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    Via Crucis del Papa al Colosseo, negli ultimi tratti anche una famiglia ucraina insieme a una russa

    Durante la Via Crucis presieduta dal Papa al Colosseo, in programma il prossimo Venerdì Santo alle 21.15, a portare la croce alla 13esima stazione saranno una famiglia russa insieme ad una famiglia ucraina. Alla 14esima e ultima stazione vi sarà invece una famiglia di migranti. Lo ha reso noto la Sala stampa vaticana. In occasione dell’anno dedicato alla famiglia, papa Bergoglio ha affidato la preparazione dei testi delle meditazioni e delle preghiere ad alcune famiglie legate a comunità ed associazioni cattoliche di volontariato ed assistenza.
    Le altre famiglie che porteranno la croce saranno una coppia di giovani sposi, una famiglia in missione, una coppia di sposi anziani, una famiglia con 5 figli, una famiglia con un figlio con disabilità, una famiglia che gestisce una casa di accoglienza, una famiglia che affronta la malattia, una coppia di nonni, una famiglia con figli adottivi, una donna con figli che ha perso il marito, una famiglia con un figlio consacrato, una famiglia che si confronta con la perdita di un figlio. Le meditazioni per ogni stazione sono ispirate al percorso di vita di ciascuna famiglia.
    In particolare, la meditazione che sarà letta durante il tratto delle famiglie ucraina e russa, quando Gesù muore sulla croce, dice: “La morte intorno. La vita che sembra perdere di valore. Tutto cambia in pochi secondi. L’esistenza, le giornate, la spensieratezza della neve d’inverno, l’andare a prendere i bambini a scuola, il lavoro, gli abbracci, le amicizie… tutto. Tutto perde improvvisamente valore. ‘Dove sei Signore? Dove ti sei nascosto? Vogliamo la nostra vita di prima. Perché tutto questo? Quale colpa abbiamo commesso? Perché ci hai abbandonato? Perché hai abbandonato i nostri popoli? Perché hai spaccato in questo modo le nostre famiglie? Perché non abbiamo più la voglia di sognare e di vivere? Perché le nostre terre sono diventate tenebrose come il Golgota?’. Le lacrime sono finite. La rabbia ha lasciato il passo alla rassegnazione. Sappiamo che Tu ci ami, Signore, ma non lo sentiamo questo amore e questa cosa ci fa impazzire. Ci svegliamo al mattino e per qualche secondo siamo felici, ma poi ci ricordiamo subito quanto sarà difficile riconciliarci. Signore dove sei? Parla nel silenzio della morte e della divisione ed insegnaci a fare pace, ad essere fratelli e sorelle, a ricostruire ciò che le bombe avrebbero voluto annientare”.
    E quella della famiglia di migranti, nella stazione finale in cui il corpo di Gesù è deposto nel sepolcro : “Ormai siamo qui. Siamo morti al nostro passato. Avremmo voluto vivere nella nostra terra, ma la guerra ce lo ha impedito. È difficile per una famiglia dover scegliere tra i suoi sogni e la libertà. Tra i desideri e la sopravvivenza. Siamo qui dopo viaggi in cui abbiamo visto morire donne e bambini, amici, fratelli e sorelle. Siamo qui, sopravvissuti. Percepiti come un peso. Noi che a casa nostra eravamo importanti, qui siamo numeri, categorie, semplificazioni. Eppure siamo molto di più che immigrati. Siamo persone. Siamo venuti qui per i nostri figli. Moriamo ogni giorno per loro, perché qui possano provare a vivere una vita normale, senza le bombe, senza il sangue, senza le persecuzioni. Siamo cattolici, ma anche questo a volte sembra passare in secondo piano rispetto al fatto che siamo migranti. Se non ci rassegniamo è perché sappiamo che la grande pietra sulla porta del sepolcro un giorno verrà rotolata via”.    

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    Ucraina: Di Maio, con Draghi in Algeria contro i ricatti russi

     “Domani mattina sarò con il presidente Draghi in Algeria per firmare un accordo sul gas che ci permetterà di fronteggiare gli eventuali ricatti russi sul gas. Purtroppo siamo in ritardo come Paese, dovevamo diversificare molto prima ma abbiamo tanti partner e amici nel mondo”. E’ quanto ha affermato il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, rispondendo ai cronisti a Maddaloni (Caserta), dove ha fatto visita al Villaggio dei Ragazzi, storica istituzione scolastica, dove ha premiato la Croce Rossa. “Nell’ultimo mese e mezzo sono stato in Algeria, Qatar, Congo, Angola, Mozambico, Azerbijan: tutti questi Paesi si sono detti disponibili ad aumentare le forniture all’Italia” ha aggiunto.    

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    Intimidazioni contro consigliera Puglia favorevole a discarica

    (ANSA) – BARI, 10 APR – “Alla Parchitelli che ha preso 500
    voti a Mola gli auguriamo 500 possibilità di andare in uno 048″
    (codice che si riferisce all’esenzione sanitaria per i malati di
    tumore, ndr)”. E’ uno dei manifesti che questa mattina sono
    comparsi nella piazza di Mola di Bari, contro la consigliera
    regionale del Pd Lucia Parchitelli per aver difeso la riapertura
    della discarica Martucci, tra Mola e Conversano. Qualcuno
    durante la notte scorsa, oltre ai manifesti, ha anche piazzato
    una croce nel prato in piazza.   
    “Invitiamo gli elettori molesi – si legge su un altro
    cartello – a prendere le distanze da tutti i partiti politici e
    le liste civiche che hanno votato a favore della discarica
    Martucci e non votarle alle prossime elezioni amministrative”.   
    “Quello che è accaduto stamattina in piazza è vergognoso –
    commenta su facebook il sindaco Giuseppe Colonna – e prendo
    pubblicamente e nettamente le distanze”. “Vogliono – prosegue –
    inquinare il clima politico e sociale della nostra società: non
    glielo consentiremo. Da parte mia perseguirò nelle sedi
    opportune gli autori di questo inqualificabile gesto”. (ANSA).   

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    Padre Fortunato, Sassoli incarnato spirito Manifesto Assisi

    (ANSA) – PERUGIA, 10 APR – “L’amico e fratello David ha
    incarnato lo spirito del Manifesto di Assisi, presentato con
    entusiasmo presso il Sacro Convento e discusso su suo invito a
    Bruxelles. Un ‘Green deal europeo’, così gli piaceva
    presentarlo, in nome di ‘un’Europa più forte'”: il francescano
    padre Enzo Fortunato lo ha sottolineato intervenendo a Perugia
    all’incontro “Difendere il Pianeta, una scelta non negoziabile.   
    Il lascito di David Sassoli”. Promosso dall’Ufficio del
    Parlamento europeo in Italia.   
    “Intervenendo nel 2014 a Strasburgo – ha ricordato padre
    Fortunato -, Papa Francesco usò parole molto nette. Parlò di
    un’Europa vecchia e stanca paragonandola ad una ‘nonna non più
    fertile e vivace’. Non era certo l’Europa che aveva in mente
    David Sassoli, né quell’Europa che insieme abbiamo promosso e
    discusso nel presentare il Manifesto di Assisi. Con la nuova
    Commissione tuttavia le decisioni prese per rispondere alla
    crisi climatica e alla pandemia dimostrano che la comunità
    europea ha imboccato un’altra strada, più vicina all’ispirazione
    della Laudato si’. Una strada che rischia d’essere oggi
    intralciata dalla guerra in Ucraina. ‘Ho pensato che stavano
    cercando di attaccare il cuore della democrazia europea, questo
    vuol dire che il Parlamento europeo sta facendo il proprio
    dovere nel segnalare, richiamare, difendere i valori dello stato
    di diritto e delle libertà’. Sono parole dell’allora presidente
    del Parlamento europeo, cui fu proibito l’accesso in Russia per
    la posizione assunta sul caso Navalny. Personalità mai come oggi
    rimpianta, per il profilo umano e politico, per onestà,
    sensibilità per il sociale e per una modernizzazione
    sostenibile”. (ANSA).   

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    Comunali:Verdi sui manifesti elettorali,polemiche a Piacenza

    (ANSA) – PIACENZA, 10 APR – “Giuseppe Verdi appartiene a
    tutti, in maniera apartitica. Così si svilisce la sua figura”.   
    Angiolo Carrara Verdi, uno degli eredi del Cigno di Busseto
    tuona contro Antonio Levoni, consigliere comunale dei Liberali e
    nome tra i papabili ad essere scelto come candidato sindaco del
    possibile terzo polo promosso dall’Associazione Liberali
    Piacentini, che in alcuni grandi cartelloni pubblicitari esposti
    in città affianca la sua immagine a quella del musicista di
    Busseto. Del contenzioso dà notizia questa mattina il quotidiano
    ‘Libertà’.   
    Secondo Angiolo Carrara Verdi “non si può utilizzare il nome
    di Giuseppe Verdi in campagna elettorale, è un’assurdità. Trovo
    pazzesco che un politico lo strumentalizzi per accaparrarsi
    qualche voto, come se fosse un suo sostenitore”. I cartelloni
    riportano la scritta ‘Vota Antonio Levoni, vota un piacentino
    vero. Te lo dice un altro piacentino vero, Giuseppe Verdi’. Tra
    lo sfondo arancione e la giacca marrone del Maestro c’è anche la
    firma di Verdi a grandi dimensioni.   
    Antonio Levoni respinge le accuse sostenendo di aver voluto
    “valorizzare Verdi e soprattutto le sue radici piacentine.   
    Troppe volte le origini di questa figura vengono attribuite a
    Parma. Ma la sua famiglia era legata al nostro territorio, il
    Maestro abitò a lungo a Sant’Agata di Villanova, oltre a
    frequentare la città. Non a caso, nelle scorse settimane, ho
    proposto di intitolare il Teatro municipale di Piacenza a
    Verdi”. (ANSA).   

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    A Makariv torture e stupri, 'almeno 133 morti' IL REPORTAGE

     Camminano ancora spaventati nella loro città semideserta. E quando qualcuno gli chiede cosa è successo, mettono le dita sulle tempie, le tirano indietro e danno un volto al nemico: “Avevano gli occhi a mandorla”, dice la gente di Makariv, ennesima città a nord di Kiev presa d’assalto dall’esercito di Putin. Anche qui i miliziani dell’estremo oriente russo non hanno avuto pietà. La città è per metà distrutta. Finora si sono contati 133 morti e sui cadaveri, rinvenuti nei campi e dietro le abitazioni, c’erano segni di torture.    “Avevano le mani legate e in almeno due casi si trattava di donne stuprate e poi uccise, una di queste è stata sgozzata.    Abbiamo trovato i corpi”. Mentre lo dice, Vadim Tokar fa il gesto con la mano che gira intorno alla gola. E’ il sindaco-soldato di Makariv, che prima della guerra era un avvocato, ma ora indossa una divisa militare come se fosse al fronte, tanto che dopo l’occupazione è stato decorato con una medaglia d’onore dal presidente Zelensky.    Per il ministero della Difesa ucraino si tratta di “un nuovo, mostruoso crimine di guerra”. Fin dallo scorso 25 febbraio i morti, spiega Tokar, sono sparsi nelle case, sotto gli edifici crollati. Quelli che erano in strada sono stati recuperati. Nei racconti della gente, poca quella che esce dalle case ancora rimaste in piedi, il rituale di guerra è quasi sempre lo stesso anche se qui “gli spari alle auto in strada arrivavano anche dall’alto, dagli elicotteri”, ricorda Oleh, 58 anni, che si è rifugiato con la moglie, i due figli, una parente, gatti e cani per tutto il tempo in cantina al buio e senza riscaldamento. Col dito ora indica le finestre sfondate della sua casa, dove entrava vento gelido mischiato a fumo e odore di polvere da sparo. Ma gli è andata bene, perché – spiega Maria – “in alcune abitazioni i militari russi hanno lanciato le granate nei rifugi, non volevano neanche ci nascondessimo, ammazzavano anche gli animali”.

    Ucraina, il dramma di Makariv: centinaia di morti, torture e donne violentate

        A quanto pare però l’esercito cambiava continuamente le sue posizioni all’interno della città, dove non c’erano sempre gli stessi gruppi di militari: “Alcuni soldati russi a un certo punto ci hanno detto di scappare perché sarebbero arrivati quelli più cattivi, gli ‘udmurt’ e i ‘buryat'”, l’etnia dei miliziani dell’estremo oriente che non fanno prigionieri e si sono accaniti anche su Bucha. Del resto, in quest’area, tra un territorio e l’altro l’unica cosa che resta sull’asfalto e sul terreno dei campi sono le macchine schiacciate o traforate dal piombo, i relitti di carri armati, le casse vuote che contenevano kalashnikov e artiglieria e gli accampamenti di fortuna usati dai russi durante l’occupazione.    Come in un copione di guerra già visto in questi giorni, anche Makariv è stata isolata fin dall’inizio: “Sono entrati e hanno rotto i telefoni, uccidendo chi scriveva o cercava di mandare informazioni all’esterno”. Poi i collegamenti sono stati completamente distrutti e quasi per una quarantina di giorni il mondo non ha saputo nulla di cosa si stesse compiendo alle porte della capitale ucraina. Sviatoslav, che pure è rimasto in paese tutto il tempo, dice di essersi barricato in casa come gli avevano detto di fare e di aver sentito solo spari per settimane. Al fratello di Maria è andata tutto sommato bene: “Era per strada, lo hanno fatto inginocchiare e poi hanno sparato in aria per spaventarlo, la sua colpa era non aver portato con sé il passaporto”. Il vicino di Oleh invece non si trova più o almeno si vuole credere che sia soltanto scomparso, perché invece la sua macchina è rimasta lì trafitta da fori di proiettili ovunque: “Stava andando a trovare la moglie a Borodyanka, che era in ospedale perché doveva partorire”. Non potevano immaginare che l’onda disumana stesse arrivando anche lì: ad avvisarli era stato persino il nemico.    

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    Mattarella inaugura Procida 2022: 'La cultura è pace, ora viviamo giorgi terribili'

    Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, visita Procida, capitale della cultura.  Ad attendere il Capo dello Stato alcuni bambini delle scuole primarie. Una signora del posto gli ha offerto una limonata, il caratteristico dolce del posto, “la lingua di Procida”.

    Agenzia ANSA

    350 artisti di 45 Paesi, cartellone per un anno (ANSA)

    Ci sarà anche un ragazzo ucraino, Glib, tra gli studenti che oggi incontreranno il presidente della Repubblica. Mattarella  incontrerà una piccola delegazione degli studenti dell’istituto comprensivo Capraro e dell’istituto tecnico Caracciolo-Da Procida Glib fa parte della comunità ucraina che risiede stabilmente sull’isola.  
    “Sì, la cultura è motore di crescita. E’ spinta all’apertura, moltiplicatore di energie civili”. Lo afferma il presidente Sergio Mattarella parlando in occasione della cerimonia per l’Isola Capitale della Cultura. “È occasione di confronto, rispetto dell’altrui diversità. E’ ricerca di innovazione. La cultura attrae turismo. E rende questo turismo più maturo, più capace di conoscere e apprezzare e non solo di guardare distrattamente. “La cultura non isola” è il motto che avete scelto. Questa scelta fa comprendere che Procida ha accettato la sfida”. “La cultura è anche sinonimo di pace. La sua autenticità sta proprio nella capacità di promuovere curiosità che diventa comprensione, amicizia, convivenza, cooperazione”. Lo ha detto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella intervenendo alla cerimonia di inaugurazione di Procida Capitale 2022. Cosi’ da Procida il Capo dello Stato Sergio Mattarella. “La cultura – ha aggiunto il Capo dello Stato – respinge la pretesa di chi vuole trascinarla nel vortice della guerra. Ribadisce, al contrario, la sua limpida vocazione al dialogo e alla pace”. “Viviamo giorni terribili. Siamo travolti da immagini che pensavamo aver consegnato per sempre all’archivio degli orrori non ripetibili nel nostro continente. Invece altro sangue innocente, altre vite spezzate, altri crimini spietati stanno nuovamente popolando gli abissi della disumanità”. Lo ha detto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella intervenendo alla cerimonia che dà il via a Procida Capitale della Cultura 2022. “L’aggressione compiuta contro l’Ucraina, contro la libertà e la stessa vita dei suoi cittadini, da parte del governo della Federazione Russa, costituisce una ferita che colpisce la coscienza di ciascuno e la responsabilità degli Stati. Anche l’energia della cultura deve soccorrerci per fermare la guerra. Costruire la pace è un impegno che richiama i valori più profondi, a partire dal diritto di ciascuno a vivere in libertà, a scegliere il proprio destino”. Così il Capo dello Stato Sergio Mattarella a Procida per l’inaugurazione di Procida Capitale italiana della cultura.

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    L'intervento di Mattarella – IL TESTO

    Saluto le autorità presenti.
    Esprimo un forte e sincero incoraggiamento a quanti sono attivamente impegnati nell’attuazione del ricco programma di eventi.
    Un saluto intenso e cordiale alle cittadine e ai cittadini di Procida, che è chiamata a rappresentare l’importanza primaria che per l’Italia riveste la cultura, come Capitale.
    La cultura evoca il termine capitale anche nell’altro significato di questa parola: la cultura è un capitale. Un capitale da valorizzare e da investire.
    Lo è come somma delle espressioni dell’ingegno umano.
    Lo è nell’eredità lasciata dai millenni nei paesaggi di luoghi incantevoli quanto questa nostra stupenda isola.
    Un altro significato si aggiunge ulteriormente: quello che emerge dal porre sotto i riflettori nazionali un luogo appartato, come è, per definizione, un’isola – una piccola isola. Che divenga, per un anno, il fulcro da cui viene valorizzata e si irradia l’esperienza culturale della Repubblica: E permanga poi, negli anni a seguire, nella rete ideale delle capitali della cultura.
    Un vero e proprio laboratorio come ha voluto definirlo il ministro della cultura, Franceschini.  Aggiungo: un laboratorio operoso.
    È una responsabilità affascinante per gli abitanti, per gli amministratori, per coloro che amano Procida.
    Siamo, oggi, testimoni di questa impresa e voi, cittadini di Procida, ne siete, protagonisti, nella logica di quella partecipazione che è alla base di tutto – come ha sottolineato il direttore Riitano – perché la cultura è patrimonio della comunità.
    Si tratta di un impegno che offrirà l’occasione per far conoscere meglio la natura di quest’isola, la sua gente, i panorami suggestivi, l’arte, le qualità e quegli scorci tipici che recano il segno di tanta storia e umanità.

    Un’isola tra le minori del Mediterraneo che diventa capitale può apparire singolare a taluno.
    Invece è una sfida di modernità e, insieme, un ritorno all’antico, alle sue migliori tradizioni e ai valori che ci ha trasmesso. Potremmo dire che si tratta di un moderno ritorno alla lunga storia della cultura italiana.
    Nel tempo che viviamo non ha senso, è davvero inattuale, ragionare di centro e di periferie, come se al primo appartenesse un primato perpetuo e i ruoli territoriali non fossero frutto, invece, delle relazioni costruite sui territori.
    Siamo, sempre più, tutti, centro e periferia nello stesso momento. L’isola e la terraferma, la metropoli e il piccolo borgo, l’area montana e quella interna partecipano insieme alla vita, all’economia, al tessuto sociale e culturale del Paese e, ormai, della dimensione globale, quella che meglio corrisponde alla cultura.
    La pandemia ce ne ha dato prova, quando abbiamo scoperto che il virus era penetrato nel nostro Paese, a Codogno.
    Non a caso lì abbiamo celebrato, il 2 giugno del 2020, il giorno della Repubblica. Codogno capitale: per ribadire quella solidarietà che ci ha consentito di resistere e ripartire.
    Oggi, l’inaugurazione dell’anno di Procida come capitale della cultura è, di nuovo, il segno di una Repubblica che si ritrova in tutti i luoghi, in tutte le comunità che la compongono.
    Procida è capitale perché esempio di quella cultura italiana diffusa, che trova espressione nelle cento città e nei tanti borghi e che rappresenta, per essi e per l’intero Paese, un volano di crescita.

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    “Comunità”, “faro”, “àncora” sono i nomi che avete dato ai progetti che animeranno le attività in programma quest’anno: indicazioni e orientamenti di impegno per costruire consapevolmente il domani.
    Sì, la cultura è motore di crescita.
    E’ spinta all’apertura, moltiplicatore di energie civili.
    È occasione di confronto, rispetto dell’altrui diversità. E’ ricerca di innovazione.
    La cultura attrae turismo. E rende questo turismo più maturo, più capace di conoscere e apprezzare e non solo di guardare distrattamente.
    “La cultura non isola” è il motto che avete scelto.
    Questa scelta fa comprendere che Procida ha accettato la sfida.
    La cultura non è un luogo separato dal contesto sociale, nicchia di attività umane voluttuarie o superflue. Bensì è bellezza che si trasmette, è pensiero che arricchisce, è conoscenza, etica, dialogo, emozioni.
    Nella storia del Mediterraneo, le origini della nostra civiltà scaturiscono dall’incontro, dallo scambio, dalla navigazione in queste acque; dall’incontro che caratterizza, sempre, un percorso o un viaggio.
    Procida ha vissuto intensamente il procedere dei secoli ed è stata teatro e officina di mutamenti, di passioni, di idee.
    La stratificazione di esperienze e di saperi vi ha composto un vero e proprio atlante storico, che così si mostra ad abitanti e ospiti: un tempo luogo fortificato e oggi luogo aperto, un tempo luogo di reclusione e oggi luogo di accoglienza, espressione di una comunità in cammino, la quale intende valorizzare i propri spazi pubblici, i propri beni comuni.
    Non custodia di un museo a cielo aperto, ma spazio da vivere.
    Tutte le isole del Golfo partecipano di un fascino originale: per questo sono divenute mete di riposo, di turismo qualificato, soggiorno di intellettuali. E hanno configurato una sorta di vera cittadinanza culturale per artisti e scrittori, non solo italiani.

    Si afferma con chiarezza, in questi luoghi, che la cultura è anche sinonimo di pace. La sua autenticità sta proprio nella capacità di promuovere curiosità che diventa comprensione, amicizia, convivenza, cooperazione.

     Viviamo giorni terribili. Siamo travolti da immagini che pensavamo aver consegnato per sempre all’archivio degli orrori non ripetibili nel nostro continente. Invece altro sangue innocente, altre vite spezzate, altri crimini spietati stanno nuovamente popolando gli abissi della disumanità. 
    L’aggressione compiuta contro l’Ucraina, contro la libertà e la stessa vita dei suoi cittadini, da parte del governo della Federazione Russa, costituisce una ferita che colpisce la coscienza di ciascuno e la responsabilità degli Stati.
    Anche l’energia della cultura deve soccorrerci per fermare la guerra. Costruire la pace è un impegno che richiama i valori più profondi, a partire dal diritto di ciascuno a vivere in libertà, a scegliere il proprio destino.
    Il patrimonio culturale genera patrimonio morale su cui risiede la civiltà di un popolo. Genera umanesimo. Sono le risorse che permettono ai popoli di ripartire, di rialzarsi, di ricostruire sulle macerie. Di riprendere a dialogare, di costruire su orizzonti comuni.
    La cultura respinge la pretesa di chi vuole trascinarla nel vortice della guerra. Ribadisce, al contrario, la sua limpida vocazione al dialogo e alla pace.

    I popoli europei, sono intimamente legati da fili che la storia ha reso forti, preziosi, insostituibili: non possono e non devono essere lacerati per colpa di chi ha fatto ricorso alla brutalità della violenza e della guerra.
    La letteratura, la musica, le arti costituiscono una rete e una ricchezza comuni che non devono essere smarrite.
    È questo l’appello che da questa isola, da oggi capitale della cultura di un Paese che ne ha grande tradizione, deve giungere per affermare quel coraggio di sperare di cui ci ha parlato Giovanni, per trasformarlo in volontà di speranza.
    È in gioco il destino dell’intera Europa, che si trova a un bivio tra una regressione della sua storia e la sua capacità di sopravvivere ai mali del proprio passato, e di superarli definitivamente.

    Il mare che ci attornia è una straordinaria ricchezza: dobbiamo averne cura, e al tempo stesso riconoscere il suo valore. Il mare unisce. Il mare è vita. Il mare è solidarietà. ll mare è relazione tra i popoli. Il mare è cultura.
    Anche per questo Procida, capitale della cultura, è una opportunità preziosa per tutta la Campania e, nel momento attuale, questo riveste una grande responsabilità.
    Abbiamo il pensiero al dopo pandemia e siamo impegnati nella storica opportunità di un decisivo programma di rilancio dell’Italia per rendere il suo sistema più moderno ed efficiente.
    Il nostro Paese riuscirà a raggiungere i traguardi che si è dati soltanto se il Meridione tornerà a crescere in modo equilibrato, nel segno di una forte innovazione e di una ritrovata coesione.
    Buon anno della cultura a tutti i procidani. Buon lavoro come capitale.
    Da Procida ci attendiamo di apprendere molto.
    Vi auguro il meglio, e auguro che l’isola di Arturo – e di Elsa Morante – possa essere ancora di più conosciuta e ammirata.