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    La Moldova è nuovo membro del Meccanismo di protezione civile Ue: “Siederà allo stesso tavolo degli altri 36 membri”

    Bruxelles – Tre nuovi membri in nemmeno un anno. Con l’aumento dell’incidenza e della portata dei disastri naturali, il Meccanismo di protezione civile Ue si sta dimostrando lo strumento più efficace per la preparazione e la risposta solidale a incendi, terremoti, alluvioni e altre crisi (comprese quelle umanitarie) non solo sul territorio dei 27 Stati membri dell’Unione Europea ma anche oltre i suoi confini. È così che – dopo Albania e Ucraina – anche la Moldova è diventato un nuovo membro del Meccanismo di protezione civile Ue, grazie alla firma dell’accordo di adesione questa mattina (29 settembre) a Chișinău, portando il totale degli aderenti a 37.
    Da sinistra: il ministro degli Interni della Moldova, Adrian Efros, e il commissario europeo per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, a Chișinău (29 settembre 2023)
    “In futuro, quando vorrà offrire assistenza a chi ne ha bisogno, sarà facilita e co-finanziata dal Meccanismo, ho speranza di un ruolo attivo della Moldova e aspetto aiuti concreti e partecipazione dei soccorritori”, ha sottolineato con forza il commissario per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, presenziando alla cerimonia di adesione. Dopo l’entrata in vigore provvisoria dell’intesa, la Moldova diventerà un membro effettivo del Meccanismo di protezione civile Ue dal primo gennaio 2024, quando “siederà allo stesso tavolo con uguali diritti e obblighi degli altri 36 membri”. In altre parole – utilizzando quelle del commissario Lenarčič – “parteciperà alle discussioni per definire il futuro e le politiche nell’area della protezione civile“.
    Come ricordato dal responsabile per la Gestione delle crisi nel gabinetto von der Leyen, la Moldova “ha già beneficiato del Meccanismo in passato”, come per esempio “con la situazione a cui è stata esposta dopo l’invasione russa dell’Ucraina”. La richiesta di assistenza è stata necessaria sia per far fronte all’arrivo massiccio di profughi ucraini, sia sul piano energetico: “Tutti gli ospedali ora sono energeticamente indipendenti con generatori di piccole o medie dimensioni” inviati da 20 partecipanti del Meccanismo di protezione civile Ue. Tuttavia, “diventare un membro è molto di più”, dal momento in cui “sarà in grado di fornire supporto, coordinazione e fondi in ogni situazione in cui deciderà di intervenire per chi ne ha bisogno“. Anche in questo caso Chișinău dimostra già esperienza “molto recente”, come dimostrato dall’invio di “assistenza alla Turchia dopo il terribile terremoto di quest’anno e all’Ucraina dopo la distruzione della diga di Kakhovka”.
    Cos’è il Meccanismo di protezione civile Ue
    Istituito nel 2001 dalla Commissione, il Meccanismo di protezione civile Ue è il mezzo attraverso cui i 27 Paesi membri e altri 10 Stati partecipanti (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Islanda, Macedonia del Nord, Montenegro, Norvegia, Serbia, Turchia, Ucraina e da oggi Moldova) possono rafforzare la cooperazione per la prevenzione, la preparazione e la risposta ai disastri, in particolare quelli naturali. Una o più autorità nazionali possono richiedere l’attivazione del Meccanismo quando un’emergenza supera le capacità di risposta dei singoli Paesi colpiti. La Commissione coordina la risposta di solidarietà degli altri partecipanti con un unico punto di contatto, contribuendo almeno a tre quarti dei costi operativi degli interventi di ricerca e soccorso e di lotta agli incendi. In questo modo vengono messe in comune le migliori competenze delle squadre di soccorritori e si evita la duplicazione degli sforzi.
    Sempre parte del Meccanismo di protezione civile Ue è il pool europeo di protezione civile, formato da risorse pre-impegnate dagli Stati aderenti, che possono essere dispiegate immediatamente all’occorrenza. Il centro di coordinamento della risposta alle emergenze è il cuore operativo ed è attivo tutti i giorni 24 ore su 24. A questo si aggiunge la riserva rescEu, la flotta di aerei ed elicotteri antincendio (oltre a ospedali da campo e stock di articoli medici per le emergenze sanitarie) per potenziare le componenti della gestione del rischio di catastrofi. Per l’estate 2023 è stato messo a punto un piano di emergenza che prevede il raddoppio della flotta della riserva rescEu a 28 tra aerei ed elicotteri antincendio (rispettivamente 24 e 4) provenienti da dieci Paesi – Croazia, Cipro, Francia, Germania, Grecia, Italia, Portogallo, Repubblica Ceca, Spagna e Svezia.

    Con la firma del documento a Chișinău alla presenza del commissario per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, il Paese diventerà dal primo gennaio 2024 il 37esimo Stato partecipante al sistema di prevenzione e riposta del rischio di catastrofi dei Ventisette e dei 10 partner

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    In nome dell’energia l’Ue “potrebbe minare gli obiettivi di promuovere la democrazia e i diritti umani”

    Bruxelles – Energia e risorse energetiche o valori e democrazia? Più di una semplice domanda. Per l’Unione europea è un bivio. Le une non sempre possono andare con le altre. Perché se il presidente russo Vladimir Putin, ormai vecchio rivenditore di gas e petrolio, e scaricato in quanto aggressore e criminale di guerra, i nuovi acquirenti a cui l’Ue si rivolge per sopperire a risorse che non ha e che deve trovare altrove non sembrano essere così migliori. Il rischio, neanche troppo velato, è che volutamente o meno l’Ue sacrifichi la sua battaglia per i valori in nome dell’economia.
    In uno degli ultimi documenti prodotti dal centro studi e ricerche del Parlamento europeo, si mette in luce proprio questo dilemma. Con il riposizionamento sul mercato globale dell’energia e l’Ue che acquista da altri produttori, “nei Paesi terzi le entrate aggiuntive possono ridurre la volontà degli elettori di chiedere conto ai propri governi, favorendo la corruzione e il clientelismo”. Di conseguenza “il risultato potrebbe essere quello di consolidare il potere di regimi autoritari con situazioni contrastanti in materia di diritti umani e politici, minando gli obiettivi dell’Ue di promuovere la democrazia e difendere i diritti umani”, e tradendo una certa visione di Europa, quella di David Sassoli.
    Si fa la lista di Paesi terzi con cui l’Ue ha già avviato e sottoscritto accordi di cooperazione economica, intesa all’acquisto e alla fornitura di energia. Arabia Saudita, Qatar, Azerbaijan, Algeria. Non proprio Paesi e sistemi presi a modello democratico. Ben venga dunque l’accordo con la Norvegia per i rifornimenti di gas, che può far dormire sonni certamente più tranquilli ad un’Europa in difficoltà sia sul fronte energetico sia per quanto riguarda l’aspetto valoriale.
    Che si tratti di gas naturale o liquefatto (Gnl), chiedere il prodotto e fare pressioni politiche per riforme interne a Stati indipendenti e sovrani risulta poco pratico e poco praticabile. L’Ue dunque, nel guardare alle necessità più urgenti, non potrà fare a meno di dare priorità a queste. Che non sono i valori.
    Nel 2020, ricorda il documento, la Russia è stata il principale fornitore dell’Ue di gas naturale (tasso di dipendenza dalle importazioni dell’83,6 per cento, dipendenza dell’Ue dalla Russia 41,1 per cento), petrolio greggio (dipendenza dalle importazioni 96,2 per cento, dipendenza dalla Russia 25,7 per cento) e carbon fossile (dipendenza dalle importazioni 10,5 per cento, dipendenza dalla Russia 52,7 per cento).
    C’è dunque un mercato energetico che l’Ue non può permettersi di non trascurare. Il prezzo da pagare, oltre il bene richiesto, forse troppe volte è finanziare i regimi che tradiscono i valori europei.

    Uno studio dell’Europarlamento mette in luce un aspetto controverso della nuova politica a dodici stelle: “Nei Paesi terzi le entrate aggiuntive possono consolidare il potere di regimi autoritari”

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    È “imminente” il Pacchetto Allargamento che “provvederà ai mezzi” per accelerare l’integrazione di nuovi membri Ue

    Bruxelles – Mancano poche settimane al nuovo Pacchetto Allargamento Ue, l’attesa relazione annuale della Commissione Europea sullo stato di avanzamento dei Paesi che hanno fatto richiesta di adesione Ue. “È imminente”, ha annunciato oggi (28 settembre) il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, nel corso della conferenza stampa al termine del Consiglio Affari Generali informale a Murcia (Spagna), anticipando l’appuntamento previsto dall’agenda dei punti all’ordine del giorno del Collegio dei commissari per il 31 ottobre “o a inizio novembre”. Come reso noto dal commissario europeo, “sarà un pacchetto che includerà 10 Paesi candidati o con la prospettiva europea e che provvederà ai mezzi per accelerare l’integrazione“.
    Da sinistra: il ministro degli Esteri spagnolo e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, José Manuel Albares, e il commissario europeo per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi (28 settembre 2023)
    Altri dettagli al momento non sono stati rivelati, a parte un riferimento al piano di crescita per i Balcani Occidentali presentato lo scorso 31 maggio dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Proprio la numero uno dell’esecutivo comunitario ha messo in chiaro da Spalato (Croazia) che “il passato allargamento Ue è stato un grande successo per Paesi come la Croazia” – l’ultimo a fare ingresso nell’Unione nel 2013 – “e ha portato grandi benefici per l’Unione Europea”, e per questo motivo “dobbiamo replicarlo con gli attuali candidati”. Ma in ogni caso non cambia il fatto che “è un processo basato sul merito, che richiede contemporaneamente riforme strutturali nei Paesi candidati e un percorso parallelo da parte dell’Ue“, come già evidenziato nel discorso sullo Stato dell’Unione dello scorso 13 settembre: “È molto importante spiegare agli Stati membri e ai nostri cittadini che nel nuovo ambiente geostrategico l’allargamento Ue basato sui meriti ci rafforza, è necessario e porta benefici”, ha aggiunto von der Leyen.
    Cruciale il vertice informale dei ministri degli Affari europei per iniziare a confrontarsi sulla proposta franco-tedesca per adeguare l’Unione al futuro allargamento. “Le discussioni si sono divise in tre gruppi di lavoro“, ha spiegato il ministro degli Esteri spagnolo e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, José Manuel Albares: “Istituzioni e riforme necessarie in vista dell’allargamento Ue, impatto sul budget per le capacità di assorbimento e possibilità di creare nuove aree di cooperazione per una graduale integrazione”. E quanto emerge dal primo confronto è che “l’allargamento Ue è tra le tre priorità principali” dei Ventisette, ha voluto sottolineare con forza il commissario Várhelyi, considerato il fatto che “il cambiamento nelle dinamiche geopolitiche attorno a noi dimostra che il progetto di sicurezza, pace e stabilità dell’Ue dipenderà dal successo dell’allargamento Ue e dall’accogliere nuovi membri”. Se sul fronte esterno “abbiamo iniziato a discutere su come supportare i candidati ad accelerare sulle riforme”, su quello interno “non pensiamo ci sia bisogno di una riforma dei Trattati per accogliere nuovi membri“, ma i due percorsi “devono andare in parallelo ed essere conclusi nel breve termine”. Riecheggia anche a Murcia la data del 2030, quella avanzata dal presidente del Consiglio Ue, Charles Michel: “Se il Consiglio è pronto a fornire l’adesione, la Commissione lo sarà di sicuro, ma la vera domanda è se i Paesi candidati saranno pronti“.

    A che punto è l’allargamento Ue
    Sui sei Paesi dei Balcani Occidentali che hanno iniziato il lungo percorso per l’adesione Ue, quattro hanno già iniziato i negoziati di adesione – Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – uno ha ricevuto lo status di Paese candidato – la Bosnia ed Erzegovina – e l’ultimo ha presentato formalmente richiesta ed è in attesa del responso dei Ventisette – il Kosovo. Per Tirana e Skopje i negoziati sono iniziati nel luglio dello scorso anno, dopo un’attesa rispettivamente di otto e 17 anni, mentre Podgorica e Belgrado si trovano a questo stadio rispettivamente da 11 e nove anni. Dopo sei anni dalla domanda di adesione Ue, il 15 dicembre dello scorso anno anche Sarajevo è diventato un candidato a fare ingresso nell’Unione, mentre Pristina è nella posizione più complicata, dopo la richiesta formale inviata alla fine dello scorso anno: dalla dichiarazione unilaterale di indipendenza da Belgrado nel 2008 cinque Stati membri Ue non lo riconoscono come Stato sovrano (Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia) e parallelamente sono si sono inaspriti i rapporti con Bruxelles dopo le tensioni diplomatiche con la Serbia di fine maggio.
    I negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione Europea sono stati invece avviati nel 2005, ma sono congelati ormai dal 2018 a causa dei dei passi indietro su democrazia, Stato di diritto, diritti fondamentali e indipendenza della magistratura. Nel capitolo sulla Turchia dell’ultimo Pacchetto annuale sull’allargamento presentato nell’ottobre 2022 è stato messo nero su bianco che “non inverte la rotta e continua ad allontanarsi dalle posizioni Ue sullo Stato di diritto, aumentando le tensioni sul rispetto dei confini nel Mediterraneo Orientale”. Al vertice Nato di Vilnius a fine giugno il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, ha cercato di forzare la mano, minacciando di voler vincolare l’adesione della Svezia all’Alleanza Atlantica solo quando Bruxelles aprirà di nuovo il percorso della Turchia nell’Unione Europea. Il ricatto non è andato a segno, ma il dossier su Ankara è tornato sul tavolo dei 27 ministri degli Esteri Ue del 20 luglio.
    Lo stravolgimento nell’allargamento Ue è iniziato quattro giorni dopo l’aggressione armata russa quando, nel pieno della guerra, l’Ucraina ha fatto richiesta di adesione “immediata” all’Unione, con la domanda firmata il 28 febbraio 2022 dal presidente Zelensky. A dimostrare l’irreversibilità di un processo di avvicinamento a Bruxelles come netta reazione al rischio di vedere cancellata la propria indipendenza da Mosca, tre giorni dopo (3 marzo) anche Georgia e Moldova hanno deciso di intraprendere la stessa strada. Il Consiglio Europeo del 23 giugno 2022 ha approvato la linea tracciata dalla Commissione nella sua raccomandazione: Kiev e Chișinău sono diventati il sesto e settimo candidato all’adesione all’Unione, mentre a Tbilisi è stata riconosciuta la prospettiva europea nel processo di allargamento Ue. Dall’inizio dell’anno sono già arrivate le richieste dall’Ucraina e dalla Georgia rispettivamente di iniziare i negoziati di adesione e di diventare Paese candidato “entro la fine del 2023”.

    Attesa per il 31 ottobre, la nuova relazione annuale prevederà “un nuovo modo” di pensare l’adesione, ha fatto sapere il commissario per l’Allargamento, Olivér Várhelyi. La presidente Ursula von der Leyen chiede “riforme strutturali nei Paesi candidati e un percorso parallelo dall’Ue”

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    L’Ucraina entra nel consiglio dei governatori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (dove siede anche Mosca)

    Bruxelles – L’Ucraina entra a far parte del consiglio dei governatori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica per il periodo 2023-2025. “Ringrazio tutti i paesi che hanno sostenuto la nostra candidatura: l’Ucraina resta un partner affidabile nel settore dell’energia nucleare e faremo ogni sforzo per rafforzare l’importante ruolo dell’Aiea e per rafforzare la sicurezza nucleare globale”, ha confermato tramite X il presidente ucraino, Volodymyr Zelenskyy, incalzando a lavorare insieme per porre fine a “tutti i tipi di ricatto nucleare che la Russia tenta di normalizzare”.

    Kiev aveva presentato la domanda di adesione al Consiglio lo scorso febbraio, per il periodo 2023-2025, e l’elezione formale è arrivata oggi a margine della sessione plenaria della 67a Conferenza generale dell’Aiea. Oltre all’Ucraina, anche Algeria, Armenia, Bangladesh, Burkina Faso, Ecuador, Indonesia, Repubblica di Corea, Paesi Bassi, Paraguay, Spagna faranno parte del consiglio dei governatori (di cui fa parte con un rappresentante anche la Federazione russa). Il Consiglio dei governatori è uno dei due organi decisionali dell’AIEA, insieme alla Conferenza generale annuale degli Stati membri dell’AIEA.

    Da Bruxelles sono arrivate nel pomeriggio le congratulazioni della commissaria europea per l’energia, Kadri Simson, che ha ricordato tramite X che il seggio di Kiev al Consiglio è “un importante sviluppo che ci aiuta a salvaguardare l’energia nucleare in Ucraina e a rafforzare la sicurezza nucleare nella regione”.
    Da quando è iniziata la guerra di aggressione di Mosca verso l’Ucraina a febbraio 2022, il presidente russo Vladimir Putin ha minacciato a più riprese gravi ritorsioni e il ricorso alle armi atomiche, in caso di interventismo occidentale in una guerra che il capo del Cremlino considera legittima, facendo riferimento più o meno diretto alla bomba atomica. Nel corso dei mesi, il Cremlino ha occupato strategicamente impianti nucleari presenti sul territorio ucraino – come il più grande impianto nucleare attivo in Europa di Zaporizhzhya -, ricreando anche un clima di deterrenza nucleare tipico della Guerra fredda, in risposta alla raffica di sanzioni europee varate nei mesi ai danni dell’economia di Mosca.
    E’ improbabile un impiego di armi nucleari nella guerra in corso, ma chiaramente è impossibile escluderlo del tutto e per molti l’ingresso di Kiev nell’Agenzia internazionale per l’energia atomica è positivo in termini di sicurezza nucleare globale. Per il ministro ucraino dell’energia, German Galushchenko, il “futuro dell’energia nucleare si sta decidendo in Ucraina e dobbiamo unire i nostri sforzi per rafforzare la sicurezza nucleare e radioattiva in tutto il mondo”, ha scritto in un post su X.

    Kiev aveva presentato la domanda di adesione al Consiglio lo scorso febbraio, per il periodo 2023-2025, e l’elezione formale è arrivata oggi a margine della sessione plenaria della 67a Conferenza generale dell’Aiea

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    Ucraina: sì del Consiglio Ue all’estensione della protezione temporanea fino al 2025

    Bruxelles – Il Consiglio Ue ha deciso di estendere la protezione temporanea per i rifugiati ucraini proposta dalla Commissione lo scorso 19 settembre. L’accordo politico c’è, quindi, e si attendono soltanto la revisione legale e la traduzione in tutte le lingue comunitarie per poter adottare formalmente la decisione. La protezione, attiva il 4 marzo 2022, è stata prorogata automaticamente ogni anno. La scadenza attuale doveva essere, quindi, il 4 marzo 2024, ma grazie alla decisione odierna (28 settembre) del Consiglio, adesso gli ucraini in fuga dalla guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina potranno goderne fino al 4 marzo 2025. “L’Ue sosterrà il popolo ucraino per tutto il tempo necessario. La proroga dello status di protezione offre certezza agli oltre 4 milioni di rifugiati che hanno trovato un rifugio sicuro nell’Ue”, ha dichiarato Fernando Grande-Marlaska Gómez, ministro degli Interni spagnolo ad interim. 
    Il sistema della protezione temporanea garantisce protezione immediata e collettiva (senza cioè la necessità di esaminare domande individuali) agli sfollati che non sono in grado di ritornare nel paese di origine. Questo allevia, quindi, la pressione sui sistemi di asilo nazionali e consente agli sfollati di godere di diritti armonizzati in tutta l’Ue. Residenza, accesso al mercato del lavoro e all’alloggio, assistenza medica, assistenza sociale e accesso all’istruzione per i bambini sono quindi diritti di cui potranno goderne, almeno per un altro anno, i rifugiati ucraini in tutti i ventisette Stati dell’Unione.  

    Oltre 4 milioni di rifugiati sono accolti nell’Unione grazie a questa misura dall’inizio dell’invasione russa

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    Von der Leyen e Michel da Biden il 20 ottobre. Il Vertice Ue-Usa tra Ucraina ed energia

    Bruxelles – Sostegno all’Ucraina, da un lato. Approvvigionamento energetico e digitale, dall’altro. I leader di Unione europea e Stati Uniti si incontreranno venerdì 20 ottobre a Washington per il secondo Vertice Ue-Usa da quando il presidente statunitense Joe Biden si è insediato alla Casa Bianca a gennaio 2021.
    La conferma è arrivata oggi (28 settembre) in una nota congiunta dei due lati dell’Atlantico in cui si legge che il presidente Biden insieme al presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, faranno il punto sulla cooperazione tra Stati Uniti e Unione Europea, soprattutto per confermare il “nostro impegno condiviso a sostenere l’Ucraina nella difesa della sua sovranità e a imporre costi alla Russia per la sua aggressione”.
    La difesa dell’Ucraina e il sostegno alla sua ricostruzione saranno i temi dominanti dell’incontro. Ma le discussioni si concentreranno anche sull’approvvigionamento di materie prime critiche, centrali per la produzione di tecnologie verdi e alla doppia transizione verde e digitale. “Promuoveranno gli sforzi degli Stati Uniti e dell’UE per accelerare l’economia globale dell’energia pulita basata su catene di approvvigionamento sicure e resilienti e continueranno la cooperazione nelle tecnologie critiche ed emergenti, comprese le infrastrutture digitali e l’intelligenza artificiale”, si legge nella dichiarazione comune, in cui i leader confermano che faranno un punto anche sulle attività congiunte per rafforzare la resilienza economica e affrontare le sfide correlate.
    Il riferimento alla Cina non è diretto, ma il rafforzamento della cooperazione transatlantica è in chiave anti-Pechino. Washington e Bruxelles lavorano ormai da mesi per finalizzare un accordo sui minerali critici, che entrambe le parti puntano a chiudere entro la fine dell’anno. L’obiettivo è quello di raggiungere uno status equivalente a un accordo di libero scambio per l’Ue per i minerali critici, essenziali per la produzione di tecnologie chiave per la doppia transizione, come il litio per le batterie – e distendere le tensioni create dall’Inflation Reduction Act (IRA), il vasto piano di sussidi verdi da quasi 370 miliardi di dollari varato dall’amministrazione Usa, che Bruxelles teme possa svantaggiare le imprese europee. Le discussioni “esplorative” con gli Stati Uniti tenute finora hanno mostrato un allineamento sui principi principali, mentre i dettagli verranno approfonditi durante i negoziati ancora in corso. E il Vertice di fine ottobre potrebbe essere la giusta occasione per velocizzare i negoziati.
    Il Vertice prenderà le mosse in un contesto completamente diverso rispetto a quello che a giugno 2021 ha accolto Biden a Bruxelles. I leader europei e statunitensi si trovavano a dover affrontare e gestire insieme la crisi economica derivata dall’urgenza sanitaria del Covid-19 e una guerra alle porte dell’Europa era impensabile.

    I tre leader a Washington faranno il punto sulla cooperazione tra Stati Uniti e Unione Europea, soprattutto per confermare l’impegno “condiviso a sostenere l’Ucraina nella difesa della sua sovranità e a imporre costi alla Russia per la sua aggressione”

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    Il tentativo dell’Ue di sbloccare i rimpatri di migranti verso i Paesi d’origine. Schinas in Senegal, Guinea e Costa d’Avorio

    Bruxelles – L’aveva promesso Ursula von der Leyen dieci giorni fa a Lampedusa, presentando il suo piano d’azione in dieci punti per decongestionare l’isola in emergenza: “Invierò il vicepresidente Margaritis Schinas a negoziare” nel continente africano per intensificare i rimpatri “rapidi” verso i Paesi d’origine. E così è stato: Schinas illustrerà domani (28 settembre) ai ministri degli Interni Ue i progressi fatti nella sua missione in Guinea, Costa d’Avorio e Senegal.
    Perché i dati parlano chiaro: ad oggi le persone migranti che lasciano il territorio Ue dopo aver ricevuto l’ordine di partire sono meno di uno su cinque. E secondo il rapporto pubblicato dall’Agenzia Ue della Guardia di Frontiera e Costiera (Frontex) il 14 settembre, nei primi otto mesi dell’anno la maggior parte degli ingressi irregolari dalle rotte del Mediterraneo Centrale e dell’Africa Occidentale sono stati effettuati da cittadini della Guinea, della Costa d’Avorio e del Senegal, oltre che di Tunisia e Marocco. Tre Paesi confinanti, che si affacciano sull’Atlantico, ma che presentano situazioni politiche molto differenti in termini di democrazia e stabilità e diversi livelli di cooperazione con Bruxelles.
    Margaritis Schinas e Macky Sall
    A Dakar, “partner essenziale dell’Ue in Africa”, il vicepresidente della Commissione europea ha incontrato il presidente senegalese Macky Sall, con cui ha avuto “una buona discussione sull’approfondimento delle relazioni, inclusa una maggiore cooperazione con Frontex”. L’agenzia Ue collabora già con le forze di polizia senegalesi attraverso l’Africa-Frontex Intelligence Community (Afic), con l’obiettivo di “rafforzare la cooperazione sui ritorni volontari e i rimpatri di migranti” e “supportare gli sforzi delle autorità senegalesi nella lotta contro la migrazione irregolare”.
    Il programma Afic è presente anche in Guinea, dove Schinas ha dialogato con il governo di transizione che guida il Paese dopo il golpe militare del 2021. “A Conakry ho ribadito la disponibilità dell’Ue ad accompagnare la Guinea nella sua transizione, in un contesto regionale molto difficile”, ha dichiarato su X il vicepresidente Ue, che ha sottolineato al primo ministro “il bisogno di iscriversi alla mobilitazione internazionale contro i trafficanti e la loro attività brutale”. In Costa d’Avorio, a cui l’Ue ha previsto di allocare 228 milioni di euro in aiuti allo sviluppo per il periodo 2021-2023 sotto Ndici-Global Europe, Schinas ha incontrato il re del popolo Awoula Tanoe Amon e il primo ministro Patrick Achi, con cui ha affrontato i temi del “cambiamento climatico, delle migrazioni e delle opportunità per i giovani”.
    Margaritis Schians e Patrick Achi
    Di questa missione Schinas riferirà direttamente ai ministri degli Interni dei 27, che si riuniscono domani (28 settembre) a Bruxelles per il Consiglio Affari Interni e Giustizia. Con lui sarà presente anche la commissaria Ue per gli Affari Interni, Ylva Johansson. In cima all’agenda sono previsti uno “scambio di opinioni sull’approccio dell’Ue alla dimensione esterna della migrazione” e la presentazione da parte della presidenza di turno spagnola del Consiglio dell’Ue di un “modello preventivo” per ridurre le partenze verso l’Europa. Un modello che non può prescindere dalla “cooperazione con i Paesi di origine e di transito” e dal ruolo che dovrebbero svolgere le agenzie dell’Ue.

    Von der Leyen ha previsto un maggiore supporto delle agenzie Ue ai rimpatri nel suo piano d’azione per Lampedusa. Il vicepresidente della Commissione europea illustrerà i progressi compiuti negli incontri con i leader africani direttamente ai ministri degli Interni dell’Ue

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    La missione di Dombrovskis in Cina tra competitività, accesso al mercato per le aziende Ue e guerra in Ucraina

    Bruxelles – Si è conclusa la missione del vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, per conto dell’Ue e delle sue aziende in terra cinese. Quattro giorni terminati con il Dialogo economico di Alto Livello Ue-Cina, copresieduto dall’ex premier lettone, che a Bruxelles ha la delega al commercio, e dal vicepremier cinese, He Lifeng, in cui i due hanno cercato di riprendere in mano le fila di un rapporto che, complice l’ambigua posizione di Pechino sull’invasione della Russia in Ucraina, negli ultimi mesi si è fatto sempre più complicato.
    Un rapporto che – ha sottolineato Dombrovskis- non può prescindere dai numeri: un commercio totale di beni che “ha raggiunto gli 857 miliardi di euro nel 2022“, accompagnato dall’accumulo di “più di 300 miliardi di euro di stock di investimenti diretti esteri”. Ma c’è un dato che preoccupa l’Ue e che è alla base della strategia del ‘de-risking’ – o dimezzamento del rischio – che Bruxelles ha scelto di perseguire nei confronti del gigante asiatico: un deficit commerciale di quasi 400 miliardi euro a svantaggio del blocco.
    “Siamo preoccupati per lo squilibrio delle nostre relazioni”, ha dichiarato il commissario Ue nella conferenza stampa congiunta con He Lifeng. Che ha però assicurato a He Lifeng che l’obiettivo è “diversificare e dimezzare i rischi, non disaccoppiarsi” dall’economia cinese. Nella lista delle inquietudini dell’Ue, al secondo posto c’è l’effettivo “accesso al mercato” cinese da parte delle aziende europee. Perché il contesto imprenditoriale della superpotenza asiatica è diventato “più politico e meno prevedibile”. Per questo Dombrovskis ha auspicato “maggiore trasparenza, prevedibilità e reciprocità”: un primo riscontro, ha annunciato il commissario Ue, è il benestare di entrambe le parti per “proseguire le discussioni su un possibile meccanismo di trasparenza Ue-Cina sulle catene di approvvigionamento delle materie prime critiche“. Anche nel suo discorso all’Università di Tsinghua, il vice presidente dell’esecutivo europeo ha insistito sul fatto chela trasparenza e l’apertura sono “una strategia vincente a lungo termine“, in un momento in cui le tensioni commerciali tra il blocco europeo e la Cina stanno aumentando.
    Il tasto dolente è la mancata condanna da parte di Pechino dell’invasione russa in Ucraina. “È molto difficile per noi comprendere la posizione della Cina“, ha ammesso Dombrovskis. Una posizione che “sta influenzando l’immagine del Paese, non solo presso i consumatori europei, ma anche tra le imprese”. Il vicepresidente dell’esecutivo comunitario ha riportato a He Lifeng l’opinione degli imprenditori europei sul suolo cinese: “un terzo delle aziende Ue ha indicato che la posizione della Cina sulla guerra la sta rendendo una destinazione meno attraente per gli investimenti”. Non è tuttavia solo una questione di opportunità economiche: “Rispondere all’aggressione della Russia contro l’Ucraina è un fattore decisivo in praticamente tutte le priorità dell’Ue al momento“, ha insistito Dombrovskis.
    Il vicepremier cinese non è entrato nel merito dell’ambiguità della leadership comunista nei confronti della guerra in Ucraina, rilanciando piuttosto sull’atteggiamento di chiusura che riscontra da parte europea. “Auspichiamo che l’Unione europea rimuova le restrizioni all’esportazione di alta tecnologia in Cina”, ha dichiarato con fermezza. C’è poi la questione dell’indagine anti-sovvenzioni avviata dalla Commissione europea sulle importazioni di veicoli elettrici a batteria provenienti dalla Cina, per la quale He Lifeng ha reiterato “le preoccupazioni e il forte disappunto” di Pechino. Uguale e contrario l’invito rivolto a Bruxelles: mantenere il mercato “libero e aperto”.

    Il commissario Ue per il Commercio ha chiesto “maggiore trasparenza, prevedibilità e reciprocità” nelle relazioni commerciali e ha ribadito al vicepremier cinese che la condanna dell’invasione russa “è un fattore decisivo”. Pechino irritata per l’indagine Ue sui veicoli elettrici cinesi