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    Ucraina: la storia di Egor e Sergei, 'Una vita in fuga dai russi' IL REPORTAGE

    Sergei e Egor Zakharov sono padre e figlio, entrambi hanno una passione per l’arte. Il primo, 56 anni, è un pittore ucraino di fama, le riproduzioni di due sue opere sulla guerra, un carico di cupezza dipinto dopo il 24 febbraio, sono ora in mostra alla Biennale di Venezia, all’esterno del padiglione di Kiev. Il secondo ha 22 anni e studia architettura, anzi studiava, perché poche settimane fa è scappato dal dormitorio della sua università a Mariupol. Ma in comune non hanno solo l’amore per l’arte: è una vita che fuggono dalle persecuzioni o dalle bombe dei russi.    Nel suo studio a Kiev, Sergei, originario di Donetsk, sfoglia una grafic novel, ‘DumPster’, nella quale ha disegnato la sua storia e che ora lo aiuta a raccontare senza per forza dover trovare le parole. Troppo dolorose. “Quando i russi sono entrati nel Donbass, nel 2014, decisi che dovevo fare qualcosa.    Cominciai con una street art di protesta, pensavo che muovendomi di prima mattina non mi avrebbero visto”. E invece i russi lo hanno trovato e arrestato. Buttato in una cantina nella sede dei servizi segreti, è stato picchiato fino a rompergli le costole, chiuso in un cubo di acciaio, ammanettato a un altro compagno di sventure. “Quando hanno capito che non avevo informazioni, hanno continuato a picchiarmi solo per cancellare la mia personalità”.    Liberato dopo 12 giorni, è stato catturato di nuovo. Ma questa volta, “per fortuna”, è stato messo a lavorare nella cucina del ristorante Liverpool, che sfamava le truppe di Mosca. Dopo un altro mese è riuscito a scappare dal Donbass, e “come me, altre migliaia e migliaia di persone”. Li chiamano “gli sfollati del Donbass”, russofoni ma non russofili, che negli anni hanno riempito le altre città dell’Ucraina. “Adesso gli invasori russi stanno facendo le stesse cose che hanno fatto a me. Anzi, anche peggio”.    Quello che stanno facendo adesso lo racconta Egor, che insieme a un gruppo di compagni di studi ha resistito nel dormitorio di Mariupol per un mese. “Andavamo a cercare il cibo dai volontari, ma dovevamo nasconderci dagli spari e dalle bombe. Vedevamo i cadaveri per strada, ci passavamo accanto”, racconta mostrando delle schegge di metallo cadute accanto a lui, che conserva in una scatolina in tasca. Passavano la notte nel rifugio, di giorno con i più coraggiosi salivano al settimo piano per cucinare qualcosa su un barbecue improvvisato in balcone, all’orizzonte il fumo dei colpi.    Il 26 marzo in 8 decidono di scappare a piedi verso Berdyansk. Sull’autostrada altri civili li caricano in macchina fino ai bus di evacuazione. “A ogni checkpoint i russi ci perquisivano. Gli uomini venivano fatti spogliare per vedere se avessero dei tatuaggi che tradissero la loro appartenenza a qualche corpo militare. A qualcuno fu intimato di cancellare dal telefono le foto della distruzione da Mariupol”. Dopo giorni di incertezze, Egor è riuscito a raggiungere sano e salvo suo padre a Kiev. E con lui a inventarsi un’altra vita, da sfollato nel suo Paese. “Qui non posso continuare i miei studi. L’Ucraina – dice amareggiato – non riconosce il mio diploma conseguito nel Donbass”.     

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    Ucraina: Pagliarulo (Anpi), legittima resistenza armata

    “Tutto è nato dall’invasione russa, moralmente e giuridicamente da condannare e condannata, senza se e senza ma, a cui hanno fatto e stanno facendo seguito uno scempio di umanità e di vita del popolo ucraino e una legittima resistenza armata. Oggi il punto è: come arrivare a una pace vera”. Lo ha detto il presidente nazionale Anpi, Gianfranco Pagliarulo, intervenendo sul palco del teatro Kursaal Santalucia di Bari all’evento organizzato in occasione del 77esimo anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo “La resistenza è un bel futuro”. 
    “Sono sorpreso ma soprattutto amareggiato – ha detto interpellato poi a margine dai cronist – perché quello che è in discussione non è la legittimità di un confronto fra idee diverse nel reciproco rispetto, ma la demonizzazione di una posizione che non è soltanto quella dell’Anpi ma di un fronte molto vasto che comprende tanta parte del mondo cattolico e laico e, per quanto ne sappiamo, corrisponde al punto di vista di una larga, forse larghissima parte di italiani”.
    “Pur nelle opinioni diverse, è necessario e urgente operare insieme, unitariamente, affinché si apra la possibilità di un negoziato, si riaccenda la scintilla della speranza, si esca dal vicolo cieco in cui sembra piombata l’Ucraina e l’intera Europa, a partire dalla immediata cessazione dei bombardamenti e dal ritiro delle truppe di occupazione”. Lo ha detto a Bari il presidente Anpi, Gianfranco Pagliarulo. “L’utopia non è ciò che non si potrà realizzare, ma ciò che non è stato ancora realizzato. Si può fare, se si è uniti nella diversità, se prevale la politica, se suonano più alte le parole della vita sulle parole della morte”.
    “La pace non significa resa, la pace va raggiunta ma non significa arrendersi, quindi oggi ancora di più il popolo ucraino si deve determinare e va rispettato il suo diritto di popolo, di istituzione, il diritto alla difesa, che è un diritto sacrosanto e il Parlamento italiano è vicino al popolo ucraino”. Lo ha detto il presidente della Camera, Roberto Fico, a margine di un evento a Bari, “La resistenza è un bel futuro”. 
    “Il 25 aprile ci ricorda che resistere è necessario, è un dovere, ieri come oggi. Ovunque la giustizia e la dignità vengano attaccate, umiliane, distrutte, ora e sempre resistenza. Questo devo essere lo slogan, il grido che sempre deve accompagnare il nostro atteggiamento verso la guerra”. Sono le parole della senatrice a vita Liliana Segre in un messaggio inviato a Bari in occasione dell’evento organizzato per il 77esimo anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo “La resistenza è un bel futuro”, letto sul palco del teatro Kursaal Santalucia da una liceale barese. “La nostra festa, quella del 25 aprile, la festa di tutti i democratici, degli antifascisti, la festa della nostra Repubblica – è il messaggio di Liliana Segre – , ricorda il giorno in cui cominciammo a liberarci con le nostre forze e con il nostro sangue, il giorno in cui i partigiani, insieme agli alleati della coalizione antifascista dettero l’ultimo colpo alla guerra dell’invasore nazifascista. Ma è una festa che oggi, come sempre, parla anche al nostro presente, ad un presente di guerra che ci si impone prepotentemente, dove una potenza aggredisce e sanguinosamente distrugge un Paese sovrano nel cuore dell’Europa, ma un presente segnato ancora anche dalla pandemia, con i suoi costi umani e sociali”.   

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    Mattarella: 'L'attacco di Mosca ricorda le pagine buie dell'imperialismo'

    “C’è chi manifesta disinteresse per sorti Ucraina. Ci si dimentica dei valori del 25 aprile e della Resistenza”.
       Lo ha sottolineato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, incontrando le associazioni combattentistiche d’arma al Quirinale.
       “Il 25 aprile ci ricorda un popolo in armi per affermare il proprio diritto alla pace dopo la guerra voluta dal regime fascista. Fu un’esperienza terribile; che sembra dimenticata, in queste settimane, da chi manifesta disinteresse per le sorti e la libertà delle persone, accantonando valori comuni su cui si era faticosamente costruita, negli ultimi decenni, la convivenza pacifica tra i popoli”, ha detto il capo dello Stato.
        “Il convinto e incondizionato rifiuto di ogni sopraffazione totalitaria, unitamente alla consapevolezza dell’importanza della democrazia, all’affermazione coraggiosa e intransigente del rispetto della dignità umana, al rifiuto di ogni razzismo, alla fedeltà ai propri ideali, sono i valori che ci sono stati affidati dalla Liberazione”, ha detto il presidente Mattarella nel suo discorso.
      Il capo dello Stato ha anche ricordato la guerra in Ucraina. “In queste settimane abbiamo assistito – con profondo senso di angoscia – a scene di violenza su civili, anziani donne e bambini, all’uso di armi che devastano senza discrimine, senza alcuna pietà.
        L’attacco violento della Federazione Russa al popolo ucraino non ha giustificazione alcuna. La pretesa di dominare un altro popolo, di invadere uno Stato indipendente, ci riporta alle pagine più buie dell’imperialismo e del colonialismo”, ha detto Mattarella, che ha aggiunto: “L’incendio appiccato alle regole della comunità internazionale è devastante; e destinato a propagare i suoi effetti se non si riuscisse a fermarlo subito, scongiurando il pericolo del moltiplicarsi, dalla stessa parte, di avventure belliche di cui sarebbe difficile contenere i confini. La solidarietà, che va praticata nei confronti dell’Ucraina, deve essere ferma e coesa. È possibile che questo comporti alcuni sacrifici. Ma questi avrebbero portata di gran lunga inferiore rispetto a quelli che sarebbe inevitabile subire se quella deriva di aggressività bellica non venisse fermata subito”. 
       Il presidente della Repubblica ha anche detto che dal 25 aprile viene un appello alla pace e a non ad arrendersi di fronte alla prepotenza: “A praticare il coraggio di una de-escalation della violenza, il coraggio di interrompere le ostilità e di ritirare le forze di invasione. Il coraggio di ricostruire. La straordinaria conquista della libertà, costata sacrifici e sangue ai popoli europei – e condivisa per molti decenni – non può essere rimossa né cancellata. Sappiamo anche che la libertà non è acquisita una volta per sempre e che, per essa, occorre sapersi impegnare senza riserve. Vale ovunque. In Europa come in Italia”
       Incontrando le associazioni combattentistiche d’arma al Quirinale, Mattarella ha poi ricordato la ricorrenza della Giornata nazionale per la salute della donna.
       “Anche nella tutela della salute si sono manifestate differenze di genere, ha detto il Capo dello Stato, che ha concluso il suo intervento riferendosi alle Associazioni: i valori che ci sono stati affidati dalla Liberazione “devono essere trasmessi alle nuove generazioni”.

    Agenzia ANSA

    ‘Sono assolutamente in sintonia con le parole del presidente Mattarella. La sua è una profondissima riflessione che condivido’, lo ha detto Albertina Soliani, vicepresidente dell’Anpi. (ANSA)

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    Meloni, ho segnali altalenanti sulla volontà di vittoria del centrodestra

     “I rapporti con Salvini non sono il problema né con quanta costanza ci si sente. Il problema sono le scelte di fondo e capire se da parte degli altri partiti del centrodestra l’obiettivo sia ancora dare a questa nazione un governo di centrodestra. Da questo punto di vista ho segnali altalenanti, non sempre ho l’impressione che la priorità sia far vincere il centrodestra. A volte sembra che si prenda anche in considerazione di riproporre maggioranze arcobaleno”. Così la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni sui rapporti nel centrodestra e dopo aver ribadito di non vedere Salvini dalla rielezione di Sergio Mattarella.    

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    Brasile: licenziato capo della campagna elettorale di Lula

     L’ex presidente brasiliano, Luiz Inacio Lula da Silva, ha licenziato il suo addetto al marketing politico, Augusto Fonseca, responsabile della sua campagna elettorale in vista delle presidenziali del 2 ottobre. La decisione è dovuto a “ragioni amministrative e finanziarie”, ha spiegato in una nota il Partito dei lavoratori (Pt, di sinistra) per il quale Lula è candidato.    Fonti dello stesso partito hanno ammesso che l’uscita di scena di Fonseca è legata allo scarso impatto ottenuto dai primi spot televisivi di Lula, giudicati da alcuni dirigenti come privi della “emozione” necessaria per far presa sull’elettorato.    Secondo il portale di notizie Brasil 247, vicino al Pt, l’insoddisfazione si sarebbe nel frattempo estesa anche a Franklin Martins, capo della comunicazione di Lula.    Intanto un nuovo sondaggio condotto dall’azienda Idea ha confermato il recupero delle intenzioni di voto a favore dell’attuale presidente della Repubblica, Jair Bolsonaro (33%), nonostante Lula mantenga ancora la prima posizione con il 42% delle preferenze.    Rispetto al precedente rilevamento, condotto a marzo, la distanza tra Lula e Bolsonaro è scesa dal 13% al 9%.    

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    Calenda, gravissimo che il presidente dell'Anpi neghi i valori della Resistenza

    “Se c’è un valore della Resistenza che rimane è quello della dignità nazionale di un popolo che si solleva contro l’invasore. Ed è quello che sta succedendo in Ucraina. Dunque negare quel diritto è negare i valori della Resistenza e che lo faccia il presidente dell’Anpi è un fatto gravissimo”. Lo ha detto all’ANSA il segretario di Azione Carlo Calenda, che oggi si è iscritto alla Fiap, la Federazione italiana associazioni partigiane, a proposito delle parole del presidente della Repubblica sul “disinteresse” mostrato nelle ultime settimane nei confronti di chi si sta battendo contro l’invasione. 
    “La Fiap, Federazione italiana delle associazioni partigiane, è di aria azionista, repubblicana, liberale, mazziniana. La rappresentanza della memoria della Resistenza non è solo di un’associazione. Alla resistenza ha partecipato l’intero spettro dei partiti italiani di allora. Per questo mi sono iscritto alla Fiap. Il 25 aprile saremo alle 9.30 a largo Argentina per testimoniare che c’è una resistenza che resiste anche oggi”, ha affermato Calenda iscrivendosi alla federazione nata nel ’49 a seguito di una scissione nell’Anpi, con la fuoriuscita di 12mila iscritti che nel secondo dopoguerra “non si riconoscevano nella logica degli schieramenti internazionali contrapposti”

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    Vicepresidente Anpi, 'Condivido la riflessione profonda del presidente Mattarella'

     “Sono assolutamente in sintonia con le parole del presidente Mattarella. La sua è una profondissima riflessione che condivido. Per questo sostengo che vada riconosciuta la Resistenza ucraina”.
       Lo ha detto all’ANSA la vicepresidente dell’Anpi, Albertina Soliani, commendando le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella sul “disinteresse” mostrato nelle ultime settimane nei confronti di chi si sta battendo contro l’invasione, così come accaduto in Italia durante la Resistenza. 
      

    Agenzia ANSA

    ‘Ci si dimentica dei valori del 25 aprile e della Resistenza’. ‘L’attacco di Mosca ricorda le pagine buie dell’imperialismo’ (ANSA)

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    Come cambia il reclutamento dei prof, 60 crediti e concorso

     Da un lato il rafforzamento della formazione iniziale degli aspiranti prof, dall’altro un percorso per precari “storici”, con almeno tre anni di servizio: tutti in ogni caso dovranno poi superare un concorso. Cambia ancora, per la sesta volta in vent’anni, il reclutamento nella scuola. Il Consiglio dei ministri ha approvato le nuove misure, inserendole nel decreto per accelerare la realizzazione del Pnrr.    “Oggi facciamo un ulteriore passo avanti per dare stabilità al sistema d’Istruzione”, dice il ministro Patrizio Bianchi: “Prevediamo un percorso chiaro e definito per l’accesso all’insegnamento e per la formazione continua dei docenti lungo tutto l’arco della loro vita lavorativa. Puntiamo sulla formazione come elemento di innovazione e di maggiore qualificazione di tutto il sistema”. Entro il 2024, sono previste 70.000 immissioni in ruolo, attraverso concorsi che saranno banditi con cadenza annuale.    Critici però i sindacati della scuola, che contestano il metodo e lo strumento: “È possibile che un piano di questa portata sia definito per decreto, senza un vero confronto, né con il Parlamento, né con i sindacati?”, affermano in una nota unitaria.    La riforma prevede un percorso universitario di formazione iniziale da almeno 60 crediti formativi, aggiuntivi rispetto alla laurea, e una prova finale per sviluppare e accertare “le competenze culturali, disciplinari, pedagogiche, didattiche e metodologiche”. Vi potranno accedere i neolaureati o gli studenti “anche durante i percorsi di laurea triennale e magistrale o della laurea magistrale a ciclo unico”. È previsto un periodo di tirocinio nelle scuole. E vi saranno dei docenti “tutor”, per affiancare il percorso formativo. Al termine, si dovrà sostenere un “concorso pubblico nazionale, indetto su base regionale o interregionale” e un periodo di prova di un anno.    Sarà il ministero dell’Istruzione – secondo quanto prevede la bozza entrata in Cdm – a stimare il fabbisogno di docenti per tipologia di posto e per classe di concorso nel triennio successivo, comunicando al ministero dell’Università, per arrivare a un numero di abilitati sufficiente a garantire la selettività delle procedure concorsuali, ma evitando che ci siano troppi abilitati, che la scuola non potrà assorbire. In attesa che il nuovo sistema vada a regime, per coloro che già insegnano da almeno 3 anni nella scuola statale è previsto l’accesso diretto al concorso. I vincitori dovranno poi conseguire 30 crediti universitari e svolgere la prova di abilitazione per poter passare di ruolo. Nel pacchetto sulla scuola rientra poi la “formazione in servizio”, continua e strutturata. I percorsi saranno definiti dalla Scuola di alta formazione, che è stata introdotta con la riforma.    Contro le nuove misure protestano i sindacati. “Siamo sempre stati favorevoli al rafforzamento della formazione in ingresso – osserva Manuela Pascarella, responsabile precari e reclutamento della Flc Cgil – quindi l’idea di una formazione specifica ci vede favorevole. Ma così dopo aver speso denaro e tempi, gli abilitati faranno un altro concorso a quiz per entrare in ruolo.    Sembra si voglia costituire un albo professionale. E non si affronta il tema del precariato”. Nel pomeriggio si era innescata una polemica in maggioranza. Il ministro Bianchi aveva infatti convocato le forze politiche per un vertice nel primo pomeriggio, prima che il governo si riunisse. I senatori della Commissione Istruzione non si sono presentati, perché “coinvolti solo all’ultimo”, come ha spiegato il responsabile istruzione della Lega, Mario Pittoni. Presenti invece i capigruppo della Commissione Istruzione della Camera.