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    A Mariupol combattimenti corpo a corpo

     Prosegue l’avanzata russa nell’Est dell’Ucraina, con obiettivi il Donbass e soprattutto la città portuale di Mariupol, ormai diventata un simbolo delle devastazioni causate dal conflitto e teatro di violenti combattimenti, con scontri anche corpo a corpo. Prosegue anche senza sosta il lavoro diplomatico, con il ministro degli esteri Di Maio che lancia la proposta di promuovere “una conferenza di pace” preceduta da “un cessate il fuoco”, sottolineando anche la necessità di mantenere aperto un canale con Mosca. Un’invito alla moderazione che sembra stridere con le posizioni sempre più dure del presidente americano Biden, che ha accusato apertamente Putin di “genocidio”, ricevendo in risposta il plauso di Zelensky, ma anche la presa di distanza del francese Macron che ha suggerito di evitare “escalation di parole”.    Lo stato maggiore dell’esercito Ucraino ha fatto sapere che proseguono i bombardamenti russi con artiglieria su Kharkiv e aerei su Mariupol, dove sono state colpite infrastrutture civili ed è in corso una dura battaglia, anche con combattimenti corpo a corpo, nell’impianto siderurgico Azovstal, di cui l’esercito di Mosca sta cercando di prendere il controllo. Il portavoce del ministero della Difesa russo ha riferito che 1.026 militari ucraini, fra i quali 162 ufficiali e 47 soldatesse, si sono arresi nella città e il sindaco ha parlato di almeno “100 mila persone” che chiedono di essere evacuate dalla città. Ma secondo il vice primo ministro ucraino Iryna Vereshchuk, oggi non è stato possibile aprire alcun corridoio umanitario perché i russi violano il cessate il fuoco e bloccano gli autobus che evacuano i civili.    Da Kiev si moltiplicano intanto le denunce di massacri e violenze compiuti dalle forze d’invasione. Secondo il primo viceministro degli Interni ucraino Evgeny Yenin, intervistato da Repubblica, da febbraio ad oggi sono stati commessi “più di 5600” crimini di guerra, anche attraverso l’uso, contro militari e civili, di “bombe al fosforo e altre munizioni proibite dalle convenzioni internazionali”. E’ salito inoltre a 191, secondo i dati diffusi dall’ufficio del Procuratore generale ucraino, il numero di bambini uccisi nel Paese dall’inizio dell’operazione militare di Mosca, e 349 sono rimasti feriti. Il governo russo però respinge molte delle accuse, in particolare sull’utilizzo di armi chimiche ipotizzato da Washington e invita gli Usa a “smettere di fare disinformazione”, dal momento che la Russia avrebbe distrutto le sue ultime scorte chimiche nel 2017.    Gli Stati Uniti però non arretrano nella loro linea e il presidente Joe Biden, che si appresta ad annunciare altri 700 milioni di dollari di aiuti militari a Kiev, ha lanciato un nuovo violentissimo attacco verbale al leader del Cremlino Vladimir Putin, accusandolo di “genocidio” e sottolineando che “lasceremo agli avvocati decidere come qualificarlo a livello internazionale, ma di sicuro è quello che sembra a me”.    Immediato il plauso di Zelensky: “Parole vere da un vero leader”, mentre il francese Macron ha preso le distanze rifiutando di utilizzare gli stessi termini e mettendo in dubbio l’utilità di una “escalation di parole” per porre fine alla guerra.    Sul fronte diplomatico, anche il ministro degli esteri italiano Di Maio ha sottolineato la necessità di mantenere moderazione, ricordando come fra Roma e Mosca resti sempre “un canale aperto” e suggerendo l’idea di “una conferenza di pace preceduta da un cessate il fuoco”, pur proseguendo sulla strada delle sanzioni che servono “per evitare che Putin continui a impegnare i soldi nella guerra”. Sul tema della guerra e della pace, in vista della Pasqua, è intervenuto nuovamente anche papa Francesco che ha definito il conflitto in Ucraina “un oltraggio a Dio” ed ha spiegato che “la pace che Gesù ci dà a Pasqua non è la pace che segue le strategie del mondo, il quale crede di ottenerla attraverso la forza, con le conquiste e con varie forme di imposizione. Questa pace, in realtà, è solo un intervallo tra le guerre. Lo sappiamo bene”.    E a Kiev arriveranno oggi i presidenti di Polonia, Lituania, Lettonia ed Estonia, Andrzej Duda, Gitanas Nausėda, Egils Levits e Alar Karis, che incontreranno Zelensky con l’obiettivo di “sostenere il presidente e i difensori dell’Ucraina in un momento cruciale per il Paese”, oltre a portare “un forte messaggio di sostegno politico e di assistenza militare”, come ha voluto precisare Nauseda.   

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    Dl bollette: la Camera conferma la fiducia, 422 sì

    La Camera conferma la fiducia al governo sul decreto legge Bollette. I voti a favore sono  stati 422, 54 i contrari, un astenuto. L’Assemblea passa ora all’esame degli ordini del giorno, che saranno votati mercoledì mattina 13 marzo   

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    Il fosforo bianco, micidiale arma di morte

    Kiev torna a denunciare l’uso da parte delle truppe russe del micidiale fosforo bianco sulle città ucraine, la martoriata Mariupol da ultima. Se confermato, si tratterebbe di una grave violazione dei trattati internazionali che potrebbe costituire anche un crimine di guerra.    Le munizioni al fosforo bianco, largamente utilizzate in ogni teatro di guerra contemporanea, seppure non siano considerate propriamente armi chimiche sono definite illegali dal III Protocollo della ‘Convenzione su certe armi convenzionali’ adottata nel 1980 che proibisce o limita l’utilizzo di armi convenzionali considerate particolarmente dannose, suscettibili di provocare effetti indiscriminati sulla popolazione civile. In altre parole, il fosforo bianco è utilizzabile contro obiettivi militari ma non contro i civili, e neppure contro installazioni che siano troppo in prossimità di aree residenziali.    Sul campo di battaglia quest’arma ha molteplici utilizzi, come illuminante soprattutto – è anche contenuto nei proiettili traccianti -, come nuvola di fumo per coprire l’avanzata delle truppe o come bomba incendiaria, grazie alla sua capacità di raggiungere gli 815 gradi al contatto con l’ossigeno. Le ferite sono micidiali e spesso mortali, al contatto brucia inarrestabile la carne fino alle ossa, se inalato provoca asfissia in certi casi.    Scoperto nel 1669 dall’alchimista tedesco Hennig Brandt, che lo battezzò come ‘portatore di luce’ dal greco, si ritiene che i primi a usare il fosforo bianco in chiave bellica siano stati alla fine del XIX secolo i nazionalisti irlandesi, che mescolandolo con il solfuro di carbonio ottennero una temibile sostanza incendiaria chiamata ‘fuoco feniano’.    Gli eserciti regolari lo iniziarono a utilizzare nel corso della Prima guerra mondiale, ma è indubbio che ‘Willie Pete’, nello slang dei soldati americani, divenne tragicamente celebre in Vietnam: il mostro di fuoco scatenato dalle granate al fosforo al contatto con l’ossigeno era in grado di annientare i Vietcong asserragliati nei tunnel, incubo di ogni soldato statunitense nel sudest asiatico.    Nonostante la Convenzione del 1980, il fosforo bianco tornerà tristemente a far parlare di sé nella guerra delle Falklands del 1982, utilizzato dai britannici, nella battaglia di Grozny in Cecenia del 1994, dove le forze russe lo avrebbero utilizzato “massicciamente”, e in quella di Falluja che nel 2004 oppose i soldati Usa agli insorti iracheni, e dove molti anni dopo si registreranno ancora le conseguenze, con tanti bambini malformati dovuti probabilmente all’uso di quest’arma.    Altre denunce hanno riguardato l’operazione Piombo Fuso di Israele contro Gaza nel 2008, le operazioni turche in Siria e hanno finito per coinvolgere addirittura i talebani, accusati di averlo utilizzato in almeno 44 attacchi.   

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    Sardegna: arrivano le ferie solidali tra dipendenti Regione

    (ANSA) – CAGLIARI, 12 APR – La Regione Sardegna istituisce il
    sistema delle ferie solidali. I dipendenti regionali potranno
    donare le loro giornate di ferie ai colleghi che ne hanno più
    bisogno. Il provvedimento dà la possibilità di cedere parte
    delle ferie spettanti a favore dei lavoratori che si trovino
    nella necessità di doverne fruire per assistere un familiare o,
    in caso di particolari condizioni di salute, del dipendente
    affetto da gravi patologie.   
    “L’accordo sottoscritto con i sindacati è una tappa
    significativa e necessaria al completamento del processo di
    armonizzazione delle prestazioni lavorative dei dipendenti della
    lista speciale a quelle del personale dell’amministrazione
    regionale – sottolinea l’assessora del Lavoro Alessandra Zedda –
    ed è anche un istituto che accogliamo con estremo favore perché
    introduce criteri di solidarietà e sostegno verso i più
    bisognosi”. Il provvedimento non comporta alcun costo per
    l’amministrazione.   
    L’intesa prevede anche l’estensione al personale della lista
    speciale dell’istituto dei 15 giorni di permessi retribuiti per
    gravi motivi di famiglia e personali e il diritto alle ferie
    retribuite annuali pari a 32 giorni lavorativi e di 4 giornate
    di ferie in sostituzione di tutte le festività soppresse. Si è
    inoltre stabilito che agli effetti del computo delle ferie, la
    settimana lavorativa si articola su 5 giorni e il sabato non è
    considerato lavorativo, così come previsto per i dipendenti
    dell’amministrazione regionale. (ANSA).   

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    L'ambasciata ucraina, non con i russi alla Via Crucis del Papa

    L’Ambasciata ucraina presso la Santa Sede contesta la decisione vaticana di far portare insieme la croce a una famiglia ucraina e una russa alla Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo, presieduta dal Papa. “L’Ambasciata ucraina presso la Santa Sede – twitta l’ambasciatore Andrii Yurash – capisce e condivide la preoccupazione generale in Ucraina e in molte altre comunità sull’idea di mettere insieme le donne ucraine e russe nel portare la Croce durante la Via Crucis di venerdì al Colosseo”. “Ora stiamo lavorando sulla questione cercando di spiegare le difficoltà della sua realizzazione e le possibili conseguenze”, aggiunge.

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    Sri Lanka: il governo annuncia default preventivo concordato

    Lo Sri Lanka ha dichiarato oggi la temporanea sospensione del pagamento dei debiti esteri. Lo ha annunciato il Ministero alle Finanze, spiegando che cercherà di ristrutturare i suoi obblighi attraverso un programma di aggiustamento sostenuto dal Fondo monetario internazionale (Fmi). Il ministero ha anche reso noto che il governo sta mettendo a punto misure di emergenza per prevenire un futuro deterioramento della posizione finanziaria del Paese e per assicurare un trattamento equo e corretto per tutti i creditori.
    L’agenzia di stampa Newsfirst.lk aggiunge che il Governatore della Banca Centrale, Nandalal Weerasinghe aveva annunciato poco prima che lo Sri Lanka sarebbe entrato in “un default preventivo concordato”, citando le ormai limitate riserve del Paese, necessarie per pagare l’importazione di beni di prima necessità. Il governatore ha spiegato che “questa è l’unica decisione possibile per ristrutturare il nostro debito”.
    Ieri sera, in un appello televisivo alla nazione, il premier Mahinda Rajapaksa si è rivolto ai cittadini che chiedono le sue dimissioni e li ha invitati a interrompere le proteste: “Ogni vostro minuto in strada aumenta il debito del Paese”: ha detto, aggiungendo che “il governo lavora senza tregua per la soluzione della crisi economica”. Rajapaksa ha perso la maggioranza, dopo che i partiti che lo sostenevano il suo governo gli hanno tolto l’appoggio; anche l’ex premier Ranil Wickremesinghe ha chiesto le dimissioni di Rajapaksa.    

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    Kiev chiede armi e teme attacchi chimici

    L’Ucraina torna a chiedere armi e avverte gli alleati: “Chi non ci aiuta, si assume la responsabilità dei morti ucraini”. Parola del presidente Volodymyr Zelensky, che non ha dubbi: “Presto sarà necessario un maggiore supporto militare. Le vite degli ucraini si stanno perdendo, vite che non possono più essere restituite. E questa è anche responsabilità di coloro che ancora conservano nel proprio arsenale le armi di cui l’Ucraina ha bisogno. Responsabilità che rimarrà per sempre nella storia. Se avessimo jet, veicoli corazzati pesanti, artiglieria – aggiunge – saremmo in grado di porre fine a questa guerra”.    Sullo sfondo resta la preoccupazione per il ricorso dei russi alle armi chimiche. Secondo quanto riferito dal battaglione Azov, a Mariupol un drone avrebbe lanciato delle sostanze tossiche sui difensori della città. Tre persone hanno evidenziato “chiari segni di avvelenamento chimico”, per nessuno di loro ci sono “gravi conseguenze” per la salute.
    Zelensky ha ribadito la “preoccupazione per un possibile attacco con armi chimiche nella nuova fase del terrore”, senza confermare il loro utilizzo a Mariupol da parte dei russi. Lo stesso ha detto il portavoce del Pentagono, John Kirby: “Non siamo in grado di confermare queste notizie ma il dipartimento della Difesa americano continua a monitorare la situazione da vicino. Sono notizie molto preoccupanti e riflettono i timori che abbiamo da tempo sul rischio che la Russia possa usare gas lacrimogeni mescolati ad agenti chimici”.    Secondo la procuratrice generale dell’Ucraina, Iryna Venediktova, al momento sono oltre “5.800 i casi” di crimini di guerra commessi dalla Russia in Ucraina. “Qui stiamo ancora riesumando cadaveri dalle fosse comuni” per quelli che “non sono solo crimini di guerra ma anche crimini contro l’umanità”. Il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Ned Price, ha dichiarato che “se le prove ci diranno che Putin è responsabile di crimini di guerra, sarà perseguito per questo”.    Zelensky sottolinea inoltre che “le truppe russe hanno lasciato mine ovunque, nelle case, nelle strade, nelle auto, nelle porte: hanno fatto di tutto per rendere il più pericoloso possibile il ritorno in queste aree, hanno fatto di tutto per uccidere o mutilare il maggior numero possibile della nostra gente quando sono stati costretti a ritirarsi dalla nostra terra”. A nord di Kiev sono “centinaia di migliaia gli oggetti pericolosi trovati, soprattutto, mine e proiettili inesplosi”.
    Oltre 10mila civili sono morti nella città portuale ucraina di Mariupol. Lo ha detto il sindaco della città Vadym Boychenko all’Associated Press, secondo quanto riportano i media internazionali. Secondo il primo cittadino il bilancio delle vittime potrebbe arrivare a superare i 20mila, in una città da settimane sotto attacco e dove lo scarseggiare di cibo e forniture ha lasciato molti corpi sulle strade. Boychenko ha anche accusato le forze russe di aver bloccato per settimane i convogli umanitari che cercavano di entrare in città.   

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    L'orrore russo e la chiesa, 'così ci torturavano' IL REPORTAGE

     “Il Signore ti risponda nel giorno dell’avversità e ti tragga in salvo. Quelli si piegano e cadono, ma noi restiamo in piedi e siamo saldi”. Davanti alla gente del villaggio di Lukashivka, il pastore legge sulla strada sterrata il salmo 20 della Bibbia, che suona a metà tra una preghiera e un inno di battaglia. Subito dopo i fedeli, per diversi minuti sotto la pioggia con le mani conserte e i piedi nel fango, si lanciano sulle buste di pane e alimenti che arrivano da un furgone. Alle loro spalle ci sono le macerie della chiesa dell’Ascensione, diventata per oltre un mese il quartier generale dei soldati russi. E’ una scena che si ripete tutti i giorni da poco più di una settimana, da quando le milizie di Putin si sono ritirate sotto i colpi dell’artiglieria ucraina. Per oltre un mese in quella chiesa e nei dintorni il paesino è stato trasformato nel fortino di miliziani del battaglione dell’estremo oriente russo: anche qui hanno torturato, ucciso e fatto razzie di tutto quello che potevano, come ha denunciato l’arcivescovo maggiore di Kiev Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina.    Non c’è stata alcuna resistenza. Fino ad allora Lukashivka era un posto tranquillo vicino alla frontiera a nord di Kiev, a due passi da Chernihiv, abitato da contadini che parlano un dialetto a metà tra il russo e l’ucraino: su duecentotrenta abitanti (altri cento erano riusciti a scappare prima) ne sono stati uccisi una decina. I loro corpi fino a poche ore fa erano nei campi, in qualche casa e nel piccolo parco giochi davanti al sagrato della chiesa, ora crollata sotto i colpi della battaglia. Nelle stradine fangose e prive di asfalto girano i cani tra le carcasse, che si saziano con le carogne delle mucche, quelle allevate nel villaggio. Più che di abitazioni si tratta di baracche e in una di queste è stato prelevato Ivan Korobka, 36 anni: “Sono venuti a casa e mi hanno detto: ‘adesso andiamo a parlare’. Si sono seduti di fronte a me, chiedevano: ‘dove sono i soldati ucraini?’. Gli ho risposto che non lo sapevo e loro hanno tirato fuori un pugnale e hanno cominciato a conficcarmelo nelle gambe – dice Ivan mentre mostra tre grosse ferite sulle cosce e mima il gesto delle coltellate -. Per fortuna è arrivato in tempo il loro luogotenente. Li ha fermati e mi ha aiutato a medicarmi”.    Torture e soldati come schegge impazzite, segno che i russi in quei territori erano allo sbando e non riuscivano controllare del tutto le truppe. “Alcuni soldati erano violenti, altri cercavano di tenerli a bada”, spiega la gente. Non si può dire a chi sia andata peggio: un giovane vent’anni è stato lasciato al freddo nudo e con le mani legate dietro alla schiena per ore, anche lui colpevole di non saper dare informazioni sui militari ucraini. Nella fattoria di Olexander Chernenko i miliziani invece hanno fatto irruzione sparando ovunque, prima di sedersi.    Poi hanno tenuto otto civili prigionieri nella cantina per una settimana e hanno portato via cibo, vestiti e stivali. “Persino i calzini”, racconta. Quando si sono ritirati, hanno bruciato i loro stessi carri armati prima di lasciare Lukashivka.    La periferia di Chernihiv è un supplizio senza fine. A Yagydne, un altro villaggio povero a qualche chilometro e quasi tutto distrutto, i 380 abitanti sono stati tenuti prigionieri nel rifugio sotterraneo di una scuola per oltre un mese, con i miliziani russi in superficie che bivaccavano nelle loro case, prendevano quello che volevano e intanto organizzavano l’avanzata. Undici civili sarebbero morti di asfissia o infarto e altri otto uccisi. “Tenendoci il fucile puntato, ci hanno permesso man mano di seppellirli. Per non farci morire di fame, a noi davano il loro cibo”, dice Volodymyr mostrando le tante scatole di cartone delle razioni K dell’esercito russo, contenenti marmellata, fette di pane e scatolette di carne, “mentre nelle nostre case si abbuffavano”. Anche qui ogni giorno passa un pastore. La gente del paesino prega, ma in cambio vuole il tozzo di pane.