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    Banche, Tir, energia, alluminio: l’Ue adotta il 16esimo pacchetto di sanzioni alla Russia

    Bruxelles – Petroliere ombra, banche, importazioni di alluminio: l’Ue vara il nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia quale risposta per l’aggressione dell’Ucraina. Una pacchetto annunciato e che il Consiglio dell’Ue approva, come da programma, in occasione del terzo anno dallo scoppio della guerra. Soddisfatta l’Alta rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas: “Con i colloqui in corso per porre fine all’aggressione russa, dobbiamo mettere l’Ucraina nella posizione più forte possibile. Le sanzioni forniscono una leva.”Tra le principali restrizioni, il pacchetto prevede un divieto graduale sull’importazione di alcuni prodotti in alluminio e il blocco di 73 petroliere della cosiddetta “flotta ombra”, utilizzate dalla Russia per esportare petrolio sanzionato eludendo le restrizioni europee. Colpite anche 53 imprese, che finiscono nella lista nera dei soggetti che aiutano il Cremlino nell’agenda di aggressione. Si interviene contro chi esporta beni e tecnologie a duplice uso, nonché beni e tecnologie che potrebbero contribuire al miglioramento tecnologico del settore della difesa e della sicurezza della Russia. Un terzo di queste entità sono russe mentre le altre si trovano in paesi terzi (Cina, tra cui Hong Kong, India, Kazakistan, Singapore, Emirati Arabi Uniti e Uzbekistan) e sono stati coinvolti nell’elusione delle restrizioni commerciali o si sono impegnati nell’approvvigionamento di oggetti sensibili necessari.Il presidente russo Vladimir Putin (foto: Gavriil Grigorov/Afp via Sputnik)La stretta sulle banche e mezzi di informazioneMa soprattutto per la prima volta l’Unione europea impone un divieto di transazione a istituti di credito o finanziari istituiti al di fuori della Russia che utilizzano il ‘sistema per il trasferimento di messaggi finanziari’ (Spfs) della Banca centrale della Russia. Spfs è un servizio di messaggistica finanziaria specializzato sviluppato dalla Banca centrale della Russia per neutralizzare l’effetto delle misure restrittive. il Consiglio ha deciso di estendere il divieto di fornire servizi di messaggistica finanziaria specializzati a 13 banche regionali ritenute importanti per i sistemi finanziari e bancari russi.Oscurate poi otto testate accusate di promuovere la propaganda del Cremlino. Si tratta di EADaily / Eurasia Daily, Fondsk, Lenta, NewsFront, RuBaltic, SouthFront, Strategic Culture Foundation, e Krasnaya Zvezda / Tvzvezda.Colpita anche l’energiaIl pacchetto concordato oggi impone ulteriori restrizioni alle esportazioni di beni e tecnologie, in particolare ai software legati all’esplorazione di petrolio e gas, al fine di limitare ulteriormente le capacità di esplorazione e produzione della Russia. Inoltre, estende il divieto di fornire beni, tecnologie e servizi per il completamento di progetti di petrolio greggio in Russia, come quello del petrolio Vostok, in modo simile al completamento dei progetti di GNL attualmente in vigore.Il Consiglio sta inoltre vietando la fornitura di stoccaggio temporaneo per il petrolio greggio russo e i prodotti petroliferi all’interno dell’UE, indipendentemente dal prezzo di acquisto del petrolio e dalla destinazione finale di tali prodotti.Stop ai TIR al 25 per cento russiNon finisce qui: sempre per colpire l’economia russa restringere il transito ai camion, rafforzando l’attuale divieto di trasporto di merci su strada nel territorio dell’Unione europea, anche in transito, da parte di operatori dell’Ue di proprietà almeno per il 25 per cento di un’azienda russa. La nuova disposizione vieta inoltre le modifiche alla struttura del capitale delle imprese di trasporto su strada che aumenterebbero la quota percentuale posseduta da una persona fisica o giuridica russa oltre il 25 per cento.Soddisfazione arriva anche dai presidenti di Commissione, Parlamento e Consiglio europeo, Ursula von der Leyen, Roberta Metsola e Antonio Costa: “Oggi abbiamo adottato un sedicesimo pacchetto di sanzioni per aumentare ulteriormente la pressione collettiva sulla Russia affinché ponga fine alla sua guerra di aggressione”.

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    Droni, pezzi di ricambio e sanzioni: l’Ue presenta il piano d’azione per la sicurezza dei cavi sottomarini

    Bruxelles – In risposta al preoccupante aumento di incidenti sospetti sui fondali del mar Baltico, la Commissione europea ha presentato oggi a Helsinki, in Finlandia, un piano d’azione per la sicurezza e la resilienza dei cavi sottomarini. Bruxelles si muoverà in diverse direzioni: finanzierà il posizionamento di nuovi cavi, migliorerà la sorveglianza dei mari europei con droni, sensori e immagini satellitari, strutturerà una riserva per riparare tempestivamente eventuali danneggiamenti. La vicepresidente esecutiva Henna Virkkunen promette inoltre misure di deterrenza: “Chiunque sia ritenuto responsabile di sabotaggio dovrebbe essere punito di conseguenza, anche con sanzioni”.L’Unione europea è sull’attenti: “Quasi tutto può essere usato come arma contro di noi“, ha ammesso Virkkunen in conferenza stampa. Dalla strumentalizzazione dei migranti agli attacchi informatici, fino al danneggiamento delle infrastrutture critiche dei Paesi membri. Come i cavi sottomarini di comunicazione, che trasportano il 99 per cento del traffico internet intercontinentale, e i cavi elettrici, che facilitano l’integrazione dei mercati dell’energia elettrica dei 27 Paesi Ue, rafforzano la loro sicurezza di approvvigionamento e forniscono energia rinnovabile offshore al continente.Dopo una serie di incidenti misteriosi che in pochi mesi hanno coinvolto Germania, Finlandia, Lituania, Svezia e Lettonia, l’Ue accorre in aiuto. Ma, sottolinea la Commissione, il piano non è specifico per il Mar Baltico, vale per tutti i mari d’Europa. Schematicamente, Bruxelles interverrà in quattro fasi: prevenzione, rilevamento, risposta e recupero, deterrenza. Innanzitutto, l’idea è intensificare i requisiti di sicurezza e le valutazioni dei rischi, aumentando contemporaneamente i finanziamenti per posare cavi nuovi più “intelligenti”. Nei prossimi anni “spenderemo circa mezzo miliardo in cavi ottici” – 540 milioni di euro – precisano fonti vicine al dossier. Per investire in nuove tecnologie intorno ai cavi, l’Ue svilupperà di una roadmap insieme agli Stati membri. Sono previsti poi “fino a 30 milioni” di euro per gli stress test.EVP Henna Virkkunen and PM Petteri Orpo press point at the Prime Ministers´s residenceFondamentale il rilevamento delle minacce. E qui, il piano consiste nell’istituire un Meccanismo di Sorveglianza Integrata per ogni mare. Su base volontaria, con un approccio “civile e militare”, in grado di condividere le informazioni e le immagini satellitari in tempo reale. Ma non solo: l’Ue vuole installare una rete di sensori sottomarini nei suoi mari e – come spiegato dal commissario alla Difesa, Andrius Kubilius, utilizzare droni a doppio uso (civile e militare) “sia sott’acqua che sulla superficie del mare e nei cieli“.Uno dei problemi emersi nei recenti episodi di presunti sabotaggi è che spesso la gestione delle infrastrutture marine – di competenza dei Paesi membri – è delegata ad operatori privati. Ecco perché “è estremamente importante stabilire una buona partnership pubblico-privato”, ha sottolineato Virkkunen.Quando si verificano gli incidenti, anche a centinaia di chilometri dalla costa più vicina, bisogna essere in grado di riparare i danni rapidamente. Qui il piano propone di istituire una riserva Ue di navi posacavi multiuso e di fornire maggiori tecnologie e capacità alle imbarcazioni. La riserva dovrà garantire inoltre lo stoccaggio e la disponibilità di pezzi di ricambio. In questa fase, così come nelle precedenti, l’Ue ha sottolineato l’importanza della cooperazione con l’Alleanza Atlantica.C’è poi il nodo della deterrenza, di competenza del Servizio europeo di Azione esterna (Eeas) e dell’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas. Bruxelles ha preso di mira la flotta ombra russa, ritenuta responsabile di alcuni di questi sabotaggi – oltre che dell’elusione delle sanzioni al Cremlino -: sono già 79 le imbarcazioni oggetto di misure restrittive e lunedì 24 febbraio, in occasione dell’adozione formale del sedicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, alla lista ne saranno aggiunte altre 73. Ma non basta: l’imperativo è “aumentare i costi per i responsabili”, spiegano dal Seae. Virkkunen ha posto un problema: c’è bisogno di “chiarire il diritto del mare, assicurarsi che non ci siano scappatoie e che la libertà di navigazione non venga usata contro di noi”.La Commissione metterà insieme i suoi esperti legali per “capire come sfruttare al meglio” il quadro giuridico internazionale già esistente e “esaminare quali sono le possibilità di intraprendere azioni concrete”. Tutto questo, apparentemente, senza ricorrere a nuovi fondi. “Non ci sono ulteriori stanziamenti di bilancio, ma un riorientamento delle risorse in azioni più specifiche”, chiariscono fonti europee.

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    “Nessuno potrà essere eletto alla carica di Presidente più di due volte”

    Bruxelles – Donald Trump, presidente degli Stati uniti per la seconda volta, ad appena un mese dall’insediamento sta già, evidentemente, lavorando ad un terzo mandato. “Un mio terzo mandato non si può fare?”, ha detto ieri (20 febbraio) e si è risposto: “Non ne sono sicuro”.La Costituzione degli Stati Uniti che, ricordiamo, è stata approvata due anni prima della Rivoluzione Francese, è però piuttosto chiara in proposito: “Nessuno potrà essere eletto alla carica di Presidente più di due volte”, afferma il XXII emendamento, approvato nel 1951. Il concetto è anche rafforzato dalla seconda parte del primo comma, dove si afferma che “nessuno che abbia tenuto la carica di Presidente, o abbia agito come Presidente, per più di due anni di un termine per il quale qualche altra persona era stata eletta come Presidente, potrà essere eletto alla carica di Presidente più di una sola volta”. Cioè se un Vice Presidente diventa presidente ed esercita l’incarico per oltre due anni potrà candidarsi una sola volta. Il concetto è chiaro, la Costituzione degli Stati Uniti rigetta l’idea di una lunga, troppo lunga permanenza al potere.La versione originale della Costituzione (del 1787) su questo punto stabiliva solo una permanenza in carica di quattro anni, senza porre limiti a quante volte una persona potesse candidarsi. E si arrivò al caso di Franklin D. Roosevelt, che ebbe quattro mandati presidenziali e morì in carica il 12 aprile 1945, all’inizio del quarto mandato, dopo essere entrato alla Casa Bianca per la prima volta nel 1933. Da tempo la politica statunitense discuteva sul porre un limite alle rielezioni, e di trasformare in regola la tradizione lanciata da George Washington di non ricoprire il mandato per più di due volte. La soluzione fu il XXII emendamento.

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    Il Parlamento europeo esporrà la bandiera ucraina per commemorare i tre anni dall’invasione russa

    Bruxelles – Le bandiere dell’Ue e dell’Ucraina saranno esposte nelle tre sedi del Parlamento europeo da domenica 23 a martedì 25 febbraio, in occasione dei tre anni dall’invasione russa. Il 24 febbraio 2022 la Russia, sottolinea una nota, “ha sferrato un attacco immotivato, ingiustificato e illegale contro l’Ucraina”.Speciali allestimenti di bandiere dell’Ue e dell’Ucraina saranno sventolati davanti all’edificio Spaak a Bruxelles, all’edificio Weiss a Strasburgo e all’edificio Adenauer a Lussemburgo, da domenica 23 febbraio alle ore 16.00 a martedì 25 febbraio alle ore 9.00. Martedì 25 febbraio alle 11.00, una bandiera ucraina sarà esposta accanto alla bandiera dell’Ue e a quella dei 27 Stati membri, negli stessi punti delle tre città.Sempre a Bruxelles, l’edificio della Stazione Europa sarà illuminato con i colori della bandiera ucraina gialla e blu nelle serate di domenica 23 e lunedì 24 febbraio, dalle 19.00 all’1.00.L’11 febbraio 2025 i vertici del Parlamento hanno rilasciato una dichiarazione in cui ribadiscono la loro “ferma solidarietà al popolo ucraino, che continua a dimostrare una straordinaria resilienza e coraggio nel difendere la propria sovranità, indipendenza e integrità territoriale”. I deputati al Parlamento europeo adotteranno una risoluzione sul sostegno continuo e incondizionato dell’Ue all’Ucraina durante la prossima sessione plenaria, il 12 marzo. Il voto concluderà il dibattito in plenaria tenutosi l’11 febbraio.

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    Ucraina: la Cina al G20 loda il “consensus” Russia-Usa, raggiunto senza l’Europa

    Bruxelles – Pechino vede con favore le iniziative di Trump di concludere il conflitto ucraino assieme alla Russia. Il ministro degli affari esteri cinese Wang Yi, parlando al vertice dei ministri degli esteri del G20 a Johannesburg, Sudafrica, non ha replicato l’affermazione fatta una settimana prima (15 febbraio) a Monaco, dove aveva sostenuto che l’Ucraina debba essere coinvolta in qualsiasi accordo di pace futuro.Secondo la dichiarazione rilasciata dal suo ministero questa mattina (21 febbraio), “la Cina supporta ogni sforzo dedicato alla pace (in Ucraina), incluso il recente consensus raggiunto tra gli Stati Uniti e la Russia. Speriamo che le parti possano trovare una soluzione sostenibile e duratura che tenga conto delle preoccupazioni reciproche”.“Agendo secondo il desiderio degli attori rilevanti, la Cina continuerà a ricoprire un ruolo costruttivo nella risoluzione politica della crisi” ha proseguito Wang. Assente un qualsiasi riferimento ai paesi europei o ad un loro coinvolgimento nel processo di pace mentre l’Ucraina, nelle parole del cinese, si riduce a mero oggetto delle trattative, non certo un attore attivo.  Siamo ben lontani dal piano di pace che la Repubblica Popolare Cinese ha presentato il 24 febbraio 2023, quando voleva mediare assieme agli europei. Ora che i progetti con l’Europa per la “nuova via della seta” sono saltati e le trattative per la pace appaiono ad appannaggio esclusivo di Mosca e Washington, Pechino preferisce negoziare con loro.In un incontro ai margini del vertice, il ministro degli affari esteri russo Sergei Lavrov ha tenuto un colloquio con la sua controparte cinese, discutendo delle relazioni con gli Stati Uniti e del conflitto in Ucraina: “le parti lodano lo sviluppo del dialogo politico e le interazioni pratiche tra la Russia e la Cina come un fattore stabilizzante contro le turbolenze continue del sistema globale” comunica il ministero russo. Futuri colloqui con l’America non sono da escludersi.

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    Sull’Ucraina, l’Europa non ha ancora reagito alle mosse di Trump

    Bruxelles – Donald Trump è in carica da appena un mese e ha già sconvolto la politica internazionale. Soprattutto sul dossier della guerra in Ucraina, ha colto alla sprovvista gli alleati europei, escludendoli di fatto dalle trattative per la fine delle ostilità (ma scaricando su di loro la responsabilità del mantenimento della pace). Nel Vecchio continente lo smarrimento è totale.Con timidezza, alcune voci iniziano a levarsi in modo disordinato. Tuttavia non c’è ancora una vera strategia per reagire alle picconate che il presidente statunitense sta sferrando all’impazzata: non solo agli ultimi tre anni di politica estera a stelle e strisce, ma allo stesso ordine internazionale che Washington aveva costruito dopo la Seconda guerra mondiale.Scontro frontale Trump-ZelenskyIn effetti, la gran parte del lavoro Trump l’ha fatta nel giro di una sola settimana. Cioè da quando ha chiamato al telefono l’omologo russo Vladimir Putin senza coordinarsi né col leader ucraino Volodymyr Zelensky né con gli alleati europei (o presunti tali). Sconfessione su tutta la linea dell’approccio del suo predecessore Joe Biden: riabilitazione della Russia dopo tre anni di isolamento diplomatico e porta in faccia all’adesione di Kiev alla Nato, con annessa minaccia di chiudere i rubinetti degli aiuti militari al Paese invaso.L’allora presidente-eletto Donald Trump (sinistra) e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si incontrano alla cerimonia di riapertura della cattedrale di Notre Dame a Parigi, il 7 dicembre 2024 (foto: Ludovic Marin/Afp)Negli ultimi giorni, le relazioni tra la Casa Bianca e la leadership ucraina sono precipitate. Un’escalation verbale che è culminata con l’uomo più potente del mondo (libero e non) che dà del “dittatore” al presidente ucraino, mettendone in dubbio la legittimità democratica. Quest’ultimo, eletto prima della guerra, non è sostituibile fintanto che vige la legge marziale (come detta la Costituzione ucraina). A dargli lezioni di democrazia, l’istigatore dell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, scaturito proprio dall’incapacità di accettare l’esito di un’elezione assolutamente democratica e legittima. Del resto, c’è chi sostiene che la ruggine tra i due viene da lontano, dai tempi in cui Trump finì sotto impeachment alla Camera dei deputati.Ma il presidente statunitense non è certo l’unico a trattare in maniera disinvolta quello che dovrebbe essere un alleato. Dopo che Zelensky si è permesso di controbattere alle sparate dei giorni scorsi, il consigliere per la Sicurezza nazionale di Washington Michael Waltz ha suggerito agli ucraini di “abbassare i toni e firmare l’accordo” sulle terre rare proposto dal suo capo (il quale ha preteso i diritti di sfruttamento sul 50 per cento delle risorse minerarie dell’ex repubblica sovietica), definendolo “la migliore” garanzia di sicurezza per Kiev. Il leader ucraino aveva già declinato l’offerta sostenendo che non può “vendere” il proprio Paese.Una nuova Jalta?Presa in mezzo al fuoco amico è rimasta anche l’Europa. Le prove tecniche di disgelo tra Washington e Mosca andate in scena a Riad hanno gelato, invece, le cancellerie del Vecchio continente. Non solo perché, dopo tre anni in cui hanno ripetuto che non si decide nulla sull’Ucraina senza di loro – e senza Kiev – sono effettivamente state messe all’angolo da Trump, che considera Putin il suo unico interlocutore.Ma anche perché, rendendo esplicito il disimpegno degli Stati Uniti dall’Europa, il tycoon ha sostanzialmente privato l’intero continente del principale garante della sua sicurezza. La cui architettura andrà ora ridisegnata da capo, per la prima volta dal 1945. Una nuova Jalta, 80 anni dopo l’originale. Con la differenza che, stavolta, l’Europa non ha nessun Winston Churchill da mandare al tavolo.La debole risposta europeaE proprio l’iconico leader britannico è stato tirato in ballo da uno dei pochi che, seppur con toni cauti e circostanziati, hanno avuto il coraggio di solidarizzare con Zelensky. “Un leader democraticamente eletto“, lo ha descritto Keir Starmer, l’attuale inquilino di Downing Street, secondo cui è “perfettamente ragionevole” sospendere le elezioni in tempo di guerra, come fatto appunto da Churchill.Il primo ministro britannico Keir Starmer (foto via Imagoeconomica)Il primo ministro volerà verso la capitale Usa “la prossima settimana”, per cercare di riaprire un canale di dialogo con la Casa Bianca. E per mettere sul tavolo l’ipotesi di una forza d’interposizione anglo-francese in Ucraina per monitorare la linea di un eventuale cessate il fuoco a condizione che venga fornita una “copertura americana”. A Washington dovrebbe recarsi anche Emmanuel Macron, che negli scorsi giorni ha organizzato in fretta e furia nella capitale transalpina due vertici non ufficiali tra leader europei (uno lunedì e uno ieri) per coordinare una reazione al terremoto Trump. Obiettivo mancato.Ieri sera, era stato il cancelliere tedesco uscente Olaf Scholz a bollare come “sbagliate e pericolose” le insinuazioni del presidente Usa, mentre anche altri leader scandinavi hanno preso le difese di Zelensky (la premier danese Mette Frederiksen, quello svedese Ulf Kristersson e quello norvegese Jonas Gahr Støre). Assordante, invece, il silenzio di Giorgia Meloni, costretta ad una difficile opera di equilibrismo tra il convinto sostegno all’Ucraina (che le ha permesso di rendersi presentabile in Europa negli ultimi anni) e il ruolo di “ponte e pontiera” tra le due sponde dell’Atlantico, reclamato per sé dalla premier in virtù della vicinanza politica con Trump.Territorio inesploratoPer il momento, il Segretario generale della Nato Mark Rutte getta acqua sul fuoco. L’ex premier olandese si è detto “un po’ irritato” dell’atteggiamento dei leader europei che si sono lamentati per non essere stati coinvolti nei negoziati. Il suo suggerimento: “Organizzatevi, trovatevi a un tavolo, qualunque cosa questo tavolo comporti esattamente”. Il plauso è per l’iniziativa dell’Eliseo. “L’importante”, dice, “è che in qualche modo in Europa si discuta di come organizzare le garanzie di sicurezza in Ucraina”. Rutte ammette che i tempi non saranno brevi, ma è “felice che almeno si sia smesso di piagnucolare e si sia iniziato ad agire, a mettersi d’accordo“. Un inizio poco promettente, ben distante dal genere di “elettroshock” auspicato dal presidente francese solo pochi giorni fa.Stiamo entrando in un territorio inesplorato. E nessuno sa come muoversi. Manca a Bruxelles una figura dalla statura politica sufficientemente alta per confrontarsi con Trump. L’Alta rappresentante Kaja Kallas, cui pure i Trattati sembrerebbero affidare un ruolo del genere, è ammutolita da giorni sulla questione. Ancora più scandaloso se si considera che era stata nominata in quanto “falco” sull’Ucraina.Il Segretario generale della Nato Mark Rutte alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, il 14 febbraio 2025 (foto: Nato via Imagoeconomica)Il presidente del Consiglio europeo António Costa sarebbe in contatto costante con i capi di Stato e di governo dei Ventisette per organizzare un summit d’emergenza (il prossimo sarebbe in calendario per il 20 marzo). Stando a quanto riportato da funzionari comunitari, ne verrà convocato uno solo quando ci sarà una ragionevole sicurezza di ottenere dei risultati (e tanti auguri a mettere d’accordo anche Ungheria e Slovacchia, che hanno peraltro lamentato l’esclusone dai vertici di Parigi).A livello Ue, sta venendo messo a punto il 16esimo pacchetto di sanzioni contro il Cremlino, mentre la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock ha annunciato un piano monstre di aiuti militari per l’Ucraina che varrebbe addirittura 700 miliardi di euro, una cifra mai sborsata prima d’ora né da Washington né da Bruxelles (né dalle due insieme).Kiev al centro dell’azioneMa per il momento è un liberi tutti. Oltre alle visite di Starmer e Macron negli Stati Uniti, ci sarà quella di Costa e del capo dell’esecutivo comunitario Ursula von der Leyen a Kiev il prossimo 24 febbraio, per celebrare il terzo anniversario dell’invasione russa su larga scala. Dalla Commissione ci si limita a osservare che “Zelensky è stato legittimamente eletto in elezioni libere, corrette e democratiche” e che “l’Ucraina è una democrazia, la Russia di Putin no“. Ovvietà, si direbbe, ma di questi tempi meglio essere sicuri.Nella capitale ucraina, intanto, è atterrato ieri Keith Kellogg. Sulla carta, è l’inviato speciale della Casa Bianca per la crisi russo-ucraina, ma sembra che Trump lo stia mettendo in secondo piano rispetto ad un altro inviato speciale (nonché suo compagno di golf), Steve Witkoff, che però si dovrebbe occupare di Medio Oriente. I maligni dicono che Kellogg sarebbe stato tenuto alla larga in quanto inviso ai russi. Witkoff è l’artefice dello storico accordo tra Israele e Hamas di metà gennaio, e pare avrà un ruolo cruciale anche nei negoziati col Cremlino, che non a caso sono iniziati proprio in Arabia Saudita.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (sinistra) accoglie a Kiev l’inviato speciale per la crisi russo-ucraina degli Stati Uniti, Keith Kellogg, il 20 febbraio 2025 (foto: Sergei Supinsky/Afp)“Ho affermato la volontà dell’Ucraina di raggiungere la pace attraverso la forza e la nostra visione per i passi necessari”, ha commentato il ministro degli Esteri di Kiev Andrii Sybiha dopo aver incontrato Kellogg. Che in questo momento sta ancora parlando con Zelensky, mentre è stata annullata la conferenza stampa congiunta inizialmente prevista al termine del bilaterale. A inizio settimana, il presidente ucraino aveva incontrato ad Ankara il suo omologo turco Recep Tayyip Erdoğan, che vorrebbe proporsi come mediatore al posto dei sauditi.

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    L’Ue a pesca di alleati nei Caraibi, von der Leyen incontra i leader del Caricom

    Bruxelles – In linea con la strategia della Commissione europea per la costruzione ed intensificazione di partenariati strategici in giro per il mondo, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha completato la sua visita di due giorni a Bridgetown, Barbados, dove ha partecipato alla 48esima sessione ordinaria della Conferenza della Comunità dei Caraibi (Caricom). Ospite del primo ministro delle Barbados Mia Mottley, ha incontrato i 15 leader dei paesi caraibici, riaffermando ai presenti la vicinanza delle due comunità ai capi opposti dell’Atlantico, e di come entrambe condividano il saldo supporto all’Ucraina.La visita si inserisce nel contesto dei recenti accordi con Mercosur, Messico e Malaysia. Sono previste in futuro ulteriori visite di sensibilizzazione in Sud Africa e in India, mentre un vertice Ue-Asia centrale si terrà in aprile.“In questo mondo in cui vi è un chiaro tentativo di costruire sfere di influenza, dove visioni contrastanti dell’ordine mondiale stanno portando ad un approccio transazionale agli affari globali” ha detto la presidente alludendo, senza fare nomi, all’atteggiamento di Washington e Mosca, “l’Europa vuole essere un partner corretto e fidato per tutte le regioni del mondo che vogliono lavorare con noi“.Breve scambio tra il primo ministro di Grenada Dickon Mitchell e la presidente sul tema delle riparazioni europee per la schiavitù coloniale: “La schiavitù è un crimine contro l’umanità” ha risposto lei.Cambiamento climatico, intelligenza artificiale, commercio e ambiente tra i temi trattati. Von der Leyen ha, inoltre, partecipato al lancio di 4 programmi di investimento e partenariato nei settori biomedico, farmaceutico, delle telecomunicazioni e dell’energia pulita, ed ha a inoltre annunciato un pacchetto di aiuti ad Haiti da 19,5 milioni di euro.

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    L’Ue vuole nuove relazioni con l’India, ma il nuovo corso di Delhi è una sfida

    Bruxelles – L’India come nuova meta, una risposta alle nuove tensioni globali e alle nuove logiche geopolitiche. L’Unione europea, ed in particolare la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, puntano molto su una nuova stagione di relazioni bilaterali con Nuova Delhi. Una scelta per certi aspetti obbligata, ma che rischia di gettare il vecchio continente in una dimensione anche controproducente. Perché l’India, al pari della Cina, mantiene un ruolo di partner privilegiato con la Russia condannata e oggetto di ben sedici pacchetti di sanzioni, ed ha ancora molto da fare a livello di diritti umani. In sostanza, non è propriamente paladina di quei valori tanto sbandierati dall’Ue in questi ultimi anni.Il Centro studi e ricerche del Parlamento europeo, in un documento di lavoro redatto per agevolare il compito degli europarlamentari, non nasconde che le relazioni Ue-India non sono prive di criticità. La prima riguarda l’agenda politica indiana. “L’Ue sta cercando di ampliare la sua cerchia di partner chiave, sullo sfondo dell’incertezza sulle relazioni transatlantiche”, la premessa del documento, ma “l‘India nel frattempo mantiene una relazione privilegiata con la Russia e sta rafforzando i legami con l’amministrazione Trump“. Un modo di porsi sullo scacchiere internazionale che certamente pone l’Ue nella scomoda posizione di dover scegliere: evitare ogni rapporto con chi non condivide principi europei, o scegliere quel pragmatismo enunciato da von der Leyen per cui bisogna saper accettare di “dover lavorare con paesi che non hanno idee simili ma condividono alcuni dei nostri interessi”.La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyne, con il primo ministro indiano, Narendra Modi (fonte: Commissione Ue)Ue-India, il calendario per la nuova stagione di relazioniLa Commissione europea fa sul serio. Poco importa se Nuova Delhi flirta con Mosca e Washington. L’intero collegio sarà in India la prossima settimana, il 27 e 28 febbraio. Per l’occasione si riunirà anche il consiglio Ue-India per il commercio e la tecnologia. Una comunicazione congiunta su una nuova agenda strategica Ue-India è prevista per il secondo trimestre del 2025. Un vertice Ue-India potrebbe aver luogo nell’ultimo trimestre del 2025. Un calendario con date, tappe, obiettivi, a riprova di volersi mettere al riparo da nuove tensioni commerciali e nuovi ordini mondiali.L‘Ue desidera sviluppare le sue relazioni con l’India, il cui mercato e la cui crescita economica rappresentano una preziosa opportunità per le aziende europee, soprattutto nel campo delle tecnologie verdi. L‘India è leader nella promozione delle energie rinnovabili, viene ricordato, e questo ruolo non è nuovo. A marzo 2018 il primo ministro indiano, Narendra Modi, insieme al Presidente francese Emmanuel Macron, ha co-presieduto la conferenza fondatrice dell’Alleanza internazionale per il solare (International Solar Alliance, Isa). La missione dell’Isa è quella di sbloccare un trilione di dollari in investimenti solari entro il 2030, riducendo al contempo i costi di tecnologia e finanziamento.La partita geopoliticaC’è poi tutta la partita geopolitica da dover considerare e da non dover sottovalutare. I ricercatori del Parlamento europeo ricordano che l’obiettivo di Nuova Delhi è “collocarsi al centro dell’equilibrio di potere globale” tra gli Stati Uniti e i suoi alleati da una parte, e Russia e Cina (con cui partecipa all’organizzazione intergovernativa BRICS e alla Shanghai Cooperation Organisation) dall’altra. Allo stesso tempo, l’India mira a rappresentare e guidare il ‘Sud globale’.In questa agenda tutta indiana la Russia gioca un ruolo non indifferente, visto che storicamente l’India si sente minacciata dalla Cina (con cui esiste ancora il contenzioso sui territori dell’Aksai-Chin, rivendicati da entrambe le parti), e vede nelle relazioni con la Russia un modo per rispondere a questo senso di accerchiamento cinese. Una parte del greggio russo sanzionato dagli europei è stato acquistato dall’India, che avrebbe aiutato a far entrare in Russia materiale aeronautico europeo che non potrebbe essere venduto in Russia.C’è poi la questione diritti umani, che “rappresentano un’ulteriore causa di disagio nelle relazioni Ue-India”. Nella sua risoluzione di gennaio 2024 sulle relazioni Ue-India, il Parlamento ha espresso preoccupazione per la situazione dei diritti umani e della democrazia nel paese.