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    A Makariv torture e stupri, 'almeno 133 morti' IL REPORTAGE

     Camminano ancora spaventati nella loro città semideserta. E quando qualcuno gli chiede cosa è successo, mettono le dita sulle tempie, le tirano indietro e danno un volto al nemico: “Avevano gli occhi a mandorla”, dice la gente di Makariv, ennesima città a nord di Kiev presa d’assalto dall’esercito di Putin. Anche qui i miliziani dell’estremo oriente russo non hanno avuto pietà. La città è per metà distrutta. Finora si sono contati 133 morti e sui cadaveri, rinvenuti nei campi e dietro le abitazioni, c’erano segni di torture.    “Avevano le mani legate e in almeno due casi si trattava di donne stuprate e poi uccise, una di queste è stata sgozzata.    Abbiamo trovato i corpi”. Mentre lo dice, Vadim Tokar fa il gesto con la mano che gira intorno alla gola. E’ il sindaco-soldato di Makariv, che prima della guerra era un avvocato, ma ora indossa una divisa militare come se fosse al fronte, tanto che dopo l’occupazione è stato decorato con una medaglia d’onore dal presidente Zelensky.    Per il ministero della Difesa ucraino si tratta di “un nuovo, mostruoso crimine di guerra”. Fin dallo scorso 25 febbraio i morti, spiega Tokar, sono sparsi nelle case, sotto gli edifici crollati. Quelli che erano in strada sono stati recuperati. Nei racconti della gente, poca quella che esce dalle case ancora rimaste in piedi, il rituale di guerra è quasi sempre lo stesso anche se qui “gli spari alle auto in strada arrivavano anche dall’alto, dagli elicotteri”, ricorda Oleh, 58 anni, che si è rifugiato con la moglie, i due figli, una parente, gatti e cani per tutto il tempo in cantina al buio e senza riscaldamento. Col dito ora indica le finestre sfondate della sua casa, dove entrava vento gelido mischiato a fumo e odore di polvere da sparo. Ma gli è andata bene, perché – spiega Maria – “in alcune abitazioni i militari russi hanno lanciato le granate nei rifugi, non volevano neanche ci nascondessimo, ammazzavano anche gli animali”.

    Ucraina, il dramma di Makariv: centinaia di morti, torture e donne violentate

        A quanto pare però l’esercito cambiava continuamente le sue posizioni all’interno della città, dove non c’erano sempre gli stessi gruppi di militari: “Alcuni soldati russi a un certo punto ci hanno detto di scappare perché sarebbero arrivati quelli più cattivi, gli ‘udmurt’ e i ‘buryat'”, l’etnia dei miliziani dell’estremo oriente che non fanno prigionieri e si sono accaniti anche su Bucha. Del resto, in quest’area, tra un territorio e l’altro l’unica cosa che resta sull’asfalto e sul terreno dei campi sono le macchine schiacciate o traforate dal piombo, i relitti di carri armati, le casse vuote che contenevano kalashnikov e artiglieria e gli accampamenti di fortuna usati dai russi durante l’occupazione.    Come in un copione di guerra già visto in questi giorni, anche Makariv è stata isolata fin dall’inizio: “Sono entrati e hanno rotto i telefoni, uccidendo chi scriveva o cercava di mandare informazioni all’esterno”. Poi i collegamenti sono stati completamente distrutti e quasi per una quarantina di giorni il mondo non ha saputo nulla di cosa si stesse compiendo alle porte della capitale ucraina. Sviatoslav, che pure è rimasto in paese tutto il tempo, dice di essersi barricato in casa come gli avevano detto di fare e di aver sentito solo spari per settimane. Al fratello di Maria è andata tutto sommato bene: “Era per strada, lo hanno fatto inginocchiare e poi hanno sparato in aria per spaventarlo, la sua colpa era non aver portato con sé il passaporto”. Il vicino di Oleh invece non si trova più o almeno si vuole credere che sia soltanto scomparso, perché invece la sua macchina è rimasta lì trafitta da fori di proiettili ovunque: “Stava andando a trovare la moglie a Borodyanka, che era in ospedale perché doveva partorire”. Non potevano immaginare che l’onda disumana stesse arrivando anche lì: ad avvisarli era stato persino il nemico.    

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    Mattarella inaugura Procida 2022: 'La cultura è pace, ora viviamo giorgi terribili'

    Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, visita Procida, capitale della cultura.  Ad attendere il Capo dello Stato alcuni bambini delle scuole primarie. Una signora del posto gli ha offerto una limonata, il caratteristico dolce del posto, “la lingua di Procida”.

    Agenzia ANSA

    350 artisti di 45 Paesi, cartellone per un anno (ANSA)

    Ci sarà anche un ragazzo ucraino, Glib, tra gli studenti che oggi incontreranno il presidente della Repubblica. Mattarella  incontrerà una piccola delegazione degli studenti dell’istituto comprensivo Capraro e dell’istituto tecnico Caracciolo-Da Procida Glib fa parte della comunità ucraina che risiede stabilmente sull’isola.  
    “Sì, la cultura è motore di crescita. E’ spinta all’apertura, moltiplicatore di energie civili”. Lo afferma il presidente Sergio Mattarella parlando in occasione della cerimonia per l’Isola Capitale della Cultura. “È occasione di confronto, rispetto dell’altrui diversità. E’ ricerca di innovazione. La cultura attrae turismo. E rende questo turismo più maturo, più capace di conoscere e apprezzare e non solo di guardare distrattamente. “La cultura non isola” è il motto che avete scelto. Questa scelta fa comprendere che Procida ha accettato la sfida”. “La cultura è anche sinonimo di pace. La sua autenticità sta proprio nella capacità di promuovere curiosità che diventa comprensione, amicizia, convivenza, cooperazione”. Lo ha detto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella intervenendo alla cerimonia di inaugurazione di Procida Capitale 2022. Cosi’ da Procida il Capo dello Stato Sergio Mattarella. “La cultura – ha aggiunto il Capo dello Stato – respinge la pretesa di chi vuole trascinarla nel vortice della guerra. Ribadisce, al contrario, la sua limpida vocazione al dialogo e alla pace”. “Viviamo giorni terribili. Siamo travolti da immagini che pensavamo aver consegnato per sempre all’archivio degli orrori non ripetibili nel nostro continente. Invece altro sangue innocente, altre vite spezzate, altri crimini spietati stanno nuovamente popolando gli abissi della disumanità”. Lo ha detto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella intervenendo alla cerimonia che dà il via a Procida Capitale della Cultura 2022. “L’aggressione compiuta contro l’Ucraina, contro la libertà e la stessa vita dei suoi cittadini, da parte del governo della Federazione Russa, costituisce una ferita che colpisce la coscienza di ciascuno e la responsabilità degli Stati. Anche l’energia della cultura deve soccorrerci per fermare la guerra. Costruire la pace è un impegno che richiama i valori più profondi, a partire dal diritto di ciascuno a vivere in libertà, a scegliere il proprio destino”. Così il Capo dello Stato Sergio Mattarella a Procida per l’inaugurazione di Procida Capitale italiana della cultura.

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    L'intervento di Mattarella – IL TESTO

    Saluto le autorità presenti.
    Esprimo un forte e sincero incoraggiamento a quanti sono attivamente impegnati nell’attuazione del ricco programma di eventi.
    Un saluto intenso e cordiale alle cittadine e ai cittadini di Procida, che è chiamata a rappresentare l’importanza primaria che per l’Italia riveste la cultura, come Capitale.
    La cultura evoca il termine capitale anche nell’altro significato di questa parola: la cultura è un capitale. Un capitale da valorizzare e da investire.
    Lo è come somma delle espressioni dell’ingegno umano.
    Lo è nell’eredità lasciata dai millenni nei paesaggi di luoghi incantevoli quanto questa nostra stupenda isola.
    Un altro significato si aggiunge ulteriormente: quello che emerge dal porre sotto i riflettori nazionali un luogo appartato, come è, per definizione, un’isola – una piccola isola. Che divenga, per un anno, il fulcro da cui viene valorizzata e si irradia l’esperienza culturale della Repubblica: E permanga poi, negli anni a seguire, nella rete ideale delle capitali della cultura.
    Un vero e proprio laboratorio come ha voluto definirlo il ministro della cultura, Franceschini.  Aggiungo: un laboratorio operoso.
    È una responsabilità affascinante per gli abitanti, per gli amministratori, per coloro che amano Procida.
    Siamo, oggi, testimoni di questa impresa e voi, cittadini di Procida, ne siete, protagonisti, nella logica di quella partecipazione che è alla base di tutto – come ha sottolineato il direttore Riitano – perché la cultura è patrimonio della comunità.
    Si tratta di un impegno che offrirà l’occasione per far conoscere meglio la natura di quest’isola, la sua gente, i panorami suggestivi, l’arte, le qualità e quegli scorci tipici che recano il segno di tanta storia e umanità.

    Un’isola tra le minori del Mediterraneo che diventa capitale può apparire singolare a taluno.
    Invece è una sfida di modernità e, insieme, un ritorno all’antico, alle sue migliori tradizioni e ai valori che ci ha trasmesso. Potremmo dire che si tratta di un moderno ritorno alla lunga storia della cultura italiana.
    Nel tempo che viviamo non ha senso, è davvero inattuale, ragionare di centro e di periferie, come se al primo appartenesse un primato perpetuo e i ruoli territoriali non fossero frutto, invece, delle relazioni costruite sui territori.
    Siamo, sempre più, tutti, centro e periferia nello stesso momento. L’isola e la terraferma, la metropoli e il piccolo borgo, l’area montana e quella interna partecipano insieme alla vita, all’economia, al tessuto sociale e culturale del Paese e, ormai, della dimensione globale, quella che meglio corrisponde alla cultura.
    La pandemia ce ne ha dato prova, quando abbiamo scoperto che il virus era penetrato nel nostro Paese, a Codogno.
    Non a caso lì abbiamo celebrato, il 2 giugno del 2020, il giorno della Repubblica. Codogno capitale: per ribadire quella solidarietà che ci ha consentito di resistere e ripartire.
    Oggi, l’inaugurazione dell’anno di Procida come capitale della cultura è, di nuovo, il segno di una Repubblica che si ritrova in tutti i luoghi, in tutte le comunità che la compongono.
    Procida è capitale perché esempio di quella cultura italiana diffusa, che trova espressione nelle cento città e nei tanti borghi e che rappresenta, per essi e per l’intero Paese, un volano di crescita.

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    “Comunità”, “faro”, “àncora” sono i nomi che avete dato ai progetti che animeranno le attività in programma quest’anno: indicazioni e orientamenti di impegno per costruire consapevolmente il domani.
    Sì, la cultura è motore di crescita.
    E’ spinta all’apertura, moltiplicatore di energie civili.
    È occasione di confronto, rispetto dell’altrui diversità. E’ ricerca di innovazione.
    La cultura attrae turismo. E rende questo turismo più maturo, più capace di conoscere e apprezzare e non solo di guardare distrattamente.
    “La cultura non isola” è il motto che avete scelto.
    Questa scelta fa comprendere che Procida ha accettato la sfida.
    La cultura non è un luogo separato dal contesto sociale, nicchia di attività umane voluttuarie o superflue. Bensì è bellezza che si trasmette, è pensiero che arricchisce, è conoscenza, etica, dialogo, emozioni.
    Nella storia del Mediterraneo, le origini della nostra civiltà scaturiscono dall’incontro, dallo scambio, dalla navigazione in queste acque; dall’incontro che caratterizza, sempre, un percorso o un viaggio.
    Procida ha vissuto intensamente il procedere dei secoli ed è stata teatro e officina di mutamenti, di passioni, di idee.
    La stratificazione di esperienze e di saperi vi ha composto un vero e proprio atlante storico, che così si mostra ad abitanti e ospiti: un tempo luogo fortificato e oggi luogo aperto, un tempo luogo di reclusione e oggi luogo di accoglienza, espressione di una comunità in cammino, la quale intende valorizzare i propri spazi pubblici, i propri beni comuni.
    Non custodia di un museo a cielo aperto, ma spazio da vivere.
    Tutte le isole del Golfo partecipano di un fascino originale: per questo sono divenute mete di riposo, di turismo qualificato, soggiorno di intellettuali. E hanno configurato una sorta di vera cittadinanza culturale per artisti e scrittori, non solo italiani.

    Si afferma con chiarezza, in questi luoghi, che la cultura è anche sinonimo di pace. La sua autenticità sta proprio nella capacità di promuovere curiosità che diventa comprensione, amicizia, convivenza, cooperazione.

     Viviamo giorni terribili. Siamo travolti da immagini che pensavamo aver consegnato per sempre all’archivio degli orrori non ripetibili nel nostro continente. Invece altro sangue innocente, altre vite spezzate, altri crimini spietati stanno nuovamente popolando gli abissi della disumanità. 
    L’aggressione compiuta contro l’Ucraina, contro la libertà e la stessa vita dei suoi cittadini, da parte del governo della Federazione Russa, costituisce una ferita che colpisce la coscienza di ciascuno e la responsabilità degli Stati.
    Anche l’energia della cultura deve soccorrerci per fermare la guerra. Costruire la pace è un impegno che richiama i valori più profondi, a partire dal diritto di ciascuno a vivere in libertà, a scegliere il proprio destino.
    Il patrimonio culturale genera patrimonio morale su cui risiede la civiltà di un popolo. Genera umanesimo. Sono le risorse che permettono ai popoli di ripartire, di rialzarsi, di ricostruire sulle macerie. Di riprendere a dialogare, di costruire su orizzonti comuni.
    La cultura respinge la pretesa di chi vuole trascinarla nel vortice della guerra. Ribadisce, al contrario, la sua limpida vocazione al dialogo e alla pace.

    I popoli europei, sono intimamente legati da fili che la storia ha reso forti, preziosi, insostituibili: non possono e non devono essere lacerati per colpa di chi ha fatto ricorso alla brutalità della violenza e della guerra.
    La letteratura, la musica, le arti costituiscono una rete e una ricchezza comuni che non devono essere smarrite.
    È questo l’appello che da questa isola, da oggi capitale della cultura di un Paese che ne ha grande tradizione, deve giungere per affermare quel coraggio di sperare di cui ci ha parlato Giovanni, per trasformarlo in volontà di speranza.
    È in gioco il destino dell’intera Europa, che si trova a un bivio tra una regressione della sua storia e la sua capacità di sopravvivere ai mali del proprio passato, e di superarli definitivamente.

    Il mare che ci attornia è una straordinaria ricchezza: dobbiamo averne cura, e al tempo stesso riconoscere il suo valore. Il mare unisce. Il mare è vita. Il mare è solidarietà. ll mare è relazione tra i popoli. Il mare è cultura.
    Anche per questo Procida, capitale della cultura, è una opportunità preziosa per tutta la Campania e, nel momento attuale, questo riveste una grande responsabilità.
    Abbiamo il pensiero al dopo pandemia e siamo impegnati nella storica opportunità di un decisivo programma di rilancio dell’Italia per rendere il suo sistema più moderno ed efficiente.
    Il nostro Paese riuscirà a raggiungere i traguardi che si è dati soltanto se il Meridione tornerà a crescere in modo equilibrato, nel segno di una forte innovazione e di una ritrovata coesione.
    Buon anno della cultura a tutti i procidani. Buon lavoro come capitale.
    Da Procida ci attendiamo di apprendere molto.
    Vi auguro il meglio, e auguro che l’isola di Arturo – e di Elsa Morante – possa essere ancora di più conosciuta e ammirata.  

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    Berlusconi, oggi una nuova discesa in campo

     “Il discorso di oggi si associa al discorso della discesa in campo di 28 anni fa. Quella di oggi è una nuova discesa in campo, consapevoli che tutto questo è indispensabile e insostituibile per il futuro dell’Italia”. Così Silvio Berlusconi. 
    “In questi 28 anni abbiamo scritto la storia – ha aggiunto -. Abbiamo creato il bipolarismo in Italia, abbiamo reso possibile l’esistenza di un centrodestra di governo, un centrodestra che senza di noi non sarebbe mai esistito, non esisterebbe oggi e non potrebbe esistere neppure per il futuro”.
    “Noi siamo diversi dai nostri amici ed alleati, ai quali ci lega un rapporto di lealtà, di stima, di condivisione che verifichiamo ogni giorno nel governare insieme molte regioni e molti comuni. Un rapporto che non è venuto meno neppure con la nascita del governo di emergenza e di unità nazionale, quando Fratelli d’Italia ha perso, a mio giudizio, l’occasione, entrando nel governo, di essere partecipe del rilancio del Paese con le sue idee, con i suoi programmi, con le sue donne e con i suoi uomini”, ha aggiunto Berlusconi. 
    “Non posso e non voglio nascondere di essere profondamente deluso ed addolorato dal comportamento di Vladimir Putin, – ha detto ancora – che si è assunto una gravissima responsabilità di fronte al mondo intero”. Così il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. “Di fronte all’orrore dei massacri di civili a Bucha e in altre località ucraine, veri e propri crimini di guerra, la Russia non può negare le sue responsabilità. Dovrebbe al contrario, nel suo stesso interesse, identificare e mettere sotto processo i responsabili di comportamenti che il diritto e la morale considerano inaccettabili anche in tempo di guerra”. 

       

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    Qui Londra, ora il piatto di Abramovich piange

     I patrimoni personali continuano ad ammontare a svariati miliardi di euro, ma le sanzioni incominciano a far male anche a loro. Sono gli oligarchi russi maggiormente esposti alle ritorsioni occidentali abbattutesi a cerchi sempre più larghi dopo l’invasione dell’Ucraina sulle elite politiche ed economiche considerate in un modo o nell’altro funzionali al sistema di potere di Vladimir Putin: incluso l’ormai ex patron dello squadrone londinese di calcio del Chelsea, Roman Abramovich, il più in vista, seppure non il più ricco di tutti.    La caduta del ‘Roman Empire’, come lo chiamano i media britannici, è in particolare raccontata da settimane con titoli a sensazione dai tabloid dell’isola. I dettagli – come sempre nel caso della stampa popolare d’oltre Manica – vanno presi con le molle; ma qualcosa di vero senza dubbio c’è. Abile nello sparpagliare per tempo parte delle sue fortune fra Israele, Emirati, Turchia e altri Paesi rimasti estranei a qualunque forma di embargo anti-moscovita, Abramovich deve però fare i conti con il congelamento se non l’esproprio di fatto di asset importanti custoditi fra a Londra e dintorni (il cui valore è stimato in una buona metà dei 7,6 miliardi di euro di tesoro personale che il Daily Mail tuttora gli accredita): non solo il Chelsea, ma proprietà extra lusso, collezioni d’arte e beni vari che al momento il magnate, al pari di altri confratelli, non può toccare né liquidare.
    Senza contare i problemi di liquidità causata dall’impossibilità di movimentare denaro in Europa o di spostare verso Occidente quello accantonato in Russia. Problemi che non lo hanno costretto a chiedere prestiti volanti a partner d’affari stranieri, fa sapere lui smentendo l’ultimo gossip del Mail. Ma sono comunque cosa non da poco per chi è abituato da 20 anni a una vita di sfarzi e si trova a possedere al sicuro in giro per il mondo una flotta di una mezza dozzina di super yacht (solo il più piccolo dei quali venduto secondo il Guardian a un socio non sanzionato, David Davidovich, giusto il 24 febbraio, giorno dell’attacco di Mosca all’Ucraina), almeno 3 jet privati, immobili a decine: roba che impone mega costi fra manutenzione e paghe al personale.    Del resto, non manca chi sta peggio – o dice di star peggio – di Abramovich (sanzionato da Gran Bretagna e Ue, ma non dagli Usa finora). Come per esempio l’ancor più danaroso Mikhail Fridman (oltre 14 miliardi di euro di sostanza, sulla carta) o il suo sodale Piotr Aven: magnati storici dell’era Eltsin che fra Londra e il Surrey inglese si sono stabiliti praticamente in pianta stabile. E che adesso, a credere alle lamentele fatte da Fridman al Pais, si sentono quasi “agli arresti domiciliari”: impossibilitati, pare, a pagare persino “il conto di un ristorante”.   

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    Csm: Sisto, raggiunto un ampio accordo sulla riforma

     “Nella riunione di maggioranza è stato raggiunto un ampio accordo sulla riforma dell’ordinamento giudiziario. Esprimo soddisfazione per il maturo atteggiamento tenuto dai gruppi, sotto la regia della ministra Cartabia. Ora avanti con i lavori della Commissione Giustizia per poter rispettare i tempi previsti”. Così il Sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto. 
    “Abbiamo definito un accordo di maggioranza sul testo della riforma del Csm. Valutazioni puntuali delle attività dei magistrati con il fascicolo di performance, rigoroso rispetto della presunzione d’innocenza, sospensione dalle funzioni per il Pm che chiede arresti omettendo di allegare elementi rilevanti per la decisione, stop alle porte girevoli, giro di vite sui fuori ruolo, un solo passaggio di funzioni in carriera. Tanti passi avanti contenuti negli emendamenti di Azione, che ancora una volta, sulla giustizia è decisiva.Lo annuncia Enrico Costa, vice segretario di Azione nel commentare il vertice con la ministra Cartabia. 
    Secondo il Pd restano però dei problemi. “Siamo a un passo dal completamento del percorso per arrivare all’approvazione di un’importante riforma del Csm. E’ stata raggiunta un’intesa, ma un grande nodo politico resta ancora aperto: due forze politiche di maggioranza, Italia Viva e Lega, ancora non ritirano gli emendamenti sui quali c’è parere contrario del governo e resta ambiguità su come voteranno in commissione. Questo non è accettabile”. Lo dichiara la responsabile Giustizia del Pd, Anna Rossomando.
    Ecco alcuni punti dell’intesa.
    Giudice-pm, solo un cambio di funzioni entro 10 anni- Sarà possibile solo una volta nella carriera di un magistrato cambiare funzioni da giudice a pm e viceversa e la scelta andrà fatta entro un arco temporale di 10 anni. Ma il limite non varrà se le funzioni sono esercitate nel settore civile. E’ quanto prevede l’accordo raggiunto nella maggioranza sulla riforma del Csm.
    Legge elettorale, sorteggio delle Corti d’appello per formare i collegi – Sorteggio delle Corti d’appello per andare a formare i collegi elettorali: è quanto prevede l’accordo raggiunto dalla maggioranza sulla legge elettorale del Csm. Il sistema resta maggioritario binominale con un correttivo proporzionale come era stato concordato nel Consiglio dei ministri che aveva approvato gli emendamenti del governo alla riforma del Csm.   

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    Ucraina: Kiev, ai russi che hanno scavato trincee Chernobyl resta un anno vita

     I soldati russi che hanno scavato le trincee vicino alla centrale nucleare di Chernobyl hanno non più di un anno di vita. Lo ha detto il ministro dell’Energia ucraino, German Galushchenko, secondo quanto riferisce su Twitter il ministero della Difesa di Kiev.    
    I soldati russi non sono stati impegnati solo a scavare trincee in una zona altamente contaminata come la foresta intorno alla centrale nucleare, ma hanno commesso anche azioni poco avvedute, come toccare a mani nude materiale radioattivo, racconta un ingegnere ucraino della centrale al New York Times.
    Un soldato russo di un’unità di protezione chimica, biologica e nucleare ha prelevato a mani nude una fonte di cobalto-60 in un deposito di rifiuti nucleari, esponendo se stesso ad una tale radiazione in pochi secondi da far schizzare il contatore Geiger (strumento di misura delle radiazioni ionizzanti), spiega Valeriy Simyonov, ingegnere capo per la sicurezza della centrale. Non è chiaro, ha aggiunto, cosa sia accaduto all’uomo.  

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    Casellati: auspico che gli occhiali di Pasolini leggano contemporaneità

     “Auspico che gli occhiali di Pasolini che sono sempre moderni anche a distanza di tanti decenni ci aiutino a leggere la difficile contemporaneità, dando un equilibrato giudizio critico: perché le domande da lui poste ieri, dall’ambiente alla guerra, sono le stesse domande di oggi”. Lo ha detto la Presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati aprendo il ventunesimo appuntamento di “Senato&Cultura” dedicato al grande artista ed intellettuale italiano, Pier Paolo Pasolini. La manifestazione realizzata in collaborazione con la Rai è stata introdotta dalle note dell’Inno d’Italia, eseguito dall’Orchestra Roma Sinfonietta, diretta dal Maestro Andrea Morricone.    Nell’emiciclo del Senato diversi artisti daranno voce a brani tratti da varie opere di Pasolini: gli attori Luca Bastianello e Giovanni Scifoni, gli studenti dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”, il cantante Giuliano Sangiorgi.    La presidente del Senato si è rivolta, tra gli altri, alla scrittrice Dacia Maraini a cui ha rivolto un ringraziamento speciale: “ha dedicato la sua ultima fatica letteraria al suo amico e artista. Anche lei ci aiuterà a comprendere la sua vita e la sua arte”. Nel corso della manifestazione un brano tratto dal suo libro “Caro Pier Paolo” sarà infatti letto dall’attrice Milena Vukotic