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    Comunali: anche in Sardegna election day il 12 giugno

    (ANSA) – CAGLIARI, 31 MAR – Le elezioni Comunali in Sardegna
    saranno celebrate il 12 giugno, nello stesso giorno dei
    referendum sulla giustizia. Nell’Isola si vota in 65 Comuni, due
    sopra i 15mila abitanti (un capoluogo, Oristano, e Selargius).   
    Il 26 giugno sarà invece dedicato ai ballottaggi. La data delle
    amministrative, apprende l’ANSA, sarà formalizzata con delibera
    nella prossima seduta di Giunta, probabilmente già stasera.   
    Non ci sarà spazio nell’election day per i referendum da
    celebrare nei comuni confinanti per le adesioni alle nuove
    province istituite dalla riforma degli enti locali uscita
    indenne dalla sentenza della Corte Costituzionale. Prima,
    infatti, la Giunta dovrà nominare i commissari per garantire la
    transizione dal vecchio al nuovo assetto. (ANSA).   

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    Martedì Draghi in audizione al Copasir

    Il premier Mario Draghi, a quanto si apprende da fonti di Palazzo Chigi, sarà audito dal Copasir martedì prossimo. Si tratterebbe della prima audizione del presidente del Consiglio al Comitato parlamentare per la sicurezza della repubblica. 

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    Draghi a Putin: 'Parliamo di pace, fermi subito le armi'

    “Presidente, parliamo di pace”. E’ metà pomeriggio quando il presidente del Consiglio Mario Draghi sente al telefono il presidente russo Vladimir Putin per rinnovargli, in viva voce, l’appello a fermare al più presto le armi per lasciare davvero il posto alla diplomazia e avvicinare la fine della guerra. Inevitabile un confronto sul gas, di cui l’Italia è secondo acquirente Europeo dopo la Germania, e sul sistema dei pagamenti in rubli che doveva scattare, come ritorsione, già dalla fine del mese e invece non se ne parlerà almeno fino alla prossima settimana.    A Palazzo Chigi hanno preparato con cura il contatto con il Cremlino. L’ultimo risale a quasi due mesi fa, quando la crisi era in atto ma nessuno, nelle cancellerie occidentali, pensava che davvero Mosca avrebbe sferrato un attacco militare all’Ucraina. Ora ce ne saranno altri, forse già la prossima settimana, perché da entrambe le parti si è concordato sulla opportunità di mantenersi in contatto.    Il colloquio – dopo che a fine febbraio l’ipotesi di un viaggio a Mosca del premier era stata cancellata dall’invasione russa dell’Ucraina – è lungo, prosegue per quasi un’ora. Draghi fa molte domande al capo del Cremlino, per capire fino a che punto stiano producendo risultati le trattative che si sono aperte ieri a Istanbul. Stati Uniti e Ue restano scettici sui reali passi avanti senza un cessate il fuoco che Draghi chiede “al più presto” per “proteggere” i civili e “sostenere lo sforzo negoziale”. Al suo interlocutore conferma la disponibilità del governo italiano a contribuire al processo di pace, ma, ribadisce a più riprese, in presenza di “chiari segni” di de-escalation da parte della Russia. Putin finora, ha sostenuto il premier in tutte le occasioni pubbliche, non ha mai dato veri segnali di volere la pace, ha disatteso gli impegni sui corridoi umanitari e ha continuato a colpire le città con l’artiglieria pesante anche alla vigilia dei negoziati di Istanbul. Ora appare qualche spiraglio, riconosciuto a fasi alterne, e con letture a volte opposte, da Kiev e da Mosca: “Valuteremo gli annunci russi dai fatti”, aveva detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio in mattinata, preannunciando la telefonata. Lo stesso “realismo” con cui Draghi ha ascoltato le parole di Putin che si sarebbe detto “ottimista” sull’esito dei negoziati.    Al premier italiano il leader russo, raccontano dallo staff di Palazzo Chigi, ha espresso soddisfazione sia perché l’Ucraina starebbe accettando la questione della neutralità territoriale, di cui peraltro l’Italia, insieme ad altri alleati, potrebbe fare da garante. Certo, sarebbe difficile assecondare la richiesta ucraina di un “obbligo di difesa” cui legare i paesi garanti. Ma “siamo a uno stadio preliminare”, prima “arriviamo alla pace”, poi si penserà ai possibili scenari di aggressioni future, tagliano corto fonti diplomatiche italiane.    Sembra restare sullo sfondo, anche se vale miliardi, la questione del gas: Putin, si limita a dire Palazzo Chigi, “ha descritto il sistema dei pagamenti del gas russo in rubli”. A Mosca, è la lettura europea, il sistema delle sanzioni inizierebbe a pesare. Tanto che anche in una conversazione con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, Putin avrebbe assicurato intanto che i pagamenti potranno continuare per il momento ancora in euro. E che in ogni caso che il passaggio alla moneta russa non sarebbe “peggiorativo” dei contratti sottoscritti dai clienti europei. Draghi sul punto avrebbe ascoltato senza replicare, ma la posizione italiana e degli alleati, era emersa con chiarezza già nei vertici della scorsa settimana a Bruxelles. Una richiesta di saldare in rubli sarebbe “illegale”, una “violazione” dei contratti respinta con forza da Ue e G7.   

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    Governo blinda il dl Ucraina, partiti trattano sul 2%

    Con una serie di artifici regolamentari e un sapiente gioco di sponda nella maggioranza, il governo mette in salvo il decreto Ucraina: sul provvedimento cala la fiducia del governo e il testo va in Aula senza il fardello di un ordine del giorno sull’aumento delle spese militari al 2% del Pil entro il 2024. E’ una soluzione che raffredda la temperatura dello scontro tra il premier Mario Draghi e il leader 5 Stelle Giuseppe Conte: al momento possono cantare tutti vittoria.
    Il governo porta a casa il provvedimento per gli aiuti all’Ucraina senza timore di strappi, sempre possibili da parte del M5s dove non mancano senatori titubanti sul voto, uno per tutti il presidente della Commissione Esteri Vito Petrocelli. E all’esecutivo resta sempre l’ordine del giorno già votato dalla Camera che lo impegna ad aumentare le risorse entro il 2024. Giuseppe Conte e il Movimento escono dal “cul de sac” in cui si erano cacciati, riuscendo a “sminare” la trappola messa in Commissione da Fdi e dal governo che aveva accolto il suo ordine del giorno sul 2%. Senza dover fare marcia indietro e anzi, ottenendo un’apertura sulla richiesta di gradualità per arrivare all’obiettivo del 2%.”Vi posso assicurare che il M5s continuerà a lavorare non per la crisi di governo ma per una soluzione di buon senso” spiega Conte che, dopo aver contestato i numeri forniti dal governo sull’andamento negli anni delle spese per gli armamenti, manda il suo messaggio: “Nessuno dice di non rispettare gli impegni presi ma di allungare la curva al 2030”.
    Poco dopo parla il ministro della Difesa, il dem Lorenzo Guerini: “Fin dal momento in cui ho assunto la guida di questo dicastero ed anche in questi giorni ho sempre indicato sia l’esigenza di rispettare l’obiettivo del 2%, sia la gradualità con cui raggiungerlo” dice e precisa: “Dal 2019 ad oggi abbiamo intrapreso una crescita graduale delle risorse sia sul bilancio ordinario che sugli investimenti, che ci consentirà, se anche le prossime leggi di bilancio lo confermeranno, di raggiungere la media di spesa dei Paesi dell’Ue aderenti alla Nato e poi, entro il 2028, il raggiungimento dell’obiettivo del 2%”.

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    Da Odessa a Leopoli, sul treno della speranza IL REPORTAGE

    La geografia degli sfollati in Ucraina, da qualche giorno a questa parte, è cambiata. I flussi si sono ridotti, buona parte di chi doveva scappare, per fortuna e nonostante mille peripezie, è già fuggita. Ma il grande esodo non è finito, ha solo cambiato forma e si nutre di chi, in autonomia, dopo 35 giorni di conflitto, ha deciso di dire basta.    Sono ad esempio i passeggeri del treno n. 036 che da Odessa porta a Leopoli e da lì nella città polacca di Przemysl.    Famiglie arrivate in autonomia a Odessa dall’Est in fiamme e pronte a percorrere le ultime 15 ore che le separano dalla salvezza.    Non tutti i rifugiati in una guerra sono uguali. C’è chi non ha più una casa e non ha più averi. Chi senza corridoi umanitari ad hoc, forse, non potrà mai fuggire. E c’è chi invece è stato più fortunato e ha deciso di intraprendere il lungo viaggio in autonomia da città che hanno sì subito le bombe russe ma senza uscirne distrutte. In tanti, sul treno che collega Odessa a Leopoli passando attraverso boschi spogli e disseminati da accampamenti militari, arrivano dall’Oblast di Mykolaiv. E’ il fronte del Sud, dove i missili, nonostante i negoziati turchi, continuano a sibilare.    Nelle cuccette del treno è un proliferare di chiamate. “Come va lì?” “State bene?” “Stiamo arrivando”. C’è chi si fermerà a Leopoli e chi entrerà nell’Ue per rimanerci chissà quanto. Tre donne sono dirette a Praga, dove la più giovane di loro vive e lavora da anni. Ha deciso di tornare fino a Mykolaiv per venire a prendere madre e nonna. La casa è ancora lì, i bagagli preannunciano un arrivederci, non un addio. “Presto ci tornerò, nella mia Ucraina. E’ più bella della Repubblica Ceca, no?”, ironizza Svitlana, interrogando se stessa e tutta la cuccetta. E poi, all’alba, quando è nuovamente permesso alzare le tendine dei vagoni, guarda a lungo fuori dal finestrino. E piange.    Non è l’unica a farlo, nel treno n. 036. “La guerra non sappiamo quando finisce, non potevamo ancora restare lì”, racconta una ragazza, che con la sorella ha deciso di fermarsi, almeno per un po’, nella più sicura Leopoli. “In 50mila tra gli sfollati vivranno in città per qualche anno. Servono fondi per costruire nuove case”, avverte il sindaco Andriy Sadovyi.    Fino a qualche tempo fa sui treni che andavano verso l’Ucraina non c’era nessuno. Ora non è più così. Alcuni, raccontano alla stazione di Leopoli, stano cominciando a tornare indietro. Incrociando le dita e guardando le ultime notizie da Istanbul. E magari facendo tappa nella capitale dell’Ovest, che resta la città più sicura del Paese. Il centro storico, patrimonio dell’Unesco, ha ripreso a vivere a pieno ritmo. I bar, nonostante il gelo e la pioggia, hanno messo i tavolini per strada. Nella Piazza del Mercato e nelle strade adiacenti sono tornati i musicisti di strada. Le sirene suonano ancora, ma spaventano meno.    Leopoli resta guardata a vista dai militari. E resta un crocevia di giornalisti, fotoreporter, diplomatici e foreign fighters. “Dalla Repubblica Ceca siamo venuti in centinaia, la maggior parte senza esperienza, tutti volontari”, racconta Promoteo, nickname scelto da un giovane che fa parte del gruppo ‘who if not us’, ‘chi se non noi’. I componenti, di Praga, sono qui “per fare ciò che non fa la Nato”. E non avete paura di morire? “Sì, ma forse ha più senso che morire di vecchiaia mangiando hamburger”, è la personalissima visione di Prometeo della guerra in Ucraina.    

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    Circolare, isolamento positivi e autosorveglianza contatti

    Isolamento solo per i positivi, autosorveglianza per 10 giorni per i contatti stretti di casi positivi al Covid e tamponi giornalieri per gli operatori sanitari fino al quinto giorno dall’ultimo contatto con un soggetto contagiato. Lo prevede la circolare del ministero della salute ‘Nuove modalità di gestione dei casi e dei contatti stretti di caso COVID-19’, tenendo conto del Decreto legge 24 marzo 2022 su ‘Disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell’epidemia da COVID-19 in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza’.    

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    Salah Abdeslam esce dal silenzio: 'Rinunciai ad uccidere'

    Salah Abdeslam, principale imputato al maxiprocesso per le stragi jihadiste a Parigi nel 2015 e unico superstite dei commando che uccisero 130 persone, è uscito dal silenzio per ribadire che nella sera degli attentati rinunciò ad uccidere. Poco prima, in occasione dell’interrogatorio in aula sui suoi movimenti la sera di quel 13 novembre, Abdeslam aveva scelto di ricorrere alla “facoltà di non rispondere”. 
    “Non sono andato fino in fondo. Rinunciai ad attivare la mia cintura (esplosiva) non per vigliaccheria, non per paura, ma perché non volevo, è tutto”, ha dichiarato Abdeslam in risposta alla domanda di un’avvocatessa delle parti civili, Claire Josserand-Schmidt, in occasione del maxi-processo. Da circa due ore, in aula, l’unico membro ancora in vita dei commando di terroristi rifiutava di rispondere alle domande della Corte, dell’accusa, e degli altri avvocati presenti.
    Claire Josserand-Schmidt è tuttavia riuscita a farlo uscire dal silenzio, ricordando al principale imputato la “promessa”, da lui espressa in un precedente interrogatorio, di fornire spiegazioni. “Le parti civili – ha puntualizzato la donna – non le rivolgono domande per incastrarla, ma per cercare di capire, per cercare di capirla”.
    Dicendosi prima di tutto “dispiaciuto”, Abdeslam ha quindi accettato di “rispondere a qualche domanda”. L’avvocatessa lo ha interrogato, in particolare, sulle sue precedenti dichiarazioni di febbraio, quando lasciò intendere di aver fatto “retromarcia” rinunciando ad attivare la cintura esplosiva in quella tragica notte parigina. Versione confermata oggi dal francese di 32 anni. Ma allora perché aver detto ai suoi cari che la cintura fece cilecca? Fu una bugia? “Si, è così”, risponde laconico Abdeslam, aggiungendo: “Mi vergognavo di non essere andato fino in fondo. Temevo, semplicemente, lo sguardo degli altri (jihadisti,ndr)”. Un’ultima battuta prima di trincerarsi nuovamente nel silenzio.    

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    Qui Londra, popstar in concerto per l'Ucraina

    Qualcuno l’ha definito un ‘Live Aid’ per l’Ucraina, ricordando il grandioso concerto organizzato dal musicista Bob Geldof nel 1985 al Wembley Stadium di Londra con l’obiettivo di raccogliere fondi per alleviare la carestia etiope di quegli anni. Le dimensioni del Concert For Ukraine sono state inferiori ma la città di Birmingham ha dato un grande contributo per aiutare i profughi in fuga dal Paese europeo in guerra, con quasi 15 milioni di euro di incasso, fra biglietti, pubblicità sull’emittente Itv e donazioni online. A beneficiarne è stato il Disasters Emergency Committee (Dec), rete di associazioni di volontariato britanniche che col suo appello per l’Ucraina ha sino a ora raccolto oltre 300 milioni di euro, che verranno usati per fornire cibo, acqua, alloggio e assistenza medica ai rifugiati. Nella serata si sono esibite popstar del calibro di Camila Cabello, Ed Sheeran e gli Snow Patrol, oltre a Emeli Sande, Becky Hill e The Manic Street Preachers. Jamala, vincitrice dell’Eurovision 2016 in rappresentanza dell’Ucraina, ha eseguito la sua canzone “1944”, sulla deportazione dei tartari di Crimea da parte dell’Unione Sovietica. Fra una canzone e l’altra alla Resorts World Arena sono stati proiettati dei brevi filmati che documentano la vita degli sfollati ucraini sia in patria che nei Paesi vicini. Sheeran ha cantato due dei suoi brani più famosi, ‘Perfect’ e ‘Bad Habits’ e rivolgendosi al pubblico ha detto: “Grazie mille per essere venuti. È una causa così importante e sono così onorato di essere qui”. Mentre Cabello, cantante cubana naturalizzata statunitense, ha sottolineato: “Stasera preghiamo per la pace e la sicurezza del popolo ucraino”. La Gran Bretagna sostiene l’attività per raccogliere milioni in favore dell’Ucraina nell’ambito umanitario ma anche in quello militare. Domani il ministro della Difesa Ben Wallace vuole discutere in una conferenza con i Paesi alleati sull’invio di altre armi letali all’Ucraina impegnata contro l’invasione russa.