvedimento si sono schierati anche sei deputati di Fi e cinque di Coraggio Italia, mentre dentro Italia Viva (che aveva lasciato libertà di voto) in sette hanno votato contro. Ora la legge passa al Senato dove la situazione, però, potrebbe complicarsi per i sostenitori del Fine vita visti i numeri più risicati. Allarme colto dal presidente della Camera, Roberto Fico, che salutando come “un passo fondamentale” il primo ok al provvedimento sottolinea come il Parlamento debba “assumersi le proprie responsabilità affrontando anche i temi etici e dando risposte ai cittadini”.    All’ordinanza del novembre 2018 della Consulta, era seguita un anno dopo una pronuncia della Corte che dichiarava parzialmente incostituzionale il reato di aiuto al suicidio, nella sentenza sul caso Dj Fabo-Cappato. In essa indicava al Parlamento quattro pilastri per una legge sul suicidio assistito: che il paziente sia in grado di intendere e volere; che sia affetto da una malattia non reversibile; che abbia sofferenze psichiche o fisiche intollerabili; che dipenda da presidi vitali. Queste quattro condizioni per accedere alla “morte volontaria medicalmente assistita” (questo è il nome ufficiale della legge) sono il cuore del provvedimento approvato dalla Camera, dopo una complessa mediazione dei relatori, Alfredo Bazoli (Pd) e Nicola Provenza (M5s).    Questi hanno accolto già in Commissione una serie di richieste del centrodestra, a partire dalla possibilità di obiezione di coscienza per i sanitari, richiesta anche dalla Cei. Inoltre è stato previsto che le sofferenze del paziente siano “fisiche e psichiche” e non “fisiche o psichiche”; e ancora, il paziente deve essere tenuto in vita da trattamenti sanitari di sostegno vitale. Due punti che i critici sostengono siano in contrasto rispetto ai paletti indicati dalla Consulta.    L’associazione Luca Coscioni, promotrice del referendum sull’eutanasia, e i Radicali Italiani hanno chiesto che il Senato modifichi almeno questo punto.    “Con il primo via libera alla Camera – esulta il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà – il Parlamento si rimette in sintonia con il Paese”; concetto evidenziato dai partiti che hanno sostenuto la legge (dal segretario del Pd Enrico Letta al capogruppo di Leu Federico Fornaro). Il centrodestra tutto, da Antonio Palmieri e Pierantonio Zanettin di Fi, fino a Carolina Varchi (Fdi), Alessandro Pagano (Lega) e Fabiola Bologna (Ci) ha sostenuto che la legge apre le porte in futuro all’eutanasia, come è avvenuto in Belgio o in Olanda.    Tesi respinta da Graziano Delrio del Pd.    Dal centrosinistra e da M5s è arrivato l’auspicio che ora il Senato mandi avanti la legge e non la affossi come avvenuto per il ddl Zan. La capogruppo del Pd Simona Malpezzi si è impegnata a far procedere la legge a Palazzo Madama dove tuttavia i numeri dei giallo-rossi sono risicati, e dove saranno determinanti i voti delle varie e spesso imprevedibili componenti del gruppo Misto.    

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    Energia: da fine 2021 sbloccati 18 impianti eolici, 10 nel Lazio

    Da fine 2021 il governo ha sbloccato 18 tra parchi e impianti eolici, 10 solo nel Lazio.
    Nell’elenco di Palazzo Chigi compaiono 6 progetti e un’opera connessa approvati in Consiglio dei ministri il 3 dicembre dell’anno scorso, mentre per altri 12 progetti è stata sbloccata la Via dalla presidenza del Consiglio.
    Nel dettaglio a dicembre hanno avuto disco verde il parco eolico Cerignola Veneta Nord (50,4 mw) e Sud (79,8 mw), quello di Ascoli Satriano, in provincia di Foggia (43,2 mw) e ancora il parco eolico “Banzi la Regina”, in provincia di Potenza (33,6 mw) e l’impianto “Lampino” che interessa in provincia di Foggia i Comuni di Orta Nova e Stornara (79,8 mw).
    Sempre a dicembre è stata anche prorogata la Via del parco eolico nel Comune di Montemilone, ancora in provincia di Potenza (per 60 mw), ed sono state sbloccate una nuova stazione elettrica a 380/132 kV e nuove linee a 380 kV ed a 132 kV nell’ambito dello sviluppo della Rete elettrica nazionale nell’area di Lucca. Negli ultimi mesi del 2021 sono stati poi sbloccati i provvedimenti di Via per 10 impianti fotovoltaici nel Lazio, uno in Toscana e uno in Umbria.
    Nel dettaglio si tratta di 5 impianti a Montalto di Castro, in provincia di Viterbo, nelle località Camposcala (53,33 mw), Macchiagrande (47 mw), La Viola (33,1 mw), Galeotti Ponton – Giovanna (36,96 mw) Guinza Grande e Vaccareccia (48,5 mw).
    Altri tre impianti sono sempre in provincia di Viterbo, a Tuscania (Tuscia 15 da 62,5 mw e Tuscia 21 da 39 mw) e Tarquinia (in località Pian d’Arcione per 170,11 mw).
    Un impianto è stato sbloccato anche a Viterbo città, in località Rinaldone (44,783 mw) e uno ad Aprilia, in provincia di Latina, nella località Scalette (40 mw).
    A questi si aggiungono l’impianto di Roccalbegna in provicnia di Grosseto, in Toscana (località Podere di Moggino, per 975 kw) e l’impianto “Castiglione Aldobrando 1” a Gubbio, in Umbria (200 kw).  

       

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    Morte Rossi: Viola, mi rimbombano ancora parole e-mail Help

    (ANSA) – SIENA, 10 MAR – “Mi sento di dire di no”, che non fu
    un omicidio, “è il giudizio che mi sono dato avendo letto le
    carte, considerando abbastanza improbabile che qualcuno riesca
    ad entrare in banca e possa farlo”. Così ha risposto l’ex ad di
    banca Mps Fabrizio Viola audito alla Commissione parlamentare
    d’inchiesta che gli hanno chiesto se secondo lui David Rossi, il
    capo della comunicazione di Mps morto il 6 marzo 2013
    precipitando da una finestra di Rocca Salimbeni, possa esser
    stato ucciso. “Peraltro – ha detto ancora Viola – associo il
    disagio di David a quello che è successo e Rossi era sicuramente
    sotto stress”. Viola ha anche detto che “quando oggi si parla di
    David Rossi mi rimbombano, non solo in testa, le parole scritte
    in quella e-mail”, nota come ‘help’, ” ma anche tutto ciò che
    c’è stato intorno. Siamo al paradosso che per me oggi parlare di
    Santorini e Alexandria è più facile che parlare di David Rossi”.   
    “Questa tragedia, insieme a tanti altri problemi, è quella che
    più mi ha colpito dal punto di vista umano e che ancora oggi mi
    crea turbamento”, ha affermato Viola ricordando che “dopo la
    perquisizione che ebbe, le preoccupazioni principali di David
    Rossi erano la perdita di lavoro e l’arresto”. Ma “sull’arresto
    – ha detto Viola – l’avevamo messa anche sul ridere. Lui mi
    diceva la famosa frase” dei carcerati “‘mi porterai le
    arance…’. E io gli dicevo ‘Non ti voglio sminuire, ma dai le
    giuste dimensioni alle cose che succedono”. “Gli dicevo – ha
    proseguito l’ex ad -‘Tu sei capo della comunicazione per quanto
    tu possa aver saputo, faccio fatica a pensare che tu abbia
    potuto compiere dei reati'”. Per quanto riguarda il posto di
    lavoro, ha sempre ricordato Viola “credo di avergli dato più
    volte rassicurazioni sul fatto che questa era una cosa fuori dai
    radar. Più volte gli ho ricordato l’apprezzamento mio e del
    presidente Profumo”. (ANSA).   

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    Lombardia crea comitato per emergenza Ucraina,lo guida Bertolaso

    (ANSA) – MILANO, 09 MAR – Con un decreto firmato oggi dal
    presidente Attilio Fontana, Regione Lombardia ha costituito il
    ‘Comitato esecutivo per l’emergenza in atto in Ucraina’.   
    Coordinatore della struttura, in qualità di consulente del
    presidente, è stato nominato Guido Bertolaso, che ha coordinato
    anche la campagna vaccinale anticovid.   
    Fanno parte del Comitato Roberto Laffi (direttore generale
    Territorio e Protezione civile). Giovanni Pavesi (direttore
    generale Welfare), Claudia Moneta (direttore generale Famiglia e
    Solidarietà sociale, Disabilità e Pari opportunità) e Aberto
    Zoli (direttore generale Areu).   
    “Per assicurare soccorso e assistenza alla popolazione
    ucraina, in conseguenza della grave crisi internazionale in atto
    – spiega il presidente Fontana – abbiamo deciso di costituire
    questo Comitato. Uno strumento che contribuirà ad affrontare,
    sulla base dell’ordinanza del Governo, quanto necessario per le
    azioni e le attività da mettere in campo durante la crisi”.   
    “Ciò – continua il presidente – avverrà in costante raccordo
    con il governo, a partire dalla Protezione civile nazionale. Nel
    ringraziare chi opererà all’interno di questa struttura rinnovo
    il mio appello alla solidarietà e alla vicinanza nei confronti
    di chi fugge dalla guerra”. (ANSA).   

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    IL PUNTO – Verso lo stop Usa all'import di greggio russo

     Il presidente americano Joe Biden annuncerà nuove misure contro la Russia in risposta alla sua “guerra non provocata e non giustificata in Ucraina” in una conferenza stampa alle 10.45, le 16.45 in Italia. Secondo i media locali, annuncerà lo stop alle importazioni di greggio russo già da oggi, senza la partecipazione degli alleati europei. Dall’Estonia, il suo segretario di Stato, Antony Blinken, dice che l’invasione dell’Ucraina costituisce “un’opportunità, non solo significativa ma imperativa, per molti paesi in Europa, di liberarsi dalla dipendenza dall’energia russa”, perché Mosca “usa l’energia come un’arma”. Una prima bozza della dichiarazione che chiuderà il vertice Ue di Versailles, giovedì e venerdì prossimo, fissa come obiettivo “l’eliminazione della dipendenza da petrolio, gas e carbone importati dalla Russia”, e sul tavolo ci sarò anche l’uso di eurobond per le spese energetiche. Il vicepremier russo Aleksandr Novak ha già avvertito che in caso di un embargo petrolifero “abbiamo tutto il diritto di prendere una decisione corrispondente e imporre un embargo sul pompaggio di gas attraverso il gasdotto Nord Stream 1”, tagliando così l’approvvigionamento dell’Europa. Gli risponde il vicecancelliere tedesco, Robert Habeck, secondo il quale “se Putin taglia la consegna di fonti energetiche, la Germania è preparata”. “Le minacce sono qualcosa che possiamo tollerare.    Altro è se noi prendiamo una misura attivamente”, ha aggiunto.    Con l’aspettativa dell’annuncio di Biden, il petrolio vola a New York: il prezzo del Wti aumenta del 4,5%, a 124,66 dollari al barile.    In Ucraina, nel frattempo, il presidente Volodymyr Zelensky si dice “pronto a un dialogo, non alla capitolazione” e per la prima volta apre a una soluzione negoziale con la Russia sulla Crimea e quelle che chiama le “pseudo repubbliche” separatiste del Donbass. “Possiamo discutere e trovare un compromesso su come questi territori continueranno a vivere”, spiega. Ma l’unica intesa ottenuta finora nei colloqui bilaterali – per la creazione di corridoi umanitari per l’evacuazione dei civili dalle città assediate – è nuovamente fallita oggi, dopo che media ucraini hanno informato che a Sumy l’evacuazione, iniziata in mattinata, è stata interrotta a causa dei “bombardamenti dei carri armati nemici”. Kiev ha inoltre accusato i russi di aver attaccato anche il corridoio umanitario di Mariupol, denunciando che “i crimini di guerra fanno parte di una strategia deliberata”.    L’Unhcr calcola che più di 2 milioni di ucraini sono già fuggiti dalla guerra in meno di due settimane e secondo l’Unicef un milione di questi sono bambini. James Elder, portavoce dell’agenzia Onu, parla di “una buia prima volta nella storia”, perché “non avevamo mai affrontato una crisi di rifugiati di questa velocità e di questa portata”. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio sente al telefono il responsabile dell’Unhcr, Filippo Grandi, e sottolinea che “serve l’impegno di tutta la comunità internazionale per far fronte a una crisi umanitaria sempre più dilagante”. Papa Francesco, in un tweet dedicato alla Festa della donna, scrive: “Penso alle giovani madri e ai loro bambini in fuga da guerre e carestie o in attesa nei campi per i rifugiati. Sono tanti!”. E il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin ha sentito al telefono il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, a cui ha ribadito l’appello “perché cessino gli attacchi armati, si assicurino dei corridoi umanitari per i civili e per i soccorritori, e alla violenza delle armi si sostituisca il negoziato” Nel suo primo colloquio con i leader occidentali dall’inizio della crisi, il presidente cinese Xi Jinping ha chiesto al presidente francese Emmanuel Macron e al cancelliere tedesco Olaf Scholz di agire con la “massima moderazione” in Ucraina. La Cina, ha spiegato Xi, “deplora profondamente” la guerra e sostiene il rispetto della “sovranità e integrità di tutti i Paesi”, ma anche le “legittime preoccupazioni in materia di sicurezza”. “Tutti gli sforzi per una soluzione pacifica dovrebbero essere supportati”, ha sottolineato il leader cinese, che ha comunque bocciato le sanzioni adottate contro Mosca “che avranno un impatto negativo”, perché risultano “dannose per tutte le parti”. (ANSA).