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    Casa e risparmi, i fronti della delega fiscale

    Il catasto, le cedolari su affitti e Titoli di Stato, e i pareri parlamentari sui decreti attuativi con cui verrà ‘messa a terra’ la delega fiscale. Sono i tre temi principali su cui si è costruito il contrasto di Lega e Forza Italia, nonché del resto del centrodestra, al provvedimento incagliato in commissione Finanze alla Camera, dopo essere stato varato dal consiglio dei ministri sei mesi fa senza il voto dei rappresentanti del partito di Matteo Salvini.    Il catasto è all’origine di quella presa di posizione.    Leghisti e azzurri sostengono che deriveranno nuove tasse sulla casa dall’articolo 6: la riforma del catasto punta a fare emergere gli immobili ‘fantasma’ e al comma 2 (il più contestato) ad adeguare entro il 2026 le rendite catastali ai valori di mercato. La delega esclude ripercussioni fiscali dirette ma la riforma potrebbe interessare 39 milioni di persone e 1,5 milioni di società. Dopo l’aut aut del governo, questo articolo è stato approvato in commissione un mese fa, per un solo voto.    Le settimane successive sono servite a risolvere altri nodi.    In primis quello della flat tax: introdotto dalla Lega nel 2014, il regime forfettario per autonomi è teoricamente incompatibile con l’evoluzione verso il modello duale incluso nella delega, ossia aliquota proporzionale per i redditi da capitale (anche nel mercato immobiliare) e Irpef progressiva su quelli da lavoro. Il Mef ha proposto una mediazione, con uno scivolo di due anni per chi supera il tetto di 65mila euro. Ma nel duale ci sono altre criticità per la Lega, che ha posto come condizione un emendamento per non modificare le cedolari esistenti, su affitti (10% e 21%) e su Bot (12.5%). L’altro emendamento imprescindibile per Lega e FI riguarda i pareri delle commissioni parlamentari sui decreti attuativi della delega: la richiesta è di renderli vincolanti, una clausola di salvaguardia per impedire – è la tesi – che in futuro “una manina” inserisca gli aumenti di tasse che l’attuale governo esclude categoricamente. L’istituto della legge delega, è però la replica del governo e del relatore Luigi Marattin, non può prevedere pareri vincolanti.    

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    Premi: a Marco Tarquinio il Montale Fuori di casa

    (ANSA) – ROMA, 07 APR – Il Direttore del quotidiano
    “Avvenire” Marco Tarquinio è stato premiato presso la sala delle
    Accademie della Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano
    (Piazza Pio XI, 2 ) , nell’ambito del secondo appuntamento
    “milanese” del “Premio Montale Fuori di Casa” 2022, patrocinato
    dal Ministero della Cultura e realizzato con il sostegno della
    Fondazione Cariplo e di Confcommercio.   
    Ad introdurre la premiazione la Presidente del Premio Adriana
    Beverini ed il Presidente della “Fondazione Casa dello Spirito e
    delle Arti” Arnoldo Mosca Mondadori. Ha dialogato con il
    Premiato il giornalista e scrittore Alessandro Zaccuri. L’evento
    è coordinato da Alice Lorgna, PR manager del Premio.   
    “Il Direttore Tarquinio, spiega Adriana Beverini, è il quarto
    direttore di uno storico quotidiano a venire premiato nei 25
    anni del Premio dopo Mario Calabresi (Direttore de “La Stampa”
    nel 2010), Giuseppe Mascambruno (Direttore de “La Nazione” nel
    2010), Luciano Fontana (Direttore de “Il Corriere della Sera”
    nel 2020) e Cesare Cavalleri (Direttore di “Studi Cattolici” nel
    2021 che esce mensilmente).   
    Nella motivazione viene riconosciuto a Marco Tarquinio il merito
    di avere fatto avvicinare dal 2009, anno in cui è diventato
    Direttore, sempre più persone alla lettura del quotidiano che
    dirige, per lo spazio che nelle sue pagine viene riservato alla
    Politica estera, alla Cultura e ai temi della spiritualità, così
    come a quelli legati al terzo settore e al volontariato. In
    queste pagine si riconoscono tutte quelle persone che agiscono
    ogni giorno, in silenzio, per costruire una cittadinanza vera e
    per realizzare un mondo diverso e migliore. Ad esse viene data
    voce e cittadinanza mediatica nelle pagine di “Avvenire”.   
    Per decisione degli organizzatori per tutto il 2022 comparirà
    sulla scheda del Premio una frase di Papa Francesco che incita
    alla Pace. “Per fare la pace ci vuole coraggio, molto di più che
    per fare la guerra; ci vuole coraggio per dire sì all’incontro e
    no allo scontro; sì al dialogo e no alla violenza; sì al
    negoziato e no alle ostilità; sì al rispetto dei patti e no alle
    provocazioni; sì alla sincerità e no alla doppiezza. Per tutto
    questo ci vuole coraggio, grande forza d’animo”. (ANSA).   

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    Landini: '5 miliardi di aiuti non bastano, prelievo di solidarietà'

    È terminata la riunione tra il premier Mario Draghi e i sindacati. L’incontro che si è svolto a Palazzo Chigi è durato quasi due ore.La riunione è arrivata all’indomani dell’approvazione del Def in Consiglio dei ministri. Vi hanno preso parte il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri. Non ha  partecipato il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra, assente perché da qualche giorno contagiato da Covid. Al suo posto ci sono stati i segretari confederali Ignazio Ganga e Giulio Romani. Ha  partecipato, tra gli altri, il ministro del Lavoro, Andrea Orlando.Draghi ha proposto un nuovo incontro dopo Pasqua con i sindacati e anche con le imprese. Lo hanno riferito Cgil Cisl e Uil al termine dell’incontro a palazzo Chigi, sottolineando di aver dato la proprio disponibilità.”Abbiamo avanzato richieste precise sui mutui, sugli affitti, sulle bollette. Serve introdurre un intervento su chi ha redditi e patrimoni più alti, un prelievo, un contributo di solidarietà. 5 miliardi non sono sufficienti, serve uno scostamento di bilancio perché c’è una emergenza sociale”. Così il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. “Draghi ha proposto un confronto maggiore con le parti che possa restare tale o possa anche portare ad un patto. Per noi però è importante il contenuto non il contenitore. In questo momento lavoratori, pensionati e precari hanno già dato, devono prendere. Per fare un patto servono accordi concreti”.Il premier Mario Draghi “ci ha illustrato la possibilità di strutturare confronto articolato e permanente sui temi della crisi. Siamo interessati. Oggi abbiamo fatto primo confronto. Un altro ci sarà subito dopo Pasqua anche con le associazioni datoriali”. Lo ha detto il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri uscendo da Palazzo Chigi. “Sul metodo ci siamo. Nel merito rispetto alle risposte da dare a cittadini non ci siamo ancora. Aspettiamo”, ha aggiunto.Il presidente del Consiglio “ci ha detto che ci rivedremo dopo Pasqua anche con Confindustria e con le altre associazioni datoriali, manifestando la volontà di un maggiore dialogo con la prospettiva di un patto sociale con tutti i soggetti, così come fu all inizio degli anni 90”. Lo ha detto il segretario confederale della Cisl Giulio Romani uscendo da Palazzo Chigi. “Abbiamo approvato l’idea di costruire un patto sociale ma va ovviamente riempito di contenuti e di merito”, ha aggiunto.

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    Servizi tedeschi, intercettazioni confermano crimini Bucha

    L’intelligence estera tedesca BND ha informazioni sulle atrocità commesse nel villaggio di Bucha che dimostrerebero un metodo consolidato dell’esercito russo. Secondo quanto riporta Spiegel, la BND avrebbe intercettato trasmissioni radio del personale militare russo in cui si discuteva di omicidi di civili a Bucha. Alcune delle conversazioni radio sarebbero legate a specifici cadaveri fotografati a Bucha. Il materiale dimostrerebbe anche che membri delle truppe mercenarie russe “Wagner” erano significativamente coinvolti nelle atrocità. Come suggerisce Spiegel, il materiale in possesso del BND suggerirebbe che gli omicidi di civili non siano stati né casuali né azioni di singoli soldati.
    I soldati parlerebbero delle atrocità come se stessero parlando della loro vita quotidiana, questo indicherebbe che le uccisioni di civili siano diventate parte delle azioni abituali dell’esercito russo. Omicidi e crudeltà sarebbero così parte di una chiara strategia con l’obiettivo di diffondere paura e terrore tra la popolazione civile e quindi soffocare la resistenza. Spiegel scrive che il BND ha presentato il materiale mercoledì a un organo parlamentare. 
    C’è anche un riferimento all’immagine divenuta simbolo dell’orrore compiuto dai soldati russi a Bucha nelle intercettazioni del Bnd, i servizi segreti tedeschi, diffuse dallo Spiegel. La foto di un corpo senza vita accanto alla sua bici ha fatto il giro del mondo nel giorno in cui è stata scoperta la strage di civili nella città. E tra i dialoghi via radio tra i militari, intercettati dall’intelligence di Berlino, c’è quello di un soldato che dice a un commilitone che lui e i suoi colleghi hanno sparato all’uomo in bici. In un’ altra intercettazione viene invece indicato il metodo da seguire con i militari ucraini: prima si interrogano i soldati, poi si spara.

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    Amato, preoccupa tenuta ordinamenti europei

    Al di la delle sue “tante tragiche sofferenze” il conflitto in Ucraina “getta non poche preoccupazioni sull’avvenire, anche per la tenuta degli ordinamenti costituzionali europei”. L’allarme è del presidente della Consulta Giuliano Amato, che cita l’uscita della Russia dal Consiglio d’Europa, paventando le conseguenze che potrebbero venire “anche nella partecipazione della Corte costituzionale russa alle sedi rappresentative delle stesse Corti”. “E’ di particolare importanza – avverte- che rimanga salda la collaborazione reciproca delle Corti appartenenti all’Unione europea”.
    I timori per le conseguenze della guerra Amato li esplicita nella relazione sull’attività della Consulta nel 2021, che sta per leggere alla riunione straordinaria della Corte Costituzionale , alla presenza del presidente della Repubblica e delle più alte cariche dello Stato. Amato ricorda che l’articolo 4 del Trattato europeo ci impone di salvaguardare le nostre identità nazionali ma “viene dopo l’articolo 2, che enuncia i nostri principi e valori comuni: rispetto della dignità, libertà, democrazia, uguaglianza, stato di diritto, rispetto dei diritti umani e delle minoranze”; valori comuni a “una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini. È sull’equilibrio fra tutela delle identità nazionali e rispetto dei valori comuni – osserva il presidente – che si regge l’unità nelle diversità della nostra Unione”.
    Nella relazione- disponibile sul sito della Corte, in inglese e in podcast, come annuncia l’ufficio stampa in un comunicato- Amato sottolinea anche che “sulla fiducia nel dialogo, nel confronto degli argomenti e valori si fonda la civiltà che la nostra Costituzione, insieme ad altre, ha contribuito a costruire in Europa sulla base della forza del diritto”. Le ragioni della giustizia e di un mondo non più affidato alla vendetta ma alla parola, al dialogo e al confronto sono valori che “oggi più che mai hanno bisogno di essere riaffermati”. E saranno al centro del concerto, voluto anche dalla Consulta, che Nicola Piovani terrà a luglio nella piazza del Quirinale . Un luogo simbolico, perchè lì “si affacciano le due istituzioni che,secondo la nostra Costituzione, sono garanti dei suoi stessi principi”. (ANSA).   

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    Orsini 'bimbi felici anche in dittatura', ira di Rai3

    Dopo le polemiche per il contratto con la Rai per gli interventi a Cartabianca, poi bloccato dall’azienda, Alessandro Orsini torna a far discutere per l’intervento di ieri al talk show condotto da Bianca Berlinguer su Rai3. Nel mirino, in particolare, un passaggio in cui il docente di Sociologia del terrorismo alla Luiss ha parlato dei bambini vittime della guerra: “Preferisco che i bambini vivano in una dittatura piuttosto che muoiano sotto le bombe in una democrazia. Per quanto sia innamorato della civiltà liberale e abbia sempre promosso i valori del liberalismo, per me la vita umana, la vita dei bambini, è più importante della democrazia e della libertà, anche perché un bambino anche in una dittatura può essere felice, perché un bambino può vivere dell’amore della famiglia”.
    Frasi “riprovevoli, assolutamente incondivisibili, di cui il professor Orsini si assume naturalmente la responsabilità”, tuona il direttore di Rai3, Franco Di Mare, che prende le distanze e invita a “ripensare” il modello del talk show, “se il risultato cercato è unicamente quello dell’effettaccio a tutti i costi, magari nel tentativo di aumentare di mezzo punto lo share”. “Lungo questa china si può rischiare di arrivare a mettere a confronto la testimonianza di un sopravvissuto ai campi di sterminio nazisti con l’opinione di un negazionista, in osservanza a un’idea distorta e malata del pluralismo delle posizioni”, aggiunge Di Mare, che nei giorni scorsi era intervenuto, d’intesa con l’ad Carlo Fuortes, decidendo di non dare seguito al contratto di Orsini: una scelta che aveva provocato il disappunto della Berlinguer.
    E anche oggi la giornalista si dissocia: “Trovo, come dire?, bizzarro che il direttore di una rete della Rai prenda le distanze da una trasmissione della stessa rete perché non condivide le opinioni espresse, all’interno di un dibattito plurale, da uno degli ospiti. Opinioni, per altro, contestate assai efficacemente da altri presenti in studio. E trovo ancora più eccentrico che le idee del direttore di rete sulla concezione del pluralismo e sulle sue regole vengano comunicate a un’agenzia di stampa, senza che, ancora una volta, la stessa conduttrice sia stata consultata in merito”. Le frasi del docente intanto sono rimbalzate sui social, dove in queste ore si moltiplicano in particolare i commenti critici. Orsini intanto torna sul tema con un post su Facebook: “Ieri sera a Cartabianca non ho detto che voglio che i bambini vivano sotto una dittatura. Questo è assolutamente falso. Ho detto che preferisco che i bambini vivano in una dittatura piuttosto che sotto le bombe per esportare la democrazia occidentale. Ho poi aggiunto che un bambino può essere felice sotto una dittatura, ma non può esserlo sotto le bombe. In sintesi, preferisco che i bambini vivano in democrazia. Ma se l’alternativa è tra le bombe democratiche sulla testa dei bambini e la dittatura, che però assicura la pace sociale, preferisco, per i bambini e non per me, la dittatura”.   

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    Guerra gela il Pil. Ora 5 miliardi di aiuti ma pronti a fare di più

    La guerra gela le prospettive di crescita, gli scenari – tutti foschi – restano più incerti che mai e non è il momento di lanciarsi in grandi spese in deficit: presentando il secondo Def dall’avvio del governo, Mario Draghi e Daniele Franco assicurano 5 miliardi di nuovi aiuti subito e invitano i ministri a restare prudenti, garantendo comunque che c’è la “disponibilità totale” a fare “tutto il necessario per aiutare famiglie e imprese”. Insomma, per ora niente scostamento, che pure i partiti continuano a chiedere con forza, a partire dal Movimento 5 Stelle.
    Certo più in là, se dovessero servire altre risorse, “le troveremo come abbiamo fatto finora”, si limita a dire il ministro dell’Economia, annunciando che nel frattempo è stato prorogato di 10 giorni, fino al 2 maggio, il taglio da 25 centesimi delle accise su benzina e gasolio. Ma il disagio sociale che cresce – evidenziato in cabina di regia dal capodelegazione Pd Andrea Orlando – è ben presente nel governo, dice il premier, anche perché nelle sei settimane del conflitto in Ucraina è venuta meno una fiducia che era “ancora molto viva” all’inizio dell’anno. Anche le imprese “soffrono” e bisogna rafforzare gli interventi, osserva Franco che nel Def ha già indicato i capisaldi del prossimo decreto, da approvare entro aprile. Bollette e carburanti restano in cima alla lista, anche se bisognerà valutare l’andamento dei prezzi. In prospettiva dovrebbero rimanere alti ma rientrare dal boom di questi mesi, a meno che non si verifichi uno degli scenari avversi con il blocco delle forniture che porterebbe a un tracollo del Pil – sostenuto in gran parte peraltro dall’effetto trascinamento della perfomance da record del 2021 – di più di due punti, nella versione peggiore fino a un risicato +0,6%. Nell’elenco delle nuove misure entra anche il caro-materie prime, che zavorra le imprese e rischia di fermare gli appalti, compresi quelli del Pnrr. E poi, sfruttando il nuovo allentamento degli aiuti di Stato modello Covid, ci saranno nuove risorse per le garanzie sul credito, ma anche nuove tranche di aiuti per gestire l’accoglienza dei profughi.
    Lo spazio per queste politiche “espansive”, spiega Franco, viene proprio da una gestione “prudente” dei conti pubblici, forti anche delle entrate che continuano ad andare meglio del previsto: il nuovo decreto, anzi, darà una spinta al Pil dello 0,2%, portando la crescita programmata per il 2022 al 3,1% rispetto al 2,9% tendenziale. Certo si tratta di una previsione quasi dimezzata rispetto alla stima del 4,7% della Nadef. In questo quadro il debito, al 150,8% nel 2021 per effetto della revisione del Pil nominale effettuata dall’Istat, scenderà di 4 punti nel 2022 (al 146,8%) per continuare il suo percorso in calo in tutto il periodo fino al 141,2% del 2025. Nel frattempo non si è toccato “il percorso dell’indebitamento”, sottolinea ancora Franco. Il titolare di via XX settembre anche ai ministri nella cabina di regia che ha preparato il Consiglio dei ministri ha ribadito che non è il caso di alzare il deficit – rimasto fissato al 5,6% nel 2022 – anche perché a risentirne sarebbe lo spread, già in tensione nelle ultime settimane. Va bene essere cauti ora, gli hanno risposto sia il dem Orlando sia il capodelegazione Stefano Patuanelli, ma bisogna dire in modo chiaro che si è pronti a fare di più se necessario. Il ministro del Lavoro ha invitato a “non escludere” di ricorrere all’extra-deficit per attutire l’impatto sociale della guerra e arginare il rischio di nuove povertà. Il ministro dell’Agricoltura ha chiesto che il sostegno alla domanda sia una delle “priorità” del Def, approvato comunque all’unanimità dal Cdm. Pochi minuti dopo il leader 5S Giuseppe Conte ha fatto sapere che i 5 miliardi a disposizione (cu 9,5 di deficit, il resto è già stato impegnato per le coperture dei precedenti decreti bollette) “non sono sufficienti” e ha chiesto subito un nuovo “scostamento”. Parola che non viene mai pronunciata durante la conferenza stampa dal ministro dell’Economia e dal premier. Per ora si attende di capire se ci sarà una “risposta Ue”, un Recovery di guerra. E se non dovesse arrivare si cercherà un’altra via: fin qui si sono trovati già “15,5 miliardi. Nelle prossime settimane – conclude laconico – comprenderemo meglio le dimensioni dell’intervento necessario e come finanziarlo”.