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    Santanchè in trincea, anche la Lega chiede che chiarisca

    Il caso sollevato da Report sulla ministra del Turismo, Daniela Santanchè, entra nella carne viva della maggioranza, solleva dei distinguo anche tra gli stessi partiti di centrodestra, con la Lega che invita formalmente la ministra a dare spiegazioni in Parlamento. Un crescendo che mette la premier Giorgia Meloni in ulteriore imbarazzo, si ragiona in ambienti parlamentari della coalzione di governo, e nelle condizioni di dover gestire un altro dossier sempre più complesso che si può chiudere solo con un deciso pressing che porti la ministra a presentarsi davanti alle camere per spiegare.
    Il primo a parlare in modo diretto è Riccardo Molinari, capogruppo del partito di Matteo Salvini. In tv, di buon mattino, chiede che Santanché venga in Parlamento a chiarire la sua vicenda: “I processi non si fanno in televisione – puntualizza – aspettiamo che venga in Aula a spiegare”. Parole a cui fa eco, qualche ora dopo il vice presidente della Camera ed esponente di Forza Italia, Giorgio Mulè: “E’ giusto che lei spieghi i contorni della vicenda affinché non ci siano dubbi, è giusto che la chiarisca, in Parlamento o in tv, contribuendo ad eliminare qualunque possibile velo di incertezza”.
    Una presa di posizione, quella di Lega e di una parte degli azzurri, in linea con quanto chiedono tutte le opposizioni. Da Avs, (che lancia anche una petizione per le dimissioni della ministra), fino al Pd ed Azione, passando per il Movimento Cinque Stelle, la richiesta è sempre la stessa: si presenti in Aula, oppure si dimetta. “Non possiamo permettere che le nostre più alte cariche istituzionali si sottraggano al principio di ‘responsabilità politica’ che impone di fornire i necessari chiarimenti rispetto a condotte censurabili”, attacca il leader M5s Giuseppe Conte. Rincara la dose Sandro Ruotolo della segreteria del Pd “di certo i processi si celebrano nelle aule dei tribunali e le inchieste di approfondimento giornalistico servono a smascherare le malefatte del potere. La ministra Santanché vada in Parlamento – ribadisce l’esponente dem – a chiarire la sua condotta da imprenditrice e a dimettersi da ministro”.

    Santanchè: “Sono tranquilla, mio padre mi ha insegnato che se non rubi non ti devi nascondere”

    Parla di “questione etica dei comportamenti” il leader di Azione Carlo Calenda: “Se tu non sai dare spiegazioni sull’uso fraudolento della cassa integrazione o il non pagamento del tfr e devi rappresentare l’Italia del turismo nel mondo, allora ti devi dimettere”. Oltre alla titolare del Turismo ad essere chiamata in causa è anche Meloni: “Chi ha ruoli istituzionali, nei Paesi civili e democratici, non fugge e non minaccia, ma rende conto all’opinione pubblica, al Parlamento e alla stampa dei suoi comportamenti. Ci aspettiamo a questo punto parole chiare e un intervento deciso della presidente del Consiglio”, è la richiesta di Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana. Voce fuori dal coro quella di Matteo Renzi “Personalmente non attacco su questo – osserva il leader di Iv – ma attacco sul Mes. Perché il Mes è politica, questa è una vicenda che non è politica. Non guardate alla Santanchè, a Pini, il problema nel governo”.
    A gettare acqua sul fuoco ci prova il ministro degli Esteri, Antonio Tajani: “Non c’è nessun problema, il governo durerà cinque anni”, taglia corto il vice premier. Il vice capogruppo azzurro alla Camera, Raffaele Nevi invita a “giudicare Santanché per come fa il ministro e lì che l’opposizione dovrebbe essere incalzante, chiedendole conto delle misure che assume per il Paese”. Nella Lega invece la linea è una sola e la ribadisce il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo: “Noi – precisa – abbiamo sempre avuto una posizione garantista. Venendo a spiegare in Aula la questione però, Santanchè potrebbe chiarire ulteriormente”.
    A difendere apertamente la ministra è poi un deputato di Fdi: “Desidero esprimere piena solidarietà al ministro del Turismo per gli attacchi strumentali che sta subendo”, dice ad esempio Umberto Maerna. 

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    Caos Mes, Meloni studia l’exit strategy per settembre

    Posticipare la discussione sul Mes in Parlamento a settembre. La strategia non può essere apertamente dichiarata, ma nella maggioranza è questa la linea che si cercherà di seguire nelle prossime settimane. A partire dalla conferenza dei capigruppo della Camera di mercoledì pomeriggio, quando il centrodestra proporrà di far slittare al prossimo mese l’approdo in Aula, previsto per il 30 giugno, sottolineando che la vigilia coinciderebbe con la trasferta di Giorgia Meloni a Bruxelles, e si rischierebbe di mettere in difficoltà il lavoro della premier.
    A luglio, però, il calendario sarà ingolfato di decreti, ad agosto non si discutono materie non urgenti, e quindi ecco come si potrebbe scavallare l’estate rinviando uno degli scogli che più ha creato problemi alla tenuta del governo, tormentato anche dal caso Santanchè. La ministra del Turismo non ha modificato la sua agenda dopo le polemiche seguite alle inchieste sulle sue società. Nella Lega si professa totale indifferenza sulla vicenda, ma poi non fa grandi sconti e con il capogruppo Riccardo Molinari fa riferimento a un intervento di Santanchè in Parlamento per fare chiarezza. E su questa linea ovviamente si intensifica il pressing delle opposizioni. L’unico chiarimento che conta, per ora, è quello avuto con Meloni, ma è evidente a tutte le parti coinvolte che un’evoluzione dell’indagine potrebbe cambiare lo scenario e determinare scelte drastiche. Insomma, il quadro è delicato.
    La tensione è altissima, dicono da più fronti del centrodestra. Ha lasciato scorie il giovedì di passione, con lo scontro sotterraneo fra Meloni e Matteo Salvini e il Consiglio dei ministri limitato all’esame delle leggi regionali, senza la premier. Se la riunione fosse andata in scena, si ragiona nella maggioranza, sarebbe stata lunga e ricca di scintille. Resta da capire quanto tempo servirà per far decantare la situazione, diventata decisamente spinosa dopo la lettera del capo di gabinetto del Mef, Stefano Varone, sulla ratifica del Mes. Prima o poi quell’atto arriverà, è la convinzione diffusa nel governo, ma il percorso per giungere a un’inversione a U va gestito. FdI e Lega lo stanno facendo in maniera non del tutto allineata. Al partito della premier, che sta facendo i conti con la cruda realpolitik, serve tempo per inquadrare la ratifica in un contesto diverso. Serve una narrazione che cambi il quadro, il ragionamento ricorrente. La Lega è di lotta e di governo dai tempi di Bossi, e anche ora è pronta alle barricate.
    “Non ritengo che ci sia bisogno di mettersi in mano a Fondi stranieri – la linea di Salvini – e a soggetti stranieri anche perché 600.000 italiani nei giorni scorsi hanno sottoscritto i buoni del Tesoro per più di 18 miliardi di euro”. Un oltranzismo ben impersonato dal senatore Claudio Borghi, che promette di non votare “mai una cosa del genere”, convinto che “altrettanto farà tutta la Lega, in coerenza con dodici anni di battaglie”. Un atteggiamento stigmatizzato in ambienti di FdI, dove circola il sospetto che Salvini “non giochi di squadra” e stia mettendo “in difficoltà Giorgia”. Tra l’altro, in un momento in cui a livello internazionale ha appena preso forma la tregua con Parigi e sono in gioco alcune partite decisive sul tavolo europeo, dalla finalizzazione dell’accordo sui migranti al Pnrr. Dall’iter dell’Autonomia alle ultime nomine dei commissari di Inps e Inail, fino alla gestione della ricostruzione del post alluvione in Emilia Romagna, la lista degli snodi che hanno irritato la Lega non è breve. “Sono troppo famelici, anche sulle nomine”, si sfoga un leghista di lungo corso, secondo cui è l’atteggiamento dell’azionista di maggioranza della coalizione ad “esacerbare gli animi”. Una situazione, allarga le braccia, “già vista con i 5 Stelle…”.
    Carfagna: ‘Confusione sul Mes fa male al Paese’

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    Rocca si dimetterà dalla Croce Rossa Internazionale

        Francesco Rocca, presidente della Regione Lazio, si dimetterà dalla presidenza della Croce Rossa Internazionale e della Mezzaluna Rossa. Lo si apprende da ambienti della Croce Rossa Internazionale. Rocca ha annunciato le sue dimissioni in una lettera già inviata alle organizzazioni dei 192 paesi membri e alla segreteria di Federazione. Da quanto si apprende la decisione è stata presa con “rammarico” per “proteggere la Federazione della Croce Rossa da polemiche legate al suo ruolo” come quella sul mancato patrocinio al Gay Pride di Roma.    

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    Covid, archiviazione a Roma per Speranza, Lorenzin e Giulia Grillo

    Il tribunale dei ministri di Roma ha archiviato le posizioni degli ex ministri della Salute Roberto Speranza, Beatrice Lorenzin e Giulia Grillo relative al troncone dell’inchiesta partita dalla procura di Bergamo e legata alla gestione della pandemia. Un parte dell’inchiesta era stata trasferita, per competenza territoriale, al tribunale di Brescia dove sono state già archiate le posizioni di Giuseppe Conte e di Roberto Speranza. Ora con il provvedimento del tribunale dei ministri di Roma si esclude qualsiasi responsabilità penale a carico degli ex ministri.
    Nel decreto di archiviazione i giudici scrivono che “non vi era alcun obbligo relativo all’istituzione del Sottocomitato per la pandemia, ma una semplice facoltà rimessa a valutazione discrezionale del Comitato scientifico permanente”. Per i magistrati “l’istituzione del Sottocomitato appare un’opzione possibile, non un adempimento obbligatorio del Comitato Scientifico permanente atteso che quest’ultimo, in assenza del Sottocomitato, accentra tutte le funzioni che gli sono attribuite”. E ancora: ”in sede di interrogatorio, nelle memorie difensive, gli onorevoli Lorenzin, Speranza e la dottoressa Grillo hanno evidenziato di non aver mai ricevuto richieste o indicazioni in merito alla necessità della costituzione del Comitato per la pandemia”. Nel decreto di archiviazione viene detto infine che ”nelle norme primarie indicate non si fa riferimento all’obbligo di costituire il Comitato nazionale per la Pandemia”.

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    Mes: Foti, se era importante perchè non si è ratificato prima?

    (ANSA) – ROMA, 23 GIU – “Del Mes si parla da diversi anni.   
    Perché sotto i governi precedenti, quello di Conte prima e di
    Draghi poi, non è stato ratificato se era così importante ? La
    notizia è che ieri in commissione esteri si è divisa
    l’opposizione, con due testi rispettivamente a firma PD e Idv. È
    stato votato quello del PD, a cui si è sottratto il M5S. Il 30
    giugno è data indicativa per iniziare discussione generale”. Lo
    dichiara Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla
    Camera in diretta su LA7 a Tagadà. (ANSA).   

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    M5s, noi solidali con i dipendenti delle aziende di Santanchè

    (ANSA) – ROMA, 23 GIU – “Ieri pomeriggio si è superato il
    segno: i parlamentari di Fratelli d’Italia hanno espresso in
    blocco solidarietà alla ministra Santanchè in seguito alle sue
    impalpabili repliche di fronte alle testimonianze raccolte da
    Report”. Così in una nota il senatore M5s Antonio Trevisi.   
    “Come Movimento 5 Stelle – continua – in questa desolante
    vicenda l’unica solidarietà la esprimiamo ai dipendenti delle
    aziende della Santanchè, licenziati e privati del Tfr o messi in
    cassa integrazione in modo fraudolento. Vicinanza che forse
    dovrebbero esprimere loro anche i colleghi di Fdi. Perché
    qualora delle spiegazioni ci fossero state su questa pessima
    vicenda, la Santanchè le avrebbe già fornite a sua discolpa. Ciò
    non è accaduto, pertanto la premier Meloni e tutta la sua
    squadra di governo dovrebbero comprendere che la Santanchè non
    può rimanere nel suo ruolo di ministro un giorno di più”.   
    (ANSA).   

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    L’ex ministro Scajola indagato per minaccia a pubblico ufficiale

    L’ex ministro Claudio Scajola, sindaco di Imperia e presidente della provincia, è indagato dalla Procura di Imperia con l’accusa di minaccia a pubblico ufficiale. L’indagine è stata avviata a seguito della denuncia dell’ex comandante della polizia locale Aldo Bergaminelli, che dal maggio scorso, si è trasferito a Roma per coprire un posto da dirigente nella Polmunicipale della capitale. A Scajola, al quale è già stato notificato l’avviso di chiusura delle indagini preliminari, viene contestata in particolare una telefonata con la quale avrebbe ordinato a Bergaminelli di interrompere un sopralluogo di polizia giudiziaria in un terreno di Caramagna. Un fatto, questo, che sarebbe inerente l’inchiesta sulle presunte tangenti legate all’affidamento di appalti pubblici che nel maggio del 2022 aveva portato agli arresti, compiuti dai carabinieri di Imperia, dell’ex sindaco di Aurigo e consigliere provinciale Luigino Dellerba e dell’imprenditore Vincenzo Speranza.
    La difesa di Scajola”Fare il sindaco è complicato. Ho cercato di fare del bene per un uomo che viveva una situazione difficile, che era stato obbligato dal Comune ad andare via dal luogo in cui svolgeva il suo modesto lavoro di meccanico, grazie al quale sostentava la sua famiglia. Gli uffici gli avevano consigliato un posto, ma non era una soluzione definitiva. Lui aveva iniziato la pratica di sanatoria quando vengo avvertito che c’erano subito andati gli agenti della polizia locale per una verifica e per constare l’abuso edilizio. Così ho chiamato il comandante dei vigili, dicendogli di non andare a fare controlli perché c’era in corso la sanatoria. Ero molto irritato e non nascondo di aver usato toni forti, ma non ho fatto alcuna minaccia”. Così il sindaco e presidente della Provincia di Imperia Claudio Scajola commenta la notizia dell’indagine a suo carico che vede la Procura accusarlo del reato di minaccia a pubblico ufficiale. L’indagine è stata avviata a seguito della denuncia dell’ex comandante della polizia locale Aldo Bergaminelli, che dal maggio scorso si è trasferito a Roma per coprire un posto da dirigente nella Polmunicipale della capitale.”Sono rammaricato e dispiaciuto dal sapere che un mio subalterno, perché c’è un rapporto funzionale, ha registrato la telefonata e ha fatto denuncia alla Procura della Repubblica – ha detto Scajola -. Ma non sono preoccupato, perché non ho fatto alcuna minaccia”. A Scajola viene contestata in particolare la telefonata con la quale avrebbe ordinato a Bergaminelli di interrompere un sopralluogo di polizia giudiziaria nel terreno di Caramagna, terreno dove il meccanico aveva iniziato a sistemarsi e, attraverso un progettista, aveva avviato una domanda di sanatoria per realizzare una officina meccanica. L’ex ministro Scajola ammette di essersi “scaldato” nel corso della telefonata con l’allora comandante della polizia locale anche perché a Imperia “abbiamo un arretrato enorme di verifiche da effettuare sul territorio, e proprio questo poveretto bisognava controllare?”.

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    Maltempo, Lepore: ‘I bilanci dei Comuni rischiano di saltare’

    “I Comuni coinvolti nell’emergenza maltempo, soprattutto quelli piccoli e medi, rischiano di vedere i propri bilanci saltare con tutte le conseguenze nei confronti dei cittadini. Per quanto riguarda la Città metropolitana, invece, dovremo venire meno ad altri tipi di interventi. Se non si interviene con un commissario, delle risorse e una norma per coprire la somma urgenza rischiamo di allargare ancora di più i problemi”. Lo dice Matteo Lepore, sindaco di Bologna.”Al punto in cui siamo arrivati, abbiamo bisogno – ha aggiunto Lepore – che ci sia un commissario, che sia una persona capace, che sia leale verso questo territorio, ma che venga deciso presto. Questo è davvero quello che chiediamo – ha proseguito – insieme ad un fondo da almeno mezzo miliardo per gli interventi sulla somma urgenza e la copertura di quello che i Comuni hanno già stanziato. Decidano chi vogliano, ma deve essere una persona leale e soprattutto deve arrivare qui subito a lavorare con noi. Chiediamo al Governo di mettere al più presto in campo una norma per dare certezza ai Comuni, alle Province e alle Città metropolitane sul fatto che gli interventi che vengono fatti in somma urgenza verranno rifinanziati. Se noi non avremo rifinanziate queste risorse andremo davvero in difficoltà”.
    8,5 milioni per interventi di ripristinoLepore, che è sindaco di Bologna e anche della Città metropolitana, ha firmato un provvedimento urgente per destinare 8,5 milioni del bilancio metropolitano a interventi di ripristino delle strade danneggiate dall’alluvione del 16 maggio scorso. Di questi 5,3 milioni interessano interventi in urgenza, per la rimozione di detriti e tronchi d’albero dalle pile dei ponti, chiusura buche, apprestamento cantieri, segnaletica, movimento terra e ripristino delle sedi stradali. Gli interventi sono distribuiti in tutto il territorio metropolitano, comprese aree, come l’Alto Appennino, precedentemente risparmiate da danni del maltempo, e aree, come la Sp7 Idice nel Comune di Monterenzio, già risistemate dopo l’alluvione del 2 maggio e nuovamente danneggiate con gli episodi del 16 maggio. Le risorse “serviranno anche a finanziare la progettazione e la ricostruzione del ponte della Motta”, spiega il sindaco Lepore. I restanti 3,2 milioni andranno a coprire interventi urgenti di ripristino della sede stradale su diverse strade provinciali nell’area della Città metropolitana. Questi 8,5 milioni si vanno ad aggiungere ai 3 milioni già messi in campo dopo il primo evento alluvionale del 2 maggio, che ha interessato in particolare il ripristino dei danni alle strade provinciali dell’Imolese. È anche in via di preparazione un ulteriore provvedimento ordinario che comprende, tra l’altro, 1,3 milioni per il ripristino della strada Fondovalle Savena dopo l’emergenza maltempo.