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    Ucraina e Stati Uniti verso l’accordo sulle terre rare

    Bruxelles – Dopo il terremoto, le scosse di assestamento. Lo sciame sismico che scuote l’Ucraina e l’Europa in questa inedita fase non è destinato a finire presto, anzi è appena iniziato. Una catena di eventi messi in moto dall’accelerazione impressa da Donald Trump, che ha colto in contropiede tanto gli alleati transatlantici quanto il governo di Kiev.Ma ora Volodymyr Zelensky sembra tornare ad avere una voce in capitolo, rinegoziando con la Casa Bianca i termini dell’accordo sulle terre rare e le materie prime critiche al centro delle mire di Washington, Mosca e Bruxelles. Dal canto loro, le cancellerie europee cercano di coordinarsi come possono, imbastendo frettolosamente una risposta comune.La palla torna a KievA tre anni dall’invasione su larga scala ordinata da Vladimir Putin nel 2022 per “demilitarizzare e denazificare l’Ucraina” (a sua volta drammatica escalation di una crisi iniziato nel 2014), tutto è precipitato nel giro di una manciata di giorni a metà febbraio. Per un momento – sembrato eterno sia a Kiev sia ai vertici di Ue e Nato a Bruxelles – il presidente statunitense è parso intenzionato a negoziare in solitaria col suo omologo russo, cambiando radicalmente la narrativa sul conflitto più sanguinoso scoppiato nel Vecchio continente dalla Seconda guerra mondiale (reiterando alcuni dei leitmotiv preferiti della propaganda putiniana) ed escludendo tanto l’Ucraina quanto l’Ue dal tavolo delle trattative.Ma da ieri sera (25 febbraio) la musica sembra cambiata. Magari non muterà l’intera sinfonia, ma alcuni membri importanti dell’orchestra stanno accordando meglio i propri strumenti. A partire dalla leadership ucraina. Dopo aver rifiutato per almeno due volte i termini di un accordo sulla concessione a Washington dei diritti di sfruttamento delle vaste risorse minerarie del suo Paese, Volodymyr Zelensky ha infine dato il via libera ad una sua versione che sarebbe finalmente vantaggiosa per Kiev (o almeno non svantaggiosa come le precedenti).Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump (foto: Imagoeconomica)Citando fonti ucraine coinvolte nelle trattative, il Financial Times ha reso noto che era finalmente arrivato il disco verde da parte dei negoziatori di Kiev. Lo stesso tycoon newyorkese, in occasione della visita del presidente francese Emmanuel Macron di lunedì, aveva anticipato che l’accordo era “molto vicino” e sostenuto che il leader ucraino sarebbe volato a Washington nei prossimi giorni per siglarlo di persona nello Studio ovale, forse già venerdì (28 febbraio). Una timeline confermata anche dai funzionari ucraini.Cosa prevede l’accordoUn patto sull’accesso privilegiato degli Stati Uniti alle terre rare, alle materie prime critiche, al gas naturale e al petrolio dell’ex repubblica sovietica era stato proposto inizialmente dallo stesso Zelensky a Trump lo scorso settembre. Berillio, grafite, ittrio, lantanio, litio, scandio, titanio e uranio sono solo alcuni dei minerali indispensabili ai settori strategici al centro della competizione globale: batterie per la transizione verde, nucleare, industria aerospaziale e difesa.Le trattative si erano però complicate nelle ultime settimane a causa delle richieste massimaliste dell’amministrazione Usa. Impraticabili per Kiev le prime formulazioni, soprattutto la pretesa della Casa Bianca di ricevere 500 miliardi di dollari dalle casse statali ucraine a titolo di compenso per gli aiuti inviati in questi tre anni di guerra. Peccato che di miliardi Washington ne abbia spesi poco più di 114, dei quali solo 4 dovrebbero essere ripagati (con scadenza al 2065).Ad ogni modo, la svolta – apparentemente dovuta ad un avvicendamento all’interno del team negoziale a stelle e strisce – ha permesso di dare forma ad una cornice generale accettabile da entrambe le parti. Il governo ucraino avrebbe già fornito il proprio assenso alla sottoscrizione del patto, ma questo dovrà ora essere approvato dal Parlamento.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (sinistra) accoglie a Kiev il negoziatore Usa per la crisi russo-ucraina, Keith Kellogg, il 20 febbraio 2025 (foto: Sergei Supinsky/Afp)Il testo prevederebbe l’istituzione di un fondo ad hoc con “proprietà congiunta” tra Washington e Kiev. Quest’ultima vi contribuirebbe per il 50 per cento con i proventi della “futura monetizzazione” delle risorse minerarie nazionali. Tale fondo dovrebbe finanziare progetti da avviare nel Paese, presumibilmente legati alla ricostruzione.Sarà invece lasciata a protocolli successivi la definizione dei dettagli tecnici. Incluso quali giacimenti includere nell’accordo e cosa fare con quelli troppo vicini al fronte, per non parlare di quelli finiti sotto occupazione russa. Soprattutto, manca un passaggio esplicito sulle garanzie di sicurezza. Un dettaglio di primissimo rilievo, ma i funzionari ucraini si ritengono soddisfatti, almeno per il momento, per essersi assicurati il sostegno del loro più potente alleato.Il “grande mercanteggiamento”Ha così inizio quello che alcuni osservatori hanno già ribattezzato “il grande mercanteggiamento“. Le ricchissime risorse del proprio sottosuolo sembrano essere l’ultima carta rimasta nella pessima mano del presidente ucraino, e sono ambite da tutti gli attori coinvolti a vario titolo nella partita che si sta giocando nell’ex repubblica sovietica.Da Washington, Trump sta facendo quello che sa fare meglio: applicare alla politica internazionale l’approccio transazionale imparato nel suo passato da imprenditore. Il do ut des della Casa Bianca prevede l’acquisto di minerali e idrocarburi in cambio degli aiuti a Kiev, e viene puntellato dalle minacce del braccio destro del tycoon, il tecno-oligarca Elon Musk, di interrompere i servizi della sua rete di comunicazione satellitare Starlink dalla quale dipende l’esercito ucraino.D’altro canto, le mire imperialiste di Mosca – che ad oggi occupa poco meno di un quinto del territorio ucraino – sono sotto gli occhi del mondo. È chiaro che, oltre a motivazioni di carattere storico-culturale (di una lettura distorta della storia difesa da Putin), l’accesso alle risorse minerarie di Kiev è sempre stato uno dei moventi dell’aggressione russa.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Ma anche l’Ue ha messo da tempo gli occhi sul tesoro sotterraneo del vicino orientale. Come ribadito dal vicepresidente esecutivo della Commissione Stéphane Séjourné durante la visita di lunedì (24 febbraio) nella capitale ucraina, Bruxelles ha stipulato con Kiev un memorandum d’intesa nel 2021 in cui le terre rare e le materie prime svolgono un ruolo cruciale. Dei 30 materiali critici individuati dall’Unione, 21 “possono essere forniti dall’Ucraina nell’ambito di una partnership vantaggiosa per entrambe le parti“, ha dichiarato il responsabile della Strategia industriale comunitaria.L’esecutivo a dodici stelle mette così sul tavolo l’implementazione completa dell’accordo già esistente e si propone come un’alternativa più appetibile degli Stati Uniti di Trump. L’arma segreta a disposizione dell’Ue è la prospettiva dell’adesione, sulla quale Ursula von der Leyen ha promesso progressi rapidi (“prima del 2030, se Kiev continua sulla strada delle riforme”), mentre la Casa Bianca ha messo una pietra tombale sull’ingresso dell’Ucraina nella Nato.Quo vadis, Europa?In realtà, la partnership avanzata dalla Commissione va intesa non tanto in sostituzione quanto in aggiunta a quella a stelle e strisce. Fare concorrenza troppo diretta allo zio Sam, il cui ombrello di sicurezza rimane insostituibile per il Vecchio continente, potrebbe rivelarsi poco lungimirante in questa fase.Anche se gli europei continuano a sperare che tale ombrello rimanga aperto (a questo è servita la visita di lunedì di Macron a Washington – su cui ha aggiornato stamane i colleghi del Consiglio europeo – e a questo servirà quella del primo ministro britannico Keir Starmer di domani), la doccia gelata del Trump bis è stato un brusco risveglio dalla loro trentennale illusione post-storica à la Francis Fukuyama.Continuing to work on close European coordination, today president @EmmanuelMacron debriefed EU leaders on his meeting with @realDonaldTrump earlier this week in Washington.Very useful to prepare our special European Council on 6 March, where we will take decisions on our… pic.twitter.com/4RRCIJ4vgm— António Costa (@eucopresident) February 26, 2025Ora le cancellerie europee stanno correndo ai ripari in fretta e furia, cercando di coordinare gli sforzi per creare quell’autonomia strategica di cui tanto si è parlato ma che sarà difficile da realizzare. Si è partiti con una doppietta di incontri all’Eliseo e si continuerà domenica (2 marzo) con una riunione a Londra, dove si discuterà di come finanziare il riarmo del continente e di una strategia congiunta per la difesa.“Armiamoci e partite“: questo, in sostanza, il messaggio del tycoon newyorkese a quelli che sulla carta sarebbero i suoi più stretti alleati. Mentre porta avanti i negoziati con Putin sulla cessazione delle ostilità, Trump scarica sugli europei la responsabilità della sicurezza continentale. L’antifona è passata. “Ora è il momento di agire, di prendere decisioni, di ottenere risultati”, ha sottolineato il presidente del Consiglio europeo António Costa giusto ieri, ripetendo il ritornello preferito anche dal capo dell’Alleanza nordatlantica Mark Rutte. Meglio tardi che mai?

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    Bilancio ristretto e tanta inflazione incidono sull’efficacia della politica estera dell’Ue

    Bruxelles – Attenzione all’austerità, perché questa incide sul funzionamento della politica estera dell’Ue. Il monito è di Kaja Kallas, Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Unione europea. Affronta il tema della ristrutturazione delle rete di delegazioni Ue in giro per il mondo, e mette in chiaro che nessuna delle 145 sedi aperte si intende chiudere per il ruolo strategico qui svolto. Però, ammette, la penuria di risorse rischia di rimettere tutto in discussione.L’attuale quadro finanziario pluriennale (Mff 2021-2027) è stato costruito su personale stabile e non più con un aumento annuo del 2 per cento per le spese non salariali, premette Kallas nella risposta offerta ad un’interrogazione precisa in materia. “Ciò è molto impegnativo nel recente clima economico e il Servizio per l’azione esterna ha sostenuto che i parametri del bilancio non prendono in considerazione l’inflazione al di fuori dell’Ue (prossima al 20 per cento), il che è una condizione unica e i costi sono collegati al mantenimento di una presenza mondiale attraverso la rete di delegazioni”.Si pone una problema vero, reale, tanto che l’Alta rappresentante avverte: “E’ necessario garantire che la rete delle delegazioni sia in grado di fornire risultati efficaci, anche con le competenze adeguate nel settore”. Un qualcosa che però appare difficile da garantire, almeno nell’immediato. Perché, spiega ancora, “le misure di austerità e la ricerca di efficienze e ridistribuzioni continueranno nel 2025, il che potrebbe richiedere anche adattamenti della rete diplomatica dell’Ue”. L’indicazione per gli Stati membri, che saranno chiamati a ragionare sul prossimo bilancio pluriennale, è di non lesinare sulla politica estera se si vuole essere incisivi e decisivi a livello internazionale: “Efficacia ed efficienza del Servizio per l’azione esterna potrebbero essere ulteriormente migliorate“, conclude Kallas.

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    Passaggio a sud-est: la scommessa di von der Leyen sull’India di Modi

    Bruxelles – In un mondo che cambia, e che offre sempre meno certezze ora che alla Casa Bianca è tornato Donald Trump, l’Ue cerca nuovi partner. E rafforza la cooperazione con gli Stati che, come l’India, stanno acquistando un peso sempre maggiore nell’arena internazionale. Così, la prima visita ufficiale dell’esecutivo comunitario sarà a Nuova Delhi. Non ci si aspetta il lancio di nessuna iniziativa formale, ma sarà l’occasione per dimostrare tangibilmente l’intenzione di legare il destino dei Ventisette a quello della potenza asiatica in ascesa, per limitare i danni delle decisioni unilaterali prese dal presidente Usa.Partenariato strategicoEra il 21 gennaio quando, dal palco del World economic forum di Davos, la capa della Commissione europea Ursula von der Leyen annunciava che si sarebbe recata in India per incontrare il primo ministro Narendra Modi e il resto del suo governo. La data prescelta è alla fine del mese, precisamente giovedì 27 e venerdì 28 febbraio (anche se il primo dei due giorni sarà dedicato quasi interamente agli spostamenti). Saranno presenti 21 commissari su 27, compresa la presidente.L’obiettivo di Bruxelles è definire la nuova agenda strategica su cui (re)impostare le relazioni con Nuova Delhi, che dovrebbe venire adottata ufficialmente durante il prossimo Summit Ue-India previsto per la seconda metà dell’anno. Pertanto, gli incontri di venerdì – che includeranno una serie  di bilaterali non solo tra von der Leyen e Modi ma anche tra i commissari Ue e i loro omologhi indiani – non sono dedicati a prendere impegni specifici ma a far progredire il dialogo sulle questioni considerate cruciali, nel quadro del partenariato strategico avviato nel lontano 2004. “Il 2025 sarà l’anno delle relazioni tra Ue e India”, ha assicurato una funzionaria comunitaria.La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen parla al World economic forum di Davos, in Svizzera, il 23 gennaio 2025 (foto: World Economic Forum via Imagoeconomica)Il nodo della sicurezzaSul tavolo ci saranno, tra le altre cose, il commercio, la competitività, la sicurezza e la difesa. “L’India è cruciale per il de-risking” strategico del Vecchio continente, per “aumentare la nostra resilienza e diversificare gli investimenti“, ha puntualizzato un altro funzionario. Di più, il Paese asiatico è “una di quelle grandi potenze con cui vorremmo unire le forze” per garantire la tenuta del sistema di sicurezza internazionale, soprattutto alla luce della guerra d’aggressione russa in Ucraina che è entrata ieri nel suo quarto anno.Proprio quello relativo all’Ucraina è un capitolo importante, fanno notare dalla Commissione, soprattutto per quanto riguarda le misure restrittive imposte sul Cremlino e la loro applicazione. Nuova Delhi è sospettata di acquistare da Mosca una parte del petrolio greggio sanzionato dall’Ue e di far entrare nella Federazione materiale aeronautico europeo, ma questo tema non dovrebbe essere affrontato nei colloqui di venerdì, almeno stando alle anticipazioni ufficiali.La sicurezza eurasiatica e quella indo-pacifica sono collegate, è il ritornello al Berlaymont, e dunque il dialogo con Nuova Delhi – considerata “un campione e uno sponsor della pace” – è fondamentale. Del resto, la cooperazione è già attiva in alcuni ambiti tra cui il contrasto al terrorismo e la gestione delle crisi, mentre si dovrebbe espandere presto la collaborazione anche in materia di sicurezza informatica e nello spazio.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto: Sergei Supinsky/Afp)Come spiega a Eunews James Crabtree dello European council on foreign relations (Ecfr), un think tank con sede a Bruxelles che indaga la politica internazionale, “sia l’Europa che l’India si trovano in un momento di urgente ricalibrazione strategica” dovuto alla seconda presidenza Trump. “È difficile immaginare un momento migliore per rivitalizzare i legami storicamente poco solidi” tra le due parti, sostiene l’analista, dal momento che con il tycoon al potere gli Stati Uniti sono “nuovamente capricciosi” (dai dazi doganali allo stravolgimento della politica di sicurezza europea).Dialogo commercialeIn materia di commercio, un elemento importante sarà il dialogo sui progressi verso la stipula del trattato di libero scambio (Fta nell’acronimo inglese), i cui negoziati erano iniziati nel 2007 per interrompersi nel 2013 e riprendere dopo otto anni nel maggio 2021. Tra i punti su cui manca ancora la quadra ci sono, soprattutto, le barriere (doganali e non) agli scambi tra le due economie – in particolare relativamente ad alcuni prodotti chiave come le automobili e gli alcolici – che sono sbilanciate essendo più alte per le aziende europee che cercano di esportare in India. Uno dei bilaterali da tenere d’occhio sarà quello tra il responsabile del Commercio di Bruxelles, Maroš Šefčovič, e il ministro indiano Piyush Goyal.Durante la visita del Collegio a Nuova Delhi, si riunirà per la seconda volta anche il Consiglio per il commercio e la tecnologia (Ttc), dopo il primo incontro risalente al maggio 2023. A rappresentare l’Unione saranno la vicepresidente esecutiva della Commissione con delega alla Sovranità tecnologica Henna Virkkunen, il già citato Šefčovič e la titolare della Ricerca e dell’innovazione Ekaterina Zaharieva. Tra gli obiettivi principali del Ttc Ue-India c’è quello di rafforzare la collaborazione in materia di transizione digitale, tecnologie pulite, investimenti e commercio. Nello specifico, si parlerà soprattutto di infrastrutture digitali e di resilienza delle catene del valore.Il commissario al Commercio Maroš Šefčovič (foto: European Parliament)Innovazione tecnologica pulitaMa si parlerà anche di sviluppo tecnologico, un tema centrale per l’India che ospiterà il prossimo vertice mondiale sull’intelligenza artificiale, dopo aver co-presentato quello dello scorso 11 febbraio a Parigi. La cooperazione in questo settore, dall’Ia alle tecnologie pulite passando per la ricerca e l’innovazione, sarà alla base della crescita delle economie avanzate nell’immediato futuro. Questa, almeno, la lettura della Commissione, che a fine gennaio ha svelato la sua Bussola per la competitività con cui ha inteso tradurre in pratica le raccomandazioni contenute nel rapporto presentato lo scorso settembre da Mario Draghi.Il mercato indiano è un Bengodi cui Bruxelles non è disposta a rinunciare, ad esempio per quel che riguarda il potenziale nel campo delle tecnologie green e della decarbonizzazione: Nuova Delhi, insieme a Parigi, è ad esempio co-fondatrice dell’International solar alliance, che dovrebbe mobilitare 1000 miliardi entro la fine del decennio. Non figurano invece in agenda scambi sul meccanismo europeo di adeguamento del carbonio alle frontiere (il Cbam), sul quale l’India è scettica.Le zone d’ombraMa mentre Bruxelles celebra la cooperazione con la democrazia più popolosa del mondo, non mancano anche diverse criticità nel rapporto con Nuova Delhi. A partire proprio dalla posizione ambigua di Modi nei confronti della Russia di Vladimir Putin e della Cina di Xi Jinping, rispettivamente acerrimo nemico e avversario strategico del club a dodici stelle.Il presidente cinese Xi Jinping (sinistra), quello russo Vladimir Putin e il primo ministro indiano Narendra Modi al summit dei Brics di Kazan, il 23 ottobre 2024 (foto: Grigory Sysoev via Imagoeconomica)La disinvoltura con cui il premier si muove sullo scacchiere internazionale (l’India è uno dei fondatori dei Brics e si presenta come paladino del Sud globale, ma fa l’equilibrista tra le potenze occidentali) potrebbe creare degli imbarazzi all’Ue, ma von der Leyen ha ampiamente dimostrato di essere capace di grande pragmatismo, anche se i critici lo denunciano come doppiopesismo. Si può quindi chiudere un occhio sulla tutela dei diritti umani, se serve a risollevare il fato di un’Europa sferzata dai colpi che Trump non smette di sferrare a destra e a manca.

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    L’Ue bacchetta Israele su West Bank e due Stati. Ma alla fine è sempre ‘business as usual’

    Bruxelles – L’ex Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, aveva insistito per convocare un vertice con Tel Aviv per discutere delle violazioni degli obblighi sui diritti umani previsti dall’Accordo di associazione Ue-Israele. Un anno dopo, il Consiglio di associazione si è tenuto, nel bel mezzo di una fragilissima tregua a Gaza e di nuove violenze in Cisgiordania. Ma l’incontro tra il capo della diplomazia Ue, Kaja Kallas, il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, e i suoi omologhi europei, ha abbracciato tutti gli aspetti del rapporto tra i due partner ed è la conferma che Bruxelles non utilizzerà alcuna leva per fare pressione su un governo che nonostante tutto rimane ‘amico’.Che tra i due partner ci siano differenze di vedute ormai inconciliabili, è evidente. Lo evidenzia lo stesso Sa’ar, che ben due volte, parlando dei territori palestinesi occupati, parlando ai giornalisti afferma: “Quella che voi chiamate Cisgiordania e noi chiamiamo Giudea e Samaria“. Ma l’Ue su Israele è divisa – e quindi debole -, e non può andare oltre la “preoccupazione” per le violenze e gli “inviti” a rispettare il diritto internazionale. Anzi, l’impressione è che la posizione di Bruxelles si sia ammorbidita ora che a Gaza è stato raggiunto un cessate il fuoco.Al suo arrivo, Sa’ar aveva dichiarato: “È legittimo che ognuno abbia la sua opinione. Noi sappiamo come affrontare le critiche, siamo abituati, finché le critiche non sono collegate alla delegittimazione, alla demonizzazione o ai doppi standard, che di tanto in tanto sono cose che vediamo negli attacchi contro Israele”. In mattinata, il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, vittima negli ultimi mesi di furiosi attacchi verbali (e sanzioni) da parte del governo israeliano, di fronte al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra si era detto “gravemente preoccupato per l’aumento della violenza dei coloni israeliani in Cisgiordania e per le richieste di annessione”.I Paesi membri hanno ribadito il concetto. “Non possiamo nascondere le nostre preoccupazioni per quanto riguarda la West Bank”, ha ammesso Kaja Kallas nella conferenza stampa congiunta a margine del vertice. A dire il vero, come richiesto dal ministro degli Esteri spagnolo, José Manuel Albares, l’Ue potrebbe semplicemente rispettare le “regole sul commercio dei prodotti delle colonie”, ovvero smettere di applicare alle merci che arrivano dalle colonie israeliane illegali le stesse tariffe che l’Accordo di associazione Ue-Israele prevede per quelle del territorio israeliano riconosciuto dalla comunità internazionale. L’Ue non lo fa, e quindi Israele fa orecchie da mercante. “Ciò che stiamo facendo in quella che voi chiamate Cisgiordania, e noi chiamiamo Giudea e Samaria, è difendere la nostra sicurezza. Si tratta di operazioni militari contro i terroristi e non ci sono altri obiettivi, se non questo”, ha affermato Sa’ar. Ma in quei territori, dagli accordi di Oslo del 1993, secondo un recente censimento dell’Onu sono state costruite 279 nuove colonie.Gideon Sa’ar e Kaja Kallas in conferenza stampa a margine del Consiglio d’Associazione Ue-IsraeleIl ministro israeliano ha dichiarato che le relazioni tra Tel Aviv e Bruxelles “non devono essere ostaggio del conflitto israelo-palestinese“. Non dovrebbero tenere conto degli oltre 46 mila morti palestinesi di Gaza morti sotto le bombe israeliane dal 7 ottobre 2023. Anzi, secondo Saar Israele “ha dimostrato di essere una forza stabile e forte in una regione caotica”, oltre che “una risorsa per l’Europa a livello strategico, economico, tecnologico e altro ancora”.Tra le questioni che dovrebbe porsi l’Ue ci sono anche i continui attacchi israeliani alla legittimità del diritto internazionale. Il fatto stesso di celebrare un Consiglio d’Associazione con un governo il cui primo ministro è soggetto di un mandato d’arresto da parte della Corte Penale Internazionale, non può che mettere a disagio. Ed espone un’altra volta l’Ue all’accusa di applicare doppi standard in Ucraina – questa mattina a Kiev Ursula von der Leyen ha dichiarato che “gli autocrati di tutto il mondo stanno osservando molto attentamente se esiste l’impunità se si invade il proprio vicino e si violano i confini internazionali” – e a Gaza. Interpellata sull’invito rivolto a Netanyahu da Friedrich Merz, fresco vincitore delle elezioni federali in Germania, Kallas si è smarcata, sostenendo che “l’Ue sostiene la Corte de L’Aia e i principi dello Statuto di Roma, ma spetta agli Stati membri decidere se rispettarne i mandati”.I ministri dei 27 hanno “sottolineato che non può esserci altra soluzione se non quella dei due Stati”, ha proseguito Kallas. E che l’Ue “sostiene l’Autorità nazionale Palestinese e il suo ritorno a Gaza“, oltre al “ritorno di ogni palestinese sfollato per il quale Gaza è casa”. Ma Sa’ar, il cui governo ha applaudito lo sconcertante piano di pulizia etnica dell’enclave palestinese messo sul piatto da Donald Trump, ha risposto in modo vago e confusionario: “Quando si parla di emigrazione, quando si parla di libera scelta individuale e di uno Stato pronto ad accettare un individuo, questa è la cosa più morale e umana da fare. Non è imporre lo sfollamento”.

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    Di Maio sarà il rappresentante speciale Ue nel Golfo per altri due anni

    Bruxelles – Luigi Di Maio ha svolto “un’eccellente performance”, aveva scritto già lo scorso 20 dicembre l’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, ai Paesi membri. Oggi (24 febbraio), i 27 hanno prorogato di due anni il mandato dell’ex ministro pentastellato come rappresentante speciale per la regione del Golfo.“Continuerà a sviluppare un partenariato Ue più forte, globale e strategico con i paesi della regione del Golfo, contribuendo alla stabilità e alla sicurezza dell’area impegnandosi e sostenendo il dialogo e le soluzioni regionali a lungo termine con i singoli partner del Golfo e le organizzazioni regionali competenti”, si legge nella nota con cui il Consiglio dell’Ue annuncia la conferma di Di Maio.L’enfant prodige del Movimento 5 Stelle era stato nominato primo Rappresentante speciale per i rapporti con Bahrain, Arabia Saudita, Kuwait, Qatar, Oman ed Emirati Arabi Uniti dall’ex capo della diplomazia Ue, Josep Borrell, il 15 maggio 2023. Ha assunto le proprie funzioni dal 1° giugno successivo, con un mandato iniziale di 21 mesi. Secondo Kallas, “ha contribuito notevolmente a far progredire la cooperazione tra l’Ue e il Consiglio di Cooperazione del Golfo e ha svolto un ruolo chiave nello sviluppo della cooperazione regionale e bilaterale con i Paesi del Golfo nel campo delle consultazioni politiche, dialogo sulla sicurezza, commercio e investimenti, energia verde e relazioni interpersonali”.

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    Siria, l’Ue sospende le sanzioni in settori chiave: “Supportiamo la transizione”

    Bruxelles – Mentre la Siria attraversa un’importante fase di trasformazione a seguito della caduta del regime di Bashar al-Assad avvenuta il 19 dicembre 2024, l’Unione Europea, per supportare e stabilizzare il processo di transizione politica e lo sforzo di ricostruzione dell’economia, ha iniziato ad adottare misure concrete e a garantire relazioni pacifiche con il Paese mediorientale. Queste iniziative hanno fatto oggi (24 febbraio) un consistente passo in avanti con la decisione del Consiglio Ue  di sospendere diverse misure restrittive precedentemente imposte al regime siriano e in vigore da oltre un decennio.“Ciò include il settore dei trasporti, dell’energia e delle banche” ha specificato l’Alta rappresentante Ue per gli Affari Esteri Kaja Kallas, in occasione del Consiglio affari esteri. L’allentamento, già annunciato il 24 gennaio scorso, prevede infatti la sospensione delle misure imposte sul settore del gas, del petrolio e dell’elettricità e l’estensione a tempo indefinito delle preesistenti eccezioni umanitarie alle sanzioni. Quattro istituti bancari e la compagnia aerea Syrian Arab Airlines vengono rimosse dalla lista delle entità soggette a congelamento dei fondi e delle risorse economiche, in modo da permettere di renderli disponibili alla Banca Centrale Siriana. Allo stesso tempo, vengono introdotte eccezioni alla proibizione di stabilire relazioni tra le banche siriane e gli istituti finanziari presenti sul territorio dell’Ue, per permettere le transazioni legate ai settori dei trasporti e dell’energia, nonché quelle necessarie alla ricostruzione e a fini umanitari.E’ evidente come le azioni intraprese dal leader della milizia Hay’at Tahrir al-Sham (HTS) Ahmed al-Sharaa, alias Abu Mohammad al-Jolani, siano state accolte con ottimismo da Bruxelles, specialmente dopo lo scioglimento di tutte le milizie (HTS compresa) e la convocazione della conferenza incaricata di redigere la nuova Costituzione del Paese.Il Consiglio valuterà se ulteriori misure sanzionatorie potranno essere sospese e monitorerà la situazione in Siria per assicurarsi che le sospensioni rimangano adeguate. E’ importante precisare che resteranno in vigorele sanzioni legate al regime del decaduto Assad e le quelle contro il settore delle armi chimiche e convenzionali, il traffico illecito di droga, l’import/export di beni appartenenti al patrimonio culturale, i software di repressione del dissenso e i sistemi di sorveglianza. Il 17 marzo è prevista a Bruxelles la nona conferenza per la Siria, volta a mobilitare ulteriormente il supporto per il Paese.

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    Banche, Tir, energia, alluminio: l’Ue adotta il 16esimo pacchetto di sanzioni alla Russia

    Bruxelles – Petroliere ombra, banche, importazioni di alluminio: l’Ue vara il nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia quale risposta per l’aggressione dell’Ucraina. Una pacchetto annunciato e che il Consiglio dell’Ue approva, come da programma, in occasione del terzo anno dallo scoppio della guerra. Soddisfatta l’Alta rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas: “Con i colloqui in corso per porre fine all’aggressione russa, dobbiamo mettere l’Ucraina nella posizione più forte possibile. Le sanzioni forniscono una leva.”Tra le principali restrizioni, il pacchetto prevede un divieto graduale sull’importazione di alcuni prodotti in alluminio e il blocco di 73 petroliere della cosiddetta “flotta ombra”, utilizzate dalla Russia per esportare petrolio sanzionato eludendo le restrizioni europee. Colpite anche 53 imprese, che finiscono nella lista nera dei soggetti che aiutano il Cremlino nell’agenda di aggressione. Si interviene contro chi esporta beni e tecnologie a duplice uso, nonché beni e tecnologie che potrebbero contribuire al miglioramento tecnologico del settore della difesa e della sicurezza della Russia. Un terzo di queste entità sono russe mentre le altre si trovano in paesi terzi (Cina, tra cui Hong Kong, India, Kazakistan, Singapore, Emirati Arabi Uniti e Uzbekistan) e sono stati coinvolti nell’elusione delle restrizioni commerciali o si sono impegnati nell’approvvigionamento di oggetti sensibili necessari.Il presidente russo Vladimir Putin (foto: Gavriil Grigorov/Afp via Sputnik)La stretta sulle banche e mezzi di informazioneMa soprattutto per la prima volta l’Unione europea impone un divieto di transazione a istituti di credito o finanziari istituiti al di fuori della Russia che utilizzano il ‘sistema per il trasferimento di messaggi finanziari’ (Spfs) della Banca centrale della Russia. Spfs è un servizio di messaggistica finanziaria specializzato sviluppato dalla Banca centrale della Russia per neutralizzare l’effetto delle misure restrittive. il Consiglio ha deciso di estendere il divieto di fornire servizi di messaggistica finanziaria specializzati a 13 banche regionali ritenute importanti per i sistemi finanziari e bancari russi.Oscurate poi otto testate accusate di promuovere la propaganda del Cremlino. Si tratta di EADaily / Eurasia Daily, Fondsk, Lenta, NewsFront, RuBaltic, SouthFront, Strategic Culture Foundation, e Krasnaya Zvezda / Tvzvezda.Colpita anche l’energiaIl pacchetto concordato oggi impone ulteriori restrizioni alle esportazioni di beni e tecnologie, in particolare ai software legati all’esplorazione di petrolio e gas, al fine di limitare ulteriormente le capacità di esplorazione e produzione della Russia. Inoltre, estende il divieto di fornire beni, tecnologie e servizi per il completamento di progetti di petrolio greggio in Russia, come quello del petrolio Vostok, in modo simile al completamento dei progetti di GNL attualmente in vigore.Il Consiglio sta inoltre vietando la fornitura di stoccaggio temporaneo per il petrolio greggio russo e i prodotti petroliferi all’interno dell’UE, indipendentemente dal prezzo di acquisto del petrolio e dalla destinazione finale di tali prodotti.Stop ai TIR al 25 per cento russiNon finisce qui: sempre per colpire l’economia russa restringere il transito ai camion, rafforzando l’attuale divieto di trasporto di merci su strada nel territorio dell’Unione europea, anche in transito, da parte di operatori dell’Ue di proprietà almeno per il 25 per cento di un’azienda russa. La nuova disposizione vieta inoltre le modifiche alla struttura del capitale delle imprese di trasporto su strada che aumenterebbero la quota percentuale posseduta da una persona fisica o giuridica russa oltre il 25 per cento.Soddisfazione arriva anche dai presidenti di Commissione, Parlamento e Consiglio europeo, Ursula von der Leyen, Roberta Metsola e Antonio Costa: “Oggi abbiamo adottato un sedicesimo pacchetto di sanzioni per aumentare ulteriormente la pressione collettiva sulla Russia affinché ponga fine alla sua guerra di aggressione”.

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    Droni, pezzi di ricambio e sanzioni: l’Ue presenta il piano d’azione per la sicurezza dei cavi sottomarini

    Bruxelles – In risposta al preoccupante aumento di incidenti sospetti sui fondali del mar Baltico, la Commissione europea ha presentato oggi a Helsinki, in Finlandia, un piano d’azione per la sicurezza e la resilienza dei cavi sottomarini. Bruxelles si muoverà in diverse direzioni: finanzierà il posizionamento di nuovi cavi, migliorerà la sorveglianza dei mari europei con droni, sensori e immagini satellitari, strutturerà una riserva per riparare tempestivamente eventuali danneggiamenti. La vicepresidente esecutiva Henna Virkkunen promette inoltre misure di deterrenza: “Chiunque sia ritenuto responsabile di sabotaggio dovrebbe essere punito di conseguenza, anche con sanzioni”.L’Unione europea è sull’attenti: “Quasi tutto può essere usato come arma contro di noi“, ha ammesso Virkkunen in conferenza stampa. Dalla strumentalizzazione dei migranti agli attacchi informatici, fino al danneggiamento delle infrastrutture critiche dei Paesi membri. Come i cavi sottomarini di comunicazione, che trasportano il 99 per cento del traffico internet intercontinentale, e i cavi elettrici, che facilitano l’integrazione dei mercati dell’energia elettrica dei 27 Paesi Ue, rafforzano la loro sicurezza di approvvigionamento e forniscono energia rinnovabile offshore al continente.Dopo una serie di incidenti misteriosi che in pochi mesi hanno coinvolto Germania, Finlandia, Lituania, Svezia e Lettonia, l’Ue accorre in aiuto. Ma, sottolinea la Commissione, il piano non è specifico per il Mar Baltico, vale per tutti i mari d’Europa. Schematicamente, Bruxelles interverrà in quattro fasi: prevenzione, rilevamento, risposta e recupero, deterrenza. Innanzitutto, l’idea è intensificare i requisiti di sicurezza e le valutazioni dei rischi, aumentando contemporaneamente i finanziamenti per posare cavi nuovi più “intelligenti”. Nei prossimi anni “spenderemo circa mezzo miliardo in cavi ottici” – 540 milioni di euro – precisano fonti vicine al dossier. Per investire in nuove tecnologie intorno ai cavi, l’Ue svilupperà di una roadmap insieme agli Stati membri. Sono previsti poi “fino a 30 milioni” di euro per gli stress test.EVP Henna Virkkunen and PM Petteri Orpo press point at the Prime Ministers´s residenceFondamentale il rilevamento delle minacce. E qui, il piano consiste nell’istituire un Meccanismo di Sorveglianza Integrata per ogni mare. Su base volontaria, con un approccio “civile e militare”, in grado di condividere le informazioni e le immagini satellitari in tempo reale. Ma non solo: l’Ue vuole installare una rete di sensori sottomarini nei suoi mari e – come spiegato dal commissario alla Difesa, Andrius Kubilius, utilizzare droni a doppio uso (civile e militare) “sia sott’acqua che sulla superficie del mare e nei cieli“.Uno dei problemi emersi nei recenti episodi di presunti sabotaggi è che spesso la gestione delle infrastrutture marine – di competenza dei Paesi membri – è delegata ad operatori privati. Ecco perché “è estremamente importante stabilire una buona partnership pubblico-privato”, ha sottolineato Virkkunen.Quando si verificano gli incidenti, anche a centinaia di chilometri dalla costa più vicina, bisogna essere in grado di riparare i danni rapidamente. Qui il piano propone di istituire una riserva Ue di navi posacavi multiuso e di fornire maggiori tecnologie e capacità alle imbarcazioni. La riserva dovrà garantire inoltre lo stoccaggio e la disponibilità di pezzi di ricambio. In questa fase, così come nelle precedenti, l’Ue ha sottolineato l’importanza della cooperazione con l’Alleanza Atlantica.C’è poi il nodo della deterrenza, di competenza del Servizio europeo di Azione esterna (Eeas) e dell’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas. Bruxelles ha preso di mira la flotta ombra russa, ritenuta responsabile di alcuni di questi sabotaggi – oltre che dell’elusione delle sanzioni al Cremlino -: sono già 79 le imbarcazioni oggetto di misure restrittive e lunedì 24 febbraio, in occasione dell’adozione formale del sedicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, alla lista ne saranno aggiunte altre 73. Ma non basta: l’imperativo è “aumentare i costi per i responsabili”, spiegano dal Seae. Virkkunen ha posto un problema: c’è bisogno di “chiarire il diritto del mare, assicurarsi che non ci siano scappatoie e che la libertà di navigazione non venga usata contro di noi”.La Commissione metterà insieme i suoi esperti legali per “capire come sfruttare al meglio” il quadro giuridico internazionale già esistente e “esaminare quali sono le possibilità di intraprendere azioni concrete”. Tutto questo, apparentemente, senza ricorrere a nuovi fondi. “Non ci sono ulteriori stanziamenti di bilancio, ma un riorientamento delle risorse in azioni più specifiche”, chiariscono fonti europee.