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    Ucraina: viaggio a Kiev? Papa, “è sul tavolo”

    (ANSA) – ROMA, 02 APR – AEREO PAPALE – “Sì, è sul tavolo”:
    così Papa Francesco ha risposto ai giornalisti sul volo verso
    Malta che gli chiedevano se ha preso in considerazione l’invito
    ad andare a Kiev. (ANSA).   

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    Ucraina, alle terme di Truskavets, porto degli sfollati

    Oksana da circa un mese coordina le donazioni per centinaia di rifugiati dell’est dell’Ucraina.    Coordina la distribuzione di pile e pile di magliette, camicie e maglioni. Di decine e decine di passeggini e scarpette per i più piccoli. Siamo a Truskavets, la ‘Montecatini Terme’ dell’Ucraina che, dall’inizio della guerra, si è convertita, lontano dei riflettori, nel porto sicuro per donne e bambini in fuga dalle città martoriate dell’Est.    Truskavets, fino a poche ore prima della fatidica notte tra il 23 e 24 febbraio, era, molto semplicemente, il più famoso centro termale del Paese. Le sue acque benefiche venivano bevute da centinaia di visitatori, arrivati da ogni parte dell’Ucraina.    A Truskavets ci sono grandi alberghi e centri messaggi, pizzerie italiane e lunghe passeggiate nel parco. A Truskavets, o almeno in tanti suoi ristoranti, ancora adesso capita di ascoltare cantanti italiani divenuti star a queste latitudini, come Pupo, i Ricchi e Poveri o Toto Cutugno. Ma la città in meno di un mese si è trasformata in uno dei luoghi più accoglienti per gli sfollati ucraini. Si tratta di rifugiati interni che non hanno la forza, soprattutto economica, di oltrepassare il confine. Che nell’Unione Europa non hanno alcun appiglio. E allora decidono di stanziarsi a Truskavets, prendendo uno dei due treni che, quotidianamente, collegano Dnipro e Kharkiv a questa cittadina ai piedi dei Carpazi Orientali.    In un’enorme sala circolare di un grigio edificio sovietico, una lunga fila di donne attende, in maniera composta, il proprio turno. All’interno della sala i volontari cercano di fare ordine tra le migliaia di donazioni arrivate dall’Ucraina e dall’estero. “Qui giungono aiuti dalla Francia, dalla Polonia, dalla Romania, e certamente sto dimenticando qualche Paese”, spiega Oksana. Coordina una ventina di volontari, in parte sono rifugiati che danno una mano a chi ha avuto un destino molto simile. Come Timur, che viene da Kharkiv e che si è fermato a Truskavets, lasciando che il fratello e la sua famiglia arrivassero in Slovacchia. “La mia casa a Kharkiv non è stata distrutta ma vivere lì è impossibile. Ho perso tanti amici, e in città non c’è praticamente più nulla”, racconta Timur dicendosi “pronto”, se sarà necessario, ad arruolarsi e combattere.    A Truskavets arrivano dai duecento ai seicento sfollati al giorno. Recentemente i flussi sono diminuiti ma l’emergenza non è mica finita. A Villa Goplana, uno degli edifici più belli della città, costruito negli anni Venti del Novecento in stile Zakopane (che prende il nome dagli edifici in legno della stazione sciistica polacca) un gruppo di donne taglia e cuce vestiti. “Abbiamo tante donazioni ma sappiamo che la guerra sarà lunga”, sospira Oksana. I rifugiati sono ospitati in tre delle scuole cittadine o in strutture, anche private, situate nei dintorni di Truskavets, per la quale, tra l’altro, si è mobilitata anche la città gemella di Chianciano Terme.    Per arrivare in città da Leopoli va percorsa la statale T1416. Lungo la strada, all’altezza di Medenyci, ad un certo punto il traffico rallenta. Ai lati, dal nulla, compaiono decine e decine di persone inginocchiate. Poco più avanti ecco tre macchine nere sulle quali sventolano la bandiera nazionale giallo-blu e quella rosso-nera dell’Esercito insurrezionale ucraino, presa in prestito dai battaglioni di difesa territoriale. Dentro una di queste auto giace un caduto ucraino.    E’ un paramilitare, e viene celebrato con tutti gli onori. Il traffico si ferma, la strada viene invasa dalle persone. Due preti ortodossi rendono gli onori. Non ci sono applausi. Non ci sono lacrime. “E’ morto per la patria, è morto per l’Ucraina”.   

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    Qui Pechino, l'Ue in pressing sulla Cina

    “Colloqui franchi e freddi, utili almeno a chiarire le rispettive posizioni”: a Pechino circola già la battuta ‘frank and frosty’, ha confidato all’ANSA un diplomatico, per riassumere il summit bilaterale tra Cina e Unione europea, esempio di quella che sarà con ogni probabilità la nuova normalità degli incontri tra le due parti qualora la leadership comunista decida di mantenere la sua ambiguità sull’invasione della Russia ai danni dell’Ucraina.    Le dichiarazioni seguite al summit hanno chiarito che si è trattato di un incontro freddo, con pochi convenevoli e, soprattutto, con scarsa intesa in un clima ben lontano dal ‘business as usual’ (e dall’era di cordialità targata Angela Merkel) che la parte cinese ha tentato fino all’ultimo di caldeggiare, pensando allo stallo dell’accordo sugli investimenti (Cai) congelato dal Parlamento si Strasburgo dopo lo scontro sui diritti umani violati nello Xinjiang e sulle sanzioni reciproche. In aggiunta allo Xinjiang, a Hong Kong, al Tibet e a Taiwan (con la Lituania colpita da Pechino per aver accettato l’apertura di un Ufficio di rappresentanza dell’isola), l’invasione voluta da Vladimir Putin contro l’Ucraina è scivolata via senza che il presidente cinese Xi Jinping si sia scomposto più di tanto.    La rivalità sistemica, teorizzata da Bruxelles, è una nuova realtà. La leadership dell’Ue, i presidenti del Consiglio e della Commissione Ue, Charles Michel e Ursula von der Leyen, ha reso molto chiare le posizioni e le aspettative sull’approccio della Cina alla guerra in Ucraina e alle pratiche discriminatorie della Cina nei confronti della Lituania, ma sembra anche non abbia ricevuto particolari risposte o rassicurazioni significative da Pechino.    Il fatto che i primi commenti di Xi sul vertice siano stati diffusi sui media statali cinesi già a metà del vertice ha sottolineato che c’era poca volontà di impegnarsi in una vera conversazione. La partecipazione del presidente è stata richiesta dalla parte europea, quando la Cina voleva limitarsi al solo premier Li Keqiang. In una minaccia molto velata, i leader dell’Ue hanno affermato che le società europee stanno osservando molto da vicino come si posizionano tutti i Paesi rispetto alla guerra in Ucraina e che un grande esodo di società occidentali dalla Russia dovrebbe servire da monito anche per il Dragone.    In netto contrasto con l’insistenza cinese sul “legittimo interesse per la sicurezza” della Russia, la presidente della Commissione Ue von der Leyen ha rimarcato “l’aggressione ingiustificata da parte della Russia” e ha chiarito che la reputazione della Cina in Europa è in gioco. Il futuro delle relazioni bilaterali sarà determinato in misura significativa dall’approccio della Cina sull’Ucraina: se Pechino indebolirà apertamente il regime delle sanzioni che è stato imposto, ci saranno gravi conseguenze, cosa che non potrebbe essere più chiara. E Pechino ne ha preso atto.    

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    Energia, non si valuta l'attivazione dello “stato di allarme”

    Da parte del Governo non è in corso alcuna valutazione sull’attivazione dello ‘stato di allarme’ relativo alla crisi energetica. Ogni notizia in merito riportata sugli organi di informazione è destituita di fondamento. Permane lo stato di preallerta che comporta il costante monitoraggio della situazione. E’ quanto si apprende da fonti di governo.

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    Qui Washington. Usa, 30 Paesi sbloccano petrolio

     Ci sono altri 30 Paesi pronti a sbloccare le loro riserve di petrolio per far fronte alla crisi energetica creata dalla guerra della Russia contro l’Ucraina. Lo ha assicurato Joe Biden dopo l’annuncio ieri che gli Stati Uniti libereranno 1 milione di barili al giorno per i prossimi sei mesi. Il presidente americano non ha precisato di quali paesi siano. Secondo funzionari americani si tratta dei 30 Paesi membri dell’Agenzia internazionale dell’energia, di cui fanno parte anche gli Usa, che oggi sono riuniti in un vertice straordinario. Dell’Aie non fanno parte né India né Cina.    “Questa mattina, oltre 30 paesi di tutto il mondo si sono riuniti in una riunione straordinaria e hanno concordato di immettere sul mercato decine di milioni di barili di petrolio”, ha sottolineato Biden parlando alla Casa Bianca di occupazione e ripresa economica.    Intanto secondo l’intelligence americana continuano le difficoltà della Russia sul campo. Il New York Times ha rivelato che le forze russe stanno conducendo la campagna militare in Ucraina senza un comandante centrale e con le truppe di aria, terra e acqua che non si muovono in modo sincronizzato. Inoltre, riferiscono le fonti al giornale, continuano i gravi problemi logistici che da giorni stanno riscontrando le forze di Putin.    Il leader del Cremlino, da parte sua, è sempre più indebolito dalla guerra psicologica che le intelligence occidentali stanno conducendo contro di lui dipingendo il quadro di un’armata russa impantanata, demoralizzata e disfunzionale che subisce perdite disastrose sul campo di battaglia. E nello stesso tempo evocando una crescente tensione politica dentro il palazzo, sostenendo che il leader russo è isolato, mal informato e consigliato, privo delle vere informazioni su come stia andando male la guerra per Mosca. E, ora, anche malato.    L’Occidente impedisce, di fatto, a Putin di definire la narrativa della guerra, così come ha fatto prima che iniziasse, declassificando molte informazioni di intelligence per anticipare le mosse dello ‘zar’. Una tattica che dovrebbe irritare il presidente russo, facendogli pensare alla possibilità che gli 007 occidentali abbiano la capacità di penetrare tra le mura del Cremlino.    

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    Il Papa chiede scusa ai nativi canadesi per gli abusi subiti nelle scuole cattoliche

    Il Papa ha espresso “indignazione”, “vergogna”, “dolore” per quanto subito dai nativi canadesi nelle scuole residenziali cattoliche. “Chiedo perdono a Dio” per “questa riprovevole condotta” di alcuni membri della Chiesa. “Sono molto addolorato”, “mi unisco ai vescovi canadesi nel chiedervi scusa”, ha detto Papa Francesco nell’udienza in Vaticano con i nativi e i vescovi canadesi.
    “Arrivederci in Canada dove potrò esprimervi meglio la mia vicinanza”: così il Papa, al termine dell’udienza in Vaticano con i nativi che hanno subito abusi e discriminazioni nelle scuole residenziali cattoliche, ha annunciato un suo prossimo viaggio in Canada.

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    LA STORIA – Da Hong Kong al fronte ucraino, 'Putin come Xi'

    C’è un filo di seta lungo decine di migliaia di chilometri che in queste settimane collega le coste del Mar Nero a quelle dell’Oceano Pacifico e unisce le trincee del Donbass alla protesta degli ombrelli di Hong Kong.
    “La Russia è come la Cina e la libertà va difesa ovunque”: John usa i toni dell’ovvietà, è quasi stupito quando gli si chiede perché ha deciso di arruolarsi nella legione straniera e dentro ha la rabbia per quello che ancora succede nel suo Paese. Come lui a combattere al fronte ci sarebbero altri cittadini di Hong Kong. In jeans, cappello di lana, maglietta verde militare e zaino tattico, ha raggiunto il confine polacco a Medyka per arrivare alla frontiera ed entrare in Ucraina. A differenza della sua stazza, sono solo gli occhi a mandorla a tradire la sua provenienza orientale. John ha 45 anni e lavora come fotografo.
    “Stavolta ho dovuto lasciare macchine e obiettivi a casa, dentro ho solo il necessario: qualche vestito e un po’ di razioni k”, spiega. E’ qui per combattere, convinto che altri suoi concittadini abbiano già imbracciato i kalashnikov contro le colonne russe. “E altri dovranno farlo, perché in qualche modo è anche la nostra causa, si tratta dello stesso asse di oppressori”. E mentre incrocia le mani poggiate su una borsa, ricorda che “la libertà è calpestata dall’altro gigante gemello che è la Cina, che appoggia Putin. A Hong Kong, che un giorno era un luogo di democrazia, non c’è più il diritto di manifestare la propria opinione: il problema è che si tratta di un posto infinitamente più piccolo dell’Ucraina, per questo ci si dimentica di noi”. E ricorda gli arresti, le repressioni alle manifestazioni, le censure su internet, i social messi fuori uso e la messa al bando di opere cinematografiche. Solo pochi mesi fa le forze di sicurezza cinesi hanno costretto a chiudere il giornale indipendente ‘Stand News’, dopo una retata nelle redazioni della testata, con oltre 200 agenti, fatta dietro l’accusa di “pubblicazione sediziosa”.
    “Forse Putin è anche meno pericoloso del governo di Pechino: a Mosca è ancora possibile scrivere e i social sono ancora attivi”, dice. Ad aspettarlo dall’altra parte c’è un militare che fuma allungato sulla sedia, stanco, riparato dalla pioggia sotto una tenda sporca di fango contrassegnata dalla scritta nera ‘legion’, fatta con uno spray che sta per sbiadire. Il nuovo soldato invece si avvicina svelto, pronto ad aggiungersi alla una nuova ‘palyanitsa’ ucraina. Sta per mostrare il suo personale curriculum della resistenza, dove finora c’è soltanto la lotta passiva di ombrelli contro spray al peperoncino e gas lacrimogeni.   

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    Papa: domani viaggio a Malta nel segno dell'accoglienza

    (ANSA) – CITTÀ DEL VATICANO, 01 APR – Papa Francesco partirà
    domani mattina per Malta dove starà fino a domenica per un
    viaggio all’insegna dell’accoglienza. Annunciata per maggio
    2020, e rinviata a causa della pandemia, la visita nell’isola al
    centro del Mediterraneo avrà come tema centrale quello dei
    migranti ma sono attese anche le parole del Pontefice ancora
    sulla guerra in Ucraina.   
    “La questione dei migranti – sottolinea monsignor Charles
    Scicluna, arcivescovo di Malta – è sempre attuale. Se guardiamo
    all’Est dell’Europa, la realtà dei migranti che fuggono da un
    conflitto violento, aggressivo e ingiusto è proprio palese, e ci
    invita ad accogliere chi fugge dalla propria nazione non per
    capriccio, ma per esigenza, per necessità. Da anni, noi, a Malta
    siamo una frontiera che non può essere una barriera, ma deve
    essere un punto di confronto, un punto di accoglienza”, dice ai
    media vaticani.   
    Domani mattina il primo incontro sarà con le autorità del
    Paese che tra l’altro escono dalle elezioni che hanno
    riconfermato la guida laburista. Nel pomeriggio il Papa, a bordo
    di un catamarano, si recherà invece a Gozo per un incontro di
    preghiera presso il santuario nazionale di “Ta’ Pinu”.   
    L’incontro con i migranti si terrà domenica pomeriggio, dopo
    una mattinata dedicata alla visita alla grotta di San Paolo, a
    Rabat, e la Messa al Piazzale dei Granai a Floriana. (ANSA).