Bruxelles – Sospensione del sostegno bilaterale a Israele, sanzioni a ministri del governo di Benjamin Netanyahu e ai coloni violenti, sospensione parziale dell’accordo di Associazione che lega Bruxelles a Tel Aviv. Tre misure invocate a gran voce da milioni di cittadini europei, organizzazioni non governative e rappresentanti politici in diversi Stati membri. A metterle sul piatto, oggi (10 settembre), per la prima volta, “l’amica di lunga data del popolo israeliano”, come lei stessa si definisce: la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.
Bersaglio di pesanti critiche a causa dei prolungati silenzi, del mancato supporto a chi da mesi denuncia le atrocità israeliane a Gaza, degli interventi poco felici a fianco di un governo guidato da un criminale di guerra ricercato da una corte internazionale, von der Leyen ha scelto il discorso annuale sullo stato dell’Unione, di fronte all’Eurocamera, per divincolarsi. Alla vigilia del giorno in cui la stessa Aula di Strasburgo metterà per la prima volta ai voti una risoluzione per chiedere un’azione più decisa per fermare il conflitto.
“Quello che sta accadendo a Gaza ha scosso la coscienza del mondo. Persone uccise mentre chiedevano cibo. Madri che stringono tra le braccia i propri figli senza vita. Queste immagini sono semplicemente catastrofiche”, ha esordito la leader Ue, accusando Israele di “un cambiamento sistematico inaccettabile”. Il “soffocamento finanziario” dell’Autorità palestinese, i piani di insediamento per isolare Gerusalemme Est dalla Cisgiordania occupata, le azioni e le dichiarazioni di ministri “che incitano alla violenza”. È tutto alla luce del sole, e nemmeno von der Leyen può voltare più le spalle, anche se “davvero addolorata nel pronunciare queste parole”.
Il calcolo politico fa la sua parte, perché von der Leyen è consapevole che “per molti cittadini l‘incapacità dell’Europa di concordare una linea comune da seguire è altrettanto dolorosa”. Il rischio è che su questo file l’Unione europea – e inevitabilmente, la sua leader – perdano definitivamente ogni credibilità agli occhi degli elettori e del mondo. Finora, la Commissione aveva proposto solamente una parziale sospensione dei finanziamenti a Israele per la ricerca, attraverso il programma Horizon. Proposta bloccata in Consiglio dell’Ue da un manipolo di Paesi membri.
“Non possiamo permetterci di rimanere paralizzati”, ha proseguito von der Leyen, assicurando che da ora in avanti “la Commissione farà tutto il possibile da sola“. Può farlo nel caso del sostegno bilaterale: “Interromperemo tutti i pagamenti in questi settori, senza compromettere la nostra collaborazione con la società civile israeliana o con Yad Vashem (il museo sull’Olocauso, ndr)”, ha annunciato. Un portavoce ha poi specificato che, nell’ambito dello strumento Ue di vicinato, sviluppo e cooperazione internazionale (NDICI), Israele avrebbe dovuto ricevere “in media 6 milioni all’anno tra il 2025 e il 2027“. Oltre alla sospensione delle dotazioni annuali rimanenti, la Commissione congelerà “circa 14 milioni di euro destinati a progetti in corso”. Progetti di cooperazione istituzionale e programmi di gemellaggio.
Lo spazio di manovra dell’esecutivo si ferma qui, dopodiché la Commissione proporrà ai Paesi membri di adottare sanzioni nei confronti dei “ministri estremisti” e dei coloni violenti e di sospendere parzialmente l’accordo di associazione per quanto riguarda le questioni commerciali.
“Sono consapevole che sarà difficile trovare una maggioranza” e che “qualsiasi azione sarà eccessiva per alcuni e insufficiente per altri”, ha ammesso von der Leyen, chiamando Parlamento e Consiglio ad “assumersi le proprie responsabilità“. Dopo 23 mesi di conflitto e 64 mila vittime palestinesi, von der Leyen ha iniziato a farlo oggi. E la prima reazione da Tel Aviv è già arrivata: il ministro degli Esteri, Gideon Sa’ar, ha definito “deplorevoli” le parole di von der Leyen, che “fanno eco alla falsa propaganda di Hamas e dei suoi alleati”.