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    Ucraina e Stati Uniti concordano le condizioni per un cessate il fuoco

    Bruxelles – AGGIORNAMENTO : Ucraina e Stati Uniti ci riprovano e ci riescono. Le delegazioni di Kiev e Washington, incontratesi a Gedda, in Arabia Saudita, hanno raggiunto un accordo preliminare sulle condizioni per raggiungere un cessate il fuoco con la Russia. L’Ucraina ha accettato la proposta statunitense per una tregua immediata della durata di 30 giorni, mentre la Casa Bianca ha annunciato la revoca dello stop agli aiuti militari verso il Paese aggredito. Attesa a breve anche la stipula dell’accordo sulle materie prime critiche ucraine. Secondo il segretario di Stato Usa Marco Rubio, “ora la palla è nel campo” di Mosca.Secondo quanto si legge in una dichiarazione congiunta delle delegazioni statunitense e ucraina, Kiev e Washington hanno “compiuto passi importanti verso il ripristino di una pace duratura” nell’ex repubblica sovietica. “L’Ucraina si è dichiarata pronta ad accettare la proposta statunitense di un cessate il fuoco immediato e provvisorio di 30 giorni, che può essere prorogato di comune accordo tra le parti e che è soggetto all’accettazione e alla contemporanea attuazione da parte della Federazione Russa”, si legge ancora nella nota.“Gli Stati Uniti comunicheranno alla Russia che la reciprocità russa è la chiave per raggiungere la pace“, prosegue il comunicato, mentre il capo della diplomazia a stelle e strisce Marco Rubio ha dichiarato: “Spero che (i russi, ndr) dicano di sì. Se lo faranno, credo che avremo fatto grandi progressi. Se invece diranno di no, allora sapremo purtroppo qual è l’ostacolo alla pace”. A seguito dell’accordo raggiunto a Gedda, la Casa Bianca ha annunciato che “rimuoverà immediatamente la pausa sulla condivisione dell’intelligence e riprenderà l’assistenza alla sicurezza dell’Ucraina“.All’indomani del più grosso attacco di droni (oltre una novantina) mai compiuto in tre anni dall’esercito di Kiev che ha fatto almeno tre morti nella capitale della Federazione, i team negoziali di Ucraina e Stati Uniti si sono incontrati oggi (11 marzo) a Gedda per provare a sbloccare la complessa partita sul cessate il fuoco e mettere in pausa il conflitto che da tre anni sta tenendo il mondo col fiato sospeso. Stando al capo dell’ufficio presidenziale ucraino Andriy Yermak, il clima dei colloqui è “molto costruttivo”.Si tratta del primo contatto diretto tra i due Paesi, teoricamente alleati, dopo le forti tensioni diplomatiche delle scorse settimane culminate nell’imboscata tesa da Donald Trump e dal suo vice J.D. Vance a Volodymyr Zelensky lo scorso 28 febbraio nello Studio ovale. Nelle speranze del leader ucraino, i colloqui odierni (a cui non prenderà parte direttamente, nonostante ieri abbia incontrato il principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman) servono a ravvivare le relazioni con Washington e a ottenere “risultati pratici”.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (sinistra) incontra il principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman a Gedda, il 10 marzo 2025 (foto via Imagoeconomica)Il presidente statunitense, secondo cui sarebbe “più facile” negoziare con l’omologo russo Vladimir Putin piuttosto che con Zelensky (quest’ultimo non sarebbe “pronto” alla pace, aveva detto nei giorni scorsi il tycoon), ha recentemente sospeso gli aiuti militari a Kiev – inclusa la condivisione delle informazioni d’intelligence – nel tentativo di mettere pressione sugli ucraini per costringerli a sedersi al tavolo delle trattative.Al tavolo di Gedda, il presidente del Paese aggredito arriva con una proposta per una tregua di un mese nei combattimenti aerei e marittimi. L’obiettivo di Zelensky è duplice: saggiare la buona fede della Russia di muoversi verso un negoziato di pace e dimostrare al contempo la propria disponibilità all’inquilino della Casa Bianca, col quale gli alleati europei lo avevano esortato a ricucire i rapporti. “La posizione dell’Ucraina in questi colloqui sarà pienamente costruttiva“, ha scritto su X alla vigilia dell’incontro.Dal canto suo, il segretario di Stato Marco Rubio – che guida la delegazione a stelle e strisce, di cui fanno parte anche il consigliere alla Sicurezza nazionale Michael Waltz e l’inviato speciale per il Medio Oriente Steve Witkoff – ha dichiarato che “dobbiamo capire la posizione ucraina e avere un’idea generale di quali concessioni sarebbero disposti a fare, perché non si otterrà un cessate il fuoco e la fine di questa guerra se entrambe le parti non faranno concessioni“.La Casa Bianca considera inevitabile la cessione di alcuni dei territori ucraini occupati all’invasore, ma non è ancora chiaro quali. “I russi non possono conquistare tutta l’Ucraina e ovviamente sarà molto difficile per l’Ucraina, in un periodo di tempo ragionevole, costringere i russi a tornare indietro fino a dove erano nel 2014”, ha osservato il capo della diplomazia statunitense. Attualmente, Mosca controlla all’incirca un quinto del territorio ucraino (inclusa la penisola della Crimea, annessa unilateralmente 11 anni fa).Il segretario di Stato di Washington, Marco Rubio, al suo arrivo a Gedda il 10 marzo 2025 (foto via Imagoeconomica)La speranza, condivisa tanto da Kiev quanto da Washington, è quella di concludere una volta per tutte la stipula del patto sulle materie prime critiche che era saltato dopo il catastrofico colloquio a tre nello Studio ovale. L’amministrazione Usa lo considera un risarcimento per gli aiuti inviati all’ex repubblica sovietica in tre anni di guerra, mentre per Zelensky si tratta dell’ultimo spiraglio per tenere lo zio Sam dalla sua parte. Trump aveva in precedenza descritto l’accordo come “la miglior garanzia di sicurezza” per Kiev, nonostante non preveda nessun distaccamento di truppe statunitensi sul suolo ucraino.Quello odierno è il secondo incontro diplomatico di alto livello che si tiene in Arabia Saudita per arrivare ad una fine negoziata della guerra in Ucraina. Il precedente era stato convocato a Riad lo scorso 18 febbraio, ed era stato il primo faccia a faccia tra funzionari statunitensi e russi dal 2022, che nella capitale saudita avevano concordato il ripristino delle relazioni diplomatiche congelate durate la presidenza di Joe Biden.

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    Nell’Ue si inizia a ragionare con forza alla confisca degli asset russi congelati

    Bruxelles – Asset congelati russi, l’Ue prova a rompere l’indugio per una confisca. Il tema diventa centrale tra i ministri economici dei Ventisette riuniti a Bruxelles per la riunione dell’Ecofin, con l’Europa degli Stati ancora incerta sul da farsi ma con qualche titubanza in meno, che può voler dire l’inizio di una decisione a venire. La Finlandia spinge per la linea dura: “Al momento serve andare avanti e procedere alla confisca degli asset russi congelati” in Europa, enfatizza la vicepremier e ministra delle Finanze, Riikka Purra. Questa scelta è congeniale a quello che gli europei vogliono e non nascondono, vale a dire “garantire una posizione negoziale di forza all’Ucraina” quando si apriranno le trattative con la Russia di Vladimir Putin.La soluzione non dispiace agli austriaci. Certamente “la confisca degli asset russi sarebbe una nuova strada“, riconosce il ministro delle Finanze di Vienna, Markus Marterbauer, che però avverte: “Serve una decisione all’unanimità”. Sul tema “vanno evitate decisioni a maggioranza”. Ammettendo che una maggioranza esista, e va comunque verificata alla prova della discussione, restano comunque le posizioni contrarie di Francia e Germania, non semplici da superare.La presidenza polacca di turno del Consiglio Ue si mette a disposizione degli Stati. “Dobbiamo esercitare ancora più pressione sulla Russia“, scandisce il ministro delle Finanze polacco, Andrzej Domanski. Parole sibilline che lasciano intendere che in caso di volontà unanime raggiunta da qui a fine semestre di presidenza, quindi entro il 30 giugno, la Polonia non si opporrà. Certamente la presidenza polacca intende procedere con nuove misure restrittive: “Vediamo che le sanzioni funzionano. L’Economia russa si indebolisce”.Il dibattito sull’uso degli asset russi congelati in Europa non è nuovo, come non nuove sono le incertezze degli europei al riguardo. Si tema che questo possa sfiduciare mercati, privati, investitori, e rischi per l’attrattività internazionale dell’euro. Un aspetto, quest’ultimo, su cui ha insistito anche la presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, in occasione dell’incontro avuto con il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa. Si teme che gli investitori, di cui l’Ue ha bisogno per finanziare la doppia transizione e rilanciare l’industria della difesa, possano riconsiderare le proprie scelte, a scapito dell’eurozona. I ministri economici però rilanciano il discorso.In Parlamento europeo inizia a formarsi un consenso in merito, con la capogruppo dei socialisti, Iratxe Garcia Perez, che invita la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a presentare una proposta per confiscare i 200 miliardi di euro di beni statali russi congelati per ricostruire e armare l’Ucraina. Non solo: si vuole permettere a Kiev di utilizzare le armi per colpire obiettivi militari. E’ l’Ue di pace che non esiste più.

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    L’Ue rinnova il sostegno all’Ucraina. Impegno a 26, senza l’Ungheria messa all’angolo

    Bruxelles – I timori di un possibile accordo mancato svaniscono presto, poco dopo le 20, quando i capi di Stato e di governo dell’Ue riuniti a Bruxelles per il vertice straordinario dedicato a difesa e Ucraina approvano il testo sugli aiuti a Kiev, isolando e mettendo all’angolo l’Ungheria di Viktor Orban lasciata sola a recitare la parte dell’alleato di ferro di Mosca. Certo, non è stato possibile approvare un testo di conclusioni tutti insieme, ma il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, riesce comunque a risolvere il problema facendo approvare un allegato alla conclusioni sulla difesa. Un escamotage per andare avanti, e mostrare che gli europei, a differenza degli americani, sono davvero amici fedeli, credibili e affidabili.“Oggi è una giornata importante per la difesa europea e l’Ucraina“, sottolinea Costa, che guarda all’esito della riunione. L’unità a 27 è un principio che viene di fatto superato, i leader scelgono un approccio tutto nuovo, forte anche della famiglia dei popolari (Ppe), nutrita e numerosa, un terzo di tutti i leader, ben 10 su 27, che ha scelto di scaricare il premier ungherese e senza neppure nasconderlo.Il primo ministro ungherese, Viktor Orban, è stato lasciato solo a dire ‘no’ al sostegno all’Ucraina [Bruxelles, 6 marzo 2025. Foto: European Council]Alla fine la dichiarazione sull’Ucraina allegata alle conclusioni mantengono proclami, impegni e posizioni espressi fin qui: rispetto dell’integrità territoriale del Paese secondo i confini “internazionalmente riconosciuti”, e quindi comprendenti anche della Crimea annessa nel 2014. Una condizione che difficilmente potrà essere accettata dalla Russia in chiave negoziale. I Ventisei poi insistono sulla necessità di “raggiungere la pace attraverso la forza”, che obiettivo che implica “solide capacità militari e di difesa come componente essenziale”. Ed è in tale ottica che i leader europei si impegnano a continuare a fornire ogni tipo di sostegno (politico, finanziario, economico, umanitario, militare e diplomatico).Sul fronte finanziario a Kiev vengono assicurati 30,6 miliardi di euro per il 2025, con la richiesta esplicita alla Commissione a incrementare le risorse dello Strumento europeo per la pace (European Peace Facility). Oltre a ciò i capi di Stato e di governi dell’Ue si rendono disponibili a “intensificare urgentemente” gli sforzi per rispondere alle urgenti esigenze militari e di difesa dell’Ucraina, “in particolare la fornitura di sistemi di difesa aerea, munizioni e missili, la fornitura della formazione e delle attrezzature necessarie per le brigate ucraine e altre esigenze che l’Ucraina potrebbe avere”.Per il futuro, poi, si resta disponibili a lavorare per quelle ‘garanzie di sicurezza’ da ottenere soprattutto in un’ottica post-negoziale e di pace. Qui, recitano le conclusioni, “l‘Unione e gli Stati membri sono pronti a contribuire ulteriormente sulla base delle rispettive competenze e capacità”. Le misure non vengono esplicitate perché vanno stabilite e definite, i leader rimandano alle prossime riunione del Consiglio europeo, a iniziare da quella di fine mese (20 e 21 marzo). 

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    Trump sta abbandonando Kiev per abbracciare Mosca

    Bruxelles – “Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”. Come nel celebre adagio di Agatha Christie, non c’è più spazio per nutrire ancora dubbi circa la scelta di campo, in apparenza definitiva e certo inequivocabile, compiuta dall’amministrazione statunitense sulla guerra in Ucraina.In effetti, di indizi in questo caso ce ne sono in abbondanza, e puntano tutti ad una conclusione che sarebbe stata inimmaginabile solo un paio di mesi fa: gli Stati Uniti hanno voltato le spalle a Kiev per abbracciare Mosca. Nelle ultime ore si sono moltiplicati i colpi che Donald Trump sta assestando al Paese aggredito, in un’escalation che dura ormai da settimane e che avvantaggia solo Vladimir Putin.L’ultima tessera del puzzle è l’incontro di alcuni membri del cerchio magico del tycoon newyorkese con alcune figure chiave dell’opposizione domestica a Volodymyr Zelensky, inclusa l’ex presidente Yulia Tymoshenko e alcuni luogotenenti di Petro Poroshenko, capo dello Stato fino al 2019. I colloqui si sarebbero incentrati sulla possibilità di celebrare delle presidenziali in Ucraina (si sarebbero dovute tenere nel maggio 2024), manovrando alle spalle dello stesso Zelensky.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky al Consiglio europeo di Bruxelles, il 19 dicembre 2024 (foto: European Union)Quello delle elezioni a Kiev è di fatto un tema controverso solo in Occidente, data la sostanziale contrarietà degli ucraini a recarsi alle urne sotto le bombe (qualcosa che viene peraltro vietata dalla Costituzione, essendo attualmente in vigore la legge marziale), ma rappresenta un fuoco su cui Trump non ha mai smesso di soffiare, spingendosi fino a definire il leader ucraino un “dittatore” privo di legittimità democratica e suggerendo che Zelensky se ne dovrebbe andare se non accetta di stipulare l’accordo sui minerali con Washington. Ingerenze estere in piena regola.C’è poi l’annunciata intenzione di revocare lo status di protezione speciale per circa 240mila profughi ucraini, che rischiano così di venire espulsi e rispediti nel Paese in guerra. In realtà, questa decisione sarebbe stata presa prima dell’imboscata tesa da Trump e dal suo vice JD Vance a Zelensky la settimana scorsa, e non riguarderebbe solo i rifugiati provenienti dal Paese est-europeo ma anche quelli di altre nazionalità (soprattutto dall’America centro-meridionale e dall’Afganistan) per un totale di quasi 2 milioni di persone non più gradite negli Stati Uniti.Negli scorsi giorni, Trump ha assestato numerosi altri colpi all’ex repubblica sovietica, sulla carta un’alleata ma nei fatti una vittima del bullismo istituzionalizzato del tycoon, intento a recuperare quello che percepisce come “maltolto” (cioè il sostegno finanziario alla resistenza ucraina), del quale peraltro sovrastima abbondantemente l’entità. Tra gli aiuti militari a Kiev di cui ha annunciato la sospensione c’è anche la condivisione dell’intelligence, che negli ultimi tre anni si è rivelata cruciale per l’esercito ucraino. In linea con l’approccio muscolare e transazionale di Trump, lo stop alla condivisione delle informazioni sembrerebbe uno strumento di pressione impiegato da Washington per costringere Kiev a sedersi al tavolo delle trattative. In altre parole, un ricatto.Il presidente statunitense Donald Trump (destra) accoglie nello Studio ovale il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Quella dell’intelligence è del resto una partita delicatissima, poiché rappresenta un asset fondamentale (almeno al pari delle capacità operative) nel settore strategico. E le agenzie d’intelligence a stelle e strisce sono universalmente riconosciute come le più efficienti al mondo: erano state loro a lanciare l’allarme, tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022, di un’imminente operazione russa in Ucraina, venendo peraltro tacciate di isterismo dalle cancellerie di mezzo mondo.L’azzardo di Trump non ha fatto altro che aggravare i problemi di fiducia reciproca tra i membri Nato, soprattutto nel quadro in cui Stati come l’Ungheria e la Slovacchia (guidati da governi filorussi) vengono percepiti come inaffidabili da gran parte degli alleati occidentali. Ma le crepe si iniziano a vedere anche tra i Paesi che sono sempre stati dallo stesso lato della barricata. Da un lato, in aperta polemica con Washington, Parigi ha rivendicato orgogliosamente che sta continuando a condividere le informazioni con Kiev. Dall’altro, dalla Casa Bianca starebbero spingendo per estromettere il vicino canadese dal gruppo dei Five Eyes, un’alleanza di intelligence globale che comprende anche il Regno Unito, l’Australia e la Nuova Zelanda.Zelensky tenta di fare buon viso a cattivo gioco, perché non può prescindere dal sostegno di Washington. Dopo aver inviato al suo omologo statunitense una lettera in cui si è reso disponibile a rinegoziare l’accordo sulle materie prime chimiche, deragliato venerdì scorso proprio a seguito della riunione disastrosa alla Casa Bianca, il presidente ucraino ha dichiarato oggi di fronte ai leader dei Ventisette, riuniti a Bruxelles per un vertice straordinario, che le delegazioni dei due Paesi sono in contatto e stanno lavorando per organizzare un nuovo incontro la prossima settimana.Il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky (al centro) con il presidente del Consiglio europeo e la presidente della Commissione europea [Bruxelles, 6 marzo 2025]Ma è ormai evidente che a Trump, della sorte dell’Ucraina, importa poco. La pace di cui continua a riempirsi la bocca non è la “pace giusta e duratura” che continuano a invocare le cancellerie europee (qualunque cosa questa formula possa significare concretamente), ma una pace che va più che altro a favore della Russia. Di pari passo con il “grande tradimento” di Kiev, dunque, si sta compiendo un riavvicinamento a Mosca che nessun osservatore si sarebbe aspettato con una simile velocità.Colloqui telefonici diretti con Putin, incontri diplomatici di alto livello con i vertici del Cremlino, negoziati sottotraccia in corso per porre fine alle ostilità nell’ex repubblica sovietica, o almeno metterle in pausa. Il tutto contornato da attacchi frontali al leader ucraino e agli alleati europei (con la pretesa di dare a tutti lezioni di democrazia da parte di chi ha istigato l’assalto al Campidoglio) e dall’amplificazione della propaganda putiniana, per finire a votare insieme al Cremlino all’Onu.Abbandonando l’Ucraina al suo destino e allineandosi così convintamente alla Russia, Washington mette in difficoltà l’intera Europa. E il tycoon sta tirando così tanto la corda che neppure i suoi tradizionali sostenitori nel Vecchio continente – i nazional-populisti della destra radicale – riescono più a stargli dietro. Critiche più e meno dirette al repentino voltafaccia dell’amministrazione statunitense sono arrivate, tra gli altri, dalla francese Marine Le Pen, dall’olandese Geert Wilders e dal britannico Nigel Farage, che peraltro sono stati tutti accusati in passato di essere troppo vicini alla Russia. L’ennesimo risultato impensabile solo fino a poche settimane fa.

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    Zelensky: “Noi pronti alla pace, la Russia vuole smettere di fare la guerra?”

    Bruxelles – L’Ucraina è pronta a sedersi al tavolo delle trattative e discutere le condizioni per la fine del conflitto con la Russia, ma in questo esercizio non semplice e scontato il vero punto interrogativo è rappresentato dalle intenzioni del Cremlino. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, condivide ai capi di Stato e di governo dell’Ue quello che è il suo dubbio più grande: “Gli ucraini vogliono davvero la pace, ma non a costo di rinunciare all’Ucraina. È la Russia capace di rinunciare alla guerra – questa è la domanda a cui qualsiasi negoziato deve rispondere”. E’ questo il timore che ha voluto condividere in occasione della partecipazione al vertice straordinario del Consiglio europeo.A riprova delle vere intenzioni ai Ventisette Zelensky confida che “i nostri team, quelli di Ucraina e Stati Uniti, hanno ripreso il lavoro“. Si torna a discutere e a trattare, nonostante lo strappo consumato alla Casa Bianca di appena una settimana fa. Un’evoluzione positiva e costruttiva, che fa ben sperare in prima battuta le autorità ucraine e che potrebbe infondere fiducia anche ad un’Ue preoccupata a dover ridefinire le relazioni con il partner transatlantico. Per questo il presidente ucraino invita gli alleati europei a “sostenerci in questo” sforzo diplomatico che non è solo parole: “L’Ucraina non è solo pronta a compiere i passi necessari per la pace, ma stiamo anche proponendo quali sono questi passi“.[foto: European Council]Nel piano di pace a cui Zelensky ragiona ci sono “due forme di silenzio” bellico che si possono cercare in quanto “facili da stabilire e monitorare”. Da una parte, spiega ai leader dell’Ue, stop ad attacchi a infrastrutture energetiche e obiettivi civili, nella forma di tregua per missili, bombe e droni a lungo raggio. Seconda condizione: tregua via mare, il che significa “nessuna operazione militare nel Mar Nero”.Il discorso di Zelensky incassa apprezzamento e sostegno degli interlocutori, senza però superare le riserve attorno al tavolo. L’Ungheria di Viktor Orban continua a non voler sentire ragioni su un’escalation di tensioni con Mosca e mantiene la minaccia di veto sulle conclusioni dei leader, mentre la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ribadisce il ‘no’ dell’Italia a invio di truppe su suolo ucraino, neppure per missioni di peacekeeping. Pochi distinguo in un’Unione europea che comunque si schiera con l’Ucraina e il suo presidente Zelensky.

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    L’accoglienza Ue a Zelensky traccia il solco con gli Usa di Trump: “Qui sei sempre il benvenuto”

    Bruxelles – “Non siamo soli. Lo sappiamo e lo avvertiamo“. Ucraina e Unione europea sono davvero realtà vicine e amiche, e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky vuole sottolinearlo con riconoscenza e pure con la necessità di rassicurare un popolo, quello ucraino, umiliato dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Lo strappo della Casa Bianca induce l’Ue a riservare la migliore accoglienza possibile, studiata in ogni dettaglio. Zelensky non solo è stato invitato a partecipare di persona al vertice dei capi di Stato e di governo dell’Ue, ma a lui viene riservata una passerella d’eccezione.I presidenti di Commissione e Consiglio europeo, Antonio Costa e Ursula von der Leyen, lo accolgono insieme. Insieme restano a parlare tranquillamente, in modo disteso nonostante la situazione, con sorrisi e toni cordiali. Il tutto davanti alle telecamere, perché chiunque possa vedere il clima amichevole. Cosa si siano detti non è possibile saperlo, perché lontani dai microfoni, ma le telecamere interne indugiano tutto il tempo sul trio che si prende tempo, prima di concedersi alla stampa.Il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, con i presidenti di Consiglio europeo e Commissione Ue, a colloquio prima di incontrare la stampa [Bruxelles, 6 marzo 2025]“Caro Volodymyr, sei sempre il benvenuto qui a Bruxelles“, la prima frase pronunciata da Costa. Un modo per mostrare la differenza tra l’accoglienza ricevuta oltre Atlantico e quella avuta un Europa. “Siamo qui per sostenere l’Ucraina, e lo faremo in futuro, per i negoziati, quando deciderete che è il momento”, continua Costa. Un’altra affermazione utile a mostrare quanto è diverso il modo di fare in Europa, rispetto all’amministrazione Trump. Quindi l’impegno pubblico a nome dei Ventisette: “Rafforzare la nostra difesa significa rafforzare la difesa dell’Ucraina”.Il sostegno incondizionato dell’Ue viene confermato a Zelensky anche da von der Leyen: “L’Ucraina è parte della nostra famiglia europea“, scandisce, in relazione a un processo di allargamento che promette a Kiev un futuro a dodici stelle, ma non solo. “E’ molto importante mostrare che saremo al fianco dell’Ucraina per tutto il tempo necessario”.Non sorprende, dunque, che alla fine Zelensky voglia dire “grazie ai leader europei per questo messaggio, e questo forte sostegno” mostrato all’Ucraina. L’Europa, a differenza di altri, ha le idee chiare e anche modi di fare diversi.

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    Trump getta acqua sul fuoco: “Firmiamo la pace” tra Russia e Ucraina

    Bruxelles – Prove di distensione tra Washington e Kiev. In un discorso di fronte al Congresso, Donald Trump è parso ammorbidire i toni nei confronti di Volodymyr Zelensky, gettando acqua sul fuoco divampato in seguito al catastrofico incontro nello Studio ovale della scorsa settimana. A sua volta, il leader ucraino si è reso disponibile a rinegoziare con la Casa Bianca non solo il controverso accordo sulle materie prime critiche ma anche, più in generale, le condizioni per un cessate il fuoco con la Russia.Pace in vista?Parlando durante una sessione congiunta del Congresso ieri (4 marzo), il presidente statunitense ha annunciato di aver ricevuto una lettera inviatagli personalmente dal suo omologo ucraino. “L’Ucraina è pronta a sedersi al tavolo dei negoziati il prima possibile per far avvicinare una pace duratura“, ha dichiarato Trump riportando un passaggio della missiva.“Apprezzo il fatto che abbia inviato questa lettera”, ha aggiunto, sottolineando contestualmente di aver intrattenuto “serie discussioni” con Mosca, dalle quali avrebbe ricevuto “forti segnali” sulla disponibilità di Vladimir Putin di intraprendere le trattative, sostenendo che i russi sarebbero “pronti per la pace”. “È ora di fermare questa follia, è ora di fermare le uccisioni, è ora di porre fine a questa guerra insensata”, ha detto, sottolineando che “se si vuole porre fine alle guerre, bisogna parlare con entrambe le parti”. Ci sono del resto già stati due incontri di alto livello tra funzionari e diplomatici di Usa e Russia, prima a Riad e poi a Istanbul.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Dal canto suo, Zelensky si è detto pronto a lavorare “sotto la forte leadership del presidente Trump” e ha dimostrato riconoscenza per il sostegno fornito da Washington in questi anni di guerra. Il leader ucraino aveva precedentemente espresso il medesimo messaggio su X, osservando che “nessuno di noi vuole una guerra infinita” e che “apprezziamo molto quanto l’America abbia fatto per aiutare l’Ucraina a mantenere la propria sovranità e indipendenza”.“Il momento in cui le cose sono cambiate” nel sostegno a stelle e strisce alla resistenza ucraina contro l’imperialismo russo, ha riconosciuto Zelensky (facendo apparentemente tesoro del suggerimento arrivatogli qualche giorno fa dal capo della Nato, Mark Rutte), è stata la fornitura dei razzi anticarro Javelin nel 2019, decisa proprio da Trump nel suo primo mandato: “Ne siamo grati”, ha scritto.Il presidente ucraino ha anche delineato quali passi si potrebbero intraprendere verso un potenziale cessate il fuoco. “Le prime fasi potrebbero essere il rilascio dei prigionieri e la tregua nel cielo“, cioè una moratoria sul ricorso a droni, missili e bombardamenti aerei, “e la tregua nel mare“, un’idea contenuta anche nella bozza di accordo cui starebbero lavorando Francia e Regno Unito. “Poi vogliamo procedere molto velocemente in tutte le fasi successive e lavorare con gli Stati Uniti per concordare un accordo finale forte”, ha continuato Zelensky.Da sinistra: il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il primo ministro britannico Keir Starmer e il presidente francese Emmanuel Macron si incontrano a Londra, il 2 marzo 2025 (foto: Justin Tallis/Afp)Parrebbe dunque aver funzionato l’annuncio shock dello stop agli aiuti militari statunitensi, mollato come una bomba a mano dall’inquilino della Casa Bianca giusto l’altroieri. Secondo diversi osservatori, si sarebbe trattato principalmente di una mossa per mettere pressione su Kiev (in linea con l’approccio muscolare e transazionale di Trump alle relazioni internazionali), che avrebbe infine dato i suoi frutti.L’accordo sui mineraliE sembra essere di nuovo sul tavolo il controverso accordo sulle materie prime critiche ucraine, che era stato al centro del disastroso incontro svoltosi lo scorso venerdì nello Studio ovale ma la cui stipula era saltata in seguito all’aggressione verbale di Trump e del suo vice JD Vance ai danni di Zelensky. “L’Ucraina è pronta a firmarlo in qualsiasi momento sia conveniente per voi”, ha detto il presidente Usa leggendo dalla lettera.Il tycoon ha reiterato la sua convinzione per cui questo accordo contribuirà ad avvicinare la fine delle ostilità nell’ex repubblica sovietica, garantendo una partecipazione finanziaria a stelle e strisce nel futuro di quest’ultima. Da un lato, dice, è un modo per i contribuenti statunitensi per “riprendersi” una parte dei miliardi di dollari versati a Kiev in tre anni di conflitto. Dall’altro, sempre secondo la lettura di Trump, avere sul proprio territorio lavoratori dagli States rappresenterebbe la miglior garanzia di sicurezza per l’Ucraina contro un eventuale nuovo attacco russo.Il presidente statunitense Donald Trump (destra) accoglie nello Studio ovale il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Al momento attuale non è chiaro se i termini del patto siano rimasti gli stessi o siano cambiati. L’ultima bozza del documento – che aveva sostituito un paio di versioni precedenti la cui formulazione era stata giudicata troppo svantaggiosa dalla leadership ucraina – prevedeva l’istituzione di un fondo congiunto d’investimento per la ricostruzione del Paese, co-gestito da Kiev e Washington, ma non includeva alcun impegno militare da parte degli Stati Uniti per garantire il rispetto di un’eventuale tregua.Quello che è chiaro è l’intenso lavoro diplomatico tra le due amministrazioni, pur dietro le quinte, per far vedere la luce a questo accordo. I funzionari statunitensi starebbero soprattutto esortando i loro omologhi ucraini affinché convincano Zelensky a scusarsi pubblicamente per gli eventi trasmessi in mondovisione venerdì, facendogliene dunque assumere la responsabilità. Per ora, il presidente ucraino ha affermato su X che il colloquio di venerdì “non è andato come doveva”, rammaricandosi per il suo esito “deplorevole”. “È tempo di sistemare le cose“, ha continuato, tendendo al tycoon un ramoscello d’olivo: “Vorremmo che la cooperazione e la comunicazione future fossero costruttive”.Trump ha recentemente lamentato che Kiev “dovrebbe essere più riconoscente” nei confronti di Washington poiché “questo Paese è rimasto al fianco (degli ucraini, ndr) nella buona e nella cattiva sorte”, ripetendo peraltro le false affermazioni per cui gli Stati Uniti avrebbero contribuito “molto di più dell’Europa” alla resistenza ucraina. Numeri alla mano, gli aiuti statunitensi ammontano a circa 114 miliardi di dollari dal 2022 ad oggi (meno della metà dei 350 miliardi millantati da Trump), mentre quelli inviati dai Paesi del Vecchio continente arrivano nel complesso a quota 132 miliardi.L’allora presidente-eletto Donald Trump (sinistra) e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si incontrano alla cerimonia di riapertura della cattedrale di Notre Dame a Parigi, il 7 dicembre 2024 (foto: Ludovic Marin/Afp)Trump non molla su Groenlandia e PanamaDi fronte a deputati e senatori, il presidente statunitense ha anche confermato l’intenzione – espressa a inizio gennaio, prima ancora del suo insediamento – di prendere il controllo della Groenlandia “in un modo o nell’altro”, sostenendo di essere pronto ad accogliere sotto la giurisdizione Usa la popolazione del territorio autonomo danese. “Vi terremo al sicuro”, ha promesso, e “vi faremo diventare ricchi”. In realtà, i groenlandesi non sembrano intenzionati a fare il cambio da Copenaghen a Washington.Trump ha usato un analogo tono aggressivo nei confronti di Panama (dove dice di voler “reclamare” il canale omonimo), rivendicando infine l’introduzione di dazi doganali contro il Canada e il Messico, i due maggiori partner commerciali degli Stati Uniti.

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    L’Ue sostiene il piano arabo per Gaza. Costa: “No a modifiche demografiche e territoriali”

    Bruxelles – Da un lato il piano di Donald Trump per Gaza, indigeribile per tutti tranne che per Israele, dall’altro la proposta messa sul piatto dall’Egitto, che ha ricevuto l’endorsement dei vertici delle Nazioni Unite e dell’Unione europea. Dal summit della Lega araba a Il Cairo arriva un segnale forte in direzione di Washington e Tel Aviv: come ha detto il presidente del Consiglio europeo, António Costa, non c’è spazio per alcun “tentativo di cambiamento demografico o territoriale” a Gaza.Un mese dopo l’idea shock di “trasformare Gaza nella riviera del Medio Oriente”, i Paesi arabi della regione rispondono alla provocazione di Trump. Il presidente egiziano al-Sisi ha presentato un piano per il futuro della Striscia, che prevede l’istituzione di un comitato amministrativo “composto da esperti palestinesi indipendenti e tecnocrati“, responsabile della supervisione degli aiuti e dell’amministrazione a Gaza “in vista del ritorno dell’Autorità Palestinese”.Nella bozza del piano, secondo quanto riporta Reuters, è prevista un’amministrazione provvisoria di sei mesi, descritta come un passo verso la ripresa completa del controllo di Gaza da parte dell’Autorità Palestinese. Egitto e Giordania sarebbero incaricate di formare le forze di sicurezza palestinese. Nel piano sarebbe però menzionata anche la possibilità del dispiegamento di un contingente internazionale di pace a Gaza e in Cisgiordania, da ottenere attraverso una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu (e quindi con il via libera degli Stati Uniti).I leader al vertice della Lega Araba a Il CairoNiente più Hamas, ma nessuno sfollamento forzato della popolazione gazawi. Al vertice, il presidente palestinese Abu Mazen si è detto pronto a indire nuove elezioni entro l’anno prossimo. Ma per ricostruire un territorio ridotto in macerie, secondo l’Onu serviranno circa 53 miliardi. Nel piano egiziano, la ricostruzione durerebbe cinque anni. Dopo una prima fase incentrata sulla rimozione delle macerie, la bonifica dagli ordigni inesplosi e la fornitura di alloggi temporanei, prevederebbe la creazione di un fondo supervisionato a livello internazionale per finanziare con un budget di 20 miliardi di dollari fino al 2027 per la ricostruzione delle infrastrutture essenziali, tra cui strade, reti di distribuzione e impianti di servizi pubblici. Nell’ultima fase – fino al 2030 e con un costo stimato di 30 miliardi di dollari – a Gaza sorgerebbero progetti infrastrutturali e la creazione di zone industriali, un porto per la pesca, un porto commerciale e un aeroporto.Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu, ha sposato il piano presentato dal presidente al-Sisi e ha assicurato che le Nazioni Unite sono “pronte a collaborare pienamente a questo sforzo”. Così come il presidente del Consiglio europeo, António Costa, che ha ringraziato l’Egitto e i Paesi arabi e messo sul piatto “un sostegno concreto” da parte dei 27 Paesi membri. “Dovremmo attuare questo piano insieme, l’Unione Europea, i suoi partner nel mondo arabo e la comunità internazionale“, ha dichiarato.Il leader Ue ha lanciato un messaggio alla nuova amministrazione americana, oltre che al premier israeliano Netanyahu: “Vorrei essere chiaro. L’Unione Europea respinge fermamente qualsiasi tentativo di cambiamento demografico o territoriale. A Gaza e in altre parti del mondo. Ovunque”. In un momento di stallo del negoziato per la continuazione del cessate il fuoco nell’enclave palestinese, Costa ha ribadito l’importanza del successo dei colloqui per l’inizio della seconda fase, che Israele e gli Stati Uniti hanno proposto di rinviare. Il leader Ue ha anche affermato che l’Unione europea starebbe già “utilizzando tutti gli strumenti possibili” per sostenere il ruolo cruciale dell’Autorità Palestinese nel futuro di Gaza, “compresi gli sforzi diplomatici nei confronti di Israele e Palestina”.